In
una terra lontana caratterizzata da miti e magia. Il fato decide di
prendere il
sopravvento e riporre le sue speranze in una stella, che non
è mai stata
destinata a brillare in cielo, ma sulla terra. Il nome di questa stella
è
ignoto a molti, ma negli angoli più remoti della terra si
vocifera che sia…
Marlyn.
Ci sono dei
momenti in cui non fa bene pensare.
Più ci rifletti e più ti sembra Folle.
Più cerchi di trovare la via, e più ti appare
come
labirinto.
Più tenti di arrivare al nodo problematico, più i
fili della
ragione si aggrovigliano,
ti si attorcigliano intorno.
Sono quei momenti in cui devi fare una sola cosa: agire
d’istinto.
Non pensarci più. Decidi, Agisci, Corri, Dillo, Fallo!
ANTON
VANLIGT, MAI TROPPO FOLLE
Marlyn:
<<
Potrei presentarti a uno di quegli erranti cavalieri che sono sempre al
servizio di Camelot! >>. L’ultima esclamazione
di Charlotte fu la goccia
che fece traboccare il vaso, che metaforicamente simboleggiava la mia
pazienza,
ridotta quasi a un granello di cenere, grazie alla mia adorata
cugina.
<<
No >>, ripetei per l’ennesima volta,
<< Charlotte come te lo devo
dire? No, no, no e poi no >>, le ripetei
all’infinito, coprendomi il
volto con una mano, << quale punto non ti è
chiaro del concetto: vengo a
Camelot solo per trovare un lavoro migliore? >>.
<<
Nessuno >>, osò rispondermi con la sua
sfacciataggine.
La
incenerii con lo sguardo. << E allora >>,
iniziai con una voce, che
avrebbe fatto invidia a una malata di depressione, <<
perché insisti nel
volermi trovare un marito? >>, le chiesi supplicante.
<< Io non ho
bisogno di un uomo >>, mi sgolai, continuando a camminare
lungo i boschi.
<< Ho solo diciassette anni e se permetti trovarmi un
marito è proprio
l’ultimo dei miei pensieri >>.
<<
Ecco perché noi due non siamo mai andate d’accordo
cugina >>, mi fece
notare, ignorando bellamente tutto ciò che le avevo detto.
Finsi di nulla,
poiché non mi sembrava né il momento,
né il luogo adatto per accendere una
discussione. << Tu pensi a cose futili, invece che a
farti una famiglia.
Tu prendi la vita con troppa semplicità >>.
<<
Noi due non abbiamo mai avuto molto in comune, perché i
nostri modi di pensare
sono totalmente opposti >>, la corressi, <<
su tutto >>.
La
magia per Charlotte era il male. Una stupida credenza di cui si era
convinta
fin dalla nascita ed ero pronta a scommettere che il suo soggiorno a
Camelot
avesse contribuito a peggiorare la situazione. Sperai vivamente di non
dovermi
pentire della scelta, che avevo appena fatto.
<<
Beh in teoria non è così. Adesso abbiamo un luogo
in comune >>, mi fece
notare.
<<
Oh no >>, scossi la testa, accennando un sorriso di
circostanza. <<
Camelot non è casa mia. E’ solo un luogo come un
altro >>, le ricordai.
<< Starò lì per un po’ e
poi me ne andrò >>, spiegai senza fare
caso quello che dicevo avesse senso. << Camelot non
è la mia meta,
ricordatelo. E’ solo una specie di…
>>, feci una pausa, per riflettere sul
termine giusto da utilizzare << luogo transitorio
>>.
<<
Tu hai proprio idee strane >>, inferì ancora
Charlotte, << come
puoi dire una cosa de genere, se non ci hai ancora messo piede?
>>, mi
chiese, accennando uno sbuffo.
<<
Mi basta già il fatto che non accentino quelli
come… >>, Charlotte mi
lanciò un’occhiata eloquente, che io colsi al volo
e, infatti, continuai la mia
frase, aggiungendo: << me >>.
<<
Non che il sovrano abbia tutti i torti >>, lo difese
prontamente,
<< la magia può essere pericolosa e malvagia
>>, lo disse come se
fosse una novità, di cui io ne fossi completamente estranea,
<< e tu lo
sai >>.
<<
Certo che lo so >>, risposi con un sorriso finto,
<< ci convivo
ogni giorno, proprio come fai tu >>. La guardai di
sbieco. << Non
pensare che tu sia l’unica a mettere in gioco giornalmente il
tuo
autocontrollo. Ad ogni modo >>, sospirai,
<< piantiamola di
litigare, se no di qua a Camelot avremo ripudiato la nostra parentela
>>,
cercai di sdrammatizzare.
<<
Non è una cattiva idea >>.
<<
Prego? >>.
<<
Voglio dire… >>, tentò di spiegarsi
meglio, << tu usi ancora la
magia, no? >>, lo disse come se fosse un reato.
Non
le risposi per mettere in risalto la stupidità della domanda.
<<
Ecco, non vorrei che… >>, leggendo la sua
espressione nervosa, capii che
volesse dirmi qualcosa di consistente, ma non ne aveva il coraggio.
<<
Mi scoprissero e tu ne andassi di mezzo perché abbiamo lo
stesso sangue?
>>, ipotizzai senza usare un minimo tono beffardo o
ironico.
<<
Non era volevo dire questo, ma più o meno il concetto
è quello >>,
ammise, guardandosi le punte dei piedi.
