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Autore: TheWriter    23/12/2011    1 recensioni
La frattura spazio tempo è chiusa, il portale è rotto, Hope Plaza è distrutto... e la stagione è finita.
E adesso?
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Valico

 
-“Sembrerebbero pezzi di un trasporto…”, mormorò Taylor esaminando gli apparati contenuti nel container in varie casse. “Ma non possono stare tutti in questo container, ce ne devono essere altri. Avete già controllato gli altri container?”, chiese Taylor al caporale.
-“I miei uomini stanno facendo l’inventario proprio in questo momento”, rispose accendendo il suo Plexpad, su cui si poteva vedere l’inventario aggiornato in tempo reale. “Sembra che ci siano altri due container contenenti quelli che sembrano pezzi di ricambio per un trasporto.”
“Da quella parte, signore”, lo informò poi il caporale prevenendo la sua domanda. “Chieda del soldato scelto Morrison”.
- “Ottimo lavoro”.
Taylor si incamminò verso il fondo della radura dove erano stati radunati tutti i container. Riconobbe il soldato scelto Morrison dalla fascia al braccio.
-“Soldato Morrison!”
-“Sissignore!”, rispose il soldato scattando sugli attenti.
-“E’ questo il container con gli altri pezzi del trasporto?”
-“Sì, signore. Abbiamo appena completato l’inventario e…”
L’attenzione di Taylor si acuì, al punto che inconsapevolmente il soldato fece un passo indietro, come per sottrarsi allo sguardo indagatore di Taylor.
-“…i pezzi ci sono tutti. Possiamo assemblarlo in una settimana.”
-“Vi do due giorni”, disse sbrigativamente Taylor voltandosi e tornando verso la colonia. “Lucas ha già abbastanza vantaggio, non voglio lasciargli altro tempo libero da dedicare alle sue follie”.
-“Sì signore!”, ammise impotente il soldato mentre Taylor si allontanava.
 
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-“Niente male…”, disse Jim perplesso strofinandosi il mento mentre guardava il trasporto.
-“Niente male?!? E’ fichissimo! Questo affare può viaggiare a 200 chilometri l’ora su qualunque terreno, e se ne infischia altamente di carnosauri dentuti e di brontosauri con la tendenza a farti diventare una pizzetta!”, esclamò entusiasta Josh, che sembrava trattenere a stento il desiderio di provare il mezzo.
-“Pa’, devi farmelo provare!!!”
-“Devo… che cosa?!? Tu dovresti essere ancora in punizione! Hai combinato più danni tu da quando siamo arrivati che…. O, bè, lasciamo perdere!”, si limitò a concludere Jim vedendo Josh improvvisamente scurirsi in volto.
-“Combinato io?!? Io almeno non mi metto a prendere a cazzotti i poliziotti per farmi sbattere in prigione!!!”
Jim si voltò verso di lui e gli si avvicinò, viso a viso, piuttosto contrariato, senza saper bene cosa dire, poi trovò qualcosa di un certo impatto:
-“Sembra che tu non abbia talmente niente da rinfacciarmi, da riuscire a rinfacciarmi sempre e solo la stessa cosa! Tu invece sei molto più vario, non riesci a stare una settimana di seguito senza fare almeno due danni diversi!”
Josh stava per dire qualcosa, ma preferì invece tacere, e fare un’uscita a effetto, voltando le spalle al padre e andandosene.
-“Dove diavolo credi di andare?!? Non ho ancora finito con te!!”
-“Gli faccio vedere io, gli faccio…”, mormorò tra sé e sé andandosene a testa bassa prendendo a calci ogni detrito che incontrava sulla sua strada.
-“Ehi, la smetti di usarmi per il tuo tiro al bersaglio?!?”, esclamò Skye con tono scherzoso mentre lo incrociava, dopo essere stata colpita da uno dei sassi che lui aveva scalciato.
-“Oh… Skye… scusami… è che…”, ma era troppo confuso e arrabbiato per sapere come terminare la frase.
-“Ancora tuo padre, eh? Ma come mai sei sempre tanto arrabbiato con lui?!? Cosa può averti mai fatto per odiarlo così tanto?!?”, gli chiese allora mentre si sedeva accanto a lui su una panchina.
