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Autore: Daewen    12/08/2006    2 recensioni
Fanfiction ambientata principalmente nel periodo dei Malandrini
Una ragazzina gelida che considera le altre persone come gingilli, e vive mascherando se stessa. Ed ora ha incontrato Remus...
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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x LizzyLuna: beh, in alcuni punti i dialoghi erano volutamente confusi, ma resta il fatto che non riesco a gestire decentemente i dialoghi con più di due interlocutori...
x Faithsun: Grazie ^^

*edit* Ho appena saputo che è impossibile per un bambino controllare la magia prima di una certa età, nemmeno se sono i genitori a guidarlo. In effetti, a pensarci ora, è piuttosto ovvio... Ho ritoccato un po' il dialogo seguente affinché sia spiegato dai protagonisti stessi.

Cicatrici

«Ok, da dove comincio?» riprese Heather.
«Non hai ancora spiegato come c’entra Greyback con Lupin» le ricordò Lily.
«Credo che il diretto interessato l’abbia capito» Remus, infatti, teneva la testa bassa, concentratissimo sui fili d’erba. Era pallidissimo. Lily annuì, un po’ delusa.
«Vediamo un po’… sì, sono un Animagus legale da un paio d’anni, il mio nome è scritto nei registri. Non per mia volontà; ma questa cosa mi è tornata utile»
«Non per tua volontà?»
«I suoi genitori l’hanno sempre obbligata a studiare, a sei anni ha iniziato a studiare il programma di Hogwarts. Studiava Storia della Magia, e la costringevano ad imparare le varie proprietà degli ingredienti delle pozioni.» s’intromise Sirius.
«E quando ho compiuto undici anni mi hanno messo in mano una bacchetta e mi hanno insegnato una quantità di incantesimi.»
«Ma è vietato!» replicò indignata Lily.
«Sì, ma visto che abito con maghi adulti, il Ministero non poteva sapere chi era a fare gli incantesimi. E io dovevo essere perfetta per quando avrei messo piede in questa scuola. La mia non è intelligenza, furbizia o quello che volete. Semplicemente è esperienza»
«Per questo la tua Cruciatus è tanto efficace?»
«Quello è uno dei primi incantesimi che mi hanno insegnato. Insieme alla Imperius e all’Avada Kedavra, ovviamente. Li sperimentavo sugli animali»
«Sai usare l’Avada Kedavra?»
Lo sapevo. Lo sapevo che se avessi parlato loro della mia educazione avrebbero avuto paura di me. Però fa male lo stesso…
«…sì.»
«Ci vuole un gran potere magico» squittì Peter.
«Dopotutto non sei così scema» gli sorrise Remus. Era ancora pallido.
? Ma non…
«Il giudizio di Rem non conta, è stracotto» rise James.
Grazie ragazzi.
Heather represse un singulto di gioia «Per quanto riguarda i Mangiamorte, mi pare che li conosciate tutti, no?»
«Ma non avevamo idea che fossero così> in fermento»
«Stanno crescendo. Ci sono diversi reclutatori –uno di essi è mio padre, a quanto pare- e sono molti i maghi che accettano: chi rifiuta è condannato a morte»
Nessuno parlò più per diversi minuti; tutti erano immersi nei propri pensieri. Chissà quando il cielo si era drappeggiato di nuvole minacciose. Nessuno aveva osato chiedere chi fosse Faithe: la reazione della Gabbet li aveva fatti desistere. Heather non resistette oltre «Remus»
«Mh?»
«Devo parlarti di quella cosa»
Il ragazzo impallidì ancora di più «Oh, sicuro»
«Ehi, aspetta. Perché sai evocare un Patronus?» sul viso di James brillava un misto di curiosità e invidia.
«Gira voce che i Dissennatori vogliano unirsi a Voldemort. Dovreste imparare anche voi quell’incantesimo»
«Dove vai? Devi curarti quelle ferite!» protestò Lily. Heather si guardò il braccio coperto di sangue. Non se n’era accorta.
«Impossibile. Greyback non mi ha ferito, mi ha riaperto le cicatrici. Queste me le ha fatte un lupo mannaro e non possono essere guarite con la magia. L’unica cosa che potrei fare è bendarle, ma…»
«E allora che aspetti? Vai in infermeria, magari Madama Chips ha qualcosa di adatto!»
«Finirà per odiarmi, quella donna»