<<
Fantastico >>, mormorai, << non posso usare
la magia, perché se no
perderò la testa e mia cugina vuole ripudiarmi, per il
semplice motivo che
potrà perdere anche lei la testa >>, scossi la
testa, guardandola. <<
Perché mi hai proposto di seguirti? Non facevi meglio a
lasciarmi lì? >>.
<<
Parla con mia madre >>, si tradì
incoscientemente, e subito tentò di
rimediare al danno fatto. << Cioè volevo
dire… >>.
Io
strabuzzai gli occhi a quelle parole, fermandomi. << Che
tu sei venuta a
cercarmi solo perché te l’ha detto tua madre?
>>, non riuscivo a credere
nemmeno io a quello che avevo appena detto.
<<
Sì >>, annuì incerta,
<< ha visto una cosa importante per il tuo
futuro >>.
Sbuffai,
mordendomi il labbro inferiore con gli incisivi. << Ed io
che pensavo che
tu fossi dolce e tutto il resto >>, parlottai,
<< e di essere io la
cattiva tra le due. Comunque, cosa vedeva la sua visione?
>>.
<<
Su questo non ci sono dubbi >>, concordò,
beccandosi come conseguenza
un’occhiataccia, e per tagliare corto, rispose subito alla
mia domanda:
<< un uomo >>.
Per
me quella risposta fu come aver ricevuto un secchio di acqua gelida in
pieno
volto. << Cosa? >>, sibilai lentamente,
<< io starei andando
a Camelot per… un uomo?!? >>, la guardai con
occhi fiammeggianti.
<< Sapevo che non ti avrei mai dovuto seguire in questa
follia >>,
mi girai, facendo per andarmene.
<<
No >>, mi trattenne per il braccio, <<
scherzavo ovviamente
>>, si affrettò a dire.
<<
C’è un’alta percentuale che io ti creda
>>, dissi ironica, accennando
anche un sorrisetto.
<<
No >>, ripeté, lasciando libero il mio
braccio, << non dicevo sul
serio >>, tentò di tranquillizzarmi.
<<
Lo spero per te >>, le augurai, riprendendo a camminare.
<< Perché
se così non fosse… >>, la avverti,
ma non ebbi la forza di terminare la
frase. << Ad ogni modo >>, sviai il
discorso, << cosa ha
visto tua madre nella visione? >>.
Lei
sospirò, seguendomi << Una cosa alquanto
strana >>.
<<
Che desidererei sapere >>.
<<
Va bene, va bene >>, si arrese, stufa << la
sua predizione è stata
molto generica >>.
<<
Spiegati meglio >>.
<<
Ha visto te che facevi un sogno su un drago >>, mi
spiegò, non
sorprendendomi troppo. Avevo imparato, a mie spese, che le veggenti
riuscivano
a scorgere anche i lati più nascosti del tuo futuro.
<<
E come sai il drago… >>.
<<
E’ il simbolo di Camelot >>, conclusi,
<< lo so. Se non ne fossi
stata a conoscenza, non credo che avrei mai accettato di seguirti
>>.
<<
Ricordami di maledire il drago >>, mi disse, seria.
Io
non appena analizzai le parole, feci una smorfia ed esclamai:
<< strega!
>>.
<<
Mai quanto te >>, ribatté, iniziando a correre.
<<
Scommessa? >>, le urlai, inseguendola, mentre le mie
labbra si curvavano
leggermente all’insù. << Tanto non
mi prendi >>, Charlotte continuò
a correre ed era già parecchio lontana.
Nonostante
sapessi che fosse scorretto, usai la mia magia per fermarla. Con gli
occhi feci
sollevare di pochi centimetri la radice di un albero e lei ci
inciampò,
atterrando sgraziatamente sull’erba. Io mi fiondai subito su
di lei. <<
Ti ho preso! >>, esclamai.
<<
Sleale >>, mormorò, divincolandosi.
Io
mi alzai subito da lei, poiché non ero forte, essendo
abbastanza gracile di
costituzione, e mi avrebbe di sicuro strattonato via in poco tempo.
Non
appena mi sollevai da terra, il mio sguardo si posò quella
che era la nostra
meta: Camelot. Dinanzi a noi si erigeva il castello fortificato, che
proteggeva
l’intera città. Era… molto grande.
Sì, decisamente molto grande.
<<
Che te ne pare? >>, mi chiese Charlotte con un ghigno.
<<
Ho visto di peggio >>, dovetti ammettere, dandole una
pacca sulla spalla.
<< Molto peggio >>. <<
Pronta? >>, mi domandò.
<<
Mai stata >>.
<<
Fa lo stesso >>.
Entrambe
ci avviammo verso le porte della città e quando entrammo,
rimasi un po’ impressionata
dalla diversità tra il luogo attuale ed Ealdor.
<<
Non credo proprio che si possa fare un paragone con Ealdor
>>, mi lesse
nel pensiero.
<<
Sarebbe ridicolo farlo >>, dovetti ammettere, posando il
mio sguardo su
delle bambine che correvano per la strada e ridevano.
<<
Ma che succede? >>. Le parole di Charlotte mi fecero
distogliere lo
sguardo dalle bambine e lo portarono su quella che probabilmente doveva
essere la
piazza principale, che era completamente ricoperta di gente. Entrambe,
spinte
dalla curiosità, ci avvicinammo alla folla, e a me
bastò un attimo capire cosa
stesse succedendo.
