Stamattina stavo
passando l’aspirapolvere quando nella mia mente si è creata questa One-shot. Per
la precisione, la mia prima One-shot. Non ho mai avuto l’ispirazione per una
cosa del genere, ma pensare a James, il mio personaggio preferito, e Lily mi ha
fatto questo effetto. Spero vi
piaccia e se foste così gentili da lasciare una recensione, anche negativa, ve
ne sarei grata, giusto per sapere se è meglio che eviti il genere. Chiedo venia
se ci sono errori di cui non mi sono accorta.
A mia madre, che mi
ha obbligato a fare le pulizie, senza le quali ciò che ho scritto non mi sarebbe
neanche venuto in mente.
E scusatemi se è
poco.
C’era una volta,
nell’incantato castello di Hogwarts, nelle lontae Isole Britanniche, una
giovane e dolce fanciulla diciassettenne che corrispondeva al nome di Lily
Evans. Questa ragazza molto spesso veniva appellata anche con il titolo
canzonatorio di “Prefetto Perfetta” perché sì, era un prefetto, e perché faceva
sempre in modo di far rispettare la giustizia, come imponeva il suo carattere
Grinfondoro; o almeno ci provava, anche se spesso doveva andare contro le
autorità più famose dell’intera scuola di magia e stregoneria: i Malandrini.
Così veniva chiamato il gruppo formato dall’intelligente e sensibile Remus
Lupin(Lunastorta), dal timido e riservato Peter Minus(Codaliscia), dal bello e
sbruffone Sirius Black(Felpato) e dall’altrettanto affascinante e carismatico
James Potter(Ramoso).
I quattro ragazzi
presentati sopra, suoi compagni di casa, molto spesso facevano in modo di far
perdere la pazienza alla protagonista della nostra storia e di solito riuscivano
nel loro intento, soprattutto grazie all’opera di colui che tra i suoi amici
veniva chiamato Ramoso(purtroppo non starò a spiegare il motivo di questi
soprannomi dal momento che non serve ai fini del racconto, ma credo che la
maggior parte dei lettori potrà colmare questa mancanza con un po’ di fantasia),
poiché era dalla tenera età di tredici anni che tentava in tutti i modi di farsi
notare dalla giovane, con scarsi risultati.
Infatti, era per
opera dei Malandrini che la nostra Lily, in quel momento, si trovava appesa a
testa in giù, per una gamba, nel corridoio est del terzo piano. Inoltre cercava
freneticamente di non far vedere ai presenti la sua biancheria intima tenendo i
lembi della gonna che indossava, parte integrante della divisa, mentre i suoi
lunghi capelli rossi, raccolti in una coda come sempre, toccavano appena il duro
pavimento in pietra.
“POTTER!!” gridò con
una leggera nota di isterismo nella voce, data dalla sua posizione
insolita.
Come previsto, dieci
secondi dopo, il ragazzo fece la sua comparsa, apparendo da dietro un’armatura
lì vicino insieme ai suoi amici. In particolare, lui e colui che riteneva un
fratello, Sirius Black, stavano ridendo sguaiatamente mentre gli altri due
guardavano un po’ preoccupati la ragazza; chi per problemi di sensi di colpa,
come Remus, dal momento che anche lui era un prefetto e quindi avrebbe dovuto
fermare la vena combina guai dei suoi amici, e chi con paura come Peter,
intimorito dalla sguardo furibondo che Lily stava lanciando coi suoi occhi
incredibilmente verdi.
“Fammi scendere
immediatamente!!” ordinò lei perentoria.
Dopo che si fu
ricomposto un minimo, James rispose:
“Non mi pare che tu
sia nella posizione di poter pretendere qualcosa, Evans...” ma quando si rese
conto che la ragazza gli stava facendo chiaramente capire dallo sguardo che,
appena avrebbe potuto, lo avrebbe strozzato, decise che era meglio far finire lì
lo scherzo.
“ Diffindo!” pronunciò mentre con la mano
destra, con cui impugnava la bacchetta, faceva un’elegante
movimento.
