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Autore: _diana87    27/12/2011    5 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Salve

Salve! Come avete passato questo Natale? Spero tutto ok!!

Approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno aggiunto questa storia nei preferiti, nelle ricordate e nelle seguite.

E ora un bel capitolo!

 

 

 

"Tu credi nel destino? Io ciecamente."

 

 

 

La dolce e fredda brezza della sera e successivamente della notte, ha lasciato spazio al calore inebriante del mattino. Quando i primi raggi del sole colpiscono il deserto, essi sono caldi, e a toccarli quasi ti bruci, ti disintegri. Mia madre mi raccontava spesso storie dei popoli orientali e io gli chiedevo perchè siamo noi gli occidentali e perchè dobbiamo essere così diversi gli uni dagli altri quando poi alla fine siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio? Un'altra domanda di cui tuttora cerco di dare risposta... ma ad essa si è aggiunto il perchè gli uomini combattono tra di loro se siamo fatti tutti della stessa pasta?

Questa mattina mi sono svegliata con una nuova sensazione. Mentre siamo sulle nostre gip e suv, dirigendoci verso Gerusalemme, mi tocco le labbra, ripensando a quel bacio della scorsa sera. Un bacio disperato, con l'intenzione di non consumarsi in fretta, ma che lentamente iniziava a prendere fuoco... e iniziava ad ardere proprio come fa il sole sul deserto a prima mattina. Ora riesco a capire la sensazione. Sorrido.

"Becks stamattina è di buon umore..." sento Esposito che spettegola con Ryan.

"Forse ha fatto un bel sogno!" risponde ingenuamente l'irlandese.

"Uhm più che sogno, io direi un bell'incontro... ieri sera..."

Alzo lo sguardo, riprendendomi e dò una botta ai piedi dei due amici che sono seduti avanti a me.

"La volete smettere! Sembrate due comari!" arrossisco lievemente e mi stringo con le mie braccia, rannicchiandomi.

"Allora perchè stai arrossendo?" continua l'ispanico.

"Ho caldo!" rispondo a metà tra l'essere scocciata e metà divertita "E poi non è vero che siete due comari, eh?"
Stavolta sono loro due a diventare rossi, sentendosi un po' imbarazzati. Mi mordo il labbro e mi arriccio una ciocca di capelli che pende da un lato, giocandoci. Anche Ryan e Esposito capiscono che li sto prendendo in giro, perciò si guardano, mettono le braccia conserte e si fingono generali, mettendo petto in fuori e pancia in dentro. Il loro atteggiamento del fingere di "non respirare" provoca una risata in me e negli altri 3 agenti di polizia che sono seduti insieme a noi. Gli uccellini hanno colpito di nuovo.

"La vogliamo piantare qua dietro? Non stiamo mica al circo!! Un po' di contegno!!"

Impeccabile come sempre, l'agente Tacker si affaccia dal posto di passeggero vicino al guidatore, che è McNeil, e ci ruggisce facendoci stare zitti. Ingrugna i denti come un segugio e poi guarda con quegli occhi neri e profondi, guardandosi a destra e a sinistra. Infine, richiude una specie di tenda che separa i due agenti da noi poliziotti.

"Pitbull si è arrabbiato..." dice Kevin sottovoce.

"...e quando lo fa diventa un Mastino!" conclude Javier, e poi si danno il cinque.

Di nuovo una risatina tra gli agenti, mentre il Mastino Tacker si affaccia di nuovo per farci star zitti, e tutto è calmo. Nessuno fiata.

"E dai, Tacker, lasciali respirare almeno... non sono mica agenti come noi!" McNeil, dal posto di guidatore, cerca di tenere a bada il Mastino.

"Signorsì signore."

Ecco che Javier e Kevin hanno dato un nuovo soprannome: il Mastino Tacker.

 

Arrivati nella base militare, subito ci fanno riunire con gli altri agenti comandati dal sergente Mike Douglas. All'inizio Douglas era stato assegnato a Tel Aviv e noi a Gerusalemme, poi si sono invertiti i ruoli. McNeil ha detto che "Fa parte del protocollo", senza però darci ulteriori spiegazioni. E così abbiamo seguito gli ordini. Gli scrittori e i giornalisti sono invece attesi nel pomeriggio. A loro è riservato un trattamento migliore, visto che sono più esposti al pericolo e non sono addestrati come noi. Non vedo l'ora di rivedere Rick...

"Ben arrivato, agente McNeil. Com'è andato l'addestramento a Tel Aviv?"
"Questi poliziotti sono ancora estranei al territorio, ma la tecnica ce l'hanno. Magari servirà ancora un po' di perfezionamento, sergente Douglas."

