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Autore: Botan    30/12/2011    3 recensioni
“Là dove c’è luce, si annida sempre l’oscurità, nera come pece. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno conosciuto la paura dell’oscurità. Ma un giorno, grazie alla spada di un cavaliere capace di fendere le tenebre, gli esseri umani ritrovarono la luce della speranza.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eroi

                                       Eroi

                                        #27

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Afferrò l’ennesimo biscotto e in un lampo mandò giù sotto lo sguardo esterrefatto dell’amica.

A dire il vero era da un po’ che la stava fissando con un certo stupore.

- Quand’è stata l’ultima volta che hai mangiato? – domandò finalmente Asami a Kaoru, e quest’ultima come se nulla fosse, tra una mangiucchiata e l'altra rispose:

 

- Un’ora fa, credo. – poi guardò la rossina – Perché me lo chiedi? C’è forse qualcosa che non va?

 

- Questo veramente dovresti dirmelo tu.

 

- A me sembra tutto normale. – replicò semplicemente.

 

Asami inarcò le sopracciglia in segno di stupore. – Kaoru, ma stai forse scherzando?! Da quando sei arrivata a casa mia, ti sei mangiata una scatola intera di cioccolatini, bevuto tre bicchieri di latte e finito quasi questo pacco di biscotti alla vaniglia. Ti sembra forse normale?

 

L’artista si guardò intorno. Sul tavolinetto c’erano carte di cioccolatini ovunque. – Davvero ne ho mangiati così tanti? Non me ne sono neppure accorta.

 

- Ma io sì! – La Shinohara scosse il capo. Evidentemente doveva esserci qualcosa che non andava. Ci rimuginò su con le braccia conserte, finché non le arrivò il fatidico responso. Iniziò a squadrare l’amica da capo a piedi, strinse gli occhi tra due fessure, dopodichè cercando di non essere troppo indiscreta disse: - Non sarà che…- si fermò, non sapeva se finire la frase. Kaoru avrebbe potuto anche reagire male.

 

- Che? – ribadì la mora, con l’aria perplessa, mentre sgranocchiava l’ennesimo biscotto. Il profumo della vaniglia era così inteso da avvolgerla completamente. – Hanno davvero un buon sapore questi biscotti. Avevo proprio voglia di vaniglia! -sorrise ignara e felice, mentre la rossina scattò seduta stante in piedi.

 

- Voglia! Hai detto proprio la parola giusta!

 

- Beh, che c’è di strano? – continuava tutto sommato a non capire le frecciatine che Asami stava tentando in tutti i modi di lanciarle.

 

Stufa di ciò, la Shinohara si sedette, si incrociò le braccia al petto e guardandola dritta negli occhi dichiarò apertamente: - Kaoru, tu sei incinta!

 

A momenti quel pezzo di biscotto che teneva in bocca non finì per strozzarla. Tossicchiò energicamente, si colpì in petto con una mano, e poi bevve di colpo.

- Ma come ti salta in mente?! – Tentò di farsi aria con le mani, di restare calma.

 

- Ma ragiona… Hai sempre fame, in più ti vengo pure le voglie, mi sembra scontato.

 

- A me no! – Kaoru divenne subito furibonda nei riguardi dell’amica. – E’ solo un periodo, tutto qui. Oltretutto, tu mi conosci, e sai come la penso su determinate cose.

 

Asami si mise pensierosa, poi affranta sospirò: - Già, è vero. Tu sei la purezza fatta a persona, non faresti mai un figlio senza avere la fede al dito. – sospirò ancora, si sentiva a momenti dispiaciuta. – Un vero peccato… speravo proprio di diventare zia.

 

- Lo diventerai quando sarà il momento. – sbottò l’artista piuttosto irritata.

 

- Però cerca di non farmi diventare troppo vecchia. Voglio essere una zia giovane e bella! – Quella rossina era proprio un tipo stravagante. Tuttavia, nonostante le due avessero caratteri diametralmente opposti, si volevano un gran bene.

 

 

 

Per strada, nel ritornare a casa c’era qualcosa che Kaoru non riusciva a smettere di pensare.

Se veramente fosse stato il contrario, se ciò che sosteneva Asami fosse stato vero, Kouga come avrebbe reagito ad una simile notizia? Ne sarebbe stato entusiasta, oppure si sarebbe di colpo preoccupato?

