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Autore: Phoenixstein    23/12/2011    5 recensioni
Che senso aveva dover comprare i regali, organizzare il cenone, ascoltare i classici di Natale a ripetizione? Non appena le festività fossero finite, avrebbe dovuto lasciare andar via la sua metà per cinque fottuti mesi. Quindi, cosa diavolo c’era da festeggiare?
FUTURE FIC, sequel di "Me lo prometti?". Seconda classificata al Monthly Contest (Christmas Version).
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FUTURE FIC, sequel di "Me lo prometti?".

 

 

 

 

I don't want you to go, but...

Fingeva di non accorgersene, ma con la coda dell’occhio coglieva chiaramente quell’aria pensosa e inquieta sul volto del marito. Anni di convivenza, e ora non poteva sfuggirgli nulla!

–David, che ti prende?

L’avvocato continuò a piegare il suo maglione sul letto e, per tutta risposta, sospirò: –Sto pensando.

–Questo lo vedo. Sembri preoccupato.– disse Kurt, posandogli dolcemente una mano sul braccio e chiedendogli implicitamente di essere guardato negli occhi. Dave lo sapeva, non era capace di tenere nascoste le cose, a suo marito più che a ogni altro. Quelle dita affusolate che si stringevano al suo avambraccio erano calde e delicate, promettevano di riparare qualunque brutto pensiero lui stesse facendo.

Distolse l’attenzione dalla roba da mettere a posto e mosse lo sguardo su quello preoccupato di Kurt.

–Stavo solo ricordando che tre anni fa in questo periodo… non ce la passavamo bene.– disse alla fine, con uno sforzo che gli costò il baluginare lontano delle lacrime nei suoi occhi dalla sfumatura indescrivibile.

–Oh… Ci pensi più tu di me, ormai. Ci credi che la sento come una cosa talmente remota da… dimenticarla, quasi?

Kurt sapeva che quelle parole non avrebbero sortito l’effetto desiderato, così si aggrappò delicatamente al collo del marito. David continuava a spostare con nervosismo lo sguardo sul muro di fronte finché il tocco di quelle adorate dita sulla guancia non lo invogliò a concentrarsi solo sulle stelle ardenti che erano gli occhi di Kurt. Ma non bastava. Faceva ancora male.

–Entrai in ospedale il 19 dicembre, uscii alla vigilia di Natale.

Kurt lo accarezzava come se fosse un bambino piccolo che aveva bisogno di essere rassicurato, un bambino che profumava di dopobarba. David non abbandonava mai del tutto quell’impalpabile paura di perdere il mondo che si era costruito con quel sopranista con manie da primadonna.

–Avevi raccontato ad Allie quella storia così storia così adorabile… Sei stato meraviglioso.

A David scappò un sorriso sghembo e pieno di sentimenti. –Già, le fate. «Papino Kurt è andato a cantare per le fate.»

–Queste sono le cose che non mi fanno mai pentire di averti sposato, sai?

David s’imbarazzò, come sempre quando l’altro lo faceva sentire così importante. Si sentiva fortunato a ricevere le lodi di una persona che illuminava costantemente le sue giornate, ed anche un po’ in soggezione, come se non meritasse poi tutto quel parlare.

Kurt, assicuratosi che l’ombra dei cattivi pensieri si fosse eclissata, gli elargì un buffetto sulla guancia e tornò a piegare indumenti vari.

–A proposito, Allie non deve fare i compiti?– domandò, riponendo dei boxer nel proprio cassetto

–Sì. Voleva guardare un po’ di TV prima di cominciare.

Kurt squittì con disappunto: –Cheee??? In questo periodo non faranno altro che mandare film natalizi a ripetizione. Sei impazzito? Non voglio che la sua giovane mente venga traviata!

Dave abbandonò del tutto i dolorosi ricordi di qualche anno prima, beandosi di quanto buffo risultasse l’altro in quella sua fissazione. Piegava i vestiti a velocità impressionante e non la finiva più di alzare gli occhi al cielo. Dave, di per sé, sentiva che sarebbe scoppiato a ridere da un momento all’altro se il marito non avesse smesso subito di andare avanti e indietro dall’armadio al letto come un robottino impazzito.

–Kurt, sei melodrammatico. Quando Allie andava all’asilo la facevi rimanere a casa per tutto il mese di dicembre, ma ora cos’hai intenzione di fare? Perdere un mese di scuola primaria non è fattibile. Inoltre sei tu stesso un patito delle canzoni natalizie e…

–Sei divertito, caro. Lo percepisco dal tuo tono di voce. –replicò Kurt, passando davanti a lui a testa alta, fermo nelle sue convinzioni.

–Sì, molto divertito. Perché tu mi ricordi tanto qualcuno… hmmm – David fece finta di non ricordare il paragone, poi cominciò a canticchiare per prenderlo in giro…

You're a mean one Mr. Grinch

You really are a heel.

You're as cuddly as a cactus,

And as charming as an eel,

Mr. Grinch!

–Ma smettila! – rise Kurt, scuotendo la testa. Niente, non poteva resistere, con lui rideva sempre.

–Credi davvero che nascondendole l’esistenza di questa festa le farai del bene? Insomma, è il Natale! Quand’eravamo liceali anche a te piaceva festeggiarlo!

Kurt tornò serio e gli puntò il dito contro con aria vagamente minacciosa. –Esatto, David Karofsky, proprio il Natale! È tramite questa pantomina da feuilleton che la religione “compra” i bambini! Noi siamo adulti e sappiamo gestirla, ma lei? Come può capire che certe cose vanno… uhm, “interpretate”?

–O-okay. –balbettò l’altro, alzando le mani in segno di resa. Sospirò, poi disse: –Aiuto la piccola a fare i compiti…

Mentre usciva dalla stanza a passo cadenzato, continuò a canticchiare, sornione.

You're a bad banana,

With a greasy black peel!

You're a monster, Mr. Grinch!

Kurt scoppiò di nuovo a ridere e gli tirò dietro un paio di calzini arrotolati che rimbalzarono sulle sue spalle larghe da ex giocatore di football. –Sparisci, razza di avvocato del diavolo!

 

 ***

 

–Ehm, Houston, abbiamo un problema! –fece David, gracchiando la voce come una ricetrasmittente difettosa, mentre filava in cucina con una pila di piatti sporchi in mano.

–Grazie, amore, mi sei di grande aiuto, eh!– cinguettò ironicamente Kurt, prima di tornare allo sguardo interrogativo della piccola davanti a sé.

–Allora, papà? Chi è Babbo Natale? Coline dice che ha un vestito rosso e la barba bianca e porta tanti regali ai bravi bambini… Allora può portare dei regali anche a me!

Erano rare le volte in cui Kurt imprecava, perfino nella sua testa, ed in quel momento lo fece, cominciando a domandarsi perché diavolo Coline non tenesse cucita quella sua boccuccia française ogni tanto.

“Per VanAssche! Ora che cosa le dico?”

Non ebbe il tempo di trovare una storia convincente, che la piccola riprese a fare domande, causandogli un capogiro.

–E poi chi è Gesù Bambino? Coline dice che è tanto buono, ma io non so chi è questo bambino! E Coline parla del Natale, papà! Io le ho detto che non so cos’è e mi ha preso in giro!– Allie a quel ricordo si accigliò, stringendo la stoffa della tovaglia con la manina.

Kurt immaginò di mettere a tacere la viziata figlia dei Flechère schiaffandole in bocca una baguette. Hm. Stupenda visione. A volte non c’era seccatura più grande di una piccola peste dalla lingua lunga. Una piccola peste che, fra l’altro, rischiava di mettere in crisi il suo operato genitoriale con le frecciatine da sartoria apprese senza dubbio dalla madre…

“Potrei dirle che Babbo Natale è il mago dell’Inverno e…” tentava affannosamente di farsi venire un’idea abbastanza decente da reggere tutta la storia del Natale, ma si accorse che non voleva mentirle davvero “No, ha ragione David. Non ha senso nasconderle una cosa che comunque verrà a sapere! E dovrei trasformarmi in un bugiardo? Non è giusto.”

