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Autore: RiceGrain    21/12/2011    6 recensioni
Monroe ha paura di tante cose.
Dei clown, tanto per cominciare. Dei temporali estivi. E del suono del telefono nel bel mezzo della notte. Ha paura della solitudine e di quella voragine che sempre più spesso sente crescere dentro di sè.
Gerard è un po' come lei. Un giovane fumettista dalle vedute troppo larghe e dai sogni ingombranti.
Entrambi fragili, entrambi soli.
Ma il destino, si sa, a volte ci mette lo zampino.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Seven.



-Monroeville?-

-Ah ah.- annuii e basta e con la coda dell'occhio lo vidi seguirmi per tutta la stanza.

-Sai, puoi anche fermarti adesso.-

Sorrisi e mi voltai a guardarlo -Sei buffo.-

-Ah, io?-

-Sì tu, Gee.-

Sbuffò e socchiuse lievemente gli occhi -Ti prego, non ancora quella sottospecie di nomignolo per decerebrati.-

-Ma cos'ha che non va?- gli tolsi la tazza di caffè dalle mani, e mi chinai di poco, giusto per posarla sul tavolino.

-E' corto, tanto per cominciare.-

Gli rivolsi un'occhiataccia -E per finire anche. Avanti, sei noioso Gerard...-

-Continua a raccontarmi di Monroeville, ti prego.-

Mi fermai un istante, un istante per guardarlo, per ascoltarlo. Per perdermi in quel viso infantile e adulto allo stesso modo.

-Usciamo.- gli presi una mano, tentando di spingerlo verso la porta.

-No, restiamo qui.-

E poi il suono del mio cellulare. Di nuovo.

Gerard si bloccò con il sorriso sulle labbra -Hai intenzione di rispondere prima o poi?-

Lo guardai e non feci niente e lui allora prese il cellulare dal divano e lesse il display -E' Marie di nuovo.-

Sospirai e gli feci segno di no con la testa. Mi guardò contrito e poi, rispondendo alla mia muta richiesta, lo spense.

-Credo che sia davvero preoccupata per te.-

-Lo so Gerard, lo so. Marie è una che si preoccupa. Credo sia perchè è una mamma, in fin dei conti.-

Sprofondai a sedere accanto a lui sul divano e sperai per una frazione di secondo che mi cingesse le spalle con le braccia. Era una sensazione che non avevo mai provato, quella. Quante volte avevo sperato invano che il braccio di Travis scivolasse silenzioso e confortante sulle mie spalle, quando gli sedevo accanto sul divanetto del garage di Dale. Pensavo che lì stretta fra le sue braccia il mondo potesse assumere una prospettiva migliore, che sciocca.

-Non credo sia così, invece.- esclamò Gerard, voltandosi di poco verso di me. Per un attimo credetti che le sue parole fossero riferite alla mia sciocca convinzione che un braccio sulle spalle potesse risolvere i problemi della mia vita, ma lui arricciò il naso e strizzò gli occhi, come per mettermi meglio a fuoco.

-La tua amica ti vuole bene. Ti è così difficile crederlo?-

-Cos'è, sei diventato Freud improvvisamente?- per qualche ragione la sua ultima domanda mi aveva oltremodo irritato.

-Monroe...-

Lasciai che la sua mano scivolasse sulla mia e lo guardai.

-Mio padre c'è capitato per caso a Monroeville. Viaggiava con il suo amico Frank in cerca di avventure -o questo almeno è quello che amava raccontarmi da piccola- e si fermò a chiedere indicazioni al diner dove mia madre lavorava come cameriera. Più o meno un anno dopo erano sposati e con una neonata urlante fra le braccia.-

-Wow- si limitò a commentare lui. -E come mai non siete rimasti a vivere lì?-

-Scherzi? Mio padre fu costretto a scappare dalla furia omicida di mio nonno.-

-Monroe di Monroeville.- sorrise -Mi piace.-

-Beh in realtà io sono nata ad Augusta, nel Maine. Ma se preferisci, possiamo sempre fare finta che sia Monroeville la mia cittadina natale.-

Scosse la testa e lì, in quel movimento rapido, fra lo sbattere di ciglia e l'ansia di voler per forza dimostrare qualcosa, mi accorsi di conoscerlo da sempre.

