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Autore: Ysis Donahue    25/12/2011    3 recensioni
Un nemico è, nell'opinione comune, una persona che ci è avversa perchè ogni cosa, in lui, è contraria a quello che siamo noi. Ma, quando due menti non sono poi così dissimili e l'inimicizia è dettata da fattori pre esistenti, non sembra un po' forzato parlare di odio necessario? A T T E N Z I O N E : Alcuni dettagli, anche cruciali, differiscono dai romanzi, ma nel re editing inserirò tutte le note e le spiegazioni del caso.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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(Edward) Mi sento evanescente e incorporeo, come mutato in nebbia, e la cosa peggiore è  che la sensazione non si ferma solo al malessere fisico.
 Anche la mia mente è provata, debole e incostante come se fosse riarsa da una tremenda febbre tropicale, e sembra vagare in luoghi lontani.
 Lentamente recupero, almeno in parte, le mie solite facoltà e finalmente apro gli occhi. La mia mente ci mette un po’ ad elaborare quello che vede, ma quando lo fa sprofondo nel terrore: sono nel Nulla.
 Niente paesaggio, niente suoni, nessun tipo di odore o sensazione tattile.
 Che la Morte, quella vera, non sia altro che questo?
 Nulla, e nient’altro che esso, fino alla fine del tempo?
 No, mi rifiuto categoricamente di accettarlo!
Mi alzo di scatto e comincio a guardarmi febbrilmente attorno, follemente determinato, cercando un appiglio di qualsiasi genere, una via di fuga qualunque. Trascorro quelle che devono essere ore battendo palmo a palmo il Nulla e sprofondando sempre più nella frustrazione ma impedendomi categoricamente di demordere, e la mia dedizione deve aver smosso Qualcosa, perché infine, dopo tanto cercare, scorgo una via, perfettamente mimetizzata con il Nulla che la circonda ma inequivocabilmente reale.
 La seguo, euforico, camminando forse per giorni e giorni, ma non mi importa: qualunque cosa, purché esista.
  Mi ritrovo davanti ad un trivio, e il mio buon umore scema un poco: quale sarà la strada giusta?
 Ne esisterà davvero una?
 Quanto mi costerà la scelta sbagliata?
 E potrò rimediare?
Mentre mi faccio queste domande cerco, invano, un indizio qualsiasi ma non trovo assolutamente nulla.
 Allora mi rassegno: se proprio devo decidere a scatola chiusa, scelgo la via di mezzo.
 Muovo qualche timido passo in quella direzione e il Nulla si colma all’improvviso, lasciandomi disorientato e, poi, letteralmente senza fiato. Non so ancora se la strada che ho preso è quella Giusta, ma quello che i miei occhi vedono, ora, mi fa sperare nel meglio.
 Lo spazio vuoto e desolato è stato riempito da un verde paesaggio, che vibra di vita sotto la luce di una timida aurora.
 Nelle narici ho il profumo dei fiori, nelle orecchie il lento rumore del mare, e i miei occhi sono colmi della vita che mi circonda, e della vista di una semplice casetta, appoggiata sulla linea dell’orizzonte.
 Mi dirigo nella sua direzione, camminando buon passo, e la riesco a raggiungere, ansante, solo quando il sole inizia a tramontare.
 Una piccola veranda mi seduce con aria invitante, ma sebbene durante la mia lunga passeggiata non abbia desiderato altro che sedermici e godermi il paesaggio, ora che sono all’ombra di questa casa una parte della mia mente si riscuote, e comincia a tintinnare con urgenza. Scariche di adrenalina mi corrono sottopelle, dietro agli occhi, nei delicati e finissimi sensori delle orecchie e tutto il mio essere pulsa e trema, polarizzato verso quella misteriosa Cosa nascosta in quella casa.
 Non aspetto un secondo di più ed entro, muovendomi con sicurezza in ambienti a me totalmente estranei.
 La mia mente vibra e tintinna come un metal detector e mi indirizza immediatamente al piano superiore, senza farmi perdere neppure un istante in vane ricerche. Salgo le scale, mi dirigo istintivamente verso una delle quattro identiche porte bianche serrate, la apro silenziosamente, entro e poi lo vedo.
 E capisco.
 Sdraiato su un grosso letto matrimoniale, Jacob Black dorme profondamente, con i capelli mezzi sfuggiti dalla coda sparpagliati sul cuscino e il possente torace che va su e giù piano piano. Il suo viso è sereno, quasi femmineo, e guardandolo mi sembra di capire tutto: il Nulla, le tre vie, questo posto e la strana smania di prima.
