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Autore: ChimeraW    18/12/2011    6 recensioni
Pochi scrittori riescono a far vivere a tutti i loro personaggi una vita davvero felice. Spesso, però, molti di loro vengono trascurati, lasciati in disparte o resi personaggi tragici.
Quando questo accade, lo scrittore in questione si ritrova a fare i conti con i propri personaggi.
E Stephenie Meyer ne ha accontentati davvero troppo pochi per passarla liscia.
Dedicata a tutte le fanwriters dei Volturi, che vorrebbero far giustizia per i nostri tesori.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Note iniziali: lo so, faccio schifo. Mi ci sono voluti oltre tre mesi per postare questo capitoletto di appena quattro pagine .____. Chiedo umilmente perdono T.T 


I
Proteste, consigli e ritorsioni 



Jane raggiunse i compagni nel salottino della suite e fece un inchino al suo Maestro. A Stephenie parve di sentire un brivido lungo tutto il corpo quando la piccola vampira le lanciò un’occhiata maligna, passandole davanti.
La scrittrice era ancora seduta sul divano, rigida come una tavola di legno e con il respiro corto per il possibile infarto che aveva rischiato di prendersi qualche secondo prima.
Alzò lentamente lo sguardo dalla moquette e fece scivolare gli occhi sulle persone che la circondavano: a pochi centimetri da lei, stravaccato sull’altro cuscino del divano, era seduto un vampiro massiccio che sembrava più interessato ad un articolo su una delle riviste che stavano sul tavolino, riguardante il prossimo raduno degli Harlisti che si sarebbe tenuto a New York.
Quando si accorse di essere osservato, Felix spostò lo sguardo dal giornale a Stephenie e le fece l’occhiolino. Subito lei voltò la testa da un'altra parte e lo sentì ridacchiare.
Fatta eccezione per l’armadio a due ante, gli altri vampiri avevano un’aria affatto amichevole: Jane continuava a guardarla come se la stesse già torturando con il suo potere, in piedi davanti alla porta-finestra che dava sul balcone; Sulpicia, seduta sulla poltrona con un’eleganza impossibile da imitare per un umano, la squadrava a labbra strette con un palese disappunto scritto negli occhi; una ragazza dai capelli neri, che Stephenie non riusciva proprio ad immaginare chi potesse essere, la fissava piena di rabbia.
E Caius, appoggiato con la schiena alla porta della stanza, sembrava essere pronto per staccarle la testa.
Stephenie spostò lo sguardo su Marcus e Aro che, a suo parere, erano decisamente più rassicuranti. Il primo non sembrava prestare attenzione alla vicenda e tanto meno alla disgraziata seduta sul divano; Aro la guardava sorridendo, e Stephenie si chiese a cosa fosse dovuto quel sorriso.
Perché quella situazione non era per nulla divertente.
Aro batté le mani e fece un passo avanti, rompendo il silenzio. Tutti si voltarono verso di lui.
- Dunque, Stephenie – cominciò, senza smettere di sorridere. – Come ti ho già detto, siamo venuti qui per parlare con te e per spiegarti quello che c’è di sbagliato nel tuo libro.
Lei strabuzzò gli occhi: - Di sbagliato… nel miolibro?
Le teste di tutti i presenti della sala si voltarono di nuovo verso di lei con occhi minacciosi, azzittendola.
Il sorriso di Aro non si spense.
- Vedi, cara, per quanto io trovi sinceramente adorabile l’amore tra Edward e Bella, non riesco davvero a capacitarmi di come sia possibile che tu abbia deciso di lasciare me e la mia famiglia ai margini della storia. Capisci?
Stephenie annuì, ma non aveva capito niente. Aro sospirò serenamente.
- Perfetto. Alcuni di noi vogliono quindi chiarire alcune cose con te, se non ti dispiace. Chi vuole cominciare?