Nello stesso
istante, la corda che teneva Lily a un metro da terra si spezzò, facendola
ricadere al suolo molto poco dolcemente. Il risultato fu che la giovane si
storse il polso in maniera piuttosto grave; infatti, prese a tenerselo per
cercare di capire l’entità del danno e tentava contemporaneamente di non gemere
per il dolore.
I ragazzi di fronte
a lei se ne accorsero e si pentirono del loro gesto, perché di solito facevano
in modo che le vittime delle loro burle non si facessero male (ma questa regola
non faceva testo nel caso dei Serpeverde, con cui erano sempre in contrasto),
così le si avvicinarono per vedere come stava, in particolare Potter, che
provava per quella fanciulla qualcosa di più di una semplice
attrazione.
“Ti sei fatta male?”
le chiese preoccupato.
“Stammi lontano! Non
vorrei il tuo aiuto nemmeno se fossi l’unico in grado di curarmi!” esclamò lei
furiosa “Come vi è venuto in mente di fare una idiozia del
genere?!”.
Quella frase bastò a
far rinascere nel petto di Ramoso e Felpato il loro orgoglio malandrino, che
fino a qualche secondo primo era rimasto sopito a causa del senso di colpa per
la ferita della ragazza.
“Geniale, vero?”
disse Black mentre sorrideva a un paio di ragazzine del secondo anno che si
trovavano nella folla che si era radunata, provocando loro un principio di
svenimento.
Perché Sirius Black
era, insieme a James, il ragazzo più bello di Hogwarts. I suoi capelli neri
leggermente lunghi, che teneva spesso raccolti in un basso codino, erano stati
accarezzati da un numero considerevole di esponenti del gentil sesso e i suoi
freddi occhi grigi aveva stregato più di una ragazza. Inoltre era alto e il suo
fisico atletico, modellato dai sei anni passati come Cacciatore nella squadra di
Quidditch della sua casa, lo rendeva decisamente attraente. Solo il suo migliore
amico, colui che lo aveva accolto nella propria dimora quando aveva deciso di
abbandonare la sua odiosa famiglia, poteva eguagliarlo per fascino. Non a caso,
moltissime donzelle erano indecise se il più bello fosse Black o Potter che, coi
capelli neri sempre spettinati, i quali avevano un non so che di selvaggio, i
vispi occhi castani, sempre dietro una montatura per correggere la miopia,
leggermente più basso di Felpato e il corpo ben messo per quanto riguarda i
muscoli, poiché anche lui praticava lo stesso sport dell’amico ma con il ruolo
di Cercatore e capitano, spesso compariva nei sogni delle residenti del
castello.
“L’abbiamo letto in
un libro babbano e abbiamo deciso di metterlo in pratica!” concluse
Felpato.
A quel punto gli
occhi verdi di Lily si posarono su un ragazzo molto carino, un po’ pallido, dai
capelli biondicci e gli occhi marroni, suo compagno nel dividere il compito di
far rispettare le regole.
“Remus! Sei tu che
hai suggerito questo tipo di scherzo! Quegli idioti dei tuoi amici non si
sognerebbero neanche di aprirlo un libro babbano, figuriamoci leggerlo! Mi
meraviglio di te! Sei un prefetto!” lo rimproverò la rossa, costringendolo ad
abbassare gli occhi pentito ed a mormorare “scusa”.
“Ehi!” esclamarono i
tre, sentendosi chiamati in causa da quell’epiteto poco lusinghiero che la
ragazza aveva rivolto loro.
Ma lei non accennò a
diminuire la sua furia, dimenticandosi per un secondo del suo polso ferito, il
quale le fece ricordare immediatamente il suo stato, nel momento in cui la
giovane appoggiò la mano ferita, la sinistra, a terra.
“Ah!” gemette, ma
quando vide Potter in procinto di abbassarsi di fronte a lei per accertarsi
delle sue condizioni, riacquistò il suo solito tono “Non ci provare neanche,
Potter!”.
Poi si rivolse a
tutti i Malandrini.