-“Io non lo odio! E’ lui che è… che è…. Oh, non lo so che cos’è”, continuò stizzito, ”tutto quello che so è che non gli va mai bene niente di quello che faccio! Sta sempre a criticare! E questo non va bene, e quello è sbagliato, e ‘ma che cosa hai fatto?’…. Non lo sopporto più!”
-“Già. Dev’essere dura dover vivere ancora coi genitori a 20 anni. Qui a Terra Nova le cose vanno molto diversamente dal 2149; hai visto, noi a 16 anni già viviamo da soli, e da anni! A me mio padre manca moltissimo… eppure mi ricordo che quand’ero piccola, già a 12 anni iniziava a darmi fastidio che i miei mi riprendessero continuamente per quello che facevo. Probabilmente, se non fosse morto, adesso starei lì anch’io a lamentarmi perché mi dice sempre quello che devo fare…”
Josh lo guardò perplesso, mentre il sorriso le si spegneva a poco a poco e sollevava gli occhi al cielo, mentre si rendeva conto di aver detto una cosa non proprio bella.
Josh era rimasto incantato dal suo sorriso e dal suo sguardo fin dal primo giorno che l’aveva vista. Il viso ampio e luminoso, quel ciuffetto di capelli che le scendeva sempre ribelle sulla fronte ogni volta che voltava la testa nel parlare, tutto le piaceva di lei; ma soprattutto quel sorriso, che le illuminava il volto e gli faceva sempre stringere il cuore, facendolo pensare a Kara.
Kara.
Si era sentito morire dentro quando l’aveva dovuta lasciare nel 2149. Aveva passato tutte quelle settimane a cercare un modo per far venire anche lei, aveva imbrogliato, tradito…. ed era stato tutto inutile! Quel bastardo di Lucas l’aveva fatta saltare in aria!
Eppure, ora sembrava tutto così lontano.
Improvvisamente, qualcosa cambiò nella mente di Josh. Le sue prospettive cambiarono, i suoi programmi cambiarono. Nonostante tutto quello che aveva fatto, il padre si  era mostrato sempre comprensivo con lui; al massimo gli aveva tolto la chitarra o l’aveva chiuso in casa per qualche giorno.
E Skye gli era sempre stata vicino quando si sentiva giù.
E adesso Kara era morta.
E il portale era distrutto.
E la colonia isolata per sempre dal futuro.
Tutto era cambiato.
Sarebbe cambiato anche lui.
-“A cosa stai pensando?”, gli chiese Skye accostandosi a lui sulla panchina, vedendolo silenzio e pensieroso mentre con un piede disegnava ghirigori sul terreno.
Josh non rispose; si limitò a voltarsi verso di lei, a guardarla risolutamente negli occhi azzurri, sui quali però comparve a poco a poco un’espressione di dubbio.
Restarono così, a guardarsi negli occhi, per lunghi, interminabili secondi. Poi quando Josh avvicinò una mano al viso di Skye per spostarle dalla fronte il suo ciuffo ribelle, Skye abbassò lo sguardo, farfugliò qualcosa, e se ne andò via scusandosi.
Josh rimase con la mano ancora sospesa davanti a sé, dove poco prima c’era il viso di Skye.
Gli scappò un sorriso, mentre la guardava allontanarsi con quel suo corpo perfetto.
Non si sentiva di biasimarla. Probabilmente pensava che lui si interessasse a lei come ripiego per aver perso Kara, o in cerca di consolazione per il recente lutto… o qualcuna di quelle stupidaggini che si mettono sempre in testa le femmine quando non sanno quello che voglion.
Probabilmente ci sarebbe voluto del tempo, prima che la loro amicizia si potesse trasformare in qualcos’altro. Se mai sarebbe successo.
 
Proprio in quel momento, un ronzio sommesso ma deciso sopra la sua testa lo fece voltare di scatto.
-“Allora, vecchio brontolone, vuoi rimanere lì ad aspettare che lei torni, o preferisci venire a farti un giro con noi?!?”, gli chiese il padre, atterrandogli poi a due passi col trasporto aereo.
La mandibola di Josh sembrò sul punto di cadere, mentre il ragazzo si alzava dalla panchina. Il velivolo, lungo e affusolato, rifletteva con la sua cromatura il paesaggio circostante. Il ragazzo si avvicinò, facendo scorrere la punta delle dita sulla fusoliera sfavillante, come un adolescente davanti alla sua prima automobile di seconda mano.
Ma quella non era un’automobile, non era di seconda mano… e poteva volare!