Allie era tornata a guardarlo in trepidante attesa, sperando di ricevere le risposte al fermento che aveva notato a scuola. Kurt cercò un modo di iniziare il discorso… Era talmente impegnato a pensare che non si accorse che Dave era dietro di lui fin quando non posò le mani sulle sue spalle e aprì bocca per parlare.

–Bè, KittyCat, ci sono persone, sai… uhm… persone che credono ci sia qualcosa di più grande di noi in cielo, qualcosa che ci ha creati tutti e che ci dice come dobbiamo vivere… e chiamano questa cosa Dio. Lo immaginano come un uomo grande e potente che tanto tempo fa fece scendere suo figlio sulla Terra.

–Ma ovviamente sono tutte sciocchezze, baby.– intervenne Kurt, agitando le mani come un ossesso. Era come seduto su un cuscino di spilli, in bilico fra il rilassarsi lasciando che il marito spiegasse, e il tendersi per lo sdegno che percepiva a sentire certe cose in casa sua.

David continuò, ormai sicuro di riuscire a risolvere quella questione tanto spinosa. –Comunque ci sono molte persone che credono in questo Dio, e hanno una loro festa, il Natale. Il Natale è il giorno in cui tanti anni fa è nato il figlio di Dio, Gesù Bambino.

Kurt sentì un nodo alle viscere, orticaria, vista annebbiata, salivazione azzerata... tutto insieme, come disastroso effetto della repulsione a quelle quisquilie. Allie ascoltava con interesse e lui temeva che si stesse bevendo tutto come una favoletta. Non riuscì a trattenersi, e intervenne ancora.

–Ma il Natale lo festeggia la gente fuori di testa, cuccioletta. Noi non crediamo a tutte queste storielle…

Okay, uhm. “Gente fuori di testa” forse era stato un po’ eccessivo, considerando il fatto che ormai i più consideravano il Natale come un’occasione per fare festa e scambiarsi regali, nient’altro. Ma come accidenti spiegare a una bambina di sei anni certe cose? Che cerchio alla testa!

Allie giocava con il tovagliolo accartocciato e sembrava non saper bene cosa pensare. Dopo un po’ disse: –Allora io non avrò i regali come gli altri bambini? Coline dice che ne avrà così tanti che non riuscirà a contarli…

Kurt non sopportava quella francesina saccente, soprattutto perché le sue sciocche chiacchiere ora erano causa del faccino triste di sua figlia. –Bè– strinse la mano di David sulla sua spalla e trasse un profondo respiro per farsi coraggio ed essere sicuro di ciò che stava per dire– Ascolta, tesoro mio, sai cosa facciamo? Faremo anche noi una festa per il Natale, e avrai i tuoi regali! Sarà la nostra festa dell’Inverno, canteremo e decoreremo la casa!

–Una festa? –ripetè Allie, improvvisamente entusiasta, col nasino che si arricciava per l’eccitazione– Facciamo venire anche zio Finn e zia Rachel?

A Kurt bastò guardare la luce negli occhi della bambina che subito dimenticò le sue reticenze nei confronti del Natale…

–Ma certo! E anche Santana e Brit, Shelby, Puck, Beth… ci divertiremo tutti insieme!

David era già frastornato solo all’idea. –Oh, ca…– Kurt gli scoccò un’occhiataccia fulminante– …caspiterina, Allie! Sai che bello?

–Metteremo gli addobbi e… ti prometto che avrai più regali di Coline! –esclamò Kurt, ormai in orbita.

Allie scappò via da tavola lasciandosi dietro uno “Yeeeeee” di pura gioia. Kurt si mordicchiava le labbra, estasiato.

–Ah, complimenti. Sei passato dallo status di Grinch a “evviva il Natale”!– commentò Dave, grattandosi confuso il mento.

–Ma, non hai sentito? Quella Coline! Insomma, nostra figlia dev’essere felice e per il suo sorriso accetto perfino di festeggiare il Natale. Nessun significato religioso, solo albero, regali, pan di zenzero, agrifoglio, CANZONI… cose così. E, siccome non esiste persona al mondo con maggior senso estetico del sottoscritto, voglio fare le cose per bene. Mi divertirò!

–Che incoerente! Fino a ieri predicavi quanto il Natale fosse il male…! E, prima che tu mi assalga, sto solo facendo della pungente ironia!– borbottò David schioccandogli un bacio sulla tempia.

–Hmmm sarò incoerente ma… è colpa di Allie. Mi toglierei una costola per quella bambina!– sospirò Kurt, stringendosi al marito con desiderio. Aveva quella voglia improvvisa di lui che…

–Alt! Alt! Alt!– l’altro interruppe il bacio causandogli il broncio– Non guardarmi così, dimmi se hai davvero intenzione di chiamare a raccolta mezzo liceo McKinley!

–Non fare l’orso!– sbuffò Kurt, spingendolo via con una mano sul petto.

David rise tornando a cingerlo, stavolta prendendogli con amore i fianchi da dietro. –Non faccio l’orso, è che so già cosa mi aspetta…

 

 ***

 

–Mettiti il cappotto, dai!– esclamò Kurt, lanciandogli il soprabito di panno scuro che lui stesso gli aveva regalato.

David con un movimento di contorsionismo lo acchiappò al volo mentre l’altro chiudeva il cappottino in tartan della figlia e proteggeva il suo piccolo collo con una sciarpa rossa. Con gonnellina bordeaux, leggings e stivaletti lucidi color amaranto, Allie sembrava la testimonial impeccabile di qualche casa di moda per bambini. I suoi occhioni scuri avrebbero dovuto ricordare al mondo che in lei non vi erano geni Hummel né Karofsky, ma in realtà il DNA poco importava, quella principessina era la LORO principessina. E lì, in quegli occhi, era racchiusa l’eccitazione di stare per scoprire qualcosa di nuovo di cui tutti i suoi compagni parlavano e a cui ora poteva magicamente accedere anche lei.

–A quale vivaio vuoi che ti porti?– domandò David al marito, stirandosi le maniche del soprabito doppiopetto. Kurt si voltò verso di lui e il suo cuore si fermò per un attimo, orgoglioso di avergli regalato un capo che lo impreziosiva oltre misura delineandogli bene la corporatura possente.

–Vivaio? Assolutamente no! Voglio un albero sintetico bianco… e lo addobberemo con cascate di glitter nero e un puntale d’argento.

–Agli ordini, capo!– sospirò David, non del tutto sicuro di essere pronto alle grandi spese di Natale in compagnia di uno shopping addicted come Kurt.

–E sai esattamente dove desidero che tu mi conduca, o Principe Azzurro…– disse quest’ultimo, sfiorandosi con innocenza il ciuffo alla pompadour irrigidito dalla lacca.

David lo sfotté spingendolo via dalla spalla. –Pffff. Non chiamarmi così, bambolina di porcellana!

Già il viaggio in macchina fu l’inizio del delirio. Nella Chevrolet 4x4 nuova di zecca (ah, i vantaggi di lavorare in uno studio legale di prim’ordine!) Dave dovette sorbirsi degli sproloqui infiniti su tutto ciò che Kurt aveva in programma di acquistare allo “Zenith”, con Coline dietro che dal seggiolino chiedeva continue spiegazioni sull’indecente numero di cianfrusaglie che suo papà elencava come se fossero salmi mistici. Cos’era lo “Zenith”? Semplicemente il luogo che Dave era quasi arrivato a sognare di notte, per colpa del marito che lo trascinava lì puntualmente tutti i mesi! Ormai conoscevano i commessi come se fossero loro dirimpettai, e Kurt ovviamente raccontava anche tutti gli affari di casa Karofsky-Hummel alla stregua di chiacchiere da salotto. A volte David temeva perfino che l’altro si mettesse a svelare quei piccoli imbarazzanti particolari della loro vita di coppia, ci mancava solo quello! Che razza di posto era lo “Zenith”? Bè, David non sapeva neanche che tipo di negozio definirlo, riusciva a catalogarlo tutt’al più come una sorta di santuario dell’oggettistica… oggettistica di innovativo design che sfociava in articoli di arredamento sconvolgentemente costosi e bizzarri. Per qualche strana ragione, anche un anticonformista come Kurt, sempre dedito alla ricerca del nuovo (e quindi anche di nuovi negozi!), aveva fatto qualcosa come un voto segreto di non abbandonare mai lo “Zenith” fino al giorno in cui avesse dovuto disgraziatamente chiudere i battenti.