Provò ad immaginarsi la scena, o un suo surrogato molto astratto, però la reazione del ragazzo era l’unica cosa che al momento le risultava più confusa.

Avrebbe sorriso? Avrebbe pianto? O nella più strampalata delle ipotesi sarebbe svenuto? Il pensiero di vederlo colare letteralmente a picco la fece sorridere di gusto.     

Eh già, doveva trattarsi di una scena veramente buffa!

 

Poco più in là, sul ciglio della strada, legato ad un palo c’era un piccolo cagnolino peloso, con le orecchie dritte ed il pelo color caramello. Aveva l’aria triste, il musino appoggiato sul selciato accanto ad un pallone rosso.

Kaoru lo intravide, poi iniziò a guardarsi intorno, ma la strada era deserta. Si avvicinò lentamente, senza spaventarlo, e poggiò le ginocchia al suolo.

 

- Chi ti ha lasciato qui, piccolino? – disse, nella vana speranza di intravedere il proprietario di quella tenera creatura. Il guinzaglio era ben legato al palo, sembrava quasi che qualcuno lo avesse lasciato lì di proposito, già, ma perché? Forse il suo padrone non poteva più tenerlo, un cane di quella portata, prevedeva un certo impegno. Sì, era solo un cucciolo, ma poi sarebbe cresciuto, e non solo anagraficamente.

Provò a guadagnarsi la sua fiducia porgendogli una mano sotto il muso. Voleva fargli capire che di lei non doveva avere paura, che si poteva fidare. La creaturina l’annusò, poi iniziò con tenerezza a leccarle le dita. Kaoru si sentì letteralmente sciogliere. Lo accarezzò con affetto, ma nel ripensare a colui o colei che lo aveva lasciato lì, tutto da solo e in una strada poco trafficata, provò un moto di rabbia. – Come si fa a lasciarti in un posto come questo? E’ una vergogna! – sbottò, poi vide che il cucciolo aveva un collare con tanto di medaglietta. La raccolse con le dita, inciso c’era scritto un nome. - Nacchan. – lesse a voce alta – Così, sei un maschietto, eh? – gli accarezzò il capo energicamente, poi vide che dalla parte opposta di quel ciondolo dorato c’era scritto dell’altro. Si trattava di un indirizzo, e quasi certamente il cagnolino prima di venire abbandonato doveva abitare lì. Gettò un occhio all’orologio da polso, poi storse il naso. – Adesso è tardi per riportarti a casa tua. – Ma Kaoru non poteva lasciarlo lì, al freddo e all’intemperie, a morire di fame. Non ci pensò troppo a lungo, prese con sé la palla rossa, e slegandolo da quel palo decise di portarlo con sé.

A Kouga di sicuro non avrebbe dato fastidio, oltretutto la permanenza in villa Saejima di Nacchan sarebbe durata al massimo un paio d’ore. Il tempo di pranzare, finire l’ultima pagina del suo ennesimo libro illustrato, e poi lo avrebbe riportato dal suo vero proprietario.

Infondo, era solo un tenero ed innocuo cucciolo.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Era salito per tre volte sul divano, aveva morso e cercato di tirare giù le tende che ricoprivano il finestrone, si era divertito a giocare con dei cuscini e a riversarne il contenuto lungo tutta la hall, aveva perfino tentato di fare la pipì sul tappeto che stava nello studio di Kouga. Gonza ormai non ce la faceva più a stargli dietro. E purtroppo Kaoru era troppo impegnata a finire l’ultima illustrazione di quel libro, per dare una mano al povero maggiordomo. Ma la cosa peggiore, era che Kouga, non essendo ancora rientrato, non sapeva assolutamente nulla del tenero ma fin troppo vivace Nacchan.

Gonza doveva ripulire ad ogni costo la hall prima dell’arrivo del signorino, altrimenti sia lui che Kaoru avrebbero passato un gran brutto quarto d’ora.

Il cagnolino correva senza freni per tutta la sala, ma più Gonza cercava di rimettere ordine, più lui credendo che l’umano volesse giocare, continuava a sporcare.

L’uomo era esausto, e quando il portone della villa si spalancò all’improvviso, capì che ormai non c’era più nulla da fare.