Jim scese con un balzo, seguito dalla piccola Zoe, che aveva un sorriso che le andava da un orecchio all’altro e iniziò a riversare un fiume di parole sull’incredulo Josh.
-“…e abbiamo visto le cascate, ma poi c’erano i brontosauri e allora papà non voleva avvicinarsi, poi io gli ho detto che ci potevamo avvicinare perché non sono carnivori, poi la mamma da giù ci salutava e siamo scesi a prenderla, poi però…”
-“E ci siamo alzati solo di una ventina di metri per vedere se funzionava!”, disse Jim al figlio mentre Zoe continuava gesticolando entusiasta a descrivere il primo volo della sua vita.
-“Devo andare a fare un giro di ricongnizione con Taylor ai calanchi. Vuoi venire?”
Josh era ancora a bocca aperta da 5 minuti prima, e balbettò per qualche secondo prima di riuscire a dire qualcosa di sensato.
-“Beh… ma… tu… questo… io… Taylor”
-“ ‘io’ non sono arrabbiato, ‘questo’ mi è stato affidato da Taylor per il pattugliamento aereo, ‘tu’ puoi venire con me e ‘Taylor’ è d’accordo. Altre domande?”
-“Posso guidare?”, fu tutto quello che riuscì a dire.
Ma uno scappellotto fu tutto quello che riuscì a rimediare.
-“Adesso non esagerare!”, lo ammonì scherzosamente Jim. “Fila!”
-“Tu tesoro resta qui con mamma e Maddy”, disse poi Jim alla bambina, che stava ancora parlando, non si sa bene con chi, ma che ammutolì improvvisamente, e mise su un bel broncio, quando capì che non sarebbe risalita sul trasporto.
Con il visetto imbronciato, la testa bassa e le braccia conserte, era davvero adorabile, e Liz le si accovacciò accanto cercando di consolarla: “Non ti preoccupare, Zoe, vanno solo a fare un giretto qui intorno. Papà torna subito, e poi ti porta a fare un giro…”, disse Liz volgendo uno sguardo interrogativo  verso Jim come a chiedergli se stesse dicendo o meno una bugia alla figlia.
-“Se prometti di fare la brava qui  con mamma, quando torno andiamo a fare un giro alle cascate!”, le disse allora rassicurante Jim.
Il broncio scomparve dal viso della bimba come una nuvola temporalesca spazzata via dal vento lasciando comparire il sole dietro di lei, e il sorriso a 32 denti tornò a illuminare il viso di Zoe, che corse dal padre e gli saltò in braccio.
Jim la strinse forte per qualche secondo, poi le dette un bacio in fronte e la affidò alla madre.
 
Le tre donne della famiglia Shannon stettero lì, abbracciate insieme, a guardare il trasporto decollare, mentre Jim e Josh mettevano le cuffie di volo e si dirigevano al Comando a prelevare Taylor.
“Avete finito di giocare?”, disse serio Taylor appena atterrati.
Salì a bordo con un balzo, mentre Jim si spostava dietro cedendogli il posto, e si mise ai comandi.
“Tieni, ragazzo, questa è per te”, disse a Josh consegnandogli una pistola sonica.
“Josh la prese con le mani a coppa, guardando imbarazzato il padre, senza sapere cosa dire, mentre lo sguardo di Jim passava perplesso da Taylor a Jim a Taylor, che sapeva benissimo di essere osservato con perplessità”.
“Le cose sono cambiate qui a Terra Nova; e dovranno cambiare ancora. Non c’è più tempo per giocare, adesso ognuno di noi dovrà raddoppiare i suoi sforzi per dare il suo contributo alla colonia! A cominciare dalla sua difesa!”, e così dicendo regolò i comandi per portare in volo il trasporto alla volta dei calanchi.
-“Finora”, continuò, “dovevamo difenderci solo dagli animali, e da quegli spiantati dei Sixers a caccia di cibo e medicinali. Adesso la cosa è molto diversa: abbiamo contro un esercito di mercenari pronti a tutto, e siamo in inferiorità numerica.”
Il mezzo si stava ormai allontanando dalla zona conosciuta intorno alla colonia.
“Dovremo istituire un vero esercito. I soldati attualmente presenti a Terra Nova sono bene addestrati, ma sono pochi. Dovremo iniziare a istruire altro personale civile. Allevamenti e coltivazioni possono aspettare: se Lucas e i suoi riescono a superare il Valico, ci sarà ben poco da allevare e coltivare”.
