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Autore: La Chiave di Do    30/12/2011    3 recensioni
Protagonisti il Beatle George Harrison e la moglie, la bellissima modella Pattie Boyd, durante lo sfiorire del loro amore e l’apparire nella loro storia del chitarrista Eric Clapton, questo racconto reinventa il triangolo rock piu’ stupefacente della storia: due amici, due rockstar, la dea musica, un duello d’amore e lei, la musa: Layla.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
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IX
You've been running and hiding much too long

 

 

 Senti’ suonare alla porta.
I passi di George che fin troppo calmi scendono le scale per andare ad aprirla: chi era fuori ad aspettare a quel ritmo se ne sarebbe andato se lui non si fosse sbrigato o questo penso’ Pattie fino a quando non senti’ la voce del marito salutare il nuovo venuto…
“Buon pomeriggio, Eric”
Eric. Non l’aveva piu’ visto da quella sera a casa sua, né aveva avuto sue  notizie, e ad essere del tutto sincera avrebbe voluto non averne piu’: aveva quasi smesso di pensare a quelle sue parole, di trovarsi a riscrivere le proprie risposte di quel giorno, di fare sogni strani e incubi di solitudine eterna, e ora si scopriva a spiare il suono dei suoi passi giu’ nell’entrata, appollaiata come una bambina in cima alla scala, desiderosa e terrorizzata all’idea di un saluto.
 
Eric lascio’ cadere pesantemente la custodia di chitarra che portava con sé sul divano e vi giro’ attorno sempre senza dire una parola per aprirla: era bellissima, color crema, il battipenna candido e un plettro blu marmorizzato infilato di sbieco della paletta recante una scritta nera; Fender Stratocaster. George sorrise appena a quella vista, allungo’ una mano, quasi in adorazione, ma non la tocco’; ando’ invece all’angolo della stanza e prese la propria dal cavalletto sul quale era appoggiata coperta da un panno verde scuro, un’altra Fender, dipinta di rosso e decorata a mano dei colori piu’ strani, irriconoscibile per le innumerevoli modifiche. La adagio’ sulla poltrona prendendo posto come aveva fatto l’altro e senza fretta prese due bicchierini da un mobiletto di legno e una bottiglia di scotch; Eric lo fermo’ con un cenno della mano e George sostitui’ i bicchierini con due boccali alti e sottili, la bottiglia con una caraffa di thè freddo preparata da Pattie per combattere caldo e fantomatici chili di troppo.
Si sedettero l’uno di fronte all’altro, le Fender sulle ginocchia:
“Dunque non desisti…” disse George scuotendo la testa.
Eric non rispose, sorrise appena; portava i capelli legati e sembrava rasato di fresco, indossava un elegante completo color panna e una camicia di seta azzurra. Anche George aveva legato i capelli e anche lui sembrava vestito a festa, di velluto e colori sgargianti. A Pattie, ancora silenziosamente arroccata sulla cima delle scale, parvero due giovani pavoni.
I due collegarono gli strumenti a due piccoli amplificatori, poi bevvero avidamente un bicchiere della bevanda ambrata, come fosse l’ultimo della loro vita; George con un cenno incito’ l’altro a cominciare.
Dopo un sospiro le dita di Eric di mossero’ leggere e terribili sulle corde metalliche, lasciandone scaturire un riff triste e lancinante. S’interruppe brusco.
George sorrise vagamente beffardo e rispose proseguendo sulla sua medesima linea blues e furiosa, ma sottraendole un po’ di tristezza, come se nella malinconia ci fosse posto per un’ombra di speranza, un’infallibilità soffusa. Tre sole note di Slowhand, calibrate in un bending preciso e lentissimo, riportarono quell’assolo combinato alla disperazione iniziale. Harrison non resistette: se avesse voluto continuare avrebbe dovuto seguire una nuova linea… le dita iniziarono a danzare piu’ in alto sulla tastiera, piu’ rapide e profonde, in un giro ancora  tipicamente blues ma rigorosamente in maggiore.
Sulle prime l’altro sembro’ trattenersi dallo sbuffare, ma poi lo segui’ in quella nuova corsa, sovrapponendosi in un assolo semplice e raffinato che riusciva ad amalgamare al nuovo ritmo quell’angoscia che sembrava voler imporre.
Solo allora Pattie capi’: era un duello.
Sin dall’inizio non erano servite parole, suo marito aveva già capito dall’eleganza e dalla durezza con la quale lo sfidante si era presentato, o forse erano d’accordo da tempo per quell’incontro…
Una cosa sola non capiva: qual’era l’oggetto del contendere, quale il premio? Non c’era nessuno a guardarli, non era la vittoria in sé ad assetarli. Ma forse in cuor suo, fra le lacrime di commozione e il tremore che la scuotevano, aveva già capito.
Scese le scale, lentamente, coperta unicamente da una vestaglia azzurra, a piedi nudi, spettinata e in lacrime. Non appena arrivo’ in salotto la musica, divenuta quasi assordante, cesso’ di colpo: entrambi la guardavano, come se s’aspettassero qualcosa da lei. Balbetto’ qualcosa d’incomprensibile e prese il bicchiere di George per berne l’ultimo sorso di thè, poi ando’ e lo porto’ in cucina dove la sentirono singhiozzare.
“Arrivederci George” disse Eric allora allungandogli una mano. Quello la strinse e si alzo’ a rimettere la propria chitarra al suo posto. Eric fece lo stesso e se ne ando’ senza una parola di piu’.


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Capitolo di media lunghezza ma molto concentrato, probabilmente un po' pesante.
Mi scuso per il ritardo con cui lo pubblico, sapete che di solito sono molto rapida, ma anche la mia vena scrittoria è andata in vacanza per Natale. Spero ve lo gustiate insieme alle lenticchie!

Un bacio e tanti auguri
Kei

   
 
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