Su
uno dei balconi più alti del castello c’era un
uomo, che riconobbi come il re
grazie alla corona che portava sul capo. Stava condannando un uomo
macchiato
del reato di aver compiuto… atti di natura magica. Il mio
volto si dipinse in
una maschera di terrore.
Subito
mi voltai verso Charlotte, che con mio grande stupore era rimasta
impassibile
alla scena. Io, in quel momento, non potei fare a meno di lanciarle
un’occhiata
di puro disgusto, ma non appena udii il rullo dei tamburi, riportai la
mia attenzione
sul condannato a morte, che aveva già posto la testa sul
ceppo. O meglio, i
soldati lo avevano costretto a farlo.
Il
boia aveva già innalzato la sua scure, attendendo che la
mano del re si
abbassasse per decapitare l’uomo.
Lessi
negli occhi dell’uomo rabbia e frustrazione, e fu allora che
compresi che fosse
innocente. Continuai a guardare la scena orripilata, e provai un crampo
allo
stomaco. Era la mia coscienza che mi diceva di agire, ma il mio
cervello m’invitava
a starmene al mio posto.
Accadde
tutto così in fretta. La mano del re si abbassò e
così anche la scure del boia,
che si frantumò in mille pezzi.
Tutti
urlarono nel vedere quella scena, persino il re. <<
Maleficio, maleficio
>>, continuava a ripetere il sovrano di Camelot.
Charlotte
mi guardò inorridita, sussurrandomi: << ti
rendi conto di ciò che hai
fatto? >>.
<<
Quello che avresti dovuto fare tu >>, le risposi,
riducendo gli occhi a
due fessure.
Senza
che me ne accorgessi, si susseguì un altro urlo. Mi girai
immediatamente verso
il condannato e mi portai una mano alla bocca nel notare che fosse
stato
trafitto in pieno petto da una freccia.
Il
mio sguardo guizzò verso il re e accanto a lui scorsi una
guardia con una
balestra alla mano. Lo fissai con odio, ma mi trattenni
poiché sapevo che
qualunque cosa avessi fatto sarebbe stata quella sbagliata.
Il
re, con un ghigno soddisfatto, iniziò ad applaudire e la
folla gioì con lui.
Anche Charlotte mostrò il suo compiacimento, urlando:
<< giustizia fatta!
Viva il re >>.
Io,
non potendo reggere quello spettacolo un secondo di più, mi
dileguai,
allontanandomi da mia cugina, con l’intento di andare via da
lì, ma l’urlo
disperato di una donna mi fermò.
Era
accanto a me e piangeva. Tutti si allontanarono da lei, tutti tranne
me. Rimasi
a fissarla con gli occhi sbarrati e, ascoltando le sue parole, compresi
che
fosse la madre di quello che era stato appena ucciso. Maledisse il
figlio del
re, promettendogli la sua morte.
Capii
quella donna. Come poteva sopportare che qualcuno avesse strappato la
vita a
suo figlio? Provavo persino io rancore verso quell’uomo per
quello che aveva
fatto, ma allo stesso tempo non giustificavo le sue parole. Il figlio
del re
era innocente. Non era macchiato dei peccati del padre, o almeno lo
speravo per
lui.
<<
Ricordati Uther Pendragon >>, lo minacciò
puntandogli il dito, <<
la tua rovina è appena giunta >>.
<<
Arrestatela >>, urlò il re senza
pietà.
La
donna compì un gesto che mi terrorizzò a morte.
Si fiondò su di me e mi guardò
negli occhi, sorridendomi con cattiveria. << Tu non lo
salverai >>,
mi mormorò.
<<
Cosa? >>, non seppi mai come riuscii a trovare il
coraggio di parlare.
<<
Arrestatela >>, ripeté il re.
Prima
che le guardie corressero “in mio soccorso”, la
donna si dileguò, creando un
cumulo di polvere e formando un piccolissimo vortice in aria.
Io
rimasi un po’ stordita e immediatamente tutti iniziarono a
chiedermi se stessi bene.
Io ero troppo spaventata per rispondere e restai lì
immobile, fissando il
vuoto. Fin quando un soldato si avvicinò, cacciando tutta la
folla, che si era
radunata attorno a me. Dopo mi squadrò e si
avvicinò. Dovetti ammettere che
fosse proprio un bell’uomo. Era alto e leggermente muscoloso,
i suoi occhi
erano azzurri e i capelli biondo miele, e aveva inoltre un accenno di
barba sul
volto. << Stai bene? >>, mi chiese con un
tono di voce da cui si
poteva evincere una nota di preoccupazione.
<<
Sì >>, annuii fissando il punto in cui la
donna era scomparsa, <<
credo di sì >>.
<<
Bene >>, disse lui altezzoso, << non ti ho
mai visto da queste
parti >>.
<<
Mi sorprenderei del contrario >>, risposi, rivolgendogli
un leggero
sorriso, << sono appena giunta in città
e… >>, deglutii, <<
ho appena ricevuto un degno benvenuto >>, commentai,
ancora scossa a quel
susseguirsi di avvenimenti.
<<
Oh mi dispiace >>, le sue labbra si curvarono in un
sorriso di circostanza,
<< posso fare qualcosa? >>.
<<
Ecco… veramente… >>, mi guardai in
giro alla ricerca di Charlotte, ma non
la intravidi da nessuna parte. << Sto cercando Gaius
>>, confessai,
non curandomi di dove potesse essere finita mia cugina.