I tre quarti – e forse anche di più – dei vampiri presenti erano già pronti a digrignare i denti per azzannarla, ma nessuno lo fece. Ci fu uno scambio di sguardi per decidere chi dovesse essere il primo, poi Caius si staccò dalla porta e fece qualche passo avanti.
- Non me ne importa niente del tuo libro, ragazzina - cominciò il vampiro andando subito al sodo. - Né del fatto che un branco di bambine in piena tempesta ormonale preferiscano vedere i Cullen alle prese con una gazzella piuttosto che un clan di vampiri millenari che vivono la loro vita senza tutti questi complessi da moralisti.
Questo inizio non incoraggiò Stephenie neanche lontanamente. Sentire i suoi stessi personaggi chiamarla “ragazzina” e criticare le idee in cui lei credeva fermamente non l’aiutava a rilassarsi. No, decisamente.
Caius continuò: - Ma c’è una cosa che voglio sapere. In quelle dodici pagine in cui si parla di noi, io faccio la figura di quello che non riesce a ridere se non per l’omicidio di qualcuno. E secondo quello che hai detto tu, se sono sempre nervoso non è per via dell’idiota di turno che fa qualcosa di sbagliato e a noi ci tocca andarlo a recuperare anche se si trova dall’altra parte del mondo altrimenti tutto quello che abbiamo costruito in tre millenni – e tu non hai la minima idea di quanti siano realmente, tre millenni – ci si sfascia sotto i piedi. No. Secondo te, io sono perennemente in conflitto col mondo perché non ho un potere. Giusto, vero?
Stephenie annuì appena.
- E ora spiegami: perché io, Caius dei Volturi, che posso decidere se mettere fine alla vita di un qualunque vampiro, che ho ammazzato non so nemmeno quanti di quei cani bastardi con le mie stesse mani, dovrei lamentarmi di non avere un… potere?
Lei non seppe cosa rispondere. Avrebbe voluto dire che se non gli andava bene ciò che scriveva poteva tornarsene a casa, ma era una risposta decisamente pericolosa. Il fatto è che non lo sapeva nemmeno lei.
Caius era il cattivo, e più un cattivo ha complessi strani, tratti detestabili e attacchi di rabbia incomprensibili più il pubblico lo odierà. E Stephenie non voleva che qualcuno amasse i Volturi, come la bambina alla televisione: le sue fan dovevano applaudire Edward e Bella, non loro.
- Io… non lo so – rispose. Caius la guardò con un misto di incredulità e stupore.
- Non lo sai?
- No, non lo so. Voi siete i cattivi, più difetti avete più le lettrici vi odieranno. Meno siete buoni, meno vi troveranno affascinanti.
Tutti i presenti nella sala scoppiarono in una sonora risata, e Stephenie non ne capì il motivo. Quando la risata si placò, Caius fece un gesto di noncuranza con la mano, come per dire di lasciar perdere. Tornò ad appoggiarsi alla porta, con in faccia un’espressione che sembrava divertita dalle parole della scrittrice. Con la testa fece un cenno ad Aro, e tornò ad appoggiarsi alla porta.
Il vampiro le rivolse l’ennesimo sorriso dall’apparenza cordiale ma che era impossibile da interpretare fino in fondo.
- Perdona i termini poco gentili di mio fratello, dolce Stephenie – le disse. Caius alzò gli occhi al cielo, ma il suo sguardo non mutò ancora. Poi Aro si rivolse ai suoi compagni.
- Chi vuole essere il prossimo a parlare con la nostra amica? – disse. Era la seconda volta che Aro la chiamava amica, e per la seconda volta le sembrò che quando pronunciava quella parola il vampiro lasciasse trasparire una nota di scherno.
Felix si alzò in piedi, e la scrittrice si sentì ancora peggio. Lui le si piazzò davanti e cominciò a parlare con voce grossa.
- Prima di tutto – disse, - ti voglio fare una domanda: quante copie ha venduto il tuo libro?
Stephenie rimase sorpresa. Sbatté le palpebre un paio di volte e ci pensò su.
- Non saprei, Credo sulle cinquantamila copie, forse di più.