 Ma so che è una sensazione effimera, destinata a sparire, perché i miei occhi sono pesanti, le membra stanche e la mia mente di nuovo debole.
 Provo a resistere, ma come prima non ho scampo, e posso solo arrendermi e crollare addormentato.



(Jacob) É la luce a svegliarmi, e il suono di un respiro profondo mescolato al mio.
 Ancora parzialmente addormentato, ipotizzo sia Leah e quindi continuo a crogiolarmi beato nel mio dormiveglia, protetto dal profumo e dal calore delle coperte. Solo dopo qualche minuto ricordo della tremenda lite che io e la mia amica abbiamo avuto, e di come lei abbia lasciato il branco.
 Allora spalanco gli occhi e mi volto sul fianco, ma quello che vedo mi fa credere di essere ancora nel bel mezzo di un sogno.
 Steso sulla schiena, Edward Cullen dorme beato, ignorando il sole che gli batte sul viso. I suoi capelli sono di nuovo ramati e la sua pelle è tornata lattea e perfetta.
 Ma, mi accorgo con una certa sorpresa, la luce del sole non la fa più scintillare.
 Ed è calda e morbida, come mi conferma una lieve carezza sulla sua guancia.
 Edward fa un verso sommesso, scostandosi un po’, e io ritiro la mano come se mi fossi ustionato.
 Sono forse impazzito? Che bella figura da idiota ci avrei fatto, se si fosse svegliato!
 Per impedirmi di fare altre sciocchezze, mi metto seduto e comincio a guardarmi attorno, osservando l’ambiente e cercando di capire dove mi trovo.
 Con la coda dell’occhio, però, non perdo Edward di vista e assisto così al suo risveglio. Si stiracchia sbadigliando, tenendo gli occhi ben chiusi, e quindi non si accorge subito della mia presenza. Ma quando lo fa spalanca gli occhi e poi si ritrae velocemente, come se lo volessi picchiare.
 Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, e ho già un rimprovero acido e sarcastico sulle labbra quando noto due cose che mi congelano le parole in gola, e mi fanno spalancare la bocca stupito.
 La prima è che la pelle di Edward, ora, non solo è calda, morbida e priva di scintillii, ma è anche in grado di arrossire, come mi prova il suo viso, paonazzo per l’imbarazzo.
 La seconda è che i suoi occhi sono di un verde intenso e luminosissimo, incredibilmente simili ai miei.
“Cosa significa questo?” sussurro a mezza voce.
 Lui aggrotta la fronte e si passa la mano sul viso, perplesso. Deve intuire qualcosa perché si alza di scatto e si dirige velocemente verso la specchiera in fondo alla camera, percorrendo un tratto di stanza che è pienamente illuminato dalla luce del mattino.
 Anche questa volta la sua pelle non ha reazioni, ma lui non se ne accorge perché è troppo occupato a studiare il suo riflesso.
 Si allontana, si avvicina, si guarda in tutte le angolazioni possibili e finalmente si volta verso di me. Il viso è attonito e gli occhi spalancati ed increduli. Mi guarda per un lunghissimo istante e poi sgancia la bomba.
 “Credo… credo di essere tornato umano.”
 Sbarro a mia volta gli occhi e lo raggiungo in quattro balzi, osservando alternativamente sia lui che il suo riflesso allo specchio.
 In effetti sembrerebbe così, ma non può essere vero.
 “Dai, Edward, sai anche tu che è assolutamente…”
Mentre sto parlando, però, realizzo qualcosa alla quale prima non avevo dato molto peso.
 Non sento il lupo dentro me.
 Non sta dormendo da qualche parte, non si è ritirato in profondità, schiacciato dall’ Uomo Jake.
 É semplicemente svanito, come se non mi fossi mai mutato in vita mia.
 Improvvisamente, le sciocchezze di Edward non sembrano più così sciocche.
 Mi siedo sul letto, appoggiando i gomiti alle ginocchia e il mento sulle nocche delle mani, cercando di capire come possa essere possibile.
Ignoro Edward, ma lo sento passeggiare nervosamente per la stanza e, dopo una lunga esitazione, sedersi sul letto, stando però ben attento a non avvicinarmisi troppo.
 “É successo anche a te, vero?”
 Annuisco, in segno di risposta, e mi do dello stupido una volta di più.
 Il mio atteggiamento è infantile e ridicolo, ma sebbene abbia capito tutti i motivi e le ragioni che stanno dietro al suo tradimento, non riesco proprio a far finta di niente.


(Edward) Non capisco, non ha il minimo senso.