<< Potresti dirmi
dove lo posso trovare? >>.
<<
Oh >>, annuì, << ma certo
>>, accettò, << se mi segui,
ti scorto da lui >>.
Io
annui, e così seguii quel bel giovanotto, che mi sembrava
avere, come dicevano
dalle mie parti, l’occhio troppo lungo.
Durante
il tragitto nessuno dei sue proferì parola,
finché non giungemmo dinanzi ad una
vecchia casa, che immaginavo appartenesse al cerusico. <<
Eccoci qui
>>, annunciò con un lieve sorriso.
<<
Grazie per la tua gentilezza >>, gli regalai un sorriso.
<<
Di nulla… >>, mi guardò
interrogativo, << tu come…? >>.
<<
Marlyn >>, risposi, << Marlyn
>>, ripetei, << e tu?
>>.
<<
Io? >>, domandò lui impreparato.
<<
Ti avranno dato un nome oltre ai muscoli e ai riccioli biondi*
>>,
risposi emettendo una risatina dalle narici. Oh, certe volte il mio
lato
cattivello prendeva il sopravvento.
<<
Ovviamente >>, rispose con un sorriso di circostanza,
<< Leon
>>, rispose. << Ser Leon >>,
ripeté. << Al tuo servizio
>>, fece una cosa che fin a ora avevo solo immaginato.
Prese la mia mano
e ne baciò delicatamente il dorso.
<<
Me ne ricorderò >>, affermai, cercando di
respingere il calore che stava
inondando le mie guance.
Lui
si congedò con un sorriso e girandosi, si
allontanò. Io, guardandolo andare via,
commentai: << ho sempre pensato che i cavalieri avessero
fascino. Ma
comunque… >>, sospirai, voltandomi verso la
porta dell’abitazione del
cerusico. << Andiamo a noi >>.
Bussai
per tre volte alla porta, ma non udii nessuna risposta, così
poggiai la mano
sulla maniglia della porta e la spinsi in avanti. La casa del medico
era come l’avevo
immaginata. Colma di libri e di strane ampolle sparpagliate qua e
là. <<
C’è nessuno? >>, mormorai
addentrandomi all’interno dell’abitazione.
<< Gaius? >>, chiamai, facendo un passo in
avanti.
La
risposta non tardò ad arrivare, poiché vidi un
uomo precipitare da una scaffa
di libri. << Oh santo cielo! >>, esclamai,
arrestando con gli occhi
la sua caduta.
Mi
girai intorno alla ricerca di qualcosa di morbido e trovai in un angolo
della stanza
un letto sfatto. Subito lo feci apparire nell’esatto punto
dove sarebbe atterrato
l’uomo e riaccelerai la velocità della caduta. Per
fortuna cadde sul letto sgraziatamente,
non facendosi nulla.
<<
State bene? >>, chiesi avvicinandomi.
Lui
si alzò immediatamente dal letto e mi fissò
sbigottito. << Come hai
fatto? >>, mi chiese sconvolto.
Io
entrai nel panico, non sapendo se mi volesse denunciare per quello che
avevo
appena fatto. << Cosa? >>, mormorai,
tentando di fuoriuscire da
quella situazione.
<<
Quello >>, mi urlò contro, indicando il letto.
<<
Io… >>, lo guardai negli occhi, tentando di
non far emergere la paura,
<< mi appello del diritto di non rispondere
>>. Stupida. Stupida.
Stupida. Che diritto era mai quello?
<<
Smettila >>, si avvicinò a me ed io
indietreggiai. << Ho visto
quello che hai fatto >>, mi accusò,
<< ma ad ogni modo… dovrei dire
grazie >>.
<<
Prego >>, risposi, sospirando. << Ora
esprimerete la vostra
gratitudine denunciandomi al re? >>, domandai.
<<
Certo che no >>, mi rispose serio, << ma
tu… >>, mi squadrò
da capo a piedi, << chi sei? >>.
<<
Marlyn >>, sospirai tranquilla, << o almeno
così mi chiamano
>>.
Lui
sbarrò gli occhi nell’udire il mio nome.
<< Marlyn? >>, aprì leggermente
la bocca, << la figlia di Hunith? >>.
Nell’udire
il nome di mia madre, accennai un sorriso. << Esatto
>>.
Anche
lui sorrise. << Ora si spiega tutto >>.
Lo
guardai stupita. << Come fate a sapere di mia madre?
>>.
<<
Conosco molto bene tua madre >>.
<<
Conoscevate >>, lo corressi con una smorfia.
<<
Che intendi dire? >>, domandò aggrottando la
fronte.
<<
E’ accaduto qualche giorno fa >>, raccontai,
<< una brutta
polmonite >>, spiegai, fissando il pavimento,
<< che non sono stata
in grado di curare >>.
Lui
mi guardò apprensivo e mi chiese gentilmente:
<< una tazza di tè?
>>.
<<
Ne avrei veramente bisogno >>, lo guardai negli occhi
intensamente.
Dopo
una decina di minuti, eravamo tutti e due seduti a sorseggiare il
tè. Gaius era
più anziano di quel che pensassi. Era leggermente fiacco e i
suoi capelli erano
ben curati, ma totalmente bianchi. Nessuno aveva ancora deciso di
proferire
parola, finché non fui io a smorzare il silenzio,
<< sono giunta qua per
iniziare una nuova vita >>, confessai, <<
ho lasciato Ealdor perché
lì non avrei potuto accrescere le mie conoscenze mediche.