-Non importa se non vuoi parlare con la tua amica. Posso farlo io al tuo posto?-

Lo guardai storto -Riesci a farti gli affari tuoi per qualche momento? Non dico per il resto della giornata, ma almeno per qualche ora. Ci riesci?-

-Hmm...fammici pensare un momento...- e assunse un'aria pensierosa come se volesse sul serio convincermi di stare ponderando a fondo la questione.

-No, non credo sia possibile.-

-Ma finiscila buffone- gli detti uno scappellotto affettuoso sul braccio e poi, chissà come, mi ritrovai sulle sue gambe, le mani intrecciate dietro la nuca.

-Hello angel- fece lui.

Lo guardai confusa e mi lasciai trascinare dal profumo dei suoi capelli. Dio, ma che shampoo usava? Sembrava uscito dal panorama dei miei ricordi d'infanzia.

-Dov'è che sei, Monroe?- e poi alzò una mano a sollevarmi la maglia, facendomi rabbrividire come se fossi immersa nella neve. Avvicinò il viso al mio e seppi che anche lui sapeva che da quel momento in poi nei reciproci sguardi sarebbe per sempre rimasta impressa l'immagine dell'altro.

Era un patto. Una promessa. Un sigillo. Non si scappava dal destino.

-Dov'è che andiamo da qui?-

-All'inferno- il sapore delle sue labbra, così simile alla cioccolata, rimise per un attimo tutto il casino della mia vita a posto.

L'avrei baciato per il resto dei miei giorni ed ancora, ancora, ancora. Sarei voluta morire e rinascere solo per poterlo incontrare di nuovo e riprovare ancora la sensazione di baciarlo come se tutto nella mia vita dipendesse unicamente dalla sua esistenza.

-Pensi di poter restare qui con me...ancora per un po?- chiese poi lui, afferrandomi il viso fra le mani.

-Chiedimelo un'altra volta- sorrisi, piegando la testa di lato e immaginando un mondo dove nessun Travis Bowart esistesse.

-Monroe, resta con me.-

Ed improvvisamente scoppiai a piangere. Non una lacrima solitaria lungo il viso, non un pianto sommesso, di quelli che riescono magari solo ad inumidirti gli occhi, no. Io scoppiai letteralmente in singhiozzi, accasciandomi su Gerard, lasciandogli sul collo una scia salata.

Lui mi strinse a sé, così forte da farmi male, così intensamente da lasciarmi senza respiro, come se non avesse mai voluto fare altro che quello. Abbracciarmi e basta. Asciugarmi le lacrime forse.

-Lei...lei non sarebbe dovuta morire, Gerard. Lei dovrebbe essere qui con me adesso.- e immagini sepolte da anni di far finta che niente di ciò che era accaduto fosse realmente accaduto, di “non si nomina Sally”, di sguardi smorzati dei miei genitori e delle lacrime al sapore di biscotti allo zenzero di zia Maureen, tornarono alla luce stridenti come i freni di una macchina lanciata a 200 km orari in autostrada.

-Ascoltami Monroe.- fece lui -Non devi parlarne per forza, ok? Solo se vuoi.-

Perchè Gerard aveva capito che il casino della mia vita iniziava da molto oltre Travis e il suo circo rock 'n roll.

-Aveva solo 8 anni. Li aveva compiuti il giorno prima.- mi scostai un attimo dal suo collo, solo per asciugarmi le lacrime e riprendere a respirare normalmente.

-Era così piccola, Gerard...con quelle gonnelline a pois e PollyAnna la sua bambola sempre dietro. Dio, non so nemmeno perchè ricordo tutta questa roba.-

-Eravamo in vacanza con la nonna Mere, io e Sally. Sai si chiamava Sally perchè la canzone preferita di mio zio era Sally Cinnamon degli Stone Roses e gliela cantava sempre “Until Sally I was never happy, I needed so much more...” la conosci?-

Lui annuì e la continuò per me - “Rain clouds, oh they used to chase me, down they would pour” -

Mi venne da sorridere e lo feci, un po' piangendo sempre, un po' desiderando baciarlo.