Paula, la commessa con cresta alla Puckerman color melanzana, li accolse con il suo solito sorriso asimmetrico e pieno di vita.

–Oh, la nostra famigliola felice!– esclamò, uscendo da dietro il bancone per mostrare a Kurt il suo maxipull psichedelico.

Attirato dall’allegro chiacchiericcio, spuntò dal retro un altro dei commessi. Luc, allampanato, con bellissimi occhi verdi dietro la montatura da nerd, risata contagiosa e una spiccata sintonia con Allie. Non appena fece “ciuf-ciuf”, David lasciò andare la manina della figlia, sapendo che quello era il loro richiamo. Era un po’ geloso, ma in fondo quel Luc sapeva davvero come trattare la principessina! Li osservò un attimo mentre si avventuravano su per le scale del secondo piano, poi tornò a Kurt che, a quanto pareva, non aveva perso un minuto di tempo!

–Sapevo che mi avresti capito al volo! Insomma, se proprio devo festeggiare il Natale tanto vale che lo faccia alla maniera Hummel! –sentenziò Kurt trillando di entusiasmo con la ragazza.

Paula li condusse nella stanza adiacente, dove erano stipati alberi di Natale di ogni genere e dagli altoparlanti si diffondevano delicati coretti di musica natalizia. Il sopranista indugiò qualche istante, affascinato da un abete fuxia, ma David lo spinse oltre bisbigliandogli una minaccia all’orecchio.

–Questo è perfetto, non puoi dirmi nulla! –esclamò Kurt dando di gomito al marito davanti all’albero bianco che era stato nei suoi piani fin dall’inizio. David guardò l’abete da sotto in su, per quanto era alto. Due metri e dieci, recitava il cartellino. Per portarti a casa quei due metri e dieci di plastica dovevi spendere un bel bigliettone da cento dollari e un altro da venti. Considerando le volte in cui far spese con Kurt non gli era costato che il quadruplo di quella cifra, David capì che stavolta non gli era andata poi così male. E in fondo, a dir la verità, per la sua fatina cosa non avrebbe fatto? Sembrava che si divertisse! “Incoerente e maniaco delle stramberie. Ma… cazzo, quanto lo amo!”

Quel pomeriggio uscirono dallo “Zenith” con molti soldi in meno. Arrivarono fino alla macchina alquanto sovraccarichi. David con una mano teneva Allie, tutta contenta del lecca-lecca alla fragola che le aveva regalato Luc, mentre con l’altra aveva raccattato una parte del carico natalizio di Kurt, e lo stesso sopranista portava buste su buste senza lamentarsi, soddisfatto. Erano le diciotto e un quarto, 9 dicembre. Di lì a poco i fattorini dello “Zenith” avrebbero portato nel loro salotto quell’adorabile abete color neve.

 

 ***

 

–Amore, per favore, reggi qui. –disse Kurt porgendogli l’altra estremità del festone nero luccicante mentre si alzava in piedi sullo sgabello.

–Attento! –esclamò David, bloccando col piede la tenuta malferma dello sgabello. Allie si chinò e mantenne con le manine i basamenti perché suo papà non cadesse. L’avvocato prese il festone che l’altro gli porgeva e, seguendo le indicazioni di Kurt, lo sistemò fra le fronde basse dell’abete mentre l’altro lo faceva passare tutt’intorno dall’alto.

–Passami il puntale, Dave!

David tirò fuori dalla busta dello “Zenith” il magnifico puntale, una sorta di ampolla che si assottigliava in una bacchetta lucente, tutto cromato d’argento e glitter con sottili fregi neri.

–Tieni.

Kurt lo prese e, quando con un po’ di frizione lo infilò in cima, sentì le orecchie andargli a fuoco immaginando le battutine oscene che David si stava sicuramente trattenendo dal dire in presenza della bambina.

–Scendi, dai! –rise il marito mollandogli una pacca sul sedere.

–Sì, sì, scendo, scendo…–balbettò Kurt, stordito dal fatto che ogni possibile battutina stava venendo in mente proprio a lui e non riusciva a capacitarsene. “Maledetta astinenz…”. Il pensiero capitombolò insieme a lui che, intento a vaneggiare, aveva poggiato male il piede sul piolo e aveva perso l’equilibrio. In qualche maniera i riflessi di David furono talmente veloci che fece in tempo a sorreggere Kurt prima che quello sbadato si slogasse qualcosa.

–Ouch!

Scoppiarono a ridere in un bizzarro intreccio di braccia e Kurt gli stampò un bacio di gratitudine.

–Che impiastro…–lo prese in giro il marito.

–M-mi sono distratto! –balbettò il sopranista, glissando sulla causa della propria disattenzione. Le braccia di Dave erano forti e calde, un richiamo sensualissimo al quale sapeva di poter soccombere da un momento all’altro… –Adesso è il momento di appendere le ghirlande e cambiare i foderi dei divani! Rosso fuoco è la parola d’ordine! Allie, mi aiuti, vero?

La piccola lanciò un urletto elettrizzato e si ancorò alla gamba di Kurt stritolandogliela con riconoscenza.

 

 ***

 

–Dobbiamo avvertire tutti quanti, altrimenti potrebbero prendere altri impegni per il 24, no?

Kurt era concentrato a sfogliare in tutta fretta una rivista a caccia di una ricetta particolare da esibire durante la cena, perciò non lo ascoltò.

–Kurt?

Solo sentendosi chiamare alzò gli occhi dalle pagine. –Dimmi!

–Siamo già al 12 dicembre, non dovremmo fare un colpo di telefono agli altri? Molti di loro dovrebbero arrivare da Lima, non siamo sicuri che possano venire!

–Sì, amore, puoi telefonare tu?

C’era un mucchio di persone da contattare il prima possibile e David non ebbe il tempo di farsi una lista mentale degli invitati, che Allie li raggiunse in cucina tutta trafelata, con in mano un quadernone di scuola.

–Papà Davey, mi aiuti? Non riesco a fare i compiti!

–Telefonerò più tardi, Kurt. Do un’occhiata al lavoro della bambina…

Il sopranista gli diede l’ok con un movimento della mano, per tornare subito alla sua ricerca. –AH! –urlò, con tale soddisfazione nella voce che David tornò a fissarlo con aria interrogativa.

–Che ti prende?

Kurt puntava freneticamente il dito contro una pagina, sembrava quasi che volesse farci un buco!

–Cappone alle ciliegie, sarà il nostro piatto forte!

David strabuzzò gli occhi e chiese ad Allie di aspettare solo un attimo. La piccola tornò in sala, pronta a fare i compiti con suo papà accanto all’albero di Natale.

–A costo di fare un’osservazione stupida… Dove vuoi che trovi le ciliegie a Dicembre? Non si potrebbe optare per qualcosa di più…

Kurt si alzò di scatto e cominciò a sventolare la foto del cappone alle ciliegie sotto il naso del marito. –Conserva di ciliegie, caro! Guarda, non ti fa venire l’acquolina in bocca solo a guardarlo?

David aveva i suoi dubbi che si sarebbe innamorato di quel piatto, ma Kurt era già partito per la tangente, così alzò le spalle e annuì.

Per tutta l’ora seguente rimase a girare le pagine del libro di letture di Allie, standole vicino mentre lei si concentrava nell’esercizio di bella calligrafia che le aveva assegnato l’insegnante. Staccò gli occhi da “La bicicletta di Janet” per guardarla tirare fuori la linguetta nel tentativo di ricopiare una perfetta lettera effe, con i bagliori delle lucette appese all’albero che si riflettevano sui suoi capelli ramati. Era bella. Davvero bella. David in quei riflessi luminosi sui capelli da fata e nell’espressione scrupolosa della piccola vedeva tutte le meraviglie del mondo condensate insieme… Senza dubbio l’avvocato sentiva che nella vita aveva fatto le scelte giuste, e ora si ritrovava a esser parte di una famiglia di cui era tanto orgoglioso che gli faceva brillavano gli occhi per la commozione. “Dannata bambolina di porcellana, mi ha trasformato in un orsacchiottone lacrimoso!”. Sì, la frecciatina colma d’amore andava sempre e comunque a Kurt Hummel. Fu interrotto nel suo vago ammasso di pensieri sdolcinati dallo squillare dell’iPhone accanto alla rarissima lampada Verner Panton del ’64 a cui probabilmente Kurt teneva più che al resto della casa.