Proprio ieri, quando
una mia conoscente è giunta a farmi visita, mi ha proposto
di seguirla e mi ha
parlato di voi, così ho pensato che…
>>, lo guardai nuovamente negli
occhi, << voi potevate aiutarmi >>. Decisi
di rispettare la
decisione di Charlotte e non accennare nulla del fatto che fossimo
parenti.
<<
Hai avuto coraggio a recarti a Camelot >>,
commentò, ricambiando lo
sguardo. << Coloro che praticano la magia non sono ben
accetti in questa
città >>, colsi amarezza nelle sue parole.
<<
Lo so >>, annuii, << ma non sarà
questo a fermarmi >>.
Lui
socchiuse gli occhi e sospirò. << Molto bene
>>.
Alle
sue parole sorrisi.
<<
Ma dovrai essere cauta >>, mi raccomandò,
<< a non usare mai le tue
doti magiche. In quanto all’arte della medicina
>>, curvò le sue labbra
all’insù, << sarà un
piacere averti come allieva >>.
Alle
sue parole feci un sorriso riconoscente. << Grazie,
grazie >>, mi
alzai dalla sedia e lo circondai con le braccia, non curandomi se
quell’uomo fosse
un quasi perfetto sconosciuto per me.
Lui,
sorprendendomi, ricambiò l’abbraccio. Quando ci
distaccammo, mi comunicò:
<< per ora lavorerai per me. Cercherò di
trovarti un lavoro a corte
>>.
Io
annuii. << Grazie >>.
Passarono
solo pochi istanti e Gaius mi mise al lavoro, assegnandomi la consegna
di
alcuni rimedi. Io senza lamentarmi eseguii tutto. Una volta finito,
uscii in
piazza per osservare meglio la città. Notai il grande
mercato e vidi tutte le
giovani donne alle prese con gli acquisti. Scossi la testa, non
riuscendo trattenere
una risata.
<< Su, forza >>, una voce
catturò la mia attenzione. << Muoviti. Devo
fare pratica con un bersaglio in movimento >>.
Alzai
lo sguardo e notai un giovane aitante che… lanciava pugnali
contro un bersaglio
vivente? Assunsi un’espressione stranita, soffermandomi
qualche secondo sul
ragazzo. Dovevo ammettere che Camelot in quanto a fascino giovanile era
messa
bene.
Era
molto alto e abbastanza muscoloso. Come Leon era biondo e con gli occhi
azzurri, ma con la differenza che appariva molto più
giovane. Era molto carino
e anche affascinante, ma il suo comportamento lasciava intendere molta
presunzione. Una caratteristica da me non tollerata e poi…
Cosa? Sbarrai gli
occhi, accorgendomi che quello che portava il bersaglio non era altro
che
ELVIS. Mio cugino. Il fratello di Charlotte. Cosa ci faceva anche lui
lì?
Lo
sbruffone biondo lanciò dei pugnali contro il bersaglio,
facendomi ingoiare
saliva dalla rabbia. Come poteva Elvis lasciarsi trattare
così? D’accordo che
fosse gracile e, delle volte, anche debole moralmente, ma…
non poteva e basta!
Mi
avvicinai, sospirando, incerta se intromettermi o no.
Involontariamente
Elvis cadde a terra e finì a un passo dai miei piedi.
<< Sempre a
cacciarti nei guai, eh tesoro? >>, commentai, allungando
una mano verso
di lui, così da aiutarlo ad alzarsi.
<<
Marlyn! >>, esclamò accettando la mia mano e
formulando un sorriso.
<< Che ci fai qui? >>.
<<
Proprio io >>, risposi con un sorriso, <<
Charlotte mi ha convinto
a venire >>, gli spolverai le vesti con la mano.
<< Sei proprio
incorreggibile >>.
<<
Ah Marlyn >>, assunse un’espressione
dispiaciuta, << mi dispiace
molto per la zia >>.
<<
Ragazzo, smetti di intrattenerti con la tua dolce fanciulla e torna qui
>>, ci interruppe il biondo sbruffone. Entrambi ci
voltammo verso di lui
ed io alzando un cipiglio, gli dissi: << non pensi di
esserti già
divertito abbastanza per oggi? >>.
Lui
mi guardò stupito e mi chiese: << ci
conosciamo? >>.
<<
Evidentemente no >>, risposi superando Elvis e
avvicinandomi al biondo.
<<
Quindi non ti conosco >>, affermò,
squadrandomi.
<<
Che recettività, amico mio >>, commentai
provocando una risatina da parte
di Elvis, che con un’occhiata da parte dello sbruffone, si
zittì
immediatamente.
<<
Io non sono amico tuo, mocciosa >>, la sua voce si
alterò leggermente.
<<
Beh non ne ho mai avuto uno così asino >>,
commentai, facendo una leggera
risatina.
<<
Hai un bel coraggio a parlarmi così >>, ammise
avvicinandosi a me,
<< per essere una donna >>.
<<
E tu troppa poca modestia per ammetterlo >>, ricambiai
con un sorrisetto.
<<
Sai che potrei mandarti in prigione? >>, fece un altro
passo e la
distanza fra noi due era si circa quattro centimetri. <<
Chi credi di
essere? >>, alzai un cipiglio, << il re?
>>, gli rivolsi un
ghigno.
<<
No, sono suo figlio >>.