 Cos’è questo posto, e come è possibile che possa cambiare la nostra natura a tal punto?
 Do una rapida occhiata a Jacob e sorrido amaramente: fino a qualche mese fa avremmo dato ogni cosa per poter essere soli in una stanza, umani e lontani da tutto.
 Invece, ora, la mia presenza lo infastidisce e la sua irrita me, perché mi rende restio a portare a termine il mio compito proprio quando suicidarsi sarebbe più facile che mai!
 Stupido destino beffardo.
 Un’ulteriore rapida occhiata a Jacob e il mio odio per il vampiro si rinvigorisce, dando mi la spinta che cercavo: perché invece di guardare Jake di sottecchi e da lontano non posso avvicinarmi e stringerlo a me? Perché posso solo ricordare quanto siano morbidi i suoi capelli e calda la pelle? Perché un nostro bacio deve per forza essere una mia irrealizzabile fantasia?
 Io non avrei mai tradito la persona che amo, la colpa è solo del cadavere succhiasangue.
 Attaccarsi a certe minuzie, però, è effimero e privo di senso.
 Quel che conta è che l’atto è stato compiuto da colui che è noto come Edward Cullen, e appurare da quale delle sue mutevoli nature è solo un inutile cavillo.
 E di quell’atto e delle sue gravi conseguenze, qualcuno deve rispondere.
 Un qualcuno che non può essere altri che Edward Cullen, quale che sia la sua natura, al momento.
 Quindi devo morire, anche se non è giusto, e tanto vale farlo qui, ora.
 Ho visto un bel tagliacarte elegante ed appuntito mentre mi specchiavo, e con autentica soddisfazione lo raggiungo, camminando con passo felpato.
 Lo soppeso brevemente, ne stringo l’impugnatura cesellata, miro alla gola e una morsa di ferro mi stritola l’altro braccio, ricavando cupi scricchiolii dalle ossa.
Un violento strattone mi fa ruotare su me stesso, e mi trovo a fronteggiare una furia.



(Jacob) É già la seconda volta che impedisco ad una persona che amo di suicidarsi, potrei quasi farne una professione.
 O forse è meglio di no, perché la prima sensazione che provo, dopo, non è sollievo, ma il puro e semplice desiderio di finire l’opera con le mie mani.
 La reazione al vedere il polso squarciato di Leah è stata rabbia, il ricordare il luccichio della lama e la traiettoria fulminea verso il collo di Edward, invece, è un’esplosione di furia.
 Il ritmo snaturato del cuore si mischia al furioso ribollire di sangue e adrenalina, creando un rombo di turbina che assorda la mia mente e la incita a picchiare.
Prima che questo avvenga, fortunatamente, la consapevolezza si fa strada in me, e fa scemare un po’ quell’orribile fracasso.
I muscoli si rilassano, la morsa sul braccio diventa quasi una carezza, il ritmo del cuore rallenta un pochino e smette di essere così doloroso.
 Ma il fuoco non può sparire così, nel nulla: in qualche modo è necessario che venga spento.
 Oppure, mi dico osservando la serie di emozioni eterogenee che si dipingono sul viso di Edward, riconvertito.
 Con Leah è stato così, e ha funzionato: andrà bene anche per lui?
 Chino bruscamente il capo e cerco di scoprirlo, con un bacio che sicuramente non è molto aggraziato ma è di certo desiderato e apprezzato.
 Spalancando gli occhi verdi, Edward mi bacia e si fa baciare, prendendo fuoco tra le mie braccia e incendiando me.
 I suoi intenti suicidi vanno in cenere assieme alle mie stupide prese di posizione e al mio inutile orgoglio, e da esse rinasce un desiderio tiranno di unione e comunione.
 Lui è schiacciato tra me e la parete, e le sue braccia e le sue gambe sono avvinghiate ad ogni centimetro del mio corpo, ma siamo ancora troppo troppo lontani e separati.
 Ci baciamo forsennatamente, appassionatamente, cercando di annullare tutto, ogni cosa che non sia Noi.
 Siamo fuoco e bisogno disperato, oceano ed impeto, terra e forza bruta, aria e necessità vitale: le menti tacciono, i corpi urlano e strillano ordini imperiosi e perentori.
 Si muovono all’unisono, con coordinazione antica e perfetta, e ci insegnano una danza ancestrale.
 Non siamo mai stati più umani e non lo saremo mai più meno.
 Ci mangiamo, ci beviamo, ci colmiamo e poi urliamo, storditi dal piacere, dalla felicità e dalla completezza.
