Appena
sveglia Charlie scostò le tende che coprivano la finestra della sua camera da
letto e, come da abitudine si perse ad osservare il cielo. Era plumbeo sembrava
ingannevolmente calmo, ma era pronto ad accogliere la tempesta che si addensava
appena dietro l’orizzonte. Le nuvole si muovevano titubanti e lenti, e si
avviavano meschine verso il sole, che cercava a stento di illuminare la
mattinata. La minaccia dell’imminente
burrasca si faceva più ineluttabile di minuto in minuti ma questo non bastò per
cancellare la felicità congenita della ragazza. Richiuse le tende, infilò le
ciabatte di peluche e sbadigliando leggermente si avviò verso la cucina.
“Buongiorno
ragazzi!” bofonchiò rivolta ai suoi due pesci rossi che nuotavano boccheggiando
tranquilli nella boccia di vetro poggiata sulla penisola della cucina. La ragazza
prese posto intorno al tavolo trangugiando un biscotto, imitando quasi
perfettamente il “Cookie Monster”, personaggio del programma televisivo “Sesame
Street”che ancora oggi non disdegnava di guardare e che per giunta era stampato
sul suo pigiama. Afferrò poi la sua ciotola colorata, la riempì di latte e vi
immerse un’ingente quantità di cereali. Portandosi
alla bocca il cucchiaio colmo di corn flakes al cioccolato rivolse quasi
istintivamente gli occhi al grande orologio viola appeso alla parete. La colazione
per poco non le andò per traverso, erano le nove e mezza e lei era già in
ritardo al suo primo giorno di lavoro. Pulendosi
frettolosamente la bocca con un tovagliolo si alzò dal tavolo e correndo corse
verso la sua camera. Fortunatamente dopo
pochi minuti la ragazza era già pronta per uscire, vestita con la sua nuova
divisa da lavoro: un’eccentrica salopette verde smeraldo con tanto di dolcevita
giallo canarino abbinato, decisamente una divisa “particolare” come era d'altronde
il suo nuovo datore di lavoro. Frettolosamente afferrò la borsa e le riempì
alla meglio con i pochi oggetti che ritenne importanti, passò davanti al lungo
specchio che aveva posto vicino alla porta, ridacchiò di se stessa e del suo
strambo abbigliamento e poi uscì, mantenendo quel sorriso radioso pronta ad
affrontare una nuova avventura. Lentamente scese le poche scale che la
separavano dal piano terra e si diresse verso il suo posto di lavoro, non
distava molto da casa sua, un paio di isolati che dovette percorrere a piedi
tra la folla di newyorkesi che come lei si preparavano ad affrontare la nuova
giornata. Camminando velocemente riuscì ad arrivare con solo venti minuti di
ritardo,riconobbe subito il locale che da quel giorno sarebbe diventato anche
un po’ suo. La corte del negozio era tappezzata di fiori colorati che
profumavano l’aria , le tendine sopra di essi verdi come la salopette che
indossava svolazzavano mosse dal vento. Charlie Sorrise e impaziente aprì la piccola porta a vetro del
negozio e face il suo ingresso. Dietro il bancone un ragazzo molto alto e dai
capelli castani lunghi fin sulle spalle, infilava con estrema cura delle piccole
rose in una composizione; richiamato dal tintinnio della campanella che lui
stesso aveva posto sulla porta, alzò lo sguardo e vedendo la ragazza subito il
suo volto si colorì con un sorriso radioso.
“Charlie! Mio
piccolo tulipano sei arrivata finalmente!” esclamò lanciando tutto quello che aveva
tra le mani e dirigendosi a grandi falcate verso l’amica per abbracciarla. “Ti
stavo aspettando! Come stai?” aggiunse staccandosi dall’abbraccio.
“Molto meglio
adesso…” rispose Charlie abbassando lo sguardo, vecchi ricordi cominciavano ad
assalirla.
“Voglio
dirti che mi dispiace tantissimo per quello che ti è successo. Quando mi hai
chiamato per dirmi che il matrimonio era annullato io stavo giusto facendo l’ultima
prova per il mio abito. Avresti dovuto vederlo: un completo rosso rubino di
Armani, la maggior parte degli invitati ne sarebbe stata invidiosa” iniziò a parlare
il ragazzo dando libero sfogo alla sua petulante
parte logorroica.
“Si ma
adesso non pensiamoci più… “ lo interruppe la ragazza intenta a non voler più
sentir parlare di quel brutto episodio della sua vita, e poi aggiunse: “Brandon
voglio ringraziarti per avermi accolto qui, e per avermi trovato l’appartamento.
Sono sicura che questo cambiamento d’aria mi stia facendo bene.”
“Oh dovere
mia cara. La mia piccola pulcina aveva bisogno di aiuto e io non potevo
lasciarla sola. E poi” aggiunse quasi con fare cospiratorio:“avevo bisogno del
tuo talento qui in negozio e della tua compagnia!” i due si lasciarono
scoppiare una risata allegra e si concessero un altro lungo abbraccio. Brandon e
Charlie si conoscevano fin da piccoli, erano l’uno dipendente dall’altro. Ma purtroppo
la sfortuna di vivere in un piccolo paese di campagna portò i due ragazzi a
separarsi: la passione per i fiori del ragazzo, che era riuscito a trasmettere
anche all’amica, e il suo bizzarro modo di fare, lo avevano costretto ad
abbandonare la sua natale e a trasferirsi a New York, dove aveva di certo aveva
trovato la felicità, abbandonando Charlie. Ma ora i due si erano ritrovati e
insieme erano pronti a combattere tutte le avversità che la metropoli aveva riservato
per loro.