Allie alzò gli occhi dal quaderno mentre suo padre si alzava per rispondere.

–Lo studio legale? –esclamò David, vedendo il nome del suo capufficio illuminare lo schermo. –Pronto, Liam?

La bambina osservò attentamente come suo papà cambiava espressione parlando di qualcosa che nei suoi sei anni non conosceva, ma che sapeva lo avrebbe portato via. Infatti, quando David ripose il cellulare sul mobile, le scompigliò il ciuffo e poi le baciò la testa profumata dicendo: –KittyCat, papà deve andare al lavoro, ma torno presto.

Allie allungò le braccine verso il suo collo e posò le labbra delicate sulla guancia dell’avvocato.

–Kurt! –David lo chiamò dirigendosi in cucina dove l’aveva lasciato. Lo trovò invece in bagno in una precisissima operazione di pulizia facciale.

–Smettila di fare la primadonna. Mi ha chiamato Liam e devo correre in ufficio, Allie è di là da sola. Vuole un po’ di compagnia.

–Certo, amore. Ci penso io… vai pure! –trillò Kurt, sporgendosi verso l’altro per baciarlo.

–Argh! No! –biascicò David, schivando una faccia ricoperta da una poco invitante cremina bianca– Non ti dico cosa sembra quella roba!

–Troglodita! Sei sempre un troglodita! –sbuffò Kurt, picchiandolo con l’asciugamano.

 

 ***

 

E non era stata una buona cosa, non proprio.

–Ma chi è che si mette a fare causa ad una Spa proprio a Natale? –esclamò Kurt con disappunto, sedendosi a tavola.

–Cosa vuoi che ti dica? Quando ci sono di mezzo grandi quantità di denaro la gente non aspetta!

–A proposito di aspettare… devo parlarti di una cosa.

David si grattò la fronte, pronto a qualche proposta stravagante. –Dimmi…

–Mentre eri via mi ha chiamato anche Jodie Carliff.

–La sovrintendente della tua compagnia?

–Sì. –Kurt sospirò, poi ricominciò a parlare a velocità mostruosa, come se sapesse che quello che doveva dire non sarebbe stato facile da digerire –Mi ha detto che dopo la pausa delle festività i Rubies avranno assolutamente bisogno di me per un musical sperimentale, “Versailles” e… hanno in programma una tournèe in New York, Pennsylvania, Ohio, Indiana e Illinois, poi Georgia e Florida. Si tratterebbe di cinque mesi.

David incagliò lo sguardo su di lui come pietrificato. –Oh.

–Cosa vuoi dire con “oh”? –domandò il sopranista, mordicchiandosi l’unghia del pollice.

–Nulla in particolare. Sei tu che dovresti dirmi qualcosa… Hai intenzione di andarci? –borbottò Dave, serrando la mascella e infilzando con vigore la grigliata di zucchine nel piatto.

Allie aveva sentito delle parole che non le piacevano, non sapeva quale dei due papà guardare per non scoppiare in lacrime.

–Papà Kurt… cosa… dove… dove devi andare?

–Cucciola, è il mio lavoro…

–Vuoi andarci, è così? –lo interruppe l’avvocato lasciando perdere quelle stupide zucchine– Insomma, è una bella occasione e tu hai… quella luce negli occhi, sai… come quando con i Rubies eravate appena sbarcati a Broadway.

Kurt ponderò attentamente le sue parole. –Lo sai, è quello per cui vivo.

Non abbastanza. Fu come una freccia al veleno, spedita dritta al cuore di David Karofsky. Bastò a farlo sentire inutile, quasi un peso. L’altro se ne accorse e capì di aver sbagliato.

–Non… non fare quella faccia. Non intendevo dire… Oh, non far finta di non saperlo… oltre a voi il palcoscenico è ciò che amo.

–Perché devi andare via? Papà, perché? –ripeté Allie, fissando le luci intermittenti dell’albero con le iridi velate di lacrime.

David le prese con delicatezza il braccio. –Perché tuo papà Kurt ha la voce più bella del mondo, KittyCat. Ed è giusto che la gente lo senta cantare! Noi due ce la caveremo, non credi? Non ci accorgeremo nemmeno del tempo che passa.

Kurt nascose un sorriso dietro le mani incrociate. Ogni volta quell’uomo riusciva a sorprenderlo in mille modi diversi e ricordò che, in fin dei conti, l’aveva sorpreso fin dal principio con quel bacio negli spogliatoi del McKinley….

Quella sera in camera da letto, il sopranista riaccese l’abat-jour pochi minuti dopo che Dave l’aveva spenta. Con la luce soffusa che si infrangeva debole sulle sue spalle, appoggiò il gomito al cuscino e diede adito alle sue abilità da seduttore. Accarezzò la guancia di Dave con tocco da gatto, beandosi dell’accenno di barba sotto i suoi morbidi polpastrelli.

–Guardami. Quella luce negli occhi ce l’ho anche adesso…?

David respirava forte sulla sua mano, si voltò lentamente e alzò le palpebre. Giochi di luci e ombre proiettavano sul suo viso un’espressione atona, quasi sofferta, quando parlò. –Sì, ed è magnifico.

Baciò le dita affusolate di Kurt con la spontaneità che vive nell’animo di un bambino.

–Hmm. È perché avere un marito come te fa bene al corpo e alla mente! –ridacchiò sommessamente Kurt.

David sapeva dove voleva andare a parare. Ma non era la serata giusta, e probabilmente non lo sarebbe stata per un po’. Non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a fingere che andasse tutto bene. Gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte, erano lisci e sottili come seta… –Sono stanco. Buonanotte, fatina.

 

 ***

 

“Il mattino ha l’oro in bocca, oro come questi cereali.” Quello il pensiero di Dave non appena si riempì la tazzona di cornflakes dorati, come faceva da sempre. I petali di mais erano diventati improvvisamente così interessanti da meritare un excursus su proverbi e affini…? No. La verità è che quando hai qualcosa da nascondere fai di tutto pur di non dare a vedere che ci stai pensando, che hai quel piccolo tarlo annidato nel cervello. Odiava tenersi dentro i sentimenti, aveva imparato al liceo che non portava a niente di positivo, ma in questo caso rivelarli avrebbe fatto del male a Kurt, quindi il suo dolore personale passava in secondo piano.

–Stai ancora dormendo?

–Uh? –Dave scosse la testa e si stropicciò gli occhi, cogliendo la palla al balzo– Sì. Sì… una di quelle volte in cui il letto non ti vuole proprio lasciare andare, sai?

–Ci vuole una spremuta d’arancia!

–Che orrore! Ti prego, risparmiamela.

–No! –asserì Kurt, posando con eleganza un bicchere di spremuta sotto il naso dell’altro– Il mio bambinone non ha ancora imparato che non c’è niente di più salutare?

L’avvocato storse il naso. –Invece di propinarmi questa schifezza, vai a svegliare Allie.

Kurt finse di offendersi e raggiunse la cameretta ancora buia della piccola, con gli scaffali pieni zeppi di pupazzi a vegliare su di lei. Il sopranista alzò lentamente la tapparella fino a farla arrivare a metà, poi si avvicinò al letto e, come ogni mattina, cominciò piano a cantare una dolce melodia al suo orecchio.

Birds flying high

You know how I feel

Sun in the sky

You know how I feel

La sua voce era una carezza intrisa d’amore, dedita a sfumare con delicatezza i contorni del sonno di Allie affinché si svegliasse nel modo in cui un fiore apre con magica soavità i suoi petali…

Allie stropicciò gli occhietti, poi incurvò le labbra in un sorrisino ancora assonnato. Quando uscì dal letto ancora in pigiama, la prima cosa che fece fu correre in cucina dall’altro papà.

