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Autore: monstropolis    20/12/2011    11 recensioni
«Papy, hai visto? Papy, papy, fuori c’è tutto bianco!» - lo diceva quasi tremando.
Il padre rise e rivolse uno sguardo dolce al bambino, lo prese in braccio e lo strinse a sé, portandolo nuovamente accanto alla finestra.
«Hai visto la neve, Ronald? Quest’anno ti prometto un Natale bellissimo.»
[No slash.]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Max Green , Ronnie Radke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Xmas Wish
Autrice: monstropolis
Rating: Verde
Avvertimenti:  One Shot, Fluff
Conta parole:
 
987
A/N: Sono viva. Maccheggioia.

Sento lo spirito Natalizio, per cui posto questa cosa a cui non so dare un nome adatto.
Lo so, Ronnie ha un fratello ma qui non lo metto e penso si capisca il motivo.
La dedico a G u i l l o t i n e perché dovoceaisuoipensieri e per un volta voglio farle vivere qualcosa di felice e a BambolaMorta, mia moglie.
Desclaimer: Questi due soggetti non mi appartengono, ora sono adulti (?) e non scrivo a scopo di lucro.

 
Se si guardava fuori dalla finestra sembrava vi fosse un mondo magico.
Un mondo diverso dalla realtà, una cruda e piena di sofferenze.
Tutto quel bianco si rifletteva negli occhi di Ronald rendendoli più chiari.
Il naso attaccato al vetro, un dito in bocca e un orsacchiotto in mano, rapito dalla neve che cadeva fitta e le lucine sparse qua e là.  
«Ronnie!» - lo chiamava il padre - «Dai, scendi!»
Sembrava che sotto ai piedi di Ronald ci fosse una calamita che lo manteneva immobile in quel punto preciso della sua cameretta ma al secondo richiamo del padre si mosse si diresse verso le scale.
«Papy, hai visto? Papy, papy, fuori c’è tutto bianco!» - lo diceva quasi tremando.
Il padre rise e rivolse uno sguardo dolce al bambino, lo prese in braccio e lo strinse a sé, portandolo nuovamente accanto alla finestra.
«Hai visto la neve, Ronald? Quest’anno ti prometto un Natale bellissimo.»
 
Il precedente, la madre l’aveva abbandonato e da quel momento non seppe più sue notizie. Di tanto in tanto formulava sempre la stessa domanda al padre «Ma perché la mamma non mi vuole più bene?» e riceveva sempre la stessa risposta «No Ronald, la mamma non ama più il tuo papà.». Si era stancato di chiederglielo e forse si era stancato di più sentirsi dire che in realtà era fuggita per colpa del padre. La mamma non gli voleva più bene, punto e fine.
Tante persone non osavano nemmeno avvicinarsi a Ronnie e non provavano nessun desiderio di volerlo accanto o di donargli un po’ del loro affetto ma dopotutto si accorse che gli bastava l’amore di una sola persona.
Si rese anche conto che in realtà la figura materna era soltanto colei che l’aveva messo al mondo. Non aveva avuto l’opportunità di passare del tempo con lei e di conoscerla e ciò lo portò subito a disinteressarsi all’argomento “mamma”.
 
«Davvero?»
«Sì, davvero.»
«Davvero davvero?»
Il padre rise - «Sì, Ronnie!»
 
La mattina di Natale, preso ancora dal paesaggio completamente bianco, Ronald si affacciò alla finestra.
Una macchina nera stava parcheggiando nel cortile della casa di fronte. Scese una donna bionda con un cappotto scuro e una lunga sciarpa rossa al collo, scaricò una montagna di valigie dal baule e aprì la portiera di destra, prendendo in braccio quello che doveva essere suo figlio.
La prima cosa che fece fu aprire la porta di casa e portare quel bambino biondo dentro, al riparo dal freddo.
«Papy!? Quel bambino ha un orsacchiotto uguale al mio! Guarda, guarda!»
«Quale bambino, Ronnie?» - gli chiese il padre, una volta alle spalle di Ronnie.
«Adesso non c’è più ma quella signora lì l’ha preso in braccio e l’ha portato in casa, quella lì, eccola, eccola!» - fece Ronnie, indicando la donna bionda fuori dalla finestra e lasciando una ditata sul vetro.
Il papà di Ronnie continuò a guardare fuori in silenzio e attentamente come se stesse ammirando le stelle con un telescopio.
«Non so chi sia. Si saranno trasferiti oggi» - borbottò.
«Ma c’è solo quella signora lì.»
La mamma di quel bambino biondo era senza un marito, forse anche lui se ne era andato.
«Beh, se sono soli, li inviteremo noi, eh Ronnie? Noi siamo dei bravi vicini di casa.»
 
La tavola era coperta da una tovaglia rossa in perfetto stile natalizio e il padre di Ronnie tirò fuori il set di piatti e di bicchieri più bello che avesse.
«Sono convinto che faremo una bella figura, già!» - disse, quasi tra sé e sé.
Quando suonò il campanello, corse subito ad aprire la porta e si ritrovò davanti la donna bionda appena trasferitasi.
«Grazie dell’invito signor Radke, davvero!»
Il padre di Ronnie era lì lì per fare un inchino ma le sorrise soltanto, credendo quel gesto troppo teatrale o da maggiordomo, e invitandola ad accomodarsi.
«E tu come ti chiami?» - chiese al bambino biondo.
«Dai, presentati! Fai il bravo.» - lo incitò la madre.
Si tolse il dito dalla bocca - «Maxwell!» - e fece un largo sorriso guardando il papà di Ronnie dritto negli occhi.
Era curioso, per Ronnie, vedere come all’improvviso gli si era affacciata l’occasione di farsi un amichetto che mettesse il dito in bocca, fosse biondo, fosse stato abbandonato da un genitore, vivesse nel nord di Las Vegas e che avesse un orsacchiotto.
Quel bambino era proprio in casa sua, in quel momento, nel giorno di Natale.
Gli fu spontaneo avvicinarsi a lui, togliersi a sua volta il dito dalla bocca e sfoderargli un sorriso - «Io mi chiamo Ronald ma il papà mi chiama anche Ronnie!».
«Anche la mia mamma mi chiama anche Max, ogni tanto.» - e ricambiò il sorriso.
 
Il padre di Ronnie, con una pentola in mano, si affacciò in salotto e chiamò tutti a tavola.
«E’ pronto il pranzo! Ronnie hai lavato le mani?»
Max e sua madre scesero dal divano e quest’ultima si diresse in cucina, iniziando a parlare al papà di Ronnie, complimentandosi con lui e chiedendogli se aveva bisogno di una mano.
«Ronnie! Max! Su, venite a tavola!».
Era come la prima volta in cui Vegas si ricoprì di neve, Ronnie nella sua cameretta che non riusciva ad abbandonare la finestra.
Aveva gli occhi di Maxwell puntati addosso.
Due occhi verde acqua che lo guardavano incuriosito.
Ronnie continuava a succhiarsi il dito e cominciò a graffiarselo con i denti, diventando sempre più nervoso e sperando che il padre lo chiamasse di nuovo.
Ciò non accadde - «Il papà mi ha detto che devo andare a lavarmi le mani.».
Non sapeva perché lo aveva detto. Di solito non gli ubbidiva mai, quindi non aveva senso, ma dopo averli sorriso si diresse verso la porta della cucina.
«Ronnie!» - Ronnie si bloccò e si girò a guardarlo, sbattendo le palpebre un paio di volte e poi si sentì chiedere una cosa che all’asilo non gli aveva ancora chiesto nessuno.
«Vuoi essere mio amico?»
  
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