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Autore: RobTwili    23/12/2011    9 recensioni
BUON NATALE!
Ashley POV del capitolo 18 della long story The revenge of the nerd .
Dal testo: Mi ero accorta, nei giorni precedenti, che Francis tendeva a socchiudere l’occhio destro quando raccontava una bugia.
«No» ribatté, mentre il suo occhio destro si socchiudeva.
Non riuscii a trattenere una risata, e mi costrinsi a mordermi il labbro per non ridere più forte.
Dopo aver salito i gradini del portico, mi fermai davanti alla porta di casa per salutare Francis.
Quando lo guardai, cominciò a muoversi irrequieto.
C’era qualcosa che lo spaventava, che lo rendeva nervoso, più del solito.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Nerds do it better'
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osash
ASHLEY POV DEL CAPITOLO 18 DELLA LONG STORY ‘THE REVENGE OF THE NERD
 


 

Maledetta Mac e quel film sui clown!

Continuavo a guardare fuori dal finestrino dell’auto di Francis e mi sembrava di vedere il clown dai denti appuntiti ovunque.
Una cosa era certa, non sarei andata dentro casa da sola.
«Mi… mi potresti accompagnare alla porta? Ho un po’ di paura» mi ritrovai a dire, prima ancora di rendermene conto.
Stavo chiedendo aiuto a Francis?
Lo stesso che balbettava ogni volta che doveva parlarmi e che si sistemava gli occhiali quando si imbarazzava?
«Certo». Si slacciò la cintura di sicurezza, spegnendo il motore dell’auto.
«Grazie» sussurrai, alzando il viso per guardarlo.
Il suo sorriso, così bello e contagioso, riuscì a darmi un po’ di coraggio.
Francis, lui… lui mi dava un senso di protezione.
Probabilmente ero più forte di lui, ma l’averlo vicino, sentire il suo corpo a pochi passi dal mio, riusciva a rassicurarmi.
Non avevo mai provato quella sensazione, nemmeno con Alex.
Scesi dalla macchina, lanciando occhiate attorno a noi: continuavo a vedere quel clown nascosto dietro a un albero davanti a casa.
«Non c’è nessuno» borbottò Francis, spaventandomi.
Si era avvicinato molto più di quanto mi sarei aspettata, affiancandosi a me.
«Come fai a saperlo? E se c’è un clown nascosto tra gli alberi?». Forse era una cosa stupida, ma davvero, la paura per quei clown era grande.
Durante la festa per i miei cinque anni il clown che mamma aveva chiamato, si era sentito male, svenendo addosso a me.
Non ero riuscita a dormire per notti al ricordo di quel grande viso rosso e bianco che si avvicinava sempre di più a me.
Ricordavo perfettamente le notti passate nel lettone con mamma e papà, mentre Eric mi prendeva in giro perché ero solo una femminuccia.
«Non devi mi-mi-mica andare nel boschetto, no?». Improvvisamente anche Francis sembrava spaventato, o forse era solo una mia idea.
«No, ma… se non facessi in tempo a salire le scale?» chiesi, seriamente preoccupata.
Se Francis fosse ritornato alla sua macchina, e non avesse fatto in tempo a salvarmi?
Il clown mi avrebbe trascinata tra gli alberi, uccidendomi.
«Ti accompagno fino al po-po-po-portone?» balbettò, preoccupato.
Non riuscivo a capire perché, ma sembrava che la porta d’ingresso lo spaventasse.
Forse… forse non era il portone il problema, forse semplicemente aveva paura di ritornare in macchina da solo.
«E poi non hai paura di tornare lì in fondo da solo?» gli domandai, scrutando il suo viso per vedere la sua reazione.
Mi ero accorta, nei giorni precedenti, che Francis tendeva a socchiudere l’occhio destro quando raccontava una bugia.
«No» ribatté, mentre il suo occhio destro si socchiudeva.
Non riuscii a trattenere una risata, e mi costrinsi a mordermi il labbro per non ridere più forte.