 Ci calmiamo, ci ritroviamo, rallentiamo, culminiamo e finiamo.
 Ci baciamo, e ci abbracciamo.
 Troppe parole.
 Ci Amiamo.



(Edward) Poi abbiamo parlato per ore.
 Sapevamo già tutto, ma certe cose assumono un significato del tutto speciale, se dette ad alta voce, e così è stato.
 Ci siamo spiegati, interrogati, giustificati, e abbiamo chiarito tutte le cose, o almeno tutte quelle più importanti.
 Non sappiamo ancora dove siamo, ad esempio, ma per ora non conta.
 Quello che conta è che io ho potuto fare il mio atto di espiazione, e che Jacob mi ha perdonato.
 Conta che finalmente ci sentiamo liberi, leggeri, e così felici che temiamo di scoppiare come grossi palloncini pieni di gioia.
 Ora sappiamo che possiamo, che davvero possiamo tutto ciò che ci viene in mente, senza timore che un sorriso diventi un’arma e un bacio una condanna a morte, ed è una sensazione che da alla testa.
 E quindi viviamo felici e sereni, ridendo, scherzando, esplorando questo posto e soprattutto danzando.
 Quel fuoco non è mai scemato, e concederglisi senza paura di finire carbonizzati è l’Estasi più straordinaria del mondo.
 Danziamo spesso e a lungo, indulgendo nei vari passi, e anche se è la centesima, o forse la millesima volta, che questo ballo si ripete, è sempre diverso, nuovo, e non delude mai.



(Jacob) E’ notte, siamo distesi nudi sull’erba, ci diamo la mano e osserviamo lo strano cielo di questo strano posto: le stelle, invece di scintillare fisse e gelide nello spazio blu, si rincorrono l’un l’altra, vorticando come le decorazioni di una trottola che gira forsennatamente.
 Non parliamo, ma sappiamo che stiamo pensando la stessa cosa: è tempo di prendere una decisione.
 In questo strano angolo di Universo, Spazio e Tempo sono categorie astratte e casuali, che non corrispondono in alcun modo alle leggi della Terra. Qui luce e tenebre, pioggia e sole, montagne innevate e deserti roventi, natura umana e natura vampirica, o licantropa, sono perfettamente intercambiabili e liberi di coesistere contemporaneamente.
 Questo posto è la terra della libertà e delle opportunità, dove tutto è possibile. Potremmo davvero rimanere qui per sempre.
 Eppure, sappiamo benissimo che questa è una cosa infattibile.
 Anche se, a livello puramente teorico, non ci sarebbe alcun tipo di problema, siamo tutti e due troppo consapevoli dell’importanza dei nostri ruoli.
 Io devo guidare i miei fratelli, proteggerli dalle idee pericolose di Ateara e onorare i miei antenati dimostrandomi un capo degno dei Black.
 Edward invece deve onorare il suo status di “Cullen” e soprattutto il rapporto di profondo affetto e gratitudine che lo lega ai suoi familiari.
 Non può abbandonarli così.
 Quindi dobbiamo tornare.
 La mano calda che stringe la mia si contrae brevemente.
 “Non possiamo fare altrimenti, vero?” Domanda, con voce soffocata.
 Scuoto il capo, sapendo che, con il groppo che mi si è bloccato in gola quando ho realizzato come stavano le cose, parlare non è facile né lusinghiero.
 Lo vedo annuire con espressione risoluta, poi volta il capo e mi guarda con una dolcezza disarmante.
 É rosso in viso, gli occhi gli illuminano il buio, e nella sua voce c’è un lieve tremolio.
 “Allora c’è una cosa che ti devo assolutamente dire. In realtà l’ho già capita molto tempo fa, ma nel nostro mondo non potevo dirtela.
 Ti amo, Jake.”
 Le mie difese crollano, polverizzate, e piango persino un po’, sopraffatto dall’enorme gioia che le sue parole mi hanno dato, ma anche dalla tristezza.
 Lui sembra capire, perché mi stringe tra le braccia senza dire nulla, e mi culla dolcemente.
 “Esteriormente e nei modi sembro un ragazzino di appena diciassette anni, ma in realtà sono vecchio.
 Vecchio e saggio.
 A lungo mi sono chiesto come fosse possibile che una tale congiura di problemi ed imprevisti si abbattesse così tenacemente su di noi, che non desideravamo altro che vivere tranquillamente e liberamente un sentimento straordinario e prezioso come l’Amore, ma osservando gli umani ho trovato una risposta.
 Siamo diversi.
 Troppo diversi.
 Tu hai una vita intera da vivere ed assaporare fino in fondo.