“Tu...” e guardò
Black “...tu...” panoramica di Peter Minus, un basso ragazzo cicciotello biondo,
con gli occhi neri, ritenuto da tutti il galoppino degli altri tre “...tu...”
occhiata accusatoria a Lupin “... e TU!” sguardo di fuoco per
James.
“Siete degli
incoscienti!” cominciò, aumentando man mano il volume “Vi rendete conto che
qualcuno poteva farsi male seriamente?! Altro che un polso slogato!
Idioti!”.
Silenzio.
Per la prima volta,
a memoria degli studenti di Hogwarts, nessuno di quei quattro aveva qualcosa da
ribattere alle accuse della Evans.
Molto spesso
capitava che Lily riprendesse i ragazzi per i loro scherzi e togliesse loro dei
punti, ma di solito, grazie all’aiuto di Lupin, l’unico che lei rispettasse,
riuscivano a limitare i danni.
Stavolta, però, era
diverso.
“Per questo vi tolgo
venti punti a testa!” decretò alla fine.
Bastò quella frase
per risvegliare i Malandrini dallo stato di trance in cui erano
caduti.
“Non puoi fare
questo a Grinfondoro!” protestò Black “Così non saremo più in testa nella
classifica delle case!”.
Ma le sue parole non
ebbero alcun significato di fronte all’occhiataccia che la ragazza gli
lanciò.
“Ritieniti fortunato
se non riferirò una cosa del genere alla McGranitt!”.
Fino a quel momento
Potter era rimasto stranamente silenzioso, incantato dalla grinfondoro che aveva
davanti.
Adorava tutto di
lei, da quel suo cipiglio battagliero al modo in cui portava la divisa, sempre
pulita e in ordine. Non sapeva esattamente da quando, ma da un po’ di tempo
quella ragazza, minuta e non particolarmente alta, era diventata il suo pensiero
fisso.
E ora lei era lì,
seduta a terra, con una storta al polso, che ne diceva di tutti i colori a lui e
ai suoi amici, senza aver paura di farsi prendere in antipatia da coloro che li
reputavano dei grandi. Come si faceva a non amarla?!
Dopo un ragionamento
del genere, ogni persona dotata di un minimo di intelligenza avrebbe fatto
qualcosa per cercare di farsi perdonare un minimo, soprattutto se si trovava
anche sulla lista nera della giovane.
Ma non
dimentichiamoci che lui era James Potter e quando si parlava di Lily Evans il
suo cervello decideva di andare a fare un giro nel lago insieme alla piovra
gigante, così agì nel modo più stupido.
“Dai, Evans! Non
puoi fare questo a Grinfondoro! Vabbè che grazie alle mie doti quei punti li
recupereremo alla prossima partita di Quidditch...” iniziò a pavoneggiarsi
mentre si passava una mano tra i capelli per scompigliarli ancora di
più.
Mossa sbagliata,
perché se c’era una cosa che il
prefetto non sopportava era proprio quel gesto involontario che Potter aveva il
brutto vizio di fare in continuazione, in special modo quando lei era nei
paraggi, oltre al fatto che non perdeva occasione per vantarsi delle sue doti
sportive e del suo fascino: insopportabile!
“Ingoiati la lingua
Potter!” sibilò.
Ma il peggio doveva
ancora venire.
Infatti James, non
prendendo in minima considerazione il suo istinto che stava cercando di
avvertirlo in tutti i modi che quello che stava per fare era la cosa più stupida
che potesse venirgli in mente, prese a sorridere in un modo che lui, e tutte le
ragazzine sotto i quindici anni, riteneva seducente, rivolgendolo alle presenti,
per poi fermarsi su Lily che lo guardava ancora furente.
La ragazza prese a
contare mentalmente fino a dieci per evitare di sgozzarlo nel
corridoio.
Uno.
“Facciamo così,
Evans,...”.
Due.
“...per farmi
perdonare...”.
Tre.
“...sabato
prossimo...”.
Quattro.
“...visto che ci
sarà l’uscita a Hogsmeade...”.
Cinque.