Dopo aver salito i gradini del portico, mi fermai davanti alla porta di casa per salutare Francis.
Quando lo guardai, cominciò a muoversi irrequieto.
C’era qualcosa che lo spaventava, che lo rendeva nervoso, più del solito.
«Be’…» bisbigliò, abbassando poi lo sguardo.
Riusciva a essere davvero dolce quando si trovava in difficoltà.
«Grazie per la serata Francis». Era un grazie sincero.
Nonostante il film non mi fosse piaciuto, a casa di Mac mi ero divertita.
Lei e Zac, assieme, erano una delle cose più divertenti che avessi mai visto, e in più, avevo capito che avere Francis vicino non era poi tanto male.
«Figurati». Alzò lo sguardo, per incrociare il mio.
I suoi occhi si illuminarono, stupiti. Probabilmente perché aveva visto qualcosa.
C’era… c’era una luce che li rendeva ancora più luminosi del solito, l’azzurro, nascosto dietro a quelle spesse lenti, era simile a quello del cielo in estate.
«E grazie per avermi accompagnata fin qui» borbottai. Mi sentivo in imbarazzo.
C’era qualcosa di diverso.
Qualcosa che mi mostrava Francis in modo diverso.
«Nessun problema». Il sorriso che fece mi imbarazzò.
Quando sorrideva le sue guance si macchiavano di piccole chiazze rosse.
Mi sistemai una ciocca di capelli, nervosa.
«Be’… buonanotte allora» bofonchiai, avvicinandomi di più a lui per dargli un bacio sulla guancia.
Come sempre fui costretta a sollevarmi sulle punte e ad appoggiare le mie mani sul suo petto: Francis era davvero alto, superava abbondantemente il mio metro e settanta.
Non appena le mie labbra smisero di toccare la sua guancia, Francis si spostò, appoggiando le sue labbra sulle mie.
La sorpresa di quel gesto mi immobilizzò, portando il mio cuore ad accelerare i battiti.
Quando le labbra di Francis abbandonarono la mia bocca, aprii gli occhi di scatto, cercando di capire che cosa fosse successo; Francis era davanti a me, imbarazzato e sconvolto, continuava a sistemarsi gli occhiali sul naso e batteva un piede per terra.
«I-i-i-i-i-i-io…». Portò le mani dentro la tasca della felpa, abbassando lo sguardo. «Sc-sc-sc-sc-sc-scusa» farfugliò.
Non riuscivo a rispondere.
Il contatto delle labbra di Francis sulle mie era stato simile a una scossa.
Francis mi guardava, forse in attesa di una mia risposta o di una reazione.
La verità era che con quel bacio la mia ipotesi si era trasformata in certezza: Francis mi piaceva.
La sua dolcezza, la sua ingenuità… erano qualcosa di nuovo per me, una ventata d’aria fresca che stava spazzando via l’aria viziata a cui ero abituata.
«B-b-b-b-b-b-b-b-b-buonanotte» mormorò, prima di girarmi le spalle per incamminarsi verso la sua macchina.
Non si voltò, proseguì, camminando come se niente fosse.
Mi aveva appena baciato, cavolo!
Perché non stava chiedendo una maledetta spiegazione? Perché non mi aveva sbattuto al muro, costringendomi a dirgli quello che provavo per lui?
«Francis» dissi, scendendo gli scalini di corsa.
Si fermò all’improvviso, voltandosi e facendomi finire contro il suo petto. A causa del colpo fu costretto a indietreggiare di qualche passo, ma non me ne curai.
Circondai il suo viso con le mie mani e feci quello che, forse, avrei dovuto fare prima.
Quando le mie labbra incontrarono le sue, sfiorandole, sentii le mani di Francis appoggiarsi ai miei fianchi per attirarmi verso di lui.
Quel gesto così istintivo sembrò dargli coraggio, perché rispose al mio bacio, cercando di catturare le mie labbra con le sue.
Quel suo strano modo di baciare era… dolce, come se non avesse mai baciato nessuno.
Forse era davvero così.