Alle
sue parole il mio ghigno si dissolse, facendomi gelare il sangue nelle
vene. Oh
cielo. Mi girai leggermente per guardare Elvis. <<
Perché non me l’hai
detto? >>, mimai con le labbra, sfoggiando un sorriso a
trentadue denti.
<<
Non mi hai dato il tempo di farlo >>, mi rispose,
portandosi una mano
agli occhi.
<<
Hai per caso la lingua? >>, mi chiese il principino.
Mi
girai e gli rivolsi un sorriso. << No, per vostra
sfortuna è ancora qui.
Ma… >>, scossi la testa, << se
volete mandarmi in prigione…
>>, feci un passo indietro, << prima le
vostre guardie dovranno
prendermi >>, senza pensarci due volte, mi girai e
iniziai a correre.
Ma
cosa stavo facendo? Cosa? Cosa? Cosa?
Dopo
essere giunta all’entrata del mercato, voltai leggermente la
testa per
controllare se quell’asino mi avesse mandato dietro qualche
guardia. No. Non l’aveva
fatto. Si era lanciato direttamente lui nell’inseguimento.
Okay,
era ufficiale: ero impazzita del tutto.
M’infiltrai
all’interno del mercato, passando sotto le bancarelle. Minuta
per com’ero non
mi era difficile intrufolarmi all’interno. Gattonai, stando
attenta a non farmi
notare dai vari commercianti, ma sfortunatamente un signore si accorse
di me e
pensò che volessi derubarlo della sua verdura. Io,
ovviamente, uscii allo
scoperto e il principino, che era al centro del mercato intento a studiare tutte
le
direzioni, che avessi potuto intraprendere, mi notò.
<<
Oh no! >>, esclamai, riprendendo la mia corsa.
Lui
mi urlò: << fermati >>.
<<
Non ho sentito bene >>, ricambiai l’urlo,
accennando una risata.
Saltai
su una bancarella sgombra per dirigermi dall’altra parte del
mercato, ma mentre
stavo per saltare per terra, mi sentii agguantata dalla caviglia. Senza
riflettere, sferrai un calcio così da liberarmi, ma caddi
sulla bancarella. Non
ebbi il tempo per provare dolore, perché provai a rimettermi
in piedi, ma
qualcuno mi aveva di nuovo bloccato la caviglia. Mi girai per vedere
chi fosse,
e non appena mi accorsi che era proprio quel disgraziato del principe,
iniziai
a dimenarmi, scalciando. << Oh no >>,
mormorai.
<<
Oh sì >>. La voce del biondo mi fece
rabbrividire, ma non smisi di
muovermi freneticamente.
<<
Ti ho preso >>, dichiarò trionfante.
<<
Non credo >>, con gli occhi feci scivolare i suoi piedi e
cadde all’indietro,
lasciando andare la presa, permettendomi di tirarmi su e scendere dalla
bancarella. Feci per fuggire, ma mi accorsi che si era creata una
piccola forma
intorno a noi, e tra quelle persone c’era anche Gaius. Io lo
guardai e lui
scosse la testa con rassegnazione.
Mi
sentii agguantare di nuovo. Il ragazzo mi aveva preso le braccia e mi
teneva
con decisione. Ritenni inutile dimenarmi, poiché non sarei
riuscita nemmeno a
fare il solletico a quell’energumeno. << Fine
della corsa >>.
<<
Così sembra >>, risposi rassegnata,
<< okay, portatemi pure in
prigione >>.
Stupendomi,
mi lasciò i polsi e mi sussurrò: <<
sarebbe un peccato sprecare tanto
coraggio e lasciarlo marcire in prigione >>.
<<
Come siete gentile >>, affermai con voce falsamente
civettuola.
Lui
ghignò e se ne andò, senza guardarsi indietro. Io
scossi la testa, incerta se
essere divertita o preoccupata.
<<
Andiamo su >>, Gaius mi afferrò per un braccio
e mi spinse via da lì.
<< Dovresti evitare situazioni del genere…
invece che fai? Te le vai a
cercare >>, mi rimproverò severo.
<<
Non è vero >>, sbottai infastidita,
<< è stato lui a iniziare
>>.
<<
Smettila >>, mi ammonì categorico.
Passai
il resto della giornata a consegnare vari intrugli medici,
finché Gaius mi
comunicò che mi avrebbe fatto partecipare come cameriera al
banchetto che si
sarebbe tenuto quella sera stessa. Io accettai molto volentieri,
desiderosa di
trovarmi un lavoro stabile.
Gaius
mi condusse all’interno del castello e non appena entrai
nella sala, dove si
sarebbe svolto il banchetto, rimasi a bocca aperta. Non avevo mai visto
nulla
del genere in tutta la mia vita. Tutto quel cibo e tutta
quell’atmosfera… Sembrava
una favola. Peccato che io indossassi le mie umili vesti.
<<
Guardate chi arriva… >>, sentii dire.
Incuriosita
mi girai e vidi una bellissima ragazza fare il suo ingresso. Oh mamma
mia. Ecco
la protagonista della storia. Sorrisi, guardandola con occhi pieni di
ammirazione.
<< E’ bellissima non trovi? >>.
<<
Uh? >>, mi accorsi che accanto a me c’era una
ragazza, che indossava
anche lei abiti umili come me, e da questo dedussi fosse anche lei una
serva.
<< Dici a me? Beh… sì, molto
>>.