–Principessina! –la salutò David, illuminandosi di orgoglio paterno. Allargò le braccia mentre la piccola si buttava a capofitto su di lui chiudendo di nuovo gli occhi e accoccolandosi morbidamente nel suo petto ampio.

Non appena fu l’ora di uscire di casa, David fu piuttosto sbrigativo nel rivolgersi a Kurt. –Devo andare, altrimenti farò tardi.

Non pretese nemmeno dal marito quel bacio di rito che gli spettava ogni volta prima del lavoro, e ciò cominciò a far insospettire l’altro che forse qualcosa non andava…

 

 ***

 

–Sono così eccitato per il musical! Oggi ci hanno detto che presto ci verranno recapitati i copioni, per avere una minima idea di quello che andremo a fare… Ah, ho telefonato io ai nostri amici, altrimenti te ne saresti dimenticato! Nessun “disertore”, dovrebbero riuscire a raggiungerci. Per Rachel e Finn il problema neanche si presenta, devono macinare solo un paio di chilometri e sono qui… anzi, si sono offerti di venire in mattinata, così ci danno una mano.

I propositi che Dave si era cucito addosso in mattinata volarono via come foglie al vento. Kurt gli aveva appena sbandierato con compiaciuta felicità tutto il fermento che sentiva per il musical. A quanto pare era contento di andar via per cinque mesi? Fantastico. Ora non voleva altro che sputare fuori tutto il suo malumore, ma cercò di contenersi, almeno per il momento.

–Ok. –disse soltanto.

–Potresti mostrare un po’ più di entusiasmo…? Pensavo che alla fine ti facesse piacere rivedere tutti quanti.

–Infatti…

Kurt cercò di esplorare gli occhi cangianti del marito e, vedendo un’ombra che non vi apparteneva, ebbe l’illuminazione.

–Come ho fatto a non arrivarci prima? È per la tournèe…

David gli diede le spalle. Non aveva alcuna intenzione di creare tensioni e si sentì uno sciocco per non aver mascherato meglio la propria inquietudine.

–Sì, è per la tournèe. Dimmelo! Lo capisco… Cosa vuoi che faccia? –insistette Kurt.

–Ascolta. Quando ci siamo sposati ho accettato tutto di te. Esibirti fa parte del tuo essere, sei nato per stare sul palcoscenico e sai quanto mi piace sedermi in prima fila con Allie nei teatri, applaudirti e poi portarti i fiori dietro le quinte… Non posso chiederti di rinunciare adesso! Solo… non ti eri mai assentato per così tanto tempo. Mi aspetto la tua comprensione, non sarà facile né per me né per la bambina.

Probabilmente Dave aveva una qualche parte di sé che si sarebbe potuta definire masochista, dato che si ostinava ad assecondare quell’altalena che saliva e scendeva in lui. Una volta faceva finta che tutto andasse perfettamente e quella dopo si lasciava prendere dall’irrequietezza.

–David…

–Va tutto bene! –puntualizzò l’avvocato, con troppa durezza nella voce perché suonasse credibile. Ma Kurt non poteva dire nulla, non voleva dover scegliere fra la sua famiglia e la sua passione. Optò per la strada del silenzio, sentendosi anche un po’ meschino. Quante volte in passato era già successo che avessero delle incomprensioni, che si ritrovassero a soffrire in conflitti interiori che non riuscivano mai ad esternare del tutto se non al limite del litigio? Quei momenti non erano mancati nemmeno da quando c’era Allie e, per quanto Kurt si stesse sforzando di ricordare come li avevano superati, non riusciva a farlo. Tuttavia amava quell’uomo in maniera viscerale, non importava quanto a volte potesse fare male, perché sapeva che anche David lo amava esattamente quanto faceva lui.

Nei giorni successivi risultò evidente che quel “va tutto bene” era un fittizio calmiere che David aveva imposto a se stesso e che era destinato a crollare. Sembrava che ora dopo ora la sua tranquillità venisse inghiottita lentamente da un tangibile nervosismo. Tutto quel disagio represso esplose quando arrivò l’ora di comprare i regali per tutti (il che già non era propriamente un’impresa facile, considerata la grande quantità e varietà di amici che si ritrovavano). Girarono in tondo nel parcheggio del centro commerciale per tre volte, e ad ogni giro il nervosismo dell’avvocato saliva. –Maledizione!

–Guarda, forse quella macchina sta uscendo…

–Sta entrando, invece. Sta’ zitto. –sbuffò David, stringendo le mani sul volante. Al quinto giro riuscirono ad infilarsi fra una BMW e una vecchia Ford. Mentre Kurt ed Allie zampettavano allegramente verso l’ascensore, l’avvocato si tirava indietro, camminando con non troppa volontà dietro di loro. Improvvisamente tutto quanto aveva perso importanza. Si crogiolava nel suo umore nero, standosene fra sé e sé come una bomba con la miccia accesa. Il tempo si accorciava, era il 22 dicembre, Kurt presto l’avrebbe lasciato, era tutto orribile.

Quando furono dentro e passarono per prima cosa dallo store di abbigliamento maschile, Dave continuava a muovere non poche obiezioni alle idee di Kurt, sbattendogli in faccia quanto fossero bislacche.

–E tu vorresti regalare quel papillon con le farfalle a Blaine? Cazzo, ma ti rendi conto che quell’uomo già si veste in modo ridicolo di suo?

–Calmati. Non parlare così quando c’è la bambina. E perché dai addosso a lui?

–Non sto dando addosso a nessuno! Anzi, cerco di evitare che tu gli regali un obbrobrio!

–David, trovo assurda la tua gelosia dopo tutti questi anni, soprattutto ora che siamo sposati!

–In che lingua parlo con te? Non me ne frega niente, non sono geloso! Vorrei solo risparmiargli un ulteriore panzaneria a quel look da pescatore gay-chic che si porta dietro da anni!

–David! –Kurt si girò di scatto, cominciando a farsi rosso in viso per la rabbia– Smettila di dire cattiverie.

–Non posso neanche dire la mia, ora? Fatina, non scherzare col fuoco! –ringhiò David, alzando con strafottenza il sopracciglio.

–Papà? –si preoccupò Allie, nascondendosi dietro la gamba del sopranista. Dave si accorse dei suoi occhioni spaventati e sbuffò, odiandosi per come mal gestiva i suoi problemi.

–Ne ho abbastanza. –borbottò a bassa voce, stringendo i pugni lungo i fianchi – Ne ho abbastanza di tutto!

–Perfetto, allora prendi un taxi e tornatene a casa! –sbottò Kurt, serio– Sei intrattabile da giorni, rendi nervoso anche me! Sembri… sembri… una checca mestruata! Sì, proprio tu, David Karofsky!

Dave a quelle parole lo guardò come faceva davvero di rado, con quella ferocia mascolina che gli alterava i lineamenti quando era arrabbiato. Si cavò di tasca le chiavi della Chevrolet tendendole verso la mano del marito… –OPS! –sibilò, lasciandole cadere di proposito.

Kurt rimase imbambolato a fissare con incredulità Allie che raccoglieva le chiavi da terra e suo marito che già gli aveva dato le spalle e si allontanava. –Sei proprio immaturo!

David fece finta di non aver sentito. Storse le labbra, non voleva dargli la soddisfazione di voltarsi e rispondere, soprattutto per non spaventare ulteriormente la piccola. “La fatina porterà tutte le sue dannate buste da sola, chissenefrega”. Dovette attraversare a passo svelto tutto il centro commerciale, respirando con fastidio l’armonia delle altre famigliole che si stavano occupando dei loro acquisti, mentre le decorazioni e le luminarie con pacchianeria lo punzecchiavano da tutte le parti, facendogli detestare la falsità di quella festa. La falsità a cui si abbandonava da sempre, e a cui in maniera viscida si stava abbandonando anche il marito. Che senso aveva dover comprare i regali, organizzare il cenone, ascoltare i classici di Natale a ripetizione? Non appena le festività fossero finite, avrebbe dovuto lasciare andar via la sua metà per cinque fottuti mesi. Quindi, cosa diavolo c’era da festeggiare?