 Hai un futuro come Capobranco, come meccanico e probabilmente anche come marito esemplare e padre amorevole.
 Per te è previsto mutare nel tempo, diventare adulto, invecchiare, e alla fine spegnerti, al termine di una vita lunga, piena e luminosa.
 Io, invece, sono uno spettro incarnato e niente più.
 Non sono vivo ma non sono neppure propriamente morto e, malgrado conduca una qualche strana esistenza, non faccio comunque parte del mondo.
 Non di quello del 2011, almeno.
 Io sono nato nel 1901 e morto nel 1918, la mia sola, vera, vita è stata quella.
 L’Edward Cullen che osserva il tempo scorrere lentamente da più di ottant’anni è un’ombra, niente più di una falena imprigionata nell’ambra.
 Bellissimo, con una famiglia perfetta e colmo di salute, intelligenza, fascino, soldi e potere: come può qualcuno con simile fortune essere vivo?
Ma se la resina del gioiello d'ambra viene rotta, ciò che resta in mano non è altro che polvere ed antichi resti.
E lo stesso discorso vale per quello che c'è in me oltre l'apparenza.
Noi dovremo saperlo meglio degli umani, e per questo ci teniamo generalmente lontani da loro, impedendo sul nascere che situazioni simili possano avvenire e fuggendo alle prime pericolose avvisaglie.
Ma io ho sbagliato.
 La prima volta che ti ho visto è stato nel bosco, prima che ti mutassi. Pioveva forte e tu eri scivolato sul muschio, svenendo.
 Ti ho soccorso, ti ho portato a casa, ti ho medicato e mi sono fregato con le mie stesse mani: il tuo odore mi ha stregato e da quel momento in poi non ho fatto che pensare ad esso, e a te.
 Poi ci hanno messo in classe assieme, e ogni giorno che passava pensavo sempre più a quanto mi sembrassi bello e carismatico, nonostante l’aria sfrontata.
La tua mutazione improvvisa, quel giorno, ha solo accelerato le cose facendo realizzare i miei desideri.
 Ma anche dopo quel bacio non ne volevo sapere: ho continuato a raccontarmi bugie, a dirmi che la mia era solo semplice attrazione sessuale e che non c’era nulla di pericoloso.
 Invece mi sono innamorato sul serio.”
 Mi posa un bacio leggero sulla fronte e mi fa un sorriso.
 “Incredibile fino a che punto si possa mentire a se stessi, vero?
 Comunque, non avrei mai dovuto permettere che una cosa simile potesse accadermi.
 Nell’amore non c’è solo l’affinità e la fisicità, ma tutto un lungo e complesso percorso che porta la coppia a creare certezze e maturare assieme.
 Io sono bloccato in una dimensione che è fuori dal tempo, e sono immutabile.
 Non posso costruire nulla, anche se lo vorrei, e non posso maturare, né invecchiare.
 Se stessimo insieme, non farei altro che tarparti le ali, e incatenarti a me;
 e morirei pur di non farti vivere così.
 Inoltre tu hai compiti e doveri che sono molto più importanti e delicati dei miei.
 Devi occuparti del Clan, guidarlo rettamente, preoccuparti del suo futuro e dell’armonia tra le specie.
 Non posso portarti via da tutto ciò, anche se non c’è altro che desideri, al mondo, se non averti al mio fianco.”
 Sento una goccia calda sul viso, e capisco che Edward sta piangendo.
 La rabbiosa protesta che mi stava nascendo dal cuore, evapora in un attimo, e viene schiacciata dalla consapevolezza.
 Ha ragione, ha perfettamente ragione.
 Io non posso, davvero non posso abbandonare i miei fratelli. Ho reclamato il mio posto di Alfa e devo onorare questa via, e tutto quello che comporta, anche se il sacrificio, per adesso, mi sembra disumano.
 Altre lacrime affiorano ai miei occhi, e cadono al suolo assieme alle sue mentre mi volto e mi alzo, per baciarlo sulle labbra un’ultima volta.
 Vorrei dirgli tante cose, ma non saprei da che parte iniziare, e forse possono bastare anche solo quattro parole.
 Sono certo che lui capirà.
 “Anche io ti amo, Edward. Scusa. Grazie”


Finally! Giusto giusto in tempo per Natale! Il mio è stato orribile, francamente, ma non poteva essere altrimenti, quindi ok =) Ma mi auguro che il vostro sia stato, invece, molto  piacevole! Questo è il penultimo capitolo di What If, ma ci credete? Un bacione e buone vacanze!
   
 
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