<<
Io sono Ginevra >>, mi tese la mano, << ma
puoi chiamarmi Gwen
>>.
La
strinsi con vigore. << Marlyn, piacere >>.
<<
Lo so >>, mi rispose, accennando un sorriso.
<<
Prego? >>.
<<
Ormai sei famosa qui, dopo quello che è successo oggi
>>, mi spiegò,
alludendo sicuramente al teatrino che avevamo messo su il biondino ed
io.
<<
Ah >>, risposi, annuendo, << quando oggi ho
fatto la figura dell’idiota
>>.
<<
Oh non credo >>, mi sorprese, << tutti
hanno detto che hai avuto
coraggio ad affrontare Arthur >>.
<<
Arthur, eh? >>, chiesi, << è
così che si chiama il principino?
>>.
<<
Sì >>, annuì, <<
guarda, è lì >>.
Io
mi voltai nella direzione da lei indicata, e lo vidi parlare con la
ragazza che
era passata un attimo fa. << Oh, sono promessi?
>>, chiesi curiosa,
non distaccando lo sguardo dai due.
<<
Oh no >>, scosse il capo, << lei
è lady Morgana, la figliastra del
re ed io lavoro esclusivamente per lei >>.
<<
Peccato >>, sussurrai delusa, << formano
una bella coppia >>.
<<
Io ci ho sempre sperato >>, mormorò,
guardandoli anche lei << anche
se non la invidio per niente… chi vorrebbe sposare Arthur?
>>, aggiunse
facendo una smorfia.
<<
Una povera martire >>, risposi, pensando al comportamento
di quel
ragazzo. << La indurrebbe a trafiggersi con quel suo
atteggiamento
>>, commentai.
La
serata proseguì tranquilla, ed io servii vino per tutto il
tempo, evitando
accuratamente il tavolo dov’era seduto il re. Non volevo
nemmeno avvicinarsi a
quella sottospecie di tiranno.
Dopo
il banchetto, arrivò il momento più atteso della
serata: l’esibizione di una
cantante. Entrò la donna in questione e sotto lo sguardo
impressionato di
tutti, iniziò a cantare.
Aveva
una voce più che melodiosa e… ma
perché mi si stavano chiudendo gli occhi?
Notai
che tutti i presenti si stavano addormentando. Tutti… tranne
la cantante.
Subito mi tappai le orecchie, per evitare che anch’io facessi
la stessa fine.
Improvvisamente la sala divenne buia e si crearono delle ragnatele.
Quella era
magia, non c’era ombra di dubbio.
Notai
che la donna continuava a cantare e avanzava verso il tavolo del re,
che aveva
di fianco Arthur e Morgana. Oh no. Compresi che erano loro il suo
obiettivo.
Cautamente
mi avvicinai al tavolo reale, stando attenta a non farmi scorgere,
altrimenti
sarebbe stata la fine. Arrivò silenziosamente vicino al
tavolo, ritrovandosi a
pochi passi da Arthur, ma non era l’unica a esserlo. Dinanzi
a lui c’era la
cantante con uno spadino in mano.
Deglutii
e mi guardai intorno, non sapendo cosa potessi fare. Il mio sguardo si
posò sul
lampadario e, incerta, lo feci crollare sulla donna, che fu schiacciata
dal peso
devastante.
Tutti
improvvisamente si svegliarono, abbastanza storditi e confusi, per
primo il re
era inconsapevole di cosa fosse accaduto.
Sotto
gli occhi di tutti riemerse il capo della donna da sotto il lampadario.
Mi
accorsi che la cantante si era tramutata nella vecchia donna di
stamane. La
vecchia con decisione lanciò lo spadino in direzione del
principe Arthur. Io
quasi urlai e mi fiondai su di lui. Il biondo, probabilmente dallo
spavento,
non riusciva a distogliere lo sguardo dal pugnale. Lo presi con tutte
le mie
forze e me lo trascinai verso di me, ma essendo un pesante peso morto,
non
riuscii a reggerlo e cademmo entrambi. Lui finì con molta
poca grazia sopra di
me, schiacciandomi completamente, mentre lo spadino si
conficcò nella spalliera
della sedia.
<<
Oh cielo >>, esalai un sospiro.
Arthur
mi fissò sconvolto e allo stesso tempo spaventato. Io gli
sussurrai: <<
alzatevi. Mi state uccidendo >>. Lui balzò in
piedi e mi tese la mano per
aiutarmi. Io la accettai volentieri. Ero tutta dolorante.
Una
volta su, mi ritrovai a un passo da me il re, che mi disse:
<< hai
salvato mio figlio >>. Tutti quanti puntarono gli occhi
su di me, nessuno
escluso.
<<
No, no >>, mi affrettai a dire, << io ho
solo… >>.
<<
Non essere modesta, verrai ricompensata >>,
m’incoraggiò con la voce
colma di gratitudine.
<<
Se proprio ci tenete >>, sibilai.
<<
Sarai la nuova valletta del principe >>,
annunciò.
Tutti
quanti alle sue parole applaudirono, tranne Arthur ed io che,
contemporaneamente, urlammo: << cosa? >>.
Ed
era questa la ricompensa? Fare da sguattera al principino reale? Oh,
no, no,
no, no, no. << Sire, vi ringrazio, ma non posso accettare
>>,
cercai di rifiutare la carica.
<<
Padre, non puoi… >>, protestò
Arthur, ma il sovrano c’ignorò bellamente.