 

- Che cos’è tutta questa confusione? – chiese immediatamente Kouga, non potendo fare a meno di notare quel disordine.

 

Il buon Kurahashi tremolò, ma non ebbe il tempo di parlare, di spiegargli pacificamente la questione. Nacchan irruppe come una trottola impazzita nell’atrio, abbaiando allegramente, e nella foga urtò un enorme vaso pieno di fiori facendolo crollare al suolo.

Fu un disastro. L’ennesimo. L’acqua si riversò ovunque, i cocci ormai rotti si sparpagliarono sul pavimento, e a Kouga, proprio come c’era da aspettarselo, tutto ciò non piacque.

Chissà per quale oscura ragione, non aspettò neppure che il maggiordomo gli avesse raccontato tutto, lo fissò solamente, come a voler dire qualcosa. Il buon uomo capì al volo, e così rispose balbettando: - E’di sopra.

Si diresse subito nella camera in cui Kaoru teneva i suoi strumenti da disegno, e senza bussare la spalancò di colpo.

La ragazza ebbe un sussulto, si alzò in piedi, e stranita cercò di parlare, ma l’altro la precedette.

 

- Che ci fa quell’animale in casa? – dal tono della voce si capiva benissimo che non era affatto entusiasta.

 

C’era proprio aria di tempesta, pensò impaurita.

- L’ho trovato per strada, ma ha un padrone! – asserì subito, quasi a volerlo rassicurare.

 

- Riportalo immediatamente a casa. – sentenziò, facendole capire che non avrebbe accettato un “no” come risposta.

 

- Finisco di lavorare, e poi…

 

- Adesso. – pretese il signorino, sempre più irritato.  

 

- Ma ora non posso…! – tentò di giustificarsi con affanno- Se non finisco questo disegno entro stasera, il mio datore di lavoro si arrabbierà con me. Ho una scadenza da rispettare.

 

- Dovevi pensarci prima.

 

Kaoru ebbe un moto di stizza. - Ma perché ti comporti in questo modo? E’ soltanto un povero cucciolo che qualcuno ha deciso di abbandonare in una strada. Non ti dispiace neppure un po’?

 

- Mi avevi detto che aveva un proprietario. Se è stato abbandonato, presumo che non lo rivorrà più indietro. – le fece notare Kouga, e con una certa rigidezza.

 

Lei si impuntò le mani sui fianchi. – E se anche fosse? Qual è il problema? 

 

- Il problema è che qui non può stare.

 

Kaoru s’impuntò ancor di più.

- Perché?

 

- Sta distruggendo la casa.

 

- Pulirò io, se questo è quella che ti spaventa.

 

- Mi spaventa il fatto che quell’animale possa restare qui.

 

- E allora? Me ne occuperò io, non te ne accorgerai nemmeno! – non appena ebbe finito di pronunciare quelle parole, si udì un tremendo fragore. L’ennesimo vaso di porcellana rotto da Nacchan.

Kouga si girò verso Kaoru con un’aria praticamente arrabbiata. – Riportalo indietro. E subito!

 

Alla ragazza quel modo di fare così freddo non piacque neppure un po’. Finì per irritarsi ancora di più nei riguardi di quel giovane che a quanto pare non provava nessun tipo di compassione verso quella povera creatura.

Non riuscì a trattenersi, e così gli urlò in faccia –Sei solo uno stupido egoista! - prese fiato, ed aggiunse – Se sei ancora qui, devi ringraziare Gonza che si è preso cura di te quando sei rimasto orfano!

 

Kouga fu investito da quelle parole, non disse nulla, in qualche modo la frase lo aveva azzittito. La vide uscire dalla stanza, ma prima di raggiungere le scale, ella si voltò e aggiunse: - Altro che sorrisi o svenimenti! Sono sicura che tu resteresti impassibile, come sempre! – sbraitò, riferita alla questione legata ad una sua futura gravidanza, ma ovviamente lui non poteva saperne niente.

 

- Che stai dicendo?