 

 ***

 

Più tardi, non appena Kurt ed Allie rincasarono, David stava già preparando la cena e lanciò un’occhiata di sfuggita mentre il marito si affannava a portare buste su buste in camera da letto. Pochi istanti dopo vide Allie sfrecciare a mettere due pacchetti sotto l’albero e poi piazzarsi davanti a un dvd.

Tornò ad affettare le uova sode da mettere nell’insalata. Silenziosamente, Kurt scivolò accanto a lui, fissandolo. Nessuno dei due trovava il modo di cominciare un qualsiasi discorso… Ci volle un sospiro di Dave per indurre l’altro ad aprir bocca.

–Hai turbato Allie. Era preoccupata. Ho dovuto tranquillizzarla con parole alle quali non credo nemmeno io.

–Non è successo nulla di grave, perché mi devi far sentire un mostro? Sono cose che capitano, non voglio parlarne. –borbottò l’altro, senza smettere di concentrarsi sui piatti.

–Solo perché ora che siamo sposati e non posso allontanarmi da te, questo non significa che non sia successo niente di grave. Cinque anni fa ti avrei già piantato in asso.

–E saresti tornato dopo quanto?

–Non provare a giocarti il jolly. Dipendo da te esattamente quanto tu dipendi da me.

–E allora?

–Allora parla! Dimmi che problema hai! È successo qualcosa al lavoro?

–Voglio solo che questo Natale passi il prima possibile.

–Non è vero, all’inizio sei stato tu a spingermi a non privare Allie di questo evento. Se hai qualcosa da dire, fallo! Non ho voglia di stare a implorarti, devo sempre tirarti fuori tutto con le pin…

–Te ne vai, Kurt. –Dave lo interruppe, posando il coltello sul tagliere. Era il momento di guardare l’altro dritto negli occhi– Te ne vai per cinque mesi e io non posso né devo impedirtelo. Ti chiedo scusa se do l’impressione di essere scostante, arrabbiato… bè, è quello che sono, e tu non puoi cambiarlo.

–E allora perché lunedì mi hai detto che non c’era nessun problema per la tournèe? Ti diverti a nascondermi le cose, a rendermi la vita impossibile? Cosa pretendi da me? Qualsiasi cosa io facessi in questi giorni mi hai remato contro. Vuoi che ti dica che non parto? Posso farlo, lo farei per te! Ma sai come mi sentirei dopo? Come una casalinga che vive con il proficuo stipendio del maritino e se ne sta a casa a fare le pulizie!

–Basta, chiudiamo la questione. Non c’è niente da fare e non ti sto chiedendo di rinunciare, è chiaro? Accetta il mio dolore come io sto accettando la tua partenza!

–Dobbiamo far finta di niente?

–Sì. –sbuffò Dave, superandolo con i piatti in mano. Kurt rimase a mangiucchiarsi le unghie, cosa che faceva solo quanto era davvero in ansia. Sapeva che quando il marito prendeva una decisione era quella, non avrebbe cavato un ragno dal buco provando a tirare avanti il discorso. Ma sentiva le lacrime premere con urgenza, solo a pensare che avrebbero dovuto passare il primo Natale insieme ad Allie con quell’aria gelida fra loro due, facendo finta di essere felici davanti a tutti i loro amici…

 

 ***

 

In un modo o nell’altro, il fatidico giorno non tardò ad arrivare. Kurt svegliò Allie cantandole “Let it snow” al posto della solita “Feeling Good”. Erano le nove del 24 dicembre, e la casa profumava già dell’impasto dei biscotti allo zenzero che il sopranista stava preparando. Mentre dalle casse dell’hi-fi si diffondevano le note calde delle melodie natalizie, David girava in tondo tenendo la figlia in braccio, come in una sorta di tenerissimo valzer. Soprattutto sulla “Radetzky March” la bambina si divertì un mondo, rideva tutta contenta in vorticosi giri scanzonati col suo amato papà. D’accordo, non era propriamente una composizione natalizia, ma contribuiva all’atmosfera di festa e David l’aveva voluta personalmente sul disco, dato che era quella che ascoltava da piccolo e ballava sempre con sua madre. Ricordava che ogni volta era come se gli scoppiasse il cuore dalla gioia, fino ai dieci anni, quando fare certe cose con i genitori la vigilia di Natale diventava da mammoni…

Dlin dlon!

–Oh, amore, andiamo ad aprire! –disse l’avvocato– Accidenti, mi gira la testa.

La piccola ridacchiò e lo seguì trotterellando fino alla porta. Dave guardò dallo spioncino…

–Siamo i folletti di Babbo Natale!

–Hudson! –rise Dave. Si abbracciarono di getto, dandosi grandi pacche virili sulla schiena.

Abbracciò con più delicatezza una sfavillante Rachel mentre lei passava le buste che aveva in mano al marito.

–Bel cappello, Rach! –sorrise l’uomo, col cuore in subbuglio a quella visione. Era un basco rosso, qualcosa in grado di suscitargli un’ondata di ricordi piacevoli… i primi momenti in cui era stato veramente vicino a Kurt, come sua speciale scorta.

–A te sta molto meglio! –esclamò Rachel con un sorriso radioso, alzandosi tutta sulle punte per metterglielo in testa.

Finn nel frattempo era già stato “assalito” dalla nipotina. La prese in braccio, riempiendola di baci.

–Ciao gattina! –le sussurrò Rachel, strizzandole il nasino.

–Fratellone! –gridò Kurt, comparendo all’ingresso con il grembiule da cucina. Strinse calorosamente Finn e poi si diresse squittendo verso Rachel Berry.

–Dolcezza, abbiamo un sacco di cose di cui parlare…

–Oh, sì, ci aspetta “Versailles”! –trillò la brunetta.

A quella parola indigesta, David si tolse il basco con rassegnazione e cercò di sviare il discorso con poca convinzione. –Andiamo, datemi i cappotti.

Finn colse con stupore l’evidente lampo di tristezza negli occhi dell’altro. Mentre Kurt e Rachel si dirigevano cinguettando in cucina insieme ad Allie, lo prese da parte, facendolo sbattere al portaombrelli nell’angolo.

–Hai la grazia di un elefante, Hudson. Che c’è?

–Amico, è tutto apposto?

–Certo. –disse l’avvocato alzando sornione le spalle ed elargendogli un mezzo sorriso tirato.

–Nah nah nah. Non sforzarti di fingere. Sputa il rospo.

Dave si morse le labbra, combattendo con se stesso. Non era tanto il fatto che non si fidasse di Frankenteen, anzi, il suo atteggiamento scherzoso era del tutto simile a quello che avrebbe avuto con un fratello. Il problema è che si sentiva stupido.

–È una cosa talmente idiota… Mi sento un egoista, ma non riesco ad evitarlo…

–Sei sempre un rebus! Devo tirarti fuori le cose a spizzichi e bocconi! Oh, aspetta, c’entra per caso la storia di “Versailles”?

Dave ostentò un profondo sospiro che bastò come conferma.

Finn cambiò tono, facendosi serio. Gli posò una mano sulla spalla e gli parlò a cuore aperto. –Ascoltami. Abbiamo sposato due supernove. Come puoi pretendere che una stella smetta di brillare? Siamo abbastanza adulti da dover pensare a ciò che abbiamo costruito, Dave, e sarai d’accordo con me che dobbiamo tenercelo stretto. Guarda me e Rachel, non abbiamo ancora un bambino nonostante io lo desideri ogni giorno. Eppure questo non mi toglie il sorriso! E poi tu e Kurt, David, siete perfetti. Hai presente cos’è la perfezione…?

–Hudson, che c’entra che siamo perfetti? Non è neanche vero! Litighiamo, siamo diversi, perfino sulla musica da ascoltare in macchina partono discussioni!

–La perfezione non vuol dire assoluta conformità, non vuol dire appianamento di ogni ostacolo. Vi completate, state crescendo una bambina che è una principessa, e vi guardate sempre con quegli occhi, sì, insomma… mi hai capito…

–Hudson, non ho capito un accidenti. Perché stai ammiccando?