Dopo
il banchetto ci ritirammo tutti, ed io seguii Gaius sconvolta. Avevo
deciso di
alloggiare a casa sua e, infatti, mi diede una piccola stanzetta.
Quando mi
accorsi che c’era il letto, lo considerai un lusso pregiato.
Sospirando,
mi sfilai dal collo un laccio che aveva per ciondolo un piccolo
sacchettino. Lo
sfilai dal laccio e con gli occhi lo feci ingrandire. Lì
dentro c’era tutta la
mia roba, che avevo alleggerito in quel modo, per evitare sforzi fisici.
Mi cambiai e
m’infilai sotto le coperte, ma
nonostante fossi distrutta, non riuscivo a dormire. Mi sentivo strana e
soddisfatta di me stessa, anche se ero consapevole che le mie doti non
erano
viste di buon occhio, ma per il momento volevo solo godermi questi
attimi di
pace.
Da
domani sarei stata la valletta del principe e temevo quello che mi
sarebbe
potuto accadere. Forse preferivo di più il
patibolo.
“Marlyn” udii il
mio nome rimbombare
nella mia testa. “Marlyn”.
Aprii gli
occhi. E ora che succedeva?
La
voce continuò a tormentarmi, così, sbuffando, mi
alzai dal letto e seguii la
voce, che mi condusse nei sotterranei. <<
Perché tutte a me? >>,
borbottai, aprendo la porta da cui proveniva la voce.
Vidi
che la stanza era buia, così tornai indietro per prendere
una torcia. Illuminai
il luogo e mi accorsi che non era niente di meno che una grotta
immensa.
<< Oh mamma mia >>, mormorai.
Udii
un forte rumore e indietreggiai, spaventata. Davanti a me,
apparve… un drago?!?
<< Oh mamma mia >>, ripetei, portandomi una
mano alla bocca.
<<
Stupita di vedermi giovane strega? >>, mi
domandò.
<<
Era tua la voce! >>, esclamai, guardandolo.
<<
Oh sì >>, rispose, << ma non
è la prima volta che ci incontriamo
>>, ammise.
<<
Cosa? >>, lo guardai come se fosse impazzito, ma poi
ricordai il sogno
della sera precedente. << Eri tu. Sì, eri tu
>>, lo indicai,
<< sei stato tu a venirmi in sogno >>.
<<
Proprio così, ragazza >>.
<<
Perché? >>, chiesi, <<
perché mi hai condotto qui? >>.
<<
Perché è appena iniziato >>,
sentenziò, guardandomi fisso.
<<
Cosa? >>, non riuscivo a capire.
<<
Il tuo destino >>, rispose solennemente.
<<
Cosa? >>, urlai.
<<
C’è un destino che ti sta aspettando
>>, affermò, << che dovrai
percorrere
con il futuro re >>. << Chi?
>>, lo guardai sconvolta,
<< stai scherzando spero >>.
Il
drago sembrò ignorarmi, poiché
proseguì con il suo discorso: <<
C’è un
motivo se tu sei speciale Marlyn. Il tuo destino è
già stato scritto anni fa e
non puoi far nulla per cambiarlo. Tu sei destinata a fare grandi cose
al fianco
di Arthur. Siete due facce della stessa medaglia e presto te ne
renderai conto
giovane strega >>.
<<
Non può essere >>, lo contrastai,
<< quell’Arthur… >>.
<<
E’ nelle tue mani >>, e lasciandomi senza
parole, spiccò il volo,
scomparendo dalla mia vista.
<<
Aspetta >>, tentai di fermarlo, ma lui non
tornò indietro.
Sospirai,
posando la torcia per terra e appoggiandomi al muro per non
precipitare.
<< Che brivido >>, mormorai, portando la
testa all’indietro.
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Disclaimer: I
personaggi citati in questo racconto non sono miei.
Essi appartengono agli aventi diritto e, nel fruire
di essi, non vi è
alcuna forma di lucro, da parte mia.
*Mentre
stavo scrivendo, guardavo con le mie amiche Hercules, così
non ho resistito a
modificare la frase di Meg, che dice a Hercules e farla recitare a
Marlyn. Le
mie amiche erano morte dalle risate.
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Eccomi
qua, con il secondo capitolo. Spero vi sia piaciuto. Allora, come
noterete ci
sono tantissime differenze rispetto all’episodio originale. E
naturalmente la
nostra Marlyn è mooooolto diversa da Merlino. Come il regal
babbeo è anche lei
un po’ immatura e inoltre è abbastanza spigliata,
affettuosa, impertinente e
sicura di se, ma sotto certi aspetti anche insicura. Riesce persino a
tenere
testa ad Arthur, nonostante sappia chi sia.
Ho
introdotti dei nuovi personaggi che saranno fondamentali nel
proseguimento
della storia e nei capitoli seguenti vedrete anche nuovi arrivi, e
tantissimi
cambiamenti.
Ringrazio
immensamente chibisaru81 per aver commentato il capitolo precedente e
Caskett96
e N a n n a per averla messa tra le storie seguite e infine i lettori.
Spero si
aggiungano nuovi recensori, perché per me le critiche sono
molto costruttive e
poi mi danno quello sprint in più per scrivere. Bene,
dunque, vi lascio e visto
che è l’orario di andare a nanna, colgo di nuovo
l’occasione per augurarvi una
buonanotte e dei sogni merliniani e arturiani.
Un
bacino.
Lillibeth_92