“...andiamo insieme,
va bene?” terminò sempre sorridendo.
DIECI!
Ignorando
completamente la sua articolazione che protestava, Lily Evans, colei che non
aveva mai infranto una regola in tutta la sua vita, colei famosa per la sua vena
pacifista, si avventò su Potter con la chiara intenzione di fargli raggiungere
al più presto il Padre Eterno.
Qualche ora dopo si
trovavano entrambi su un letto nell’infermeria di Madama Chips, entrambi vivi,
non preoccupatevi. Avevano appena finito di mangiare quello che la donna aveva
portato loro per cena, dal momento che non avevano potuto recarsi in Sala Grande
per motivi diversi.
La slogatura di Lily
era abbastanza grave, poiché aveva interessato i legamenti, che non si potevano
riparare con un semplice colpo di bacchetta. Così era stata costretta a bere una
pozione dal sapore di merluzzo marcio e a stare buona e calma su quel letto fino
alla mattina dopo, ora in cui la pozione avrebbe dovuto aver finito di metterle
a posto l’articolazione.
James Potter,
invece, era stato trattenuto lì per alcune ore, più che altro per farlo riposare
un poco, per permettere alla magia compiuta dalla Medimaga di saldare per bene
la sua gamba destra, rotta in due punti.
La dinamica
dell’incidente che aveva portato alla duplice frattura dell’arto era ancora da
chiarire, ma non ci furono dubbi sul fatto che la rossa, spinta da un odio che
non credeva di poter provare, si era avventata sul Cercatore di Grinfondoro,
causando la caduta di entrambi, ma non calcolando che dietro il ragazzo c’era
una rampa di scale, che il nostro baldo giovane si era fatto rotolando. Ecco
spiegato la presenza di James nel letto accanto al suo.
Ai professori
avevano raccontato che Lily era inciampata, finendo addosso al moro, il quale
aveva avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo con gli scalini in
pietra.
A nessuno dei due
era passata per la mente di dire la verità per dei motivi del tutto
‘disinteressati’.
Se la ragazza avesse
raccontato di aver tentato di compiere un omicidio, di sicuro ci avrebbe rimesso
la sua spilla da prefetto e la stima che i professori nutrivano per lei.
Inoltre, avrebbero voluto sapere il motivo dell’aggressione e Potter avrebbe
dovuto spiegare della trappola in cui era finita Lily e in quel caso una
punizione non gliela avrebbe tolta nessuno.
Quindi erano lì,
entrambi in religioso silenzio.
Lei perché ancora
arrabbiata, lui perché offeso dal comportamento ‘poco gentile’ che gli aveva
riservato.
Ma James Potter non
riusciva a provare astio nei confronti di quella dolce creatura che si trovava a
un metro da lui, così decise di fare la prima mossa.
“Ehi,
Evans!”.
Niente. La ragazza
perseverava nella lettura di un libro che le aveva portato la sua amica Sarah,
quando era venuta a trovarla un’ora prima.
“Liluccia...?”
riprovò ancora lui.
Stavolta riuscì ad
attirare la sua attenzione.
“Fai.In.Fretta.”
disse la giovane a denti stretti senza neanche guardarlo.
Il moro colse al
volo l’occasione e partì ad esporre quello che aveva ideato nelle due ore
precedenti di assoluto mutismo.
“Senti, mi dispiace
per il tuo polso come a te dispiace per la mia gamba…” ma venne interrotto da
Lily.
“Non è
vero.”.
“Cosa?” le chiese,
dal momento che non sapeva a che cosa si stesse riferendo.
“Del fatto che mi
dispiace per la tua gamba. Sono assolutamente soddisfatta per il mio operato e
spero che ti serva da lezione per la prossima volta in cui deciderai di
infastidirmi.” spiegò mentre continuava a sfogliare il tomo tra le sue
mani.
James sbuffò per
quella frase in cui la ragazza diceva, in modo non troppo velato, che era
contenta di avergli fatto del male fisico. Lui aveva immaginato che la
conversazione avrebbe avuto una piega diversa.