 

- Che sarai un padre insensibile! – sbottò furibonda, dopodichè senza aggiungere altro si avviò verso il piano terra e cercò il cucciolo con lo sguardo. – Nacchan? – chiamò, e quasi subito lo sentì abbaiare. Il piccolo le corse incontro, ma poi ritornò nel salottino. – Dai Nacchan, dobbiamo andare! – disse, poi lo inseguì. Vide che con il musino faceva rotolare il pallone che Kaoru aveva trovato accanto a lui. Si fletté sulle ginocchia e raccolse la sfera tra le mani. – Non possiamo giocare ora. – fece, ma quel cucciolo la guardava con degli occhioni talmente dolci che un rifiuto sarebbe stato impensabile. – E va bene – assentì – ma te la lancio solo una volta, ok? – Nacchan abbaiò scodinzolando allegramente mentre la vedeva tirare in aria quel pallone rosso come il fuoco. La palla toccò terra, il cucciolo la inseguì ma subito dopo rimbalzò ancora, prima sul tavolinetto posto accanto alla vetrata di una finestra, e poi ahimé nella vetrata stessa. Il fragore del vetro rotto attirò subito l’attenzione del maggiordomo. Kaoru impallidì, afferrò Nacchan con entrambe le mani, e con la bestiola tra le braccia sgattaiolò via.

- Ci vediamo stasera, Gonza! – sorrise a denti stretti incrociandolo nella hall, poi corse subito verso il portone di casa. Era stata così rapida da non permettere al maggiordomo di rispondere al saluto.

E quando Gonza entrò nel salottino e vide il vetro della finestra ridotto in frantumi, sgranò gli occhi e in preda alla disperazione si lasciò cadere sul divano.

 

 

 

Dopo aver recuperato il cosiddetto “corpo del reato”, ovvero quella palla, si avviò giù in città con tanto di Nacchan al seguito. Doveva riportarlo dal suo proprietario che, sfortunatamente, abitava in un quartiere mai visitato prima d’ora.

Difatti nel trovarlo ebbe non poche difficoltà.

Le stradine erano deserte, chiedere informazioni non sarebbe stato possibile, e con tutti quei vicoli, quelle diramazioni che sfociavano in altri quartieri e stradine varie, si poteva facilmente perdere il senso dell’orientamento. La ragazza si fermò un attimo per guardarsi attorno. Una strada per lei assomigliava all’altra, e di questo passo avrebbe perso solo tempo.

Era ormai pomeriggio inoltrato, e sia lei sia Nacchan stavano iniziando ad avere fame. Si passò una mano tra i capelli guardandosi ancora intorno. Sbuffò, il cagnolino ormai si era completamente sdraiato a terra, con tutto quel tragitto doveva essere stanco.

Eppure Kaoru, durante il cammino non si era accorta di un particolare estremamente importante: qualcuno la stava pedinando.

Avvertì un fruscio dietro le sue spalle, la strada era completamente isolata, e quando si voltò, stentò a credere ai suoi occhi.

Un Orrore dalle fattezze molto più umane che mostruose si trovava d’innanzi a lei.

Paralizzata dallo spavento, non riuscì ad indietreggiare subito. Mosse il primo passo dopo aver ripreso il totale controllo del proprio corpo, ma la voce dell’essere la bloccò.

 

- Aspetta, non scappare! – le afferrò il polso e la trattenne lì, ma senza fare troppa pressione.

 

- C-cosa vuoi? – balbettò l'umana, il cuore le batteva all’impazzata, la paura unita allo sgomento le impediva di reagire. Tutto era successo in una maniera troppo veloce, imprevedibile.

 

- Devi aiutarmi!

 

Quelle parole risuonarono nell'aria come un grido di speranza. Kaoru si sentì sempre più confusa. Un Orrore le aveva appena chiesto aiuto, sembrava una cosa strana, assurda, dalla bocca di quelle infide creature non usciva mai nulla di buono, e lei questo lo sapeva. Si dimenò ancora, con più slancio – Lasciami andare!

 

- Devi aiutarmi! – ripeté ancora – Non ti farò del male, te lo prometto, ma fidati di me... sei la mia ultima speranza!

 

Kaoru ebbe un sussulto, in quella voce c'era qualcosa di strano, non era uguale a quella degli altri Orrori, sembrava più... più umana. Scosse il capo, non doveva farsi abbindolare, voleva andare via, si dimenò ma era impossibile sfuggire a quella presa.

