Storie originali
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Autore: Sarasvathi    24/12/2011    2 recensioni
Basta una frase per cambiare il pensiero di una persona. Basta uno sguardo per capire le intenzioni altrui. Vita. Morte. Non hanno importanza. La principessa del pianoforte suona sempre. Le persone che incontra sono le mani e lo spartito. Ha i fili. Comanda. Ubbidisce. È la luce. È il buio.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Hime amava la decadenza dell’animo umano e la sua bellezza: non c’era più armonia e bellezza che nella disperazione felice, dove il pensiero vacillante deforma il corpo e aggrazia i movimenti imprigionandoti nel limbo.
Com’è il limbo? Cosa cerca l’uomo nel limbo?
Ogni volta che Hime suonava il pianoforte trascinava i suoi ascoltatori nel limbo; infatti, quando suonava, il silenzio regnava: tutti smettevano di svolgere le proprie attività e lasciavano che Hime li guidasse nel limbo dove l’udito e la vista non sono necessari e dove le mani di Hime suonano nei loro corpi, persuadendoli sempre a seguire le tenebre.
Quando le mani di Hime si staccavano dalla tastiera, gli ascoltatori venivano scaraventati nella realtà vomitando orgasmi.
Hime tutto questo non lo sapeva. Non sapeva che il suo squilibrio mentale così stabile si acciaccava quando produceva Arte. Questo suo squilibrio le permetteva di stare stabile e armoniosa, divorandola sempre più; solo le persone attorno a lei avrebbero contribuito a mantenerla follemente stabile o a farla collassare nella Luce o nel Buio.
Intanto il compleanno di Luigi si stava avvicinando e i due avevano cominciato a parlare un po’ come all’inizio del primo anno, quando la scoperta dei compagni di classe sembra la cosa più rilevante.
Spesso la sera Hime si collegava su Facebook per chattare con le sue amiche e appena Luigi entrava in chat scriveva a Hime; i due parlavano di cose futili, spesso riguardanti gli altri; capitava, qualche volta, che parlassero d’amore -come i normali ragazzi, spinti in parte dagli ormoni fanno- e che si facessero qualche complimento. Subito però, per non far trasparire nulla dai loro complimenti, cambiavano argomento.
Più i giorni passavano e più Hime realizzava che forse un po’ piaceva a Luigi, ma la prudenza la costringeva a crederlo solo per pochi secondi.
A una settimana dal suo compleanno, Luigi aveva invitato i suoi amici al suo compleanno: Hime era tra loro.
Lei il suo regalo l’aveva già preparato e che Luigi avesse fatto o meno il compleanno e l’avesse o non l’avesse invitata a lei non sarebbe cambiato nulla: il suo regalo gliel’avrebbe dato.
I giorni passarono in fretta e Hime non riusciva a pensare ad altro se non al compleanno di Luigi.
 
Ogni mattina Hime, pur dovendosi svegliare presto, prima di andare a scuola, camminava verso un piccolo monolocale dove un signore sulla cinquantina ogni mattina prima di andare a lavorare stendeva sulla tela la tempera e affliggeva i suoi quadri in vetrina.
 Era diventata per Hime un’abitudine osservare l’uomo dipingere. Amava il silenzio del colore che si stendeva più o meno uniforme sulla tela, come amava essere avvolta dall’odore del sigaro che l’uomo teneva sempre stretto fra i denti.
Nessuno dei due sapeva il nome dell’altro, a distanza di due mesi si davano ancora del ‘Lei’, ma tutto ciò era irrilevante nel loro Universo.
Le forme che l’uomo allungava erano calde di sigaro, ma semplici; il fumo regalava alle proporzioni una forma confusa.
Hime amava quei  quadri, i colori che usava ne raffiguravano sempre la sua anima.
Uno specchio a tempera, il suo quadro, dipinto con lacrime dorate.
Un giorno, all’improvviso l’uomo aveva alzato lo sguardo dal suo lavoro, aveva preso in mano il sigaro e aveva sospirato: “Come mai ogni mattina viene qui, signorina?”
“Mi piacciono i suoi quadri, perché mi rappresentano” aveva sorriso lei.
Il signore aveva riso un po’ tra qualche colpo di tosse provocato dal fumo.
“La ringrazio” e subito aveva aggiunto: “Sa, vorrei proprio farle un ritratto, se non sono trop…”
Hime si era subito illuminata “Mi piacerebbe molto, ma…” la sua felicità era già scomparsa “ma…non credo di essere un bel soggetto.”
“Io credo che lei possa diventare un mio quadro invece. Certo, magari non riuscirò a rendere i miei colori belli quanto lei, ma vorrei tanto posasse per me. Oh, giusto un profilo, o un tre quarti. Mi perdoni se insisto signorina…”
“No…si figuri. Visto che vengo ogni giorno…può scegliere lei quando incominciare.”
“Certo, appena avrò concluso questo lavoro, passerò al suo dipinto.”
Hime guardò l’orologio: era tardi, doveva affrettarsi ad andare a scuola.
“Mi scusi signore, ma ora dovrei andare.”
“Certo signorina, a domani.”
Hime aveva aperto la porta.
Il signore prima che la porta si fosse chiusa alle spalle della ragazza si era affrettato a chiederle: “Signorina! Mi scusi, avrei una domanda da porle: lei dipinge per caso?”
“No, mi dispiace” aveva sorriso lei “So soltanto suonare il pianoforte” e così dicendo si era chiusa alle spalle la porta.
 
Il compleanno di Luigi era arrivato lento e doloroso. Quel giorno Hime era rimasta davanti alla classe con una sua compagna per fargli gli auguri, ma Luigi quel giorno non era arrivato; solo all’intervallo Hime aveva scoperto che lui aveva la febbre e che non avrebbe festeggiato il proprio compleanno.
Quando Hime era rientrata a casa, aveva subito afferrato il regalo di Luigi, era salita sul sellino della bicicletta e si era diretta verso la  casa di Luigi.
Più si avvicinava, più il cuore aumentava il suo battito.
Il mio solo cuore non può sostenere questo battito.
Arrivata davanti alla porta della casa di Luigi tutto si era fermato e aveva smesso di battere e lei aveva cominciato a tremare.
  
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