Il terreno pianeggiante e coltivato della colonia interna aveva lasciato dapprima il posto a una fitta foresta, per poi passare a un terreno roccioso e scosceso. Adesso stavano sorvolando un’area in cui gli eventi atmosferici e geologici avevano evidentemente agito per poco tempo: era un territorio giovane, non ancora plasmato dalle forze della natura. Sembrava quasi un paesaggio lunare, non fosse stato per i rari cespugli qua e là.
-“Di che valico parli?”, chiese Jim incuriosito, mentre Josh era combattuto tra l’osservare lo spettacolare paesaggio e lo studiare la pistola sonica che aveva in mano.
-“Nei tre mesi che ho passato qui da solo girovagando come un disperato e facendo lo slalom tra i denti dei carnotauri, ho cercato a lungo un posto elevato da cui avere una panoramica del territorio. Ma quella giungla è così fitta che non lascia intravedere niente oltre i 10 metri di distanza. Mi imbattei in quel posto in modo del tutto casuale: camminai per giorni sempre nella stessa direzione – e ti assicuro che non è facile senza un machete – finchè la vegetazione iniziò a diradarsi. Alla fine scomparve quasi del tutto, lasciando il posto a pochi licheni abbarbicati su queste rocce.”
Così dicendo, virò su un lato per permettere una visione migliore del terreno.
All’interno di un lungo canyon tra le rocce, una lunga fila di persone procedeva faticosamente sul terreno sconnesso; due di loro sembravano reggere una barella.
-“Lucas!”, esclamò Taylor con voce atona ma con un’espressione accigliata.
-“Quel canyon è l’unico passaggio nel raggio di chilometri per raggiungere Il Valico. Almeno, se sei a piedi. Noi però adesso abbiamo una carta in più. Guardate. E’ laggiù che siamo diretti.”
E così dicendo puntò la prua verso una catena di montagne dritto davanti a loro.
-“Quanto pen si che distino?”, chiese Jim osservando le cime seminascoste tra le nuvole?
-“5 giorni di cammino tra rocce e sassi. Oppure 10 minuti di volo. Ma quello che ci interessa non sono le montagne. E’ quello che c’e’ dietro. Non dobbiamo permettere loro di arrivarci.”
Taylor non disse altro per tutto il breve viaggio, e Jim si limitò ad aspettare. Josh intanto faceva “prove di puntamento” della sua arma, immaginandosi già coinvolto in chissà quale battaglia contro “gli acerrimi nemici di Terra Nova”.
-“Stai attento con quella, ragazzo. Un colpo di pistola sonica dentro un ambiente in volo è un’esperienza che non consiglio a nessuno!”, gli disse Taylor, e Josh ritrasse subito a sé là pistola, assicurandosi imbarazzato che avesse la sicura.
-“Sì, signore. Mi scusi…”
Le vette erano ormai poche centinaia di metri davanti a loro.
-“Ecco, quello è Il Valico”, disse Taylor indicando il punto in terminava lo stretto sentiero in cui si trasformava il canyon, inerpicandosi fino al punto più basso tra due montagne affiancate. Iniziò la procedura di avvicinamento e atterraggio, mentre Jim e Josh osservavano incuriositi lo strano paesaggio che andava delineandosi via via che, abbassandosi di quota, le nubi andavano diradandosi.
Le montagne erano completamente prive di vegetazione, i loro fianchi dritti e scoscesi, striati di venature frastagliate parallele le une alle altre. Sembrava quasi che quelle cime fossero emerse dalle viscere della Terra solo pochi istanti prima, creando una specie di barriera tra la pianura sottostante e… qualunque cosa ci fosse oltre Il Valico.
Il trasporto atterrò dolcemente su una radura sassosa a pochi metri dalla parete della montagna. I tre balzarono a terra, Taylor in testa, dirigendosi verso uno stretto passaggio tra le rocce. Sembrava come se la montagna fosse stata tagliata in due da un enorme coltello, e l’allontanarsi dei bordi della “ferita” aveva creato uno stretto passaggio dai bordi così alti che la luce riusciva a penetrarvi solo per pochi metri. Ma in fondo al passaggio, in lontananza, nel buio, si scorgeva un puntino luminoso: l’uscita del tunnel.