- Nacchan! Almeno tu scappa via! – esclamò rivolta al piccolo cucciolo, ma lui continuava a fissare l’Orrore con un certo interesse.

 

- Ho legato io quel cane vicino al palo, e ho fatto in modo che tu lo trovassi perché ho bisogno del tuo aiuto. - disse all'improvviso l'essere. Ma come faceva a sapere del cane, del palo e di tutto il resto? Da quanto tempo la stava seguendo?

 

- Non ti credo! Tu sei un Orrore, e il tuo principale scopo è quello di divorare le persone.

 

- Ti sbagli invece! Io… - la tetra figura chinò il mento, lo sguardo gli divenne triste – io sono ancora un umano.

 

La figlia di Yuuji restò quasi sconcertata da quella dichiarazione. Scosse il capo, non poteva essere vero, doveva trattarsi di una trappola, di un inganno, e ne era più che convinta finché non accadde una cosa inaspettata. La stretta al polso allentò, la creatura la lasciò libera, poi flettendo le ginocchia verso terra e guardando Nacchan gli tese una mano. Il cucciolo senza pensarci su neppure un istante si avvicinò, annusò quella pallida mano e poi gioiosamente prese a scodinzolare. – Riconosci ancora il mio odore, vero Nacchan? – gli accarezzò affettuosamente il capo, sembrava sentirsi a suo agio, sembrava riconoscere in quella figura che un tempo era umana qualcuno a lui familiare.

Kaoru sapeva benissimo che l’istinto di un cane in qualsiasi circostanza non aveva mai fallito. Ma allora chi era quell’Orrore? E soprattutto, diceva il vero? E poi se avesse voluto davvero farle del male, non l’avrebbe mai lasciata libera di andare.

Pur mantenendo la difensiva, cercò di parlargli. – Tu… conosci questo cane?

 

- L’ho comprato io tre mesi fa per fare un regalo alla mia ragazza.

 

Kaoru si sentì confusa. – Non capisco… perché lo hai legato a quel palo? E io, che…

 

L’essere si alzò in piedi. – Ti spiegherò ogni cosa, ma prima togliamoci da qui. C’è troppa luce, e qualcuno potrebbe vedermi.

 

A dire il vero l’artista era titubante. Non sapeva se andare con lui oppure correre via. Però, visto il modo in cui Nacchan lo guardava, si convinse che l’Orrore non poteva averle mentito.

Quando entrambi raggiunsero un vicoletto al riparo da sguardi indiscreti, la creatura iniziò il suo racconto.

- Tre mesi fa portai la mia ragazza fuori a cena. Era il giorno del suo compleanno, e la sera prima di riaccompagnarla, feci in modo di farle trovare Nacchan davanti al portone di casa. Lei era raggiante, non l’avevo mai vista così entusiasta. Decidemmo insieme il nome, poi ci salutammo ed io andai via. Ero molto felice quel giorno. Volevo iniziare una nuova vita insieme a lei, non desideravo altro, ma poi... Non ricordo bene come e quando successe ma, qualcosa sbucò all’improvviso dal terreno, e mi afferrò per le gambe. Caddi a terra, cercai di urlare, ma la voce ad un tratto venne meno. Persi i sensi, e quando riaprii gli occhi ero confuso, dolorante, mi rialzai, ma qualcosa non andava. Ero stordito, eppure sentivo che in me c’era qualcosa di diverso. Mi resi conti che non ero più io quando la mia immagine si specchiò nella vetrina di un negozio, ma non volevo, non potevo credere che quella cosa ero io. Corsi a casa, cercai uno specchio, e fu solo a quel punto che dovetti arrendermi alla realtà. Questa pelle bianca, questi occhi rossi, e queste ali nere sulla schiena fanno di me un demone, un… Orrore, come mi hai chiamato tu. – Quando l’essere ebbe finito, Kaoru provò dentro di se un forte senso di tristezza. Non le era mai successo prima d’ora di incontrare un Orrore che di mostruoso possedeva solo l’aspetto.

 

- Gli Orrori sono creature che si cibano di noi umani – fece, poi cercò di aggiungere dell’altro, ma la bestia aveva già capito il senso di quella frase.

 

- La prima volta che cercai di attaccare un umano, qualcosa dentro di me mi disse che era sbagliato. Probabilmente il mio lato ancora buono. Così, da quel giorno iniziai a nutrirmi di carcasse o resti di animali morti.