La mattinata
trascorse cupa e grigia all’esterno del negozio in attesa di una tempesta che non si decideva ad abbattersi sulla città,
ma radiosa e solare all’interno: non erano solo i fiori a colorare l’ambiente
ma anche i due splendenti sorrisi che troneggiavano sulla bocca dei due ragazzi.
Il primo giorno di lavoro per la ragazza procedeva magnificamente, serviva i
clienti, preparava qualche elementare composizione tanto per “riprenderci la
mano”, poi i due si concedevano una pausa caffè e poi le solite chiacchierate
fra amici. Nell’atmosfera idilliaca del negozio Charlie canticchiando un motivetto allegro si stava occupando di
terminare una composizione per un ordine che Brandon si stava preparando a
consegnare, prima di chiudere e terminare questo suo primo giorno di lavoro.
***
Seduto sulla
comoda poltrona di pelle nera del suo ufficio Eli continuava a fissare la
pagina bianca sul suo computer. Aveva lasciato le pratiche che doveva compilare
impilandole su un lato della scrivania, e cercava di dare un senso alle idee
che le singhiozzavano nella mente. Di tanto in tanto provava a scrivere qualche
parole, o si sforzava di formare una frase di senso compiuto, ma senza
vittoria. Disarmato portò con il mouse la freccetta sul pulsante rosso alla
destra dello schermo e chiuse il programma. Si alzò dalla sedia e cominciò a
girare per la grande stanza alla ricerca di una qualche ispirazione. Si mise ad
osservare il panorama all’esterno della grande vetrata a cui di solita dava le
spalle, deciso per il momento a lasciare da parte il suo lavoro. Un lavoro che
non gli era mai piaciuto:era il curatore di una delle più grandi case d’aste di
New York, incarico che gli era era stato affidato dal
padre, proprietario dell’interna società, e un tempo curatore dell’asta. Ma dopo
la pensione aveva deciso bene di lasciare il comando a suo figlio. Eli era da
sempre cresciuto nell’arte, questo lo dimostrava la sua straordinaria
scaltrezza nel suo poco apprezzato lavoro, o la sua sorprendente capacità di
disegnare. Ma la sua vera passione, e il suo vero talento risiedevano nella
scrittura, un amore che coltivava fin dalla adolescenza ma che ancora oggi
doveva nascondere. La sua riflessione introspettiva fu interrotta dalla
rumorosa entrata del suo collega e migliore amico James.
“Ehilà
amico, hai visto che ore sono? È ora di andare a pranzo” esclamò battendo una
sonora pacca sulla spalla di Eli riportandolo completamente alla realtà.
“Oh si
certo. Mi sono messo a lavorare è ho perso la cognizione del tempo” rispose il
ragazzo buttando un’occhiata al suo orologio da polso.
“Si certo,
come sempre. E poi tocca sempre a me sbrigare il lavoro al posto tuo.” Protestò
Jim. Il ragazzo era l’assistente di Eli, l’amico gli aveva offerto il posto non
tanto perché avesse bisogno di un segretario ma perché era stanco di vedere il
suo migliore amico disoccupato e perennemente al verde.
“Ma sta
zitto. Non ti licenzio solo perché rubi lo stipendio a mio padre.” Disse con il
suo solito cinismo Eli mentre si rinfilava la giacca.
“Come vuoi
amico mio, ma quando poi ti servirà aiuto con quelle pratiche che hai lì non
contare su di me” rispose di rimando James, e poi aggiunse: “Comunque, oggi ho proprio
una fame da lupi, dove andiamo a pranzo?”
“Jim tu hai
sempre fame. Comunque oggi ti porto in un ristorante di classe, perciò non
farmi fare brutte figure” avvisò l’amico riferendosi ai modi talvolta poco
ortodossi dell’altro.
“Tranquillo,
sarò il principe William in persona!” disse mentre entrambi uscivano dall’ufficio
dirigendosi verso l’ascensore.
“Io ti
vedrei meglio nei panni di Kate!” lo stuzzicò Eli mentre le porte dell’ascensore
di spalancavano.
“Divertente”
rispose con una smorfia infantile l’altro. Durante la discesa il silenzio fu rotto
dalla vibrazione del cellulare di James, il ragazzo prontamente estrasse il
cellulare dalla tasca e lesse il contenuto dell’Sms.
“Amico,
credo proprio che questa sera io farò del sesso sfrenato!” disse poi rivolto ad
Eli, che lo guardò con disappunto e rispose caustico come al solito:
“Come?! La tua
mano destra adesso ti invia anche i messaggini”
“Che ti
prende oggi Eli, sei più divertente del solito” rispose Jim seccato. “ E
comunque è stata Emily che mi ha contattato. Ricordi la ragazza che mi hai
presentato due settimane fa? Mi ha invitato a casa sua questa sera. Perché io a
differenza tua, non seduco le donne al primo appuntamento e poi le abbandono”
aggiunse con un tono di voce a metà tra il divertito e il seccato.
“Io non
abbandono le ragazze! È solo che mi piace assaggiare più piatti prima di
scegliere quello con cui fare il bis” si limitò a rispondere Eli con il suo
solito modo di fare.