Una serie di domande si affastellavano nelle menti di Jim e Josh mentre osservavano la strana formazione. Che cos’era? Dove conduceva il tunnel? Perché si trovavano lì?
Taylor tentò di indovinare quali fossero i loro dubbi, e cercò di chiarirli.
-“Alla fine di questo tunnel, c’è qualcosa…. qualcosa  di molto strano, che più tardi vi farò vedere. Il problema è che non so se possa esserci utile in qualche modo, o se costituisce solo una… curiosità storica”.
-“Storica?!?”, pensò Josh? “Credevo che qui la storia non sarebbe iniziata prima di qualche milione di anni…?”
-“Il fatto che gli uomini di Lucas abbiano deciso di dirigersi qui appena vista la mala parata, però, mi fa venire il dubbio che sappiano qualcosa di cui io non sono al corrente. Non sono più tanto sicuro di essere stato il primo a venire in villeggiatura da queste parti, 7 anni fa”, continuò. “Queste persone sanno troppo bene come muoversi e cosa trovare e dove trovarlo, per essere capitate qui per la prima volta…”
-“Vuoi dire che ci sarebbero stati altri pellegrinaggi prima del tuo?”
-“Voglio dire che probabilmente non sono affatto pellegrinaggi. Non più di quanto le guerre del XX secolo fossero missioni di pace”.
-“Non capisco, Papà. Ma di che parla?”, si inserì Josh. “Lo sanno tutti che ci sono voluti anni per riuscire a capire come controllare la frattura, prima di poter inviare il primo pellegrinaggio. Ce lo insegnano a scuola. Tutti gli anni. Ogni anno con qualche noiosissimo particolare in più…”, disse allargando le braccia, disfatto dalla noia al pensiero delle lunghissime lezioni di storia.
-“Proprio così, figliolo. Fin da piccoli cercano di ficcarvi in testa, in modo quasi ossessivo, la vera storia di Terra Nova. Vogliono essere davvero certi che tutti la conoscano bene, benissimo. In modo indubitabile.”
Si voltò verso di loro, dopo essersi affacciato nel buio del tunnel appoggiandosi con una mano alla sua entrata, e vide le loro facce confuse e perplesse.
-“Non capite? Non è importante cosa  sia successo, è importante cosa la gente crede che sia successo. E quello che la gente crede, è ciò che impara a scuola, quando non ha ancora abbastanza capacità di giudizio da dubitare di quello che gli si insegna, e poi quello che, da adulto, gli viene propinato dai media. Se le due versioni coincidono….allora è sicuramente vero.”
- “Stai parlando di manipolazione dell’informazione? Come nel XXI secolo? Credevo che i cervelloni positronici avessero reso impossibile questo tipo di manipolazione.”
-“Non finchè ci sarà qualche persona che quei cervelloni li programma, Shannon. E finchè resterà in vita qualcuno che ha visto coi suoi occhi le immagini inviate dai droni, Loro non potranno manipolare completamente la realtà. Ma quando questa generazione sarà passata, quando ne sarà passata un’altra ancora, tutto quello che la gente ricorderà sarà quello che è memorizzato nei cristalli di molibdenite. Vero o falso che sia. Ma basta con le chiacchiere. Dobbiamo far saltare questo posto.”
-“Saltare?”, chiese Josh.
-“Sì, figliolo. Un gran bel botto. Se il mio intuito non mi inganna, basteranno un paio di panetti di esplosivo, per disgregare queste rocce, così porose e fragili. Un bel botto alla base, e i chilometri di roccia che stanno sopra crolleranno sul passaggio, bloccandolo per sempre”.
-“ ‘ Passaggio’ per dove? Si può sapere cosa c’è dall’altra parte?!?
- “Lo vedrai. Ora prendi questi detonatori e appoggiali là”, gli disse Taylor passandogli del materiale.
Si avvicinò anche Jim, cui Taylor passò una perforatrice portatile.
 
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I due enormi branchiosauri masticavano pacificamente le cime di due alberi, quando d’improvviso fecero uno scarto a destra, spaventati dal sordo boato. Ma quando il loro piccolo cervello comprese che non c’era effettivo pericolo, ripresero a brucare placidamente come se nulla fosse accaduto.
Rocce e detriti di tutte le misure continuarono a piovere all’intorno per qualche secondo dopo l’esplosione. Ci vollero invece diversi minuti prima che la polvere si diradasse abbastanza da permettere di vedere il risultato.