 

- Ma… perché io? Come dovrei aiutarti?

 

- Ho fatto delle ricerche, so che hai un legame con colui che gli Orrori chiamano “Garo” il Cavaliere D’Oro, e in un certo senso tu sei più preparata a questo genere di cose. Se avessi tentato di avvicinarmi ad una qualsiasi persona, non mi avrebbe mai creduto e soprattutto capito fino in fondo.

 

La giovane Mitsuki annuì. – Co perfettamente quello che vuoi dire. – Finalmente anche lei come Nacchan si sentiva più a suo agio. Aveva capito che in quell’essere demoniaco si celava un cuore umano che riusciva a provare ancora amore verso gli altri. – Cosa vuoi che faccia esattamente?

 

- Da quella sera non ho rivisto più Mei, la mia ragazza. Non potevo presentarmi da lei in questo stato, si sarebbe spaventata. E per tutto questo tempo non ho fatto altro che spiarla di notte nascosto tra le fronde di un albero che si trova accanto alla finestra della sua camera. Ha sempre lo sguardo triste, e ora sorride raramente. Dovevamo sposarci il prossimo anno, ma il destino con noi è stato crudele. – Gli occhi rosso rubino dell’Orrore divennero tristi, assieme ai suoi anche quelli di Kaoru si velarono. E per un istante provò ad immedesimarsi in Mei, e allora capì che il dolore per la perdita improvvisa di qualcuno che ami non potrà mai trovare una sua fine. – Ho bisogno che tu le parli al posto mio, che le dica di non preoccuparsi perché sto bene, ma che non posso più tornare da lei, e che nonostante tutto, qualsiasi cosa accada io continuerò a vegliare su di lei, continuerò… ad amarla.

   

Kaoru non sembrava convinta da quel discorso, tuttavia annuì. – Lo farò, ma se io le parlassi di te, sono sicura che lei…

 

- No, non capirebbe. Una persona non potrebbe mai innamorarsi di un mostro come me.

 

- Ma il tuo corpo non ha subito una metamorfosi completa. Paragonato agli altri Orrori, tu sei finora quello che ha un aspetto più umano, più…

 

- Guardami bene! Ti sembro forse un umano? Io… non so più cosa sono. – si portò le mani nei capelli, avrebbe voluto piangere ma trattenne quelle lacrime. Poi qualcosa attirò la sua attenzione: un pericolo imminente nei paraggi. – Sta arrivando! – esclamò mettendosi in allerta. – Quel Cavaliere d’Oro sarà qui a momenti, devo andare.   

Anche Kaoru ebbe un sussulto. Sapeva benissimo che se Kouga l’avrebbe trovato lì, le cose si sarebbero messe male. Si trattava pur sempre di un Orrore, e lui aveva il compito di ucciderli.

Annuì perché sapeva che quella creatura non avrebbe fatto mai male a nessuno.

- A proposito – disse l’essere poco prima di spiccare il volo e sparire – Io mi chiamo Daigo.

 

Lo guardò scomparire, e anche se ancora confusa sapeva che doveva darsi da fare. Girò l’angolo, intravide Kouga che arrivava in lontananza. Kaoru non aveva nessuna intenzione di incontrarlo. Primo perché a causa di Nacchan c’era stato tra di loro quell’acceso diverbio, e secondo perché sempre a causa di Nacchan aveva procurato la rottura di quella finestra e poi era corsa via senza neppure dare giustificazioni. Nel ricordarsi di ciò, e nel vedere che la palla, il corpo del reato, si trovava proprio tra le sue mani, capì che doveva assolutamente occultarla. Si fece prendere dal panico, e in tutta fretta la nascose sotto il maglione bianco che indossava.

Ovviamente Kouga aveva già visto Kaoru, e proprio come c’era da aspettarselo la raggiunse di corsa.

 

- Che ci fai qui? – chiese, burbero come al solito. Poi gettò un occhio al cagnolino.

 

- Sto riportando Nacchan a casa come mi avevi ordinato. – sottolineò quella parola in modo particolare, perché voleva semplicemente fargli capire che aveva adottato con lei un attegiamento veramente scortese. 

 