Samuel McNeil e Mike Douglas ci squadrano uno per uno, mentre noi ordinatamente siamo disposti in file e righe, corretti nel portamento, senza muovere un muscolo, senza guardarci intorno. Poi il sergente fa un passo avanti, mettendosi le mani dietro la schiena e schiarendosi la voce.

"Benvenuti a Gerusalemme. Questa non è una scampagnata, qui vedrete gente passarvi vicino tranquillamente e non sospettare nulla della vostra presenza, ma quando meno ve l'aspettate, preparatevi a venire a contatto con una bomba, donne kamikaze e mine antiuomo. L'agente McNeil vi fornirà in dettaglio quali sono i posti più pericolosi da evitare. Godetevi il soggiorno nella città santa."

Si congeda salutando McNeil, poi ci volta le spalle, incamminandosi verso la sua tenda.

"Che bel saluto di benvenuto..."
"Zitto, Ryan!" gli dò una gomitata, parlando come lui a bassa voce, a denti stretti, per paura di essere sentita.

McNeil ci guarda e aggrotta un sopracciglio.

"Questa è Gerusalemme, forza diamoci da fare."

 

Ho il cuore in tempesta, perchè il mio unico pensiero è rivedere il mio Rick. Ma degli scrittori e giornalisti nessuna traccia. Devo pensare ad altro, non voglio stare con il batticuore fino a quando non lo rivedrò. E nessuno vuole dirci nulla. Gli addestramenti proseguono anche qui, anche oggi dopo pranzo. Ma furbamente, sgattaiolo dagli armamenti e decido di esplorare un po' la zona. Ho rubato una cartina dalla tenda di McNeil, sperando non se ne accorga, e sto seguendo alcune tracce che lui ha segnato. Questa città non sembra essere così pericolosa. Eppure sono sempre le apparenze che ingannano. Da quest'altura dove mi trovo, fuori le mura della città, posso vedere al centro la famosa cupola della Roccia che si erge fieramente, col suo centro dorato. Con molta attenzione, scendo dall'altura, reggendomi su delle rocce e aiutandomi così a scendere, fino a seguire una specie di sentiero che mi porta nella città.

Anche qui la gente è come quella di Tel Aviv, solo meno "metropolitana" come città. Donne col velo, bambini che giocano per le strade, uomini che guidano macchine o taxi e che si fermano ad osservare le ragazze per le vie. Cautamente mi copro il viso anche io, allungando il mio velo di seta bianco che comprai al mercato qualche giorno fa, e me lo faccio cadere sopra le spalle, in modo da nascondere i capelli lunghi. Mentre passeggio e osservo i mercati e qualche negozio, sento gli sguardi dei passanti su di me e questo mi fa innervosire. Qualcuno parla in una lingua a me sconosciuta, indicandomi. Forse non è stata un'idea saggia allontanandomi dalla base...

"Anti americanyya?"

Sei americana? mi chiede un uomo, venendomi addosso di proposito contro la spalla e facendomi in parte un po' male. Io non rispondo e semplicemente continuo a camminare in avanti.

Ora anche le donne mi guardano male e si rinchiudono nelle loro case. Mi sento estranea nel vero senso della parola. Poi mi volto solo per vedere l'uomo di prima insieme ad altri due, che mi sta seguendo.

Continua ad andare avanti, piccola Kate, non voltarti.

Mi sembra di sentire la voce di mia mamma... ma poi scuoto la testa, questo è impossibile.

Non fare niente di stupido, non fare l'eroina.

Ora sento la voce di Rick nella mia testa.

Devo proprio stare male... forse il sole del deserto mi sta dando troppo alla testa... ma del resto siamo a Gerusalemme, c'è anche la Sindrome di Gerusalemme... vuoi vedere che torno a casa e sono convinta di essere un Messia?

Mi avvicino ad un muro di una casa... mi gira la testa... e la voce di mia mamma mi rimbomba in testa... mi accascio a terra... sto perdendo i sensi... e questi tre uomini sono davanti a me... chinati su di me... ma è tutto così scuro...

 

"Katie, non cacciarti nei guai... fai la brava bambina..."

"Ma mamma, io voglio solo giocare con quei bambini!"

"Quei bambini sono dei musulmani, Kate. E i loro genitori sono sospettati di essere responsabili di una strage avvenuta in Libano..."

"Che cos'è una strage?"

"Hanno fatto del male a delle persone innocenti, Katie..."
"Ma i bambini non c'entrano nulla, vero mamma?"
"Certo che no, bambina mia."
"E allora perchè non posso giocarci?"
"Perchè sono bambini cattivi. Tu vuoi stare dalla parte dei buoni o dei cattivi, Kat?"
"Quando sarò grande combatterò il crimine, mamma... diventerò una supereroina... come Wonderwoman!"