Ma non si
demoralizzò.
“Cosa c’è di me che
non ti piace?”.
“Tutto” rispose lei
semplicemente.
Sbuffò di
nuovo.
“Andiamo,
dev’esserci almeno qualcosa di me che non odi!”.
“Fisicamente diciamo
che sei passabile...” disse Lily cercando di scacciare dalla sua mente le
immagini di tutte le volte che a lezione si ritrovava, senza sapere come, ad
osservarlo di nascosto, mentre rideva coi suoi amici o quando semplicemente
leggeva concentrato un passo del libro per compiere una magia complicata “...ma
caratterialmente non ti sopporto. Sei egocentrico, vanesio, borioso e non perdi
occasione per giocare dei tiri mancini agli altri o per metterli in
imbarazzo”.
“Allora l’ammetti
che sono bello!” esclamò come se non avesse sentito una parola della seconda
parte del discorso che aveva fatto la giovane, ricevendo da ella uno sguardo di
fuoco per la sua uscita infelice.
Poi di nuovo
silenzio.
Ma a romperlo
stavolta fu Lily che fece una domanda che erano mesi che le frullava in
testa.
“ E tu perché
continui a chiedermi di uscire? Perchè sono l’unica che ti risponde a pesci in
faccia?”.
“Forse
all’inizio...” rispose James mettendosi le mani dietro le testa ed iniziando ad
ammirare il parco di Hogwarts dalla finestra alla sua sinistra, mentre la
ragazza si trovava a destra “...ma poi mi sono accorto che non era solo per
quello. Lo faccio perchè mi piaci.” disse semplicemente.
La ragazza era
rimasta senza parole. Non si aspettava una dichiarazione del
genere.
“C-come,
scusa?”.
Il ragazzo si girò
verso di lei e le rivolse un sorriso, uno di quelli veri che illuminano il
viso.
“Mi piace ogni cosa
di te. Da come ti batti per le cose in cui credi, come la giustizia, a come
porti i capelli, anche se li hai sempre raccolti e secondo me dovresti lasciarli
sciolti. Mi piaci quando leggi i libri in biblioteca e involontariamente ti
metti una ciocca, che è sfuggita alla tua coda, dietro l’orecchio. Mi piaci
quando aiuti i ragazzini più piccoli se non hanno capito una cosa o se hanno
perso un oggetto a loro caro. Mi piaci quando mi rimproveri, perché sono sicuro
che in quel momento la tua attenzione è tutta per me. Mi piaci quando d’inverno
hai le guance leggermente arrossate per il freddo. Mi piaci quando vieni allo
stadio di Quidditch per una partita ed esulti. Mi piaci quando accarezzi sotto
il becco un gufo che ti ha portato una lettera. Mi piaci perfino quando sei
violenta...tutto, insomma. Mi sono spiegato?”
Lily non riusciva a
dire una parola, ancora sconvolta per quelle parole che rivelavano che il bel
Grinfondoro la conosceva nei minimi dettagli, così si limitò ad annuire
piano.
Poi rimasero a
fissarsi negli occhi un numero infinito di secondi.
A rompere quel
magico momento fu Madama Chips, che irruppe nella stanza senza preavviso, per
informare il giovane Potter che poteva andarsene.
Quello scese dal
letto con un salto e si diresse sicuro verso la porta, l’aprì, ma prima di
varcarla, si girò, le sorrise e disse:
“Ci vediamo...Lily.”
e se ne andò.
Da quel momento per
Lily una cosa cambiò radicalmente.
No, non era il modo
di portare i capelli, anche se da quel giorno prese a lasciarli liberi di
accarezzarle la schiena.
E non era neppure il
modo in cui si rivolgeva ai Malandrini, perchè continuò ad essere dura con loro,
eccezion fatta per Remus.
Ma mutò il modo in
cui guardava Potter: da “stupido ragazzo, egocentrico, irrispettoso, sbruffone
che fa continuamente scherzi” era diventato “stupido ragazzo che fa
continuamente scherzi”.
E scusatemi se è
poco.