-“Ottimo lavoro!”, disse poi Taylor, quando il mucchio di rocce comparve tra la polvere. Dove prima c’era il lungo passaggio, ora appariva solo un insormontabile, altissimo mucchio di rocce.
Jim tossiva e Josh si sbatteva i pantaloni per togliersi di dosso la polvere dell’esplosione.
-“Magari potevamo metterci un po’ più lontano…”, protestò.
-“Fa sempre così??”, chiese Taylor al padre.
-“Sempre. Potresti anche regalargli un milione di dollari, e probabilmente avrebbe qualcosa da ridire.”
-“Perché mai dovresti regalarmi un milione di dollari?!?”
-“Lo vedi?”, ammiccò Jim a Taylor sorridendo.
-“Andiamo brontolone”, lo apostrofò scherzosamente Taylor, “saliamo a bordo, devo farvi vedere questa cosa”.
Taylor notò che Jim guardava perplesso in direzione del canalone.
-“Che c’è?”.
-“Niente, pensavo alla faccia che faranno gli uomini di Lucas quando tra 5 giorni arriveranno qui e troveranno… la porta chiusa!”.
Un sorriso beffardo apparve sul volto di Taylor mentre chiudeva il portello.
 
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Il paesaggio ora era in netto contrasto con le asperità rocciose viste prima. Oltrepassata la barriera di montagne, il trasporto si trovò a sorvolare una vastissima pianura che si estendeva fino all’orizzonte. Ma quello che più colpiva era il colore: completamente bianca, da un’estremità all’altra.
-“Da che parte per l’aeroporto di Salt Lake City?”, chiese ironicamente Jim al comandante.
-“Già”, si limitò a dire Taylor mentre riduceva la quota dai 7000 metri necessari a valicare le montagne, fino a poche decine di metri da terra.
Il paesaggio era a dir poco strano; a dirla tutta, incredibile. A pensarci bene, impossibile. Nessuno, nell’abitacolo, parlò fino a quando il mezzo fu atterrato.
I tre scesero sulla superficie salata, guardandosi in giro.
Tutto intorno a loro, innumerevoli detriti di ogni forma e dimensione, in legno consunto e invecchiato.
Legno lavorato.
Tramezzi e centine, impennaggi e portelli, alberature e sartiame. E àncore, timoni, scialuppe ancora perfettamente intatte, non fosse per gli squarci sul fondo.
Decine e decine di relitti di navi riempivano il paesaggio in ogni direzione.
Taylor si avvicinò alla polena sulla prua di una nave vicina.
-“Questa è Dorothy, la mia fidanzata”, disse poi sorprendendo tutti. A quanto Jim ricordava, era la prima volta che lo sentiva fare una battuta.
Dorothy era in realtà il nome della nave su cui si trovava la polena, scritto proprio accanto ad essa. Un bastimento lungo almeno 70 metri, valutò rapidamente Jim, con un lungo squarcio sulla fiancata di tribordo, ma per il resto completamente intatto, adagiato sull’altra fiancata come un gigante addormentato. Nel tempo il  vento aveva accumulato il sale intorno alla chiglia, fino a formare una sorta di scivolo che permetteva di camminare agevolmente fino alla falla sulla murata.
Sale.
Quell’immensa pianura era un immenso deposito salino.
-“Non credevo che avrei mai detto una  cosa simile in vita mia. Ma penso che qui ora ci vorrebbe quella secchiona di Maddy”.
-“Pensavo proprio di portarla qui a dare un’occhiata, infatti, dopo aver sistemato Il Valico. Ma una cosa di sicuro te la posso dire anch’io: molto tempo fa, qui, c’è stata una grande battaglia. Probabilmente due o tremila metri sopra le nostre teste.”
Si chinò per raccogliere una grossa conchiglia praticamente intatta.
-“Che effetto ti fa camminare sul fondo del mare senza nemmeno bagnarti le scarpe, figliolo?”, disse Taylor porgendo al ragazzo lo strano reperto.
Jim si era intanto incamminato sul breve pendio che conduceva alla falla sulla fiancata. Taylor prese tre torce da una sacca sul trasporto, ne passò una al giovane e ne tirò una a Jim.
-“Prendi!”, esclamò, “ti servirà”.