Poi mi spostò una ciocca di capelli scomposti da sopra gli occhi e me la portò con dolcezza dietro l'orecchio, guardandomi come a volermi dire “Continua, ti ascolto, non me ne vado da nessuna parte”.

No che non l'avrebbe fatto. Lo conoscevo ormai. Come le mie tasche. Sì, così come sapevo con esattezza delle forcine per capelli e delle chiavi del negozio all'interno della tasca sinistra della mia giacca, sapevo che Gerard voleva ascoltarmi con tutto se stesso.

-La nonna non voleva lasciarci da sole in spiaggia quella sera, ma c'erano degli ospiti a cena e doveva assolutamente andare a preparare e Sally non ne voleva sapere di rientrare, Gerard. La nonna aveva provato a convincerla davvero, ma lei era testarda ed era corsa gridando in acqua. Allora io avevo detto alla nonna di non preoccuparsi e di andare ad infornare il pollo, che io e Sally saremmo rimaste un altro po' e poi l'avremmo aiutata con la tavola.-

E di nuovo mi interruppi perchè il sapore di quella sera estiva era troppo amaro sul palato dei miei ricordi.

-Ma perchè ti sto raccontando tutte queste cose?- mi asciugai gli occhi ed evitai il suo sguardo. Di colpo mi resi conto di non aver mai approfondito quella discussione così tanto con nessuno. Solo con l'agente di polizia che era venuto ad interrogarmi quella notte, quando invece di rispondere alle sue domande avevo vomitato sul parquet del salotto al ricordo del corpicino privo di vita di Sally chiuso dentro il sacco nero della Scientifica.

-Va tutto bene, Monroe. Penso che tu debba raccontarlo a qualcuno, prima o poi.-

-No- scossi la testa bruscamente e mi allontanai da lui, alzandomi completamente dal divano e passandomi freneticamente le mani fra i capelli.

-Devo andare via. Non so nemmeno che cosa ci faccio qui.-

-No, no, no, no, no.- lo vidi alzarsi di scatto e afferrarmi per un polso. -Dove pensi di andare in queste condizioni?-

-Non posso, non posso permettermi una cosa del genere Gerard. Non lo capisci?- alzai gli occhi, sperando di annegare nei suoi, e mi fermai un istante.

-E' tutto sbagliato e io non posso restare qui.-

-No che non lo capisco. Un istante fa stavamo praticamente per fare l'amore e adesso non sai nemmeno cosa ci fai qui?-

-Tu sei troppo giusto per me.- gli presi il viso fra le mani e lo baciai in fronte.

-Ti avessi incontrato 5 anni fa, mi sarei innamorata di te.-

Lo vidi indietreggiare, rimpicciolire quasi e cambiare in un attimo espressione.

-Per favore. Vai se devi andare, solo non rifilarmi queste stronzate.-

-Sono un casino, Gerard. Sono un tale casino. Non sarei dovuta venire dall'inizio. Ho sbagliato tutto come al solito e adesso ne pago le conseguenze. Non c'è posto in quest' inferno per te, stammi lontano.-

E scappai via, via da lui, dal suo appartamento, da tutto quello che sarei potuta essere se avessi deciso di aprire le porte al futuro invece di crogiolarmi nella nostalgia di qualcosa che non potevo avere.


Non potevo tornare da Travis in quelle condizioni. Ero troppo sobria per poter reggere la violenza del suo sguardo e la crudezza delle parole che sicuramente mi avrebbe rivolto.

Così comprai una bottiglia di vodka nel primo drugstore che incontrai e me la scolai senza pensarci due volte lungo tutto il tragitto fino a casa sua. Ma sì, tanto valeva comportarmi come la sgualdrina che mi reputava essere. È un'etichetta che ti meriti, Monroe la sua voce mi risuonò in testa come un'eco dolorosamente vicina.

