Fumetti/Cartoni americani > X-men
Segui la storia  |       
Autore: Daewen    12/08/2006    3 recensioni
"Un sonoro schiocco, accompagnato da una forte puzza di zolfo li fece voltare rapidamente: alle loro spalle era appena comparsa una loro vecchia conoscenza. Kurt Wagner si stava spazzolando il cappotto sudicio, come se quel gesto potesse renderlo più presentabile. Al suo fianco, che esitava a slacciarsi da lui, c’era una bambina sugli undici anni, ben pettinata e vestita di tutto punto."
Genere: Malinconico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

x Wolverina: avevo in mente di lasciarvi in sospeso solo per questo chap, tranquilla!
x Wolvie91: più che altro spero di non aver scritto cavolate ^^;
x Skiblue: se non capisci la sua storia è normale, non voglio dire più di tanto per ora. Rogue ha riacquistato i suoi poteri perché l'effetto della cura è finito... riprenderò questo fatto nel prossimo capitolo

Capitolo Sesto
A forma di stella

Kurt si accovacciò a terra per ottenere una spinta maggiore, e si gettò di peso addosso a Wolverine. L’uomo, che non se l’aspettava, lasciò andare Renee e fu trascinato al suolo. Con un calcio si scrollò di dosso Nightcrawler e si scagliò nuovamente verso Renee con gli artigli sguainati. La bambina intanto aveva cercato di raggiungere Kurt, ma a pochi passi da lui era inciampata nel tappeto e sarebbe caduta bocconi se l’elfo non si fosse precipitato ad afferrarla «Tranquilla, tranquilla»
Renee si asciugò alla meno peggio il volto arrossato dal gran piangere. Per pochi, interminabili secondi accarezzò l’idea di spiegare come avesse sentito -non visto- Logan estrarre gli artigli «È Jimmy!» sbottò invece, alla fine.
Il ragazzino sussultò nel sentirsi chiamato in causa «Che… che c’entro io?»
Image Hosted by ImageShack.us «Sei tu che mi permetti di vedere!» ansimò. Logan ritrasse gli artigli; il rumore fece sobbalzare Renee «È stato il mio potere a rendermi cieca. Credo… l’averlo sfruttato così tanto ha abituato i miei occhi a vedere solo il Dna. Jimmy, privandomi del mio potere, mi ridà temporaneamente la vista»
«Cosa?» il ragazzino la fissava. In un certo senso si era aspettato qualcosa del genere, però…
«Se sapevi che ti avrebbe rovinato la vista, perché hai continuato ad usarlo?» obbiettò Rogue. Ultimamente prendeva di rado la parola. Il fatto che sembrava appassionarsi alla storia di Renee rincuorò un poco Ororo.
«È questo il punto: non lo sapevo. Questa è soltanto un’ipotesi di Marvel Girl. Le avevo raccontato di come i dottori non avessero trovato il motivo della mia improvvisa cecità. Mi sono resa conto di quanto avesse ragione solo quando ho incontrato Jimmy, ad Alcatraz» all’improvviso realizzò che in un punto imprecisato della sua affannosa spiegazione era scoppiata di nuovo a piangere.
Ororo le prese la mano, come quel primo giorno alla scuola, che ora appariva lontano e sfumato, sebbene non fosse passato nemmeno un mese. La aiutò a rialzarsi e la condusse in camera sua.

Gli X-Men rimasti nel salotto si scambiarono brevi occhiate. Sul viso di Hank si intravedevano malinconia e frustrazione «Se non ci dice tutto, come possiamo aiutarla?»
«Chi ti dice che voglia essere aiutata?» ringhiò Logan.
«Dalla vita ha ricevuto molte delusioni. È come se avesse paura di essere aiutata. Niente di personale, è fatta così.» intervenne Kurt a bassa voce.

Nonostante fosse solo pomeriggio, una volta al sicuro nella sua stanza Renee si infilò sotto le coperte, e riaddormentò spossata dalle troppe lacrime versate.