–Andiamo! Ti detesto, fai finta di non capire. Quando vi guardate è come se… non vedeste l’ora di chiudervi in camera da letto, SEMPRE.

–Mi stai dando dell’infoiato?

–Dio, no! –balbettò Finn, levandogli cautamente la mano dalla spalla. –Il punto è questo: lo so che fa male vederli andare via, ma farebbe ancora più male non averli mai avuti al nostro fianco.

Ci furono dei secondi di silenzio, in cui i due continuarono a fissarsi come se aspettassero un segno dal cielo. David stava riflettendo, Finn spostava lo sguardo da lui allo zerbino con velocità impressionante. L’avvocato lavorava quotidianamente con le parole, e dovette ammettere che quelle sapevano dove puntare, erano ineccepibili, contenevano una grande verità. Le ripeteva nella sua testa “…farebbe ancora più male non averli mai avuti al nostro fianco”. Caspita, a volte la genuinità di Finn Hudson era salutare!

–Però, Frankenteen! Continuo a sorprendermi che dietro quella faccia da eterno tonto si celi in realtà un uomo saggio. –disse alla fine Dave, prendendolo in giro per l’ennesima volta.

–Karofsky, Karofsky… sei ancora uno pseudo-bullo! Continua a lavorarci, eh! –ribattè l’altro, tirandogli un gancio amichevole sulla spalla mentre si dirigevano in sala.

–Piuttosto, vedi di esserci per le partite di Premier League quando i nostri consorti saranno in giro per gli States.

–Contaci! Partita e birretta tutta la vita!

 ***

Erano già le tre di pomeriggio. E c’erano un mucchio di faccende da sistemare per la serata! Finn, Rachel ed Allie stavano già aprendo il tavolo in noce del salotto che più tardi avrebbe accolto il cenone.

Ora di preparare il dolce. Dave non aveva ancora avuto l’occasione di mettere in chiaro le cose col marito che, come lui stesso gli aveva più o meno implicitamente chiesto, l’aveva evitato per tutto il giorno. Ogni volta che l’avvocato sentiva l’impulso di mettere fine a quella buffonata, il momento gli sembrava inadatto. D’altronde non capiva come fosse possibile avere tante cose da fare in un giorno solo, dovevano solo prepararsi ad una cavolo di cena con gli amici, ma sembrava dovessero allestire un campo di rifugio per un plotone di armati. Continuava a fare avanti e indietro dallo studio al salotto, senza saper di preciso in cosa occuparsi, passando milioni di volte davanti alla cucina ma senza entrarvi mai. Okay, alla dodicesima volta i passi lo guidarono là dentro quasi inconsapevolmente. Non era un bambino, poteva benissimo sostenere la situazione.

–Posso aiutarti? –chiese docilmente.

Kurt certamente non gli aveva negato la parola. –Certo. C’è da preparare il caramello per il parfait. –disse il sopranista, con un sorrisetto sollevato. David non aggiunse altro, prese un tegamino e si diede da fare. Mentre con pazienza aspettava che lo zucchero si cristallizzasse, pensava e ripensava a come sciogliere la tensione, tutt’altro che tranquillo. Ci voleva un gesto spontaneo, confidenziale, neanche troppe parole campate in aria…

Kurt nel frattempo versava il composto del parfait nello stampo da zuccotto, ripulendo per bene col cucchiaio la casseruola del suo contenuto, finché David scelse un approccio infantile e lo spinse con un goliardico colpo d’anca. Kurt perse l’equilibrio perché non se l’aspettava, annaspò aggrappandosi al ripiano di marmo e colpì con la mano lo stampo pieno che finì riverso a terra, con l’impasto cremoso del parfait che si espandeva sul pavimento con tragica lentezza.

–Ooops! –esclamò David, riparandosi con le mani dall’imminente linciaggio.

–Ma.sei.scemo? –gli urlò contro il sopranista, alternando ogni parola con un pugno che andava a vuoto frenato dalle mani ampie di David.

–Imploro pietà! Volevo solo scherzare. –si schernì quello, dandosi mentalmente del “cazzone” almeno cinquanta volte in due secondi.

Kurt sembrava arrivato al limite. Come sull’orlo delle lacrime. Non aveva idea di cosa stesse succedendo fra loro due, era solo stanco di non riuscire a trovare un punto di equilibrio che reggesse entrambi. Dave era ancora una volta immaturo e fuori luogo! Kurt si fermò con un’espressione combattiva in volto. –Sai cosa? Adesso pulisci questo disastro e il parfait lo rifai tu! In fretta, che deve riposare tre ore…

–Che succede? –intervenne preoccupata Rachel che, avendo sentito dal salotto dei rumori poco piacevoli, si era affacciata alla porta della cucina.

–Succede che ho sposato uno scimmione! –sbottò Kurt, togliendosi in fretta il grembiule e gettandolo addosso all’altro in un gesto di stizza.

–Rach, il caramello, per favore! –David supplicò l’amica prima di lanciarsi all’inseguimento del marito. Ma perché doveva fare sempre quelle uscite di scena teatrali?

 

 ***

 

–Kurt…!

L’avvocato entrò nella stanza e chiuse la porta, terribilmente sconfortato dalla loro solita incapacità di comunicare.

–Perché? Dave, perché deve andare così? Siamo noi… non dovremmo!!!

Il sopranista era confuso, parlava senza sapere di cosa, stanco di non capire, di dover passare oltre e aspettare che il marito facesse qualcosa che l’avrebbe fatto sentire di nuovo felice.

–Mi dispiace. Mi dispiace tanto. –disse soltanto Dave, avvicinandosi. Pensava che l’altro l’avrebbe respinto, che quelle scuse non sarebbero state sufficienti, e invece no. Invece Kurt si lasciò stringere forte perché non desiderava altro, da giorni. La fatina, ispirando a fondo l’odore del marito –uomo e dopobarba, sintesi di un paradiso personale– cedette al tremolio delle proprie gambe abbandonandosi a lui in maniera decisamente poco pudica. Spinse con violenza la testa di lui verso la sua bocca fremente e lo baciò senza tenerezza. Dave accolse senza reticenze quell’invito, spingendolo verso il letto fra i mugolii. Kurt cadde sul copriletto con la compostezza di una principessa, e l’avvocato deglutì, quasi intimorito da quella perfezione che l’altro aveva sempre addosso. Gli sollevò il maglione poi lo fece scivolare via velocemente, liberando un petto tornito e candido che apparteneva a lui, solo e soltanto a lui. Vi si immerse. Kurt accarezzava la sfumatura bassa dei suoi capelli mentre Dave disegnava arabeschi sensuali con la lingua nel solco degli addominali, mordicchiava, baciava quella pelle tesa e calda… Le dita di Dave cercarono l’asola del pantalone, fecero scattare fuori il bottone e abbassarono la zip. Bastò un sospiro più profondo di Kurt troppo simile a un rantolo sfacciato, per fargli perdere la cognizione di “preliminari”… Gli abbassò i boxer senza dire nulla, pronto a dargli tutto il piacere che avrebbe chiesto e a nutrirsi di lui con agognata necessità. In un attimo, Kurt stava già godendo con gli occhi chiusi e quella solita venuzza che gli si gonfiava sul collo quando le labbra di Dave lo lavoravano fino alla sfinimento…

Tornarono in cucina mano nella mano venti minuti più tardi. Rachel, dopo aver ripulito il pavimento e fatto un caramello veloce, stava cercando disperatamente di rifare il parfait alla vaniglia pur non avendolo mai preparato in vita sua. Si girò a guardarli con il viso corrucciato e i capelli scomposti. Sbuffò. Non se l’era mai cavata con i dessert!

–Avete già fatto pace, voi due?

Sulle guance di entrambi comparve una traccia di rossore. Avevano risolto in maniera più che piacevole, con l’antidoto ideale allo stress che respiravano da giorni: una sveltina dal sapore adolescenziale, consumata sulle loro labbra con sollievo senza neppure essersi chiusi a chiave nella stanza. Non c’era stato nemmeno bisogno di vari giri di parole. Quando si ha una bambina piccola al seguito non è propriamente possibile concedersi qualche capriccio carnale all’ordine del giorno, per di più la situazione di stallo in cui si erano cacciati li aveva tenuti distanti per troppo tempo, pur sotto le stesse lenzuola. Ed era anche vero che è innaturale privarsi di certe cose a trent’anni… Troppe le ragioni che li avevano spinti a riprendersi vogliosamente, incoscientemente, con gli ospiti e la bambina a pochi metri e qualche parete di distanza da loro.

