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Autore: Black Calipso    19/12/2011    4 recensioni
Sangue, amore, gioia, disperazione.
Leggete, se lo desiderate, queste parole sputate nel vento, che formano i ghirigori di una storia macchiata di un colore rosso acceso.
Niente vampiri, niente demoni, nessuna magia, niente di definibile. Come la nebbia. Nera, per l'esattezza.
"Se hai una morsa che ti stringe il cuore tutte le volte che batte provocandoti dolore, alla fine smette di farlo. Smette di palpitare, semplicemente. Smetti di provare emozioni, felici o tristi che siano."
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Red Eyes.'
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Non trovo le parole per introdurvi questo mio racconto.
Ci tengo solo a precisare che il nome del protagonista è dedicato al protagonista di "Edward mani di forbice".
Pubblicherò nuovi capitoli più assiduamente possibile, tempo permettendo.
In alcuni metterò anche una piccola introduzione, per interagire con voi lettori, rispondere a qualche vostra domanda ecc.

Buona lettura,
Black.

Ps. Spero di ricevere anche molte vostre recensioni, mi fa molto piacere leggere il vostro punto di vista, critiche e commenti, per potervi rispondere :).
Ringrazio tanto in anticipo chi mi accontenterà

_________________________________________________♥

Red Eyes. { Capitolo 1. "Blood." }

- Eddy? Eddy? Dov’è il mio piccolo bimbo? -
Edward, il mio bambino. Non è mai stato un bambino semplice, fin dalla sua nascita. Ha qualcosa di diverso, qualcosa di.. pericoloso.
Quasi tutte le notti sogno la prima volta che lo presi in braccio, sporco e piangente.
Il dolore mi attanagliava le viscere, ma quando il dottore mi porse la mia creatura, tutto si trasformò in pura gioia. Almeno per pochi secondi.
Tra i gemiti, aprì le sue tenere palpebre. Fu quello il momento in cui capii che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato in lui.
Rosso. Sprofondai nel colore vermiglio dei suoi occhi, mentre il mio cuore palpitava di paura.
Scrollando il capo fui risucchiata nel presente, uscendo dal mio sogno ad occhi aperti.
Ormai erano passati quattro anni. Quattro anni di difficoltà, di indifferenza, di silenzio.
Il mio bambino, la mia creatura, non aveva mai parlato. Non avevo mai avuto la gioia di sentirgli dire mamma.
Non avevo mai avuto la gioia di vederlo sorridere.
Era chiuso in se stesso, sembrava che niente e nessuno potesse strappargli un sorriso.
Nel suo viso da bambino, c’era solo la profonda indifferenza di un adulto. Ormai mi ero rassegnata ad avere un figlio avvolto nel nulla. Volevo tirarlo fuori dal suo perenne stato di indifferenza, ma non sapevo come fare. Dov’era la gioia spensierata caratteristica di ogni bambino? Dov’erano incastrate le sue parole?
Entrai in cucina, lo vidi.
Con la sua camminata sicura stava ponendo una sedia sotto la dispensa, salendoci sopra.
- Edward no! Scendi da là, è pericoloso. - dissi tranquilla, avvicinandomi. Edward mi guardò con sguardo inespressivo, un velo di cattiveria nei suoi occhi rossi.
Un brivido mi corse lungo la schiena.
Era da molto tempo che non rabbrividivo davanti a mio figlio.
Continuai ad avvicinarmi, con un finto sorriso sulle labbra.
Si allungò verso lo sportello del mobile, e lo aprì.
Richiusi lo sportello con una mossa veloce, prendendolo in braccio. Le sue manine candide si strinsero in un pugno.
I suoi occhi brillarono di una luce nuova.
Poi, all’improvviso, una nebbia nera apparve intorno a lui.
Rimasi immobilizzata, tremando.
- Ed..ward.. -
Sangue. Sangue ovunque. Schizzi sui muri, sulla cucina, sul viso del mio bambino e sul mio corpo.
Sgorgava dal mio petto, senza freni.
Caddi a terra in ginocchio, gemendo.
Edward mi accarezzò il viso sporco di rosso, con un gesto terribilmente dolce.
Il suo sorriso fu l’ultima cosa che vidi, prima di cadere a terra ed essere avvolta da un tepore caldo e dolce.
   
 
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