Il giorno dopo
Era sabato mattina, ma abituata com’era a svegliarsi tutti i giorni alla stessa ora, Renee aprì gli occhi alle sette in punto. Scese in cucina, convinta di non trovarvi nessuno. Appena vi mise piede, tuttavia, sentì un gran fracasso, e fattasi più vicina, poté vedere che Jimmy, sorpreso dal suo arrivo, aveva lasciato cadere a terra un coltello da cucina.
«Oh, ciao Renee»
«Ciao»
«Perché non mi hai detto che vicino a me potevi vedere?»
Non rispose, perché qualcosa aveva attirato la sua attenzione «Jimmy, che stavi facendo con quello?» indicò il coltello su cui, l’aveva notato solo ora, vi era una striscia di sangue.
«Non è come pensi! È che… il Dna è nel sangue, no?»
«Anche» annuì lei.
«Ieri, dopo che Ororo ti ha portato via, ho convinto Bobby ad accompagnarmi al centro commerciale e a prestarmi i soldi per questo» le porse un ciondolo d’argento, a forma di stella, con tanto di catenina dalle maglie sottili.
«Jimmy…»
«Glieli ridarò, in qualche modo. Farò dei lavoretti. Comunque, vedi, qui in mezzo» indicò un’area ruvida nel centro della stella «ci andrebbe una goccia di profumo. Ho pensato che se ci metto una goccia di sangue… potrai vedere sempre…»
«Mi avevi chiesto perché non ti avevo detto niente» replicò lei con voce assorta «Per quello che hai fatto, tanto per cominciare»
Il volto del ragazzino perse tutta l’aria trionfale «Se non vuoi… Non preoccuparti, lo…»
«Mi fa molto piacere che ti preoccupi così per me, ma ti rendi conto che il DNA contenuto nel tuo sangue a lungo andare si deteriora?»
«In quanto tempo?»
«Non so, per chi mi hai preso?»
«Mi prendi in giro?!»
«Scusa» ridacchiò lei «Quel poco che so sul Dna l’ho imparato dai libri. Me li leggevano Tyler –un mio amico- e… mia madre.» chiuse gli occhi, solo a nominarla aveva voglia di piangere.
«Tua madre…?»
«Ah, non chiedermi nulla!» sospirò e scosse il capo, come per scacciare quei brutti pensieri «Comunque, intendevo dire che non devi affettarti le braccia ogni volta che ho bisogno di un… “ricambio”!»
«Non ci avevo pensato» ammise Jimmy «Però Hank ci fa spesso dei prelievi di sangue, per farci le analisi o chissà cosa!»
«Grande! Hai ragione! Dopotutto ne basta una goccia!» notò che il ragazzino non aveva compreso quanto le stesse a cuore quel suo gesto, e istintivamente gli gettò le braccia al collo «Grazie, Jimmy, grazie»

Tre mesi dopo
«Dov’è Renee?» Kitty aveva già indossato l’uniforme per l’addestramento collettivo nella Stanza del Pericolo, ma non si era ancora decisa ad entrare.
Ororo si strinse nelle spalle «Non lo so, ma che importa, oggi non tocca a lei» Renee non era ammessa alle sessioni con altri mutanti, perché restava comunque una bambina non vedente; la sua vulnerabilità avrebbe messo in pericolo gli altri.
«Uh-uh. Però mi aveva chiesto di avvertirla quando iniziavamo. Hank non c’è e voleva occuparsi dei dati tecnici. Dopotutto il funzionamento della stanza è parecchio intuitivo…»
«Prova nel giardino. Ultimamente ha la fissa di studiare vicino alle tombe» intervenne Rogue. Avrebbe partecipato anche lei, quel pomeriggio… Renee si era espressamente rifiutata di cancellarle la mutazione, e finalmente Bobby aveva convinto la sua ragazza a riprendere a lavorare.
«Grazie! Torno subito» garantì Kitty, prima di fasare nel muro alla sua sinistra.
La trovò dove Rogue le aveva suggerito di cercarla. Renee era assorta su un problema di matematica. Nel giro di tre mesi era riuscita a recuperare le carenze scolastiche legate al suo handicap. Aveva mantenuto una grafia piuttosto infantile, e più di una volta Kitty si era chiesta se ciò fosse dovuto alla mancanza di esercizio o al carattere di Renee: su internet aveva letto che chi conservava una grafia infantile era molto dipendente dagli altri, e ciò le dava da riflettere: temeva che le stesse nascondendo qualcosa di grosso. Si era affezionata a Renee come ad una sorellina, e avrebbe voluto che lei ricambiasse l’affetto con un po’ di fiducia in più. Comunque sia, Renee aveva sviluppato un certo interesse per grafici e libri, e un paio di volte Peter le aveva perfino impartito delle lezioni di disegno.
«Ciao Kit!»
«Salve! Stiamo per entrare nella Stanza del Pericolo. Vieni?» le tese la mano, che la bambina rifiutò. «Ricordati che indosso il ciondolo di Jimmy. Anche se non è abbastanza forte da annullare del tutto il tuo potere, io resterei comunque qui fuori. Vi raggiungo per una strada più normale» concluse con un sorriso. «Ah, Kit!»
«Cosa?» riemerse dal muro in cui era appena scomparsa.
«Oggi inizia anche Jubilee, vero?»
Kitty annuì.