Portai le mie mani tra i suoi capelli, giocando con quelle ciocche ribelli.
Francis fece scivolare la sua mano lungo tutta la mia schiena e mi spinse contro di lui.
Stavo perdendo il controllo della situazione, ma non mi interessava.
Baciare Francis era la cosa giusta da fare.
Mordicchiai il suo labbro, tentandolo.
«Ashley, rientra immediatamente in casa».
Eric?
Quando era arrivato?
Francis fece un passo indietro, portandosi via un piccolo pezzo di me.
Teneva lo sguardo basso, lanciando strane occhiate a Eric. Mi sembrò quasi di vederlo sospirare, sollevato.
Che cosa pensava? Che fosse mio padre?
Sapevo che se non fossi rientrata subito, Eric si sarebbe avvicinato a noi, riconoscendo Francis.
Volevo dargli qualche minuto di vantaggio, il tempo di tornare a casa prima che venisse a saperlo anche suo fratello Chris.
Annullai la distanza tra me e Francis e mormorai un «Buonanotte» prima di accarezzare le sue labbra con le mie.
Senza aspettare una sua risposta, cominciai a camminare verso la porta di casa, di fianco a Eric.
Quando chiuse il portone alle nostre spalle, mi prese per un polso, costringendomi a guardarlo.
«Si può sapere chi è quell’idiota che stavi baciando fuori da casa?» sibilò, stringendo un pugno per la rabbia.
«Nessuno» ribattei, senza guardarlo negli occhi.
«Nessuno? Si chiama così?» ghignò, avvicinandosi alla finestra per scostare la tenda. «Be’, il signor Nessuno è ancora dove l’hai lasciato».
In pochi passi lo raggiunsi, sbirciando oltre la tenda bianca del soggiorno.
Vidi Francis correre in macchina, sbattendo la testa sul tettuccio mentre saliva.
Non riuscii a trattenere una risatina divertita.
«Di certo non è uno sportivo» affermò Eric, divertito.
«Non ti interessa» sbottai, incamminandomi verso la cucina.
Presi una bottiglietta d’acqua, prima di sedermi su uno sgabello, osservando il quadro che papà aveva regalato a mamma per Natale.
«Sì che mi interessa Ashley. Sei mia sorella, devo proteggerti» mormorò, sedendosi di fianco a me.
«Tu non devi proteggermi, so cavarmela da sola». Perché voleva proteggermi?
Ci ero riuscita per diciassette anni.
«Non voglio vederti soffrire di nuovo. Dopo quello che è successo con Alex…». La sua mano si strinse a pugno di nuovo e sentii lo scatto della sua mascella.
«Eric…» sospirai, facendomi coraggio. «Io, io ti sono grata per non aver fatto nulla ad Alex dopo quello che è successo, ma è giusto che io impari dai miei errori, no? Devo sbattere la testa contro il muro prima di accorgermi che sto sbagliando, lo sai anche tu. Se volessi sbagliare? Non posso farlo perché tu non me lo permetti?» chiesi, aspettando una sua risposta.
«Non voglio vederti soffrire di nuovo, capisci? Sei sempre la mia piccola Shy. Prenderei a pugni altri mille bambini». Sorrise, stringendo la mia mano tra le sue.
«Questa volta sarà diverso, te lo prometto. Mi fido di lui, so che non farebbe niente di stupido». Sì, Francis non mi avrebbe mai ferito. Ne ero sicura.
«Sei sicura?». Si era arreso, potevo vederlo dai suoi occhi.
«» ribattei, annuendo.
«D’accordo. Dimmi solo come si chiama» mi punzecchiò, dandomi dei leggeri colpetti sul fianco con il gomito.
«Dai Eric, non fare l’idiota» ridacchiai, alzandomi per andare al piano di sopra.
Papà sarebbe rientrato a casa entro pochi minuti.
«Solo il cognome allora, così rimarrà nell’anonimato» cercò di convincermi, cominciando a farmi il solletico sui fianchi.
«Ne dubito». Se gli avessi detto il cognome di Francis l’avrebbe smascherato subito.