Seguì una breve pausa di silenzio, poi Felix gettò la testa all’indietro e rise di nuovo. Stephenie sprofondò tra i cuscini del divano: possibile che in quella stanza l’unica persona ad apprezzare il suo lavoro fosse lei stessa? Quei vampiri non avrebbero dovuto esserle almeno un po’ grati per essere stati inseriti  nel libro?
- Cinquanta… cinquantamila? – fece, quando ebbe finito di ridere. – Non posso crederci! Cinquantamila adolescenti allupate innamorate di un cane e di una checca!
E prese di nuovo a ridere.
Una voce lieve alla sinistra di Stephenie sussurrò qualcosa:
- Anche se, con ogni probabilità, trentamila di quelle cinquantamila copie saranno finite bruciate da qualche parte.
La scrittrice si voltò. La piccola Jane la guardava con un sorrisetto sprezzante stampato in volto. Per un attimo, un singolo attimo, Stephenie pensò di ricambiare quel suo sguardo di sfida, ma poi ci ripensò.
Diamine, sei così stupida da volerti mettere contro di lei? Lo sai cosa ti può fare.
La risata di Felix si calmò di nuovo, e Stephenie sperò che non tornasse più a riecheggiare nella stanza. Il vampiro le batté una pacca sul ginocchio che la fece gemere dal dolore.
- Avanti, fattela una risata – le disse. – Noi non rischiamo di svegliarci sotto un cipresso da un giorno all’altro, ma tu sì.
La scrittrice cercò di contrarre i muscoli della faccia per mostrare un millimetrico sorriso, ma non fu sicura di esserci riuscita.
- In ogni caso, io non sono qui per lamentarmi, puoi stare tranquilla – continuò lui. – Non ho mai letto neanche uno dei tuoi libri e non ho visto nemmeno i film, anche se da quello che mi dicono tutto ciò che faccio è pestare Edward e provarci con Bella. Voglio solo farti una domanda: secondo te chi è più forte, io o l’orso dei Cullen?
Stephenie non capì subito: - L’orso dei Cullen?
- Sì, dai, Chelsea – che ha letto in tuoi libri, anche se li trova orrendi, mi ha detto che secondo te Emmett Cullen assomiglia un orso. Insomma, tu pensi che sono più forte io o lui.
- Beh, io… Ecco, ho sempre pensato fosse Emmett ma forse… magari mi sbaglio, io…
Felix le batté un’altra pacca sulla gamba che per poco non la fece gridare, e si domandò se il vampiro lo avesse fatto di proposito, per confermarle che si sbagliava.
- Infatti ti sbagli – disse, infatti. – Ma non preoccuparti, scommetto che anche se fai tutti quei discorsi sul sesso dopo il matrimonio tu ti senti come una tredicenne arrapata. E se preferisci Emmett, non c’è problema: non sei proprio il mio tipo, e l’orso mi sta simpatico. Insomma, è l’unico che sembra averci capito qualcosa, in quella famiglia di ciuccia-capre.
Poi, Felix tornò a sederle accanto, riprese la rivista e continuò a leggere il suo articolo. Come se nulla fosse.
Aro fece per aprire bocca e chiedere di nuovo chi volesse fare un’amichevole chiacchierata con lei, ma la voce acuta di Jane lo precedette.
- Mio Signore – disse la piccola vampira. – Vorrei parlare con la nostra ospite.
Stephenie si sentì rabbrividire.
Aro, invece, le sorrise amabilmente.
- Prego, cara – le disse. Con uno scatto così veloce che Stephenie non fu in grado di vedere lo spostamento, Jane si mise dove prima stava Felix.
Era davvero piccolissima. Non superava di poi così tanto la spalliera del divano. Se non avesse avuto quello sguardo così consapevole e così carico di odio sarebbe stata una bambina deliziosa.
- Dimmi, Stephenie – le disse. – Tu mi odi?
La scrittrice respirò affondo. Scosse la testa lievemente, senza smettere di tramare.