Non c'era più spazio per Gerard, ormai. L'alcohol e la disperazione e Sally e i ricordi amari e le lacrime e poi cos'altro? Sì, Travis. Travis più di tutto il resto, lui e la vodka e la voglia che improvvisamente avevo di lui.

C'ero dentro fino al collo e anche di più. C'ero dentro con tutte le scarpe e con il cappotto. E non sarei mai riuscita a fuggire da quel labirinto.

Sai che tornerò. Lo farò sempre” erano state le ultime parole che gli avevo rivolto, prima di scappare a casa di Marie, ed ora eccomi lì ubriaca e sola sulla via di casa verso il mio incubo personale.

Lui e il suo sorriso da pagliaccio, lui e la sua voce da manicomio.

Mi aprì la porta di casa come se mi stesse aspettando dietro la soglia. Aveva indosso la sua vecchia maglia dei Led Zeppelin, quella che si era comprato col primo stipendio e che era sdrucita nell'angolo sinistro.

Adoravo quella maglia. Era impregnata di lui.

-Sai di vodka, Rory.-

-Lo so.-

-Mi sei mancata.-

Era ancora fermo sulla soglia, come se stesse ponderando se farmi entrare o meno. -Però sono arrabbiato con te, penso che tu lo sappia.-

-Lasciami entrare, Travis.-

-Dammi una buona ragione per cui dovrei farlo.- Mi guardava come se volesse finirmi, ma il tono era dolce, carezzevole. Ed io sapevo che quello era uno dei giochi più pericolosi con lui.

L'ultima volta che mi ero lasciata incantare dal suo tono tranquillo, mi ero ritrovata a vagabondare per il Queens insieme a due sconosciuti, che in teoria erano suoi amici, fatta di cocaina e stravolta dalle lacrime.

Con Travis non finivi mai nel posto in cui ti aspettavi quando avevi cominciato.

-Non hai bisogno di motivi per lasciarmi entrare, lo sai.-

Arricciò le labbra, sorridendo.

-Sei uno spettacolo quando sei così, Rory.-

Si fece da parte per farmi passare, e non appena gli fui accanto mi strattonò un polso, fino a sbattermi contro il muro dell'ingresso.

-Anche tu mi sei mancato- e mi avventai su di lui, contro di lui, baciandolo fino a svenire, tirandogli i capelli, desiderandolo con ogni terminazione nervosa del mio corpo.

Travis mi sollevò da terra, stringendomi a sé con una forza tale da farmi perdere il contatto con tutto ciò che non fossero le sue mani e le sue labbra e il suo sapore allucinogeno.

-Sei stata cattiva. Molto cattiva con me, Rory.- esclamò poi, allontandosi bruscamente, così bruscamente che fui costretta a riprendere fiato.

-Saprò come farmi perdonare- gli morsi le labbra, facendolo sanguinare e stavolta lui mi prese in braccio, strappandomi via la maglia.

-Non credere di potertela cavare così, Rory. Stasera ci divertiamo.-

Da qualche parte, nascosta dall'alcohol, dalla disperazione e dalla voglia irrefrenabile che avevo di lui, una voce mi disse di smetterla immediatamente, di tirarmene fuori finchè fossi stata in tempo e di tornare da Gerard, anima candida, l'unico che voleva ascoltarmi davvero.

Ma restai lì, invece.

Intrappolata nel degrado delle nostre anime.



Ehm. Ragazze giuro che non ho scusanti per i 5 mesi, oddio ç__ç fa ancora peggio vederselo scritto così....5 mesi di ritardo. La mia unica scusante è che mi sono laureata nel frattempo XD e sono stata veramente incasinata, unito comunque al fatto che non ho avuto molta ispirazione per questa e nessuna delle altre mie storie. Perdonatemi davvero per tutto, soprattutto per lo schifo che è questo capitolo, che è uno dei capitoli più insulsi mai prodotti.

Vi ringrazio per le recensioni magnifiche dello scorso capitolo, e sappiate che vi capirò se ormai avete perso qualsiasi interesse in questa storia!


Vi adoro comunque :)



   
 
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