«Lo dico a papà» mi provocò, sbarrandomi la strada.
«Perché, non lo farai lo stesso?» chiesi, ironica.
Gliel’avrebbe detto appena entrato in casa; poi, papà sarebbe corso in camera mia per dirmi che non era il ragazzo giusto per me e che prima doveva incontrarlo, per capire le sue intenzioni.
Ma papà non poteva incontrare Francis.
«Sì, ma cercavo un modo per farmi dire il nome» sorrise, sarcastico.
«Hudson» sbottai, aprendo la porta della mia camera.
Aspettai sull’uscio, per vedere la reazione di Eric.
«Hudson? Gli unici che conosco sono i genitori di… è il fratello di Chris?» strillò, avvicinandosi di un passo a me. La mia non risposta fu più che eloquente. «ma è un nerd sfigato, Ash, che ti è successo?» mormorò preoccupato.
«Forse ho aperto gli occhi e mi sono resa conto che non mi posso fidare dei giocatori di football perché sono tutti idioti. E Francis non è un nerd, o forse sì. Ma non mi interessa, ok? Perché con lui sto bene, e non sei tu quello che deve darmi ordini, perché io non li prendo da nessuno». Chiusi la porta della mia camera a chiave, mentre Eric borbottava qualcosa frustrato, perché voleva parlarmi.
Non c’era più niente da dire.
Mi appoggiai alla porta, chiudendo gli occhi per fare un po’ di chiarezza.
Era la cosa giusta da fare, me lo sentivo.
Qualcosa in Francis mi dava coraggio, mi diceva che stavo facendo la cosa giusta.
Era l’unico, assieme a Mac e ai ragazzi, che mi aveva ascoltato e accolto quando tutti gli altri mi avevano evitato.
Non aveva chiesto nulla, non si era arrabbiato perché Alex non era più il quarterback di punta.
Solo domande su di me, come se, per una volta, a qualcuno interessasse davvero come stavo.
Eric smise di bussare alla mia porta nel momento esatto in cui sentii lo scatto del portone d’entrata.
Papà.
I passi di Eric che scendevano le scale e il bisbiglio delle loro voci.
Con un sospiro feci scattare la serratura della porta di camera mia, sicura che entro cinque minuti papà sarebbe entrato, chiedendomi di Francis.
Gettai le scarpe in un angolo e, dopo essermi seduta sul letto, accesi il PC tamburellando con le dita sulla tastiera, mentre aspettavo che finisse di caricare.
Qualche minuto dopo, la maniglia della porta si abbassò.
«Ciao tesoro» sussurrò papà, facendo capolino con il volto.
«Entra, su» mormorai, chiudendo lo schermo del PC.
«Come va?» domandò, sorridendomi. Si sedette di fianco a me, dandomi un bacio sulla fronte.
«Forza papà, che cosa devi dirmi di Francis?». Meglio tagliare la testa al toro.
Ero anche pronta ad andare contro di lui.
Per la prima volta volevo fare di testa mia, ero davvero sicura di Francis.
«Un padre non può chiedere alla propria figlia come sta?» domandò, fingendosi sorpreso.
«Sto bene. Tu, come stai?» ribattei, stando al suo gioco.
«Non male, potrei stare peggio» sussurrò, giocherellando con la sua fede.
«Ottimo. Io invece sto bene, sono felice». Gli sorrisi, aspettando la sua risposta.
«Sì, ho sentito strane voci al piano di sotto…» mormorò, facendo il vago.
I suoi occhi scrutavano la mia scrivania, in cerca di qualcosa.
«Avanti, lo so che il canarino ha cantato» sbottai, incrociando le braccia al petto.
«Tuo fratello mi ha solo salutato» mentì, aggrottando leggermente la fronte.
«Papà, stai mentendo e lo sappiamo tutti e due. Forza, non mi arrabbio, dimmi quello che devi dire, le solite cose da padre iperprotettivo verso la sua bambina, e poi andiamo entrambi a dormire». Senza fronzoli e senza bugie.