- N-no, ce-certo che no – balbettò. – Tu sei un… un mio personaggio, come potrei odiarti?
- Perfetto. Ma io odio te.
 Un altro inizio per niente incoraggiante.
- E tu sai perché ti odio?
- In… in questa stanza mi odiano tutti. Forse ho fatto qualcosa di sbagliato anche… con te.
Jane la guardò stupita: - Qualcosa di sbagliato?
- S-sì.
Per un attimo la vampira rimase in silenzio, continuandola a fissare. Si avvicinò ancora di più a lei e Stephenie sentì la paura crescerle dentro.
- Tu non hai sbagliato qualcosa– disse Jane, - tu hai sbagliato tutto. Tu hai ucciso i miei genitori. Tu mi hai fatto vivere l’infanzia più brutta che si possa immaginare. Tu mi hai fatto legare a quella pira e fatta bruciare perché la gente credeva che fossi una strega. Tu, stupida umana, mi hai condannata a rimanere bloccata nel corpo di una bambina per l’eternità.
Jane continuava a guardarla fissa negli occhi. Aveva uno sguardo magnetico, era impossibile distogliere lo sguardo da quelle iridi rosse. Stephenie deglutì, poi disse cautamente:
- Ascolta: voi siete gli antagonisti della storia, dovete essere…
- Fammi indovinare – la interruppe la vampira. – Dobbiamo essere cattivi, vero? Infatti io lo sono. Lo so, di esserlo. Mi piace vedere la gente soffrire. Ma era necessario, far soffrire anche me?
- Sì – rispose Stephenie tutto d’un fiato. – Perché…
- Oh, aspetta, so anche questo: perché altrimenti non reggerebbe. Serve un motivo per far diventare qualcuno cattivo. E io sono cattiva, spietata, sadica, come mi definiscono le tue fan, perché quei dodici anniche ho vissuto da umana sono stati un inferno. Ma vallo a dire ai Cullen, perché sono cattiva. Vallo a dire a tutti gli altri, Stephenie.
Jane non disse altro. Si girò e camminò a velocità umana verso la porta finestra, mentre tutti la guardavano in silenzio.
Stephenie non si rese conto di quello che fece, ma con voce troppo sicura di sé la richiamò.
- Jane…
Non fece in tempo a dire nient’altro, che si ritrovò a terra scossa da fitte di dolore acute, come spade d’acciaio infuocate che la trafiggevano in pieno petto. Sentiva le sue stesse urla risuonare per tutta la stanza, mentre lei continuava a contorcersi sul pavimento.
- Basta, Jane!
Il dolore se ne andò all’improvviso, lasciandole solo un formicolio su tutto il corpo e il fiato corto. Si sentì sollevare da terra e rimessa a sedere sul divano: era stato Felix.
Aro le si avvicinò e le accarezzò una guancia. Poi guardò Jane, corrucciato. Lei abbassò la testa.
- Perdonatemi, mio Signore – disse, ma il suo sguardo lasciava ancora trasparire tanto odio.
Stephenie si accasciò sul divano e chiuse per un attimo gli occhi.
Perché tutto questo stava accadendo a lei? 



Prima di iniziare ci tengo a ribadire il fatto che mi sento davvero un escremento. Ora possiamo andare avanti. 
La ragazza con i capelli neri che la Meyer non riconosce è Corin, visto che secondo me nemmeno se l'è figurata bene. Inizialmente il discorso che Jane faceva alla nostra adorata scrittrice doveva essere abbastanza comico, ma Jane non ci riesce ad essere comica. È più forte di lei, davvero. 
Prima di chiudere, un ringraziamento speciale ad Apathy, visto che se non fosse stato per lei non avrei mai postato. Forse proprio mai no, ma ci sarebbero voluti altri tre mesi. 
Chiedo di nuovo perdono a tutti, compreso il Maestro. Il prossimo aggiornamento lo farò in un tempo decente, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. 
Saluti a tutte,

Kymera Winter

  
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