 

"Kate, riprenditi... riesci a sentirmi? Kate! Dottore, crede che si rimetterà?"
"Lo spero... forse le è mancata l'aria... non è facile respirare l'atmosfera di Gerusalemme."
I due uomini parlano a pochi metri da me. Apro a fatica gli occhi solo per scoprire di ritrovarmi di nuovo in un ospedale... sono proprio una fragile, non c'è niente da fare... a volte mi chiedo perché sto facendo la poliziotta se mi manca il fegato di affrontare certe persone che vogliono farmi del male?

"Oh si è ripresa..."

Samuel McNeil si avvina a me, sentendomi la fronte, e con fare molto paterno, lo vedo prendermi la mano e guardarmi con occhi preoccupati.

"Ma che t'è preso? Allontanarti dalla base così, senza dire nulla?"
"M-mi spiace... io..."
"Non farlo mai più!" mi dice e nel suo tono di voce, percepisco quello di un padre arrabbiato perchè sua figlia si è allontanata da casa e gli ha fatto prendere uno spavento.

"Kate, sono il dottor Amir..." l'uomo col camice bianco si avvicina porgendomi una medicina "l'agente McNeil mi ha detto che non è il primo svenimento. Magari è il sole del deserto a cui non sei abituata... hai una carnagione chiara. Questa è una medicina utile per i giramenti di testa, la consigliamo per i turisti in visita a Gerusalemme che svengono e poi si risvegliano in ospedale convinti di essere il Messia!" ride e McNeil fa lo stesso.

"La Sindrome di Gerusalemme." dico sorridendo.

"Sì proprio quella. Per fortuna a te non è successo. Nel sonno però chiamavi tua madre..." dice il dottor Amir, guardandomi e sicuramente starà pensando che sono una povera ragazza orfana che non sa cosa fare senza una figura maschile al suo fianco.

"Beh vi lascio soli."
Il dottore si congeda, mentre Samuel si siede sul lettino dove mi sistemo comoda, per vederlo in viso. Sospira.

"Ah Kate, cosa devo fare con te?"

Ingenuamente alzo le spalle arricciando la bocca, come una bambina.

"Tu credi nel destino? Io ciecamente." gli dico, dopo qualche secondo. Lui mi guarda come se avessi appena detto la più grande stronzata del mondo. "Mia madre mi raccontava sempre storie di mediorientali... di come siano diversi da noi... e io non ci credevo, perchè non volevo crederci... c'erano bambini musulmani nella mia classe alle elementari... ma lei mi impediva di giocarci perchè i loro genitori erano dei terroristi..." rido nervosamente, giocherellando con il panno del lenzuolo "...prima ho sentito la sua voce, quando ero inseguita da quei tre uomini e credo che lei mi stesse avvertendo del pericolo... di non fidarmi di loro... perchè non sono buone persone... è assurdo, lo so, ma ho come avuto la sensazione che lei fosse qui, con me." lo guardo e lui si allontana come se iniziasse a pensare che sono veramente matta.

Il mio è uno sguardo di disperazione... in quel momento avrei tanto desiderato la mamma accanto a me... a proteggermi...

"Kate, io sono un uomo razionale e non ho mai creduto a queste cose in seguito alle perdite che ho subito nella mia vita ma... quando vedo una persona fragile come te, non posso che---"

"Fragile?! Tu pensi questo di me??" lo interrompo prima che possa finire, furente e gli punto il dito contro. "Perchè tutte le persone sono così interessate a salvarmi? Prima Rick che mi accusa delle scelte che faccio in campo amoroso, poi tu che fingi di essere mio padre per colmare il vuoto che hai dentro... per aver perso una figlia... io---" mi blocco appena vedo il suo sguardo.

Prima o poi la verità doveva venir fuori, ma l'ho ferito. Così come avevo ferito Rick con quel "You wanna know what we are? We are over." E' più forte di me. Quel muro che ho dentro... non so quando verrà abbattuto, perchè continuo a costruirne sempre uno più forte.

"Hai ragione, Kate, scusami." Samuel si mette le mani avanti e imbarazzato si gratta la testa "Volevo solo dirti che quei tre uomini che stavano cercando di violentarti, erano ex terroristi di una strage nel Libano meridionale avvenuta nell'87."

Un colpo di fulmine mi colpisce. Un lampo mi attraversa. E in attimo rivivo la scena con mia madre nel momento della mia semi-coscienza. Quei bambini con cui volevo giocare da piccola... i loro genitori... sono gli stessi che volevano abusare di me oggi?!

Coincidenza, caso, destino. Io ci credo ciecamente e adesso lo so.

"Sono loro quei padri di quei bambini con cui volevo giocare quando ero piccola." gli dico e poi lui mi guarda "Adesso credi nel destino? Io ciecamente." concludo fermamente.

   
 
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