Malgrado le sue proteste, alla fine lei e Remus si erano recati infermeria. Dopo che Madama Chips l’ebbe bendata, borbottando imprecazioni contro “Quel maledetto Greyback”, si ritrovarono a vagare senza una meta per i corridoi; fuori aveva iniziato a piovere e gli studenti erano dappertutto.
«Quando preparate i vostri piani dove andate?»
«In genere è sufficiente il nostro dormitorio, è quasi sempre vuoto»
«Andiamo lì?»
Il dormitorio maschile del Sesto anno era effettivamente vuoto. Heather si guardò intorno, un po’ curiosa, e alla fine si appollaiò su un letto, in fondo al quale c’era il baule di Remus J. Lupin.
«J?»
«John. La tu “A” per cosa sta?»
«Artemis» borbottò. Si vergognava un po’ di quel nome strano, e non lo rivelava mai a nessuno. Per tutti era solo Heather A. Gabbet.
«Bel nome. L’ho già sentito, ma…»
«Artemis era la dea greca della caccia e… della luna. Con un nome così, non potevo non trasformarmi in un lupo» tentò di scherzare. Si accorse che Remus lo guardava con un misto di ammirazione –per il nome? Ma dai, era orrido!- e colpevolezza.
«Sono stato io a procurarti quei tagli?» finalmente affrontavano il discorso.
«Sì» Remus si buttò sul letto a sua volta, il volto nascosto fra le mani.
«Ehi, non fa niente, d’accordo? Non eri in te. Conoscevo i rischi. Non era la prima volta che mi trovavo faccia a faccia con un lupo pienamente trasformato. E ti assicuro che Greyback è ben più temibile di te, quando si trasforma»
Il ragazzo sussultò. Non tolse le mani.
«Per colpa sua ho rischiato di morire dissanguata. È da quella volta che zoppico. Tu mi hai preso solo il braccio, di striscio. Lui mi ha perfino strappato un bel pezzo di carne!»
«Che COSA?» abbassò le mani; stava piangendo.
Heather si morse le labbra, avrebbe dovuto mentirgli, dirgli che la colpa era di Greyback. Ma non voleva più dirgli bugie. Allungò la mano per carezzargli i capelli castani, quasi biondi. Esitando si tirò su il gilet e la camicia, quel tanto che bastava per mostrare un’orribile cicatrice sul fianco sinistro. Le mancava davvero della carne. Remus si sentì morire, nel vederla così. L’aveva sempre immaginata con la pelle liscia, inviolata, così contrastante con la sua. Perfino la manticora, a sentire Madama Chips, non aveva lasciato segni. Scoprire che nascondeva quei terribili segni lo fece stare male. La strinse a sé con forza, e lei ricambiò la stretta. «Non dovresti piangere»
Sono un mostro, non c’è niente da fare. Finirò per uccidere tutti coloro che mi sono vicini. Il mio destino è di essere solo, e sarà meglio che io rimanga solo per libera scelta. Devo dire loro addio, prima che sia troppo tardi. Non dovrei nemmeno essere qui ad abbracciare Heather. Ma sono un debole, non ce la faccio. Vergogna!
«Mi dispiace»
Da che aveva memoria, Heather non aveva mai abbracciato spontaneamente nessuno. Era una sensazione strana, appagante. Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così… bello. Per una volta si sentiva al sicuro, protetta anche –e soprattutto- emotivamente; ma la cosa più importante era che per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva amata, e di amare, davvero. Non avrebbe mai voluto separarsi da lui.
«Non dovresti piangere, perché sono davvero felice»
Il ragazzo le sorrise. «Da quanto tempo sai che sono… beh…»
«Avevo dei sospetti già da un po’, ti vedevo scomparire regolarmente, con la luna piena. Ma ne ho la certezza dallo scorso novembre. Stavo andando da Byron per chiedergli di convincere i nostri genitori a farmi rimanere ad Hogwarts per le vacanze. Ma non ci sono mai arrivata. Ero appena uscita dal buco del ritratto, quando ho sentito un rumore. Mi sono voltata e ho visto un piede –credo fosse di Peter. Ad ogni modo ho fatto finta di niente e ho ripreso a camminare. Mi sono nascosta dietro una statua e poi li ho seguiti, sai, camminando facevano rumore. Per un paio di volte li ho quasi persi, ma qualcuno continuava ad inciampare. Li ho seguiti fuori dalla scuola, e grazie alle foglie morte che continuavano a spostarsi ho capito che stavano andando verso il Platano Picchiatore. Ho percorso il tunnel fin nella Stamberga Strillante. Li ho visti trasfigurarsi e raggiungerti»
«Come hai capito che ero io?»
Gli lanciò un’occhiataccia, come a dire “non sono scema”. Lui le sfiorò il fianco, ed Heather trasalì.
«Ti fa male?»
«Ce l’ho già da un po’»
«Quando?»
«Durante le vacanze di Natale. È stata quella volta, che mi è tornato utile essere un Animagus. Comunque l’area ha perso la sensibilità» la voce scemò, mentre terminava la frase, ma Remus la sentì ugualmente, e la strinse a sé un po’ più forte.
«Ma non ti ha morso, vero?»
«No. Tu… quando è successo?»
«Ero molto piccolo, credo sei anni, più o meno. La mia vita è stata così uguale e ripetitiva da allora, che non riesco a rendermi bene conto di quante volte mi sia trasformato»
«Ma adesso non è più così, no? Ci sono i Malandrini»
«Già» e ci sei tu, che mi aiuti a tirare avanti. Ma io finirò per ucciderti.
«Ora che sai che …io so, posso trasformarmi con voi?»
«Sei pazza? Guarda che ti ho fatto l’ultima volta!»
«Eri eccitato e furioso perché avevi visto Piton, e ti era sfuggito. Per favore!»
«Ci penserò su, devo chiederlo agli altri»
Sui due calò il silenzio, mentre Remus la lasciava andare.
«Sarò come Greyback? Godrò nel mordere gli altri? Magari nell’uccidere?»
«Togliti quel pensiero dalla testa! Lui non è un normale licantropo, è marcio dentro. Anzi, se è per questo nemmeno tu sei un normale lupo mannaro»
«Che vuoi dire?»
«Non hai rinunciato a vivere»

  
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