-“Stiamo cercando qualcosa di preciso?”, chiese Josh mentre provava se la torcia si accendeva, dirigendola verso lo squarcio oscuro.
-“Il giornale di bordo, naturalmente. Tutte le navi, fin dai tempi più antichi, ne tenevano uno. A volte passavano settimane o mesi, prima che una nave tornasse in porto, e ogni diario di bordo di una  nave è grosso quanto un libro di storia…”
Josh alzò gli occhi al cielo. “Oddio, ancora storia!”
-“Cos’è, ragazzo, non ti piace la storia?  Beh, sappi che gli errori più grandi della storia li ha fatti… beh, proprio chi la storia non la conosceva, o la ignorava deliberatamente. A Terra Nova adesso la storia è ricominciata dall’anno zero, e ho intenzione di fare tutto il possibile perché sia ben diversa da quella dell’ ’umanità 1.0’ “.
-“Capisco, signore. Mi scusi, signore. Cosa… com’è fatto un giornale di bordo? Cosa devo cercare di preciso? Non credo che su questi affari di legno i Plexpad andassero per la maggiore…”
-“E’ così, ragazzo. C’è stato un  tempo in cui l’unico modo per tramandare informazioni era prendere una penna e scriverle su carta.”
-“Carta?!? Che roba è?”
Taylor lo guardò, pensando a quanto era giovane quel ragazzino… o a quanto era vecchio lui, se ricordava ancora di aver letto libri di carta la sera prima di andare a dormire.
-“Quella roba veniva usata per conservare la memoria degli avvenimenti passati svariati secoli prima che venisse anche solo scoperta la corrente elettrica. Un libro, ragazzo, devi cercare un libro…”
Josh lo guardava perplesso, ma non volle chiedergli di cosa stesse parlando, gli sembrava già abbastanza contrariato. Si limitò a voltarsi e a sondare l’oscurità col fascio di luce. Muoversi su un pavimento inclinato di 50 gradi non era decisamente facile, ma era altrettanto difficile muoversi sulla parete; quanto a muoversi lungo l’angolo tra i due… beh, era completamente ostruito da tutto ciò che non era fissato a bordo e che vi si era ammucchiato quando la nave si era adagiato sul fondo.
Josh raccoglie da terra quello che sembrava un pezzo di legno.
-“Come può essere una roccia?!? Ha in tutto e per tutto l’aspetto di una tavoletta… ma è duro e pesante come un sasso!”
-“Dev’essere per via del sale; probabilmente tua sorella saprà spiegarcelo meglio, ma credo che il sale abbia in qualche in modo impregnato il legno, per poi cristallizzare…o qualcosa del genere, per cui alla fine non resta niente di quello che costituiva la nave originariamente, se non la forma. Tutto il legno è stato come ‘rimpiazzato’ dalla roccia…”
Taylor drizzò le orecchie, e guardò Jim nella semioscurità.
-“La carta!”
-“Cellulosa!”
-“Sarà fragile come un dolce di pastasfoglia!”
-“Di che diavolo state parlando?!?”, protestò Josh.
-“Figliolo”, gli disse allora il padre, “se trovi il giornale di bordo, chiamaci senza toccarlo”, spiegò. “Probabilmente anche le sue pagine sono cristallizzate, come tutto qui intorno”.
-“Tranquillo, tanto non ho la più pallida idea di cosa sto cercando. Anche se lo avessi sotto gli occhi adesso, non….”
Si interruppe, la sua attenzione attratta da un riflesso sul fondo della stanza.
-“Cosa?”, esclamo Jim.
-“Niente, voi andate avanti, adesso vi raggiungo”.
Mentre i due uomini si inoltravano faticosamente nei meandri della nave in cerca della cabina del comandante, Josh iniziò a spostare gli oggetti che si trovavano tra lui e l’oggetto che aveva intravisto. A terra c’erano degli strani oggetti rettangolari, composti di uno strano materiale a strati sottilissimi. Josh fece per prenderne uno per spostarlo, ma gli si sbriciolò tra le dita, lasciandogli in mano solo il contenitore degli strati: due strati più spessi, forse mezzo centimetro, uniti tra loro da una costola. Ce n’erano a decine. Incuriosito, Josh appoggiò la torcia su qualcosa, per poter maneggiarne uno con più cura usando entrambe le mani. Lo tirò su da terra, soffiò via la polvere, e riuscì a intravedere degli strani segni tracciati sulla copertina. Sembrava una scrittura, ma non riusciva a riconoscere i caratteri. Appoggiò il libro pietrificato su una cassa, e rimosse lo strato spesso che copriva i tanti piccolo strati sottili sotto di esso: era un libro, di un centinaio di pagine, grande quanto un Plexpad, ma molto più pesante. Josh capì che era un libro perché, pur dopo chissà quanti anni, sulle pagine erano ancora ben visibili lettere e parole. In qualunque lingua fossero scritte.