Finalmente anche Jubilation aveva la sua occasione. Più volte, nel corso degli anni passati alla scuola, aveva chiesto al professore il permesso di allenarsi nella Stanza del Pericolo. Permesso rifiutato ogni singola volta, accidenti. Poi il Prof era morto. Aveva atteso alcuni mesi, senza comprendere realmente il perché –forse per rispetto verso la sua autorità?- poi aveva cominciato ad ossessionare la signorina Munroe. Stavolta aveva raggiunto il suo scopo. Finalmente Pryde era tornata, e potevano iniziare. Diamine se era eccitata!
La Stanza del Pericolo creò per loro un mondo apocalittico, quella che sembrava essere stata una metropoli fiorente. Ora era poco più che un mucchio di macerie ornate di sangue e scheletri che si sbriciolavano nella brezza leggera.
«Dove diavolo siamo, Renee?» gridò Logan, in apparenza rivolto al nulla. Non gli era sfuggito il senso del macabro che la ragazzina sfoggiava da un mese a quella parte, e quel panorama devastato ricordava le “fiabe” che lei si divertiva a snocciolare. Era sicuro che fosse stata lei a creare l’ambiente.
«Bella domanda, zietto. È un sogno che ho fatto la scorsa notte. Vi piace?» la voce della bambina echeggiò nel cielo fittizio per mezzo di un altoparlante.
«Un amore» ringhiò Wolverine in risposta «E piantala di chiamarmi zietto» soltanto lui si era accorto di quanto la voce di Renee fosse tremula.
Kitty si arrampicò sui resti di un grattacielo crollato da cui spuntava un cartello, poco più che un ammasso di lamiere accartocciate coperte di ruggine. «Ah, maledizione, non si legge niente» provò a smuovere qualche lastra di cemento. Indietreggiò all’improvviso, con urlo disperato. Peter l’agguantò al volo prima che potesse cadere a terra. «Cosa hai visto?»
«Una… una bambina, morta, in decomposizione… oddio» singhiozzò lei.
«Francesina, credo proprio che dovresti farti vedere da uno bravo!» intervenne Jubilee, tentando di ignorare l’odore pestilenziale di decomposizione che Kitty aveva liberato spostando i detriti.
«Non sono francese!»
«Ma il tuo nome…»
«Non sono fatti tuoi» la interruppe seccamente Renee «Ehi Kit, descrivimi la bambina, è importante…» ma la ragazza taceva, ancora pallida in volto.
«Puoi evitare? Credo che Shadowcat si stia sentendo male» s’intromise Peter, evidentemente preoccupato. Non l’aveva ancora rimessa a terra.
«O cambi scenario o la sessione finisce qui» rincarò Angelo. Dopo pochi attimi il macabro paesaggio si dissolse per lasciare il posto a quello più tranquillizzante di Londra. Si trovavano ad un passo dal Tamigi. Stavolta Renee aveva lasciato fare al computer. La lezione proseguì senza ulteriori intoppi.
Salvo che Kitty, quella notte, non avrebbe fatto altro che sognare bambini morti col volto coperto di lacrime, bambini che stringevano tutti un ciuffo di capelli rossi, proprio come la mano infantile che aveva notato appena, con la coda dell’occhio. Del resto, era stata troppo occupata nell’osservare il visetto, contratto dall’odio, che le ricordava straordinariamente Renee.

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > X-men / Vai alla pagina dell'autore: Daewen