«Sei sicura di quello che fai?» chiese, stupendomi.
Mi sarei aspettata tutto da lui, tranne quella domanda.
Per la prima volta in diciassette anni, mi stava trattando da… adulta.
«» risposi, senza nemmeno pensarci.
«Allora voglio conoscerlo. È giusto che io conosca Francis, ufficialmente». Era serio. Davvero, davvero serio.
«Io… papà… non… cioè…» balbettai, senza una vera risposta.
Immaginavo Francis, spaventato e nervoso, mentre, davanti a mio padre, continuava a sistemarsi gli occhiali sul naso, balbettando qualcosa.
Francis non era ancora così sicuro di se stesso per conoscere mio padre.
Prima doveva smettere di balbettare con me, poi, una volta acquistata fiducia, l’avrei presentato a papà.
«Che c’è?» chiese, divertito ma confuso.
«Non adesso… non è il momento» gli confessai, abbassando lo sguardo imbarazzata.
Non volevo che Francis morisse d’infarto.
«Certo tesoro, quando vuoi tu. Per il prom magari, potremmo invitarlo a cena» azzardò, mentre lo guardavo sbalordita.
No!
Invitare Francis a cena la sera del prom era fuori discussione.
Papà l’avrebbe spaventato; probabilmente accogliendolo alla porta con una mazza da baseball.
«Vedremo…» risposi, senza veramente pensarlo.
Dovevo trovare una scappatoia per Francis.
«Niente football, questa volta?» scherzò, forse perché aveva capito che non volevo parlare di un possibile loro incontro.
«Niente football. Solo fisica e matematica» risposi, con un sorriso.
«Almeno ti insegnerà qualcosa» concluse, con un’alzata di spalle.
«Grazie papà». Lo abbracciai, stringendolo forte a me.
Sentii il suono di una risata, mentre inspiravo il suo profumo.
Da piccola, abbracciata a lui, mi sentivo invincibile.
Quando mi faceva salire sulle sue spalle, correndo per casa, mi sentivo indistruttibile, sapevo che nessuno mi avrebbe mai fatto del male con lui al mio fianco.
C’era ancora la stessa sensazione, nonostante fossi cresciuta e il nostro rapporto fosse cambiato.
Papà c’era per me, ci sarebbe stato sempre.
«A dormire adesso, che domani devi andare a scuola. Esame di fisica o matematica?» ghignò schernendomi, mentre scioglievo l’abbraccio.
«Non sei simpatico» ribattei, facendo una linguaccia.
Rise di nuovo, lasciandomi una carezza tra i capelli.
«Buonanotte tesoro» mormorò, avvicinandosi alla porta.
«Notte papà». La porta si era quasi chiusa, ma non riuscii a trattenermi. «Papà?» chiamai, facendolo tornare verso di me di un passo.
«Sì?». Sembrava confuso.
«Grazie. E ringrazia anche Eric».
Ero sicura che ci fosse lo zampino di mio fratello.
Doveva aver visto qualcosa che l’aveva tranquillizzato a tal punto da calmare anche papà.
Non rispose, mi sorrise solamente prima di chiudere la porta.
Con un sospiro mi distesi sul letto; almeno non mi aveva chiesto l’indirizzo per ucciderlo.
Spalancai gli occhi terrorizzata: papà sapeva dove abitava Francis!

 
 
 
Ok… Francis compare molto più ‘nerd’ di quanto in verità da lui traspare, vero?
Ma non è voluta, nel senso, con gli occhi di Ash, Francis è veramente così!
Spero che vi sia piaciuta, abbiamo conosciuto anche gli uomini di casa Foster, e come avete visto il papà SEMBRA essere anche… rilassato, no?
In ogni caso, spero che il mio regalo di Natale sia stato apprezzato!
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO a voi e alle vostre famiglie!
Per chi ne è sprovvisto, vi auguro di trovare un nerd sotto l’albero e, per chi ce l’ha già… tenetevelo stretto! ;)
 
 
 
   
 
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