-“Papà?”
Jim si affacciò dalla porta dell’ambiente in cui era appena entrato.
-“Ho trovato qualcosa”.
-“Io continuo”, gli disse Taylor.
Jim si avvicinò allora al ragazzo, prendendo l’oggetto che gli porgeva.
-“E’ questo il giornale di bordo di cui parlavi? Un… libro? ”, chiese Josh al padre.
-“Beh, è sicuramente un libro, ma non è quello che cerchiamo”, rispose Jim studiando il reperto.
-“E la gente usava quelli per leggere?!? Dentro ci starà sennò un miliardesimo di quello che è memorizzato in un Plexplad vecchio di 10 anni!”
-“Forse anche meno, figliolo. Ma è così che si tramandava il sapere, una volta. Coi libri”
Intanto, anche Taylor era sbucato dalla porta da cui era tornato indietro Jim poco prima, e portava in mano qualcosa, con molta delicatezza.
-“Trovato”, si limitò a dire mentre si dirigeva all’esterno.
 
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-“Ma quando tornano? Io voglio andare alle cascate!”, protestò Zoe dopo un’attesa di due ore. Anche Liz cominciava a impensierirsi per la lunga assenza. Proprio in quel momento, la radio in veranda gracchiò.
-“Elizabeth, ci sei?”
Liz si alzò di corsa, lasciando Zoe a giocare con le formine nella sabbia, e andò alla radio.
-“Liz, mi senti? Sono Jim. Rispondi.”
Prese il microfono e premette il pulsante come Jim le aveva insegnato.
-“Jim! Grazie al cielo! Avevi detto che mi avresti chiamato ogni mezz’ora!!”
-“Scusa, tesoro, ma tutte queste… queste cose che ho visto finora mi hanno un po’ stordito, e ho perso la cognizione del tempo!”
-“Cose, quali cose?”.
-“Più  tardi ti racconto tutto. Stiamo tornando, ci vediamo tra qualche minuto. Passo e chiudo.”
-“D’accordo. Ti amo. Passo e chiudo.”
 
Di lì a poco, il trasporto fu di nuovo sopra le teste del convoglio di Lucas.
-“Eccoli di nuovo. Sembrano proprio venire dalla direzione del Valico.”
-“Quei bastardi. Che diavolo ci saranno andati a fare??”
-“Non potevate mettere una dannata bomba in quei container? Ci siamo spezzati la schiena per caricare tutti i pezzi e portarli in questo posto dimenticato da Dio…. e adesso noi dobbiamo farcela a piedi, mentre loro si divertono a fare voli turistici avanti e indietro?!?”
-“Credo che dovremmo mandare un drone”, intervenne il maggiore. “Rischiamo di fare una marcia forzata di cinque giorni, e poi di scoprire, una volta arrivati lì, che Taylor ci ha giocato qualche tiro mancino!”
-“Hai ragione. Soldato!”, disse poi rivolto a uno della truppa. “Porta qui un drone e il suo telecomando”.
-“Signorsì”.
Pochi istanti dopo, un drone modello R781 stava poggiato su una roccia in attesa di istruzioni. Il maggiore terminò di programmarlo, e premette il pulsante di avvio.
Il piccolo velivolo si alzò silenziosamente, spinto dalle sue ventole magnetiche, e si allontanò in direzione del Valico.
-“E se ci stessero inseguendo?”, ipotizzò il sergente.
-“Inseguendo? E perché mai? Nessuno a Terra Nova sa del Valico, e se Taylor glielo raccontasse, dovrebbe anche ammettere di aver mentito a tutti per tutto questo tempo. Non lo farà. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. E una volta arrivati lì, vedremo se è vera la teoria del cervellone.
-“Sempre se riusciamo ad arrivarci. Fossi in Taylor, andrei lì e farei saltare tutto…”
-“In questo caso, dovremo ricorrere al Piano B”.
 
  
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