 

 ***

 

I primi ad arrivare furono Quinn e suo marito Taylor, con una stella di Natale fra le mani. Era bello vedere l’ex-cheerleader finalmente soddisfatta della sua vita, attrice emergente con un compagno devoto che l’amava e la trattava come tutte le bambine sognavano da piccole… in più poteva contare su una dolce peste di cinque anni al seguito!

–Vieni campione, Allie ti stava aspettando! –esclamò Dave prendendo per mano il piccolo Jake.

–Vi abbiamo portato questa… –sorrise Quinn Fabray porgendo il vaso a Kurt.

–E questi! –aggiunse Taylor, sventolando allegramente sotto il suo naso le buste con i regali.

–Troppo disturbo! Avete viaggiato bene? –chiese gentilmente Kurt, baciando entrambi.

–Parecchie ore. Ma per voi questo e altro. –sospirò la bionda, stringendolo con affetto inaspettato.

Affacciatasi al salotto, vide Rachel tirarsi su dal tappeto dove erano sparsi i giocattoli di Allie. Mentre la bambina correva intorno al tavolo con Jake, Quinn li schivò per miracolo, nel tentativo di raggiungere l’amica. La brunetta le regalò un grande sorriso. –Sono così felice di rivederti. Lo facciamo così raramente… Sei splendida.

–Vieni qui, razza di petulante amica del cuore. –scherzò la bionda, abbracciandola con slancio. Alludeva al fatto che Rachel telefonava a casa sua un giorno sì e uno no sfinendola di chiacchiere. In realtà l’ex-cheerleader non voleva fare a meno di quelle telefonate ad orari improponibili, sentire la voce della sua Rach non era mai una seccatura…

Il prossimo a suonare il campanello fu Azimio, insieme alla sua fidanzata poliziotta, l’unica donna che era stata in grado di “metterlo al guinzaglio”. Non appena David si trovò davanti l’amico di sempre cominciò a scodinzolare come un cagnolino. Era felice, davvero felice! Ora che con Kurt aveva chiarito, niente poteva impedirgli di godersi la giornata… Soprattutto, aveva parecchie cose di cui parlare con Z che, nonostante gli anni, era rimasto il solito fedele bastardo senza gloria.

Uno dopo l’altro, tutti gli ospiti riempirono casa Karofsky-Hummel. Blaine e Sebastian, impeccabili nei loro blazer, avevano portato una bottiglia di champagne pregiato, alla cui vista Kurt a dir poco si entusiasmò. Una certa quindicenne in fiore di nome Beth era l’orgoglio di Puck e Shelby, che avevano vinto alla grande la scommessa di una vita insieme. Aprendo di nuovo la porta, Dave si era poi trovato davanti i gemellini Chang, Neil e Jacob, con dei cappellini da Babbo Natale in testa, Tina e Mike dietro di loro con le buste piene di pacchi. La luce negli occhi di Artie brillava riflessa da quella della dolcissima moglie Lily Turner, e si erano ritrovati sul pianerottolo insieme a Brittany e Santana.

–Scusate il ritardo. Abbiamo perso un po’ di tempo in ascensore… –disse maliziosamente l’ispanica, mangiando la sua Brit con lo sguardo.

–Non preoccupatevi, non siete le ultime! –sghignazzò David, accorrendo all’ennesimo trillo del campanello.

Era Sam, sempre biondissimo e con la solita adorabile bocca da trota. Quasi spariva dietro la montagna di regali che si era portato dietro. Accanto a lui un’altra vecchia conoscenza e colonna portante dell’ex-glee club, favolosa nel cappotto di velluto viola…

–Donna col pancione in arrivo, fate largo! –esclamò Mercedes, entrando in salotto per sfoggiare con disinvoltura il suo settimo mese di gravidanza.

Nell’andirivieni generale, il proposito di bere una cioccolata calda prima di scartare i regali fu accolto con gran successo. Stavano tutti seduti a tavola, sorseggiando lentamente quell’elisir divino e scambiandosi chiacchiere su chiacchiere. Per uno strano scherzo del destino, David e Kurt non avevano ancora trovato il tempo di parlarsi a carte scoperte. Se ne stavano in piedi ad ammirare l’armonica tavolata piena di colori, di facce, di voci diverse. L’avvocato approfittò della confusione per tirare in ballo la questione per l’ultima volta…

–Sai perché tutti festeggiano il Natale? Perché la gente vuole solo un modo per crogiolarsi in un sentimento caldo d’amore, per stare vicino a qualcuno di speciale, bevendo insieme cioccolata calda accanto all’albero sfavillante di luci, oppure per ubriacarsi della gioia degli amici e vivere per poco in una bolla magica. È come un sogno, un modo di evadere dalla realtà solo per un giorno.

Kurt si strinse al suo braccio con un sospiro. –E noi abbiamo bisogno di tutto questo?

–Ora più che mai! Voglio godermi la tua presenza finché posso! Sarebbe stato sciocco lasciarti partire senza esserci prima riappacificati. –disse Dave, facendosi più vicino. Prese con delicatezza il viso del marito fra le mani, come faceva sempre quando aveva intenzione di regalargli un lungo bacio.

Le loro bocche si muovevano con lento affanno, scambiandosi promesse all’unisono, in un abbraccio umido e sereno.

Santana saltò su dalla sedia leccandosi le labbra. –Woohoo! Bacio collettivo, ciurmaglia! –gridò, lanciatissima, prima di intrecciare la lingua a quella di Brittany.

Mentre gli adulti si davano ad una sorta di imbarazzante flash-mob pieno di saliva, Beth stampò un bacione sulla guancia di Allie prima che a quella furbetta venisse in mente di sbaciucchiarsi con Jake, già un seduttore dagli occhi azzurri!

–Devi solo promettermi che sventolerai la tua fede sotto il naso di tutti quei maiali che sicuramente ci proveranno con te. –disse Dave, in un tono misto fra serio e spiritoso, ma senza smettere di guardare Kurt nei suoi occhi fervidi di luce.

–Oh, sicuro! –sussurrò Kurt, arrossendo d’orgoglio per la sana gelosia del suo uomo.

–Bene!

–Amore, lo vedi quel pacchetto blu scuro, dietro a quello con la carta rossa? È il mio regalo per te, l’ho preso quel giorno al centro commerciale…

–Ma come? Non avevi una certa voglia di mandarmi a quel paese?

–Sì, abbastanza. Ma non così tanto.

–Io… io… mi sento un’idiota totale, non ti ho comprato nulla.

–Hmm, non importa. Vederti di nuovo tranquillo mi basta. –sussurrò Kurt, strofinandogli dolcemente il naso sul collo. –Bè, sai, magari potresti usare il regalo che ti ho fatto su di me!

Dave cominciò a sudare freddo. Sentiva il respiro di Kurt farsi intenso sul suo pomo d’Adamo. Era.sexy.come.l’inferno. –C-cos’è?

–Olio per massaggi. Dozzinale, vero?

Mille impudichi pensieri si affacciarono senza rimedio alla mente di David Karofsky. –Macchè. È andata, fatina! Buon Natale!

 

 

 

 

 

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Salve Pirates!

Spero che siate arrivati fino a questo punto e che la storia non vi abbia fatto addormentare. xD

Niente, lo so, è un po’ non-sense e non certo uno sprazzo lampante di originalità. Non sono molto soddisfatta di questo lavoro, ma spero comunque che non sia una schifezza totale. E’ anche abbastanza fluff, no? La piccola Allie è un pasticcino alla crema, mi piace immaginarla così: dolce ed entusiasta della vita (almeno lei, sob!).

Dave, Dave, Dave. *ama alla follia*…ah, i piccioncini a questo punto della storia hanno 34 anni. Sapevatelo xD

 

GRAZIE per essere passati,

Buone Feste! 

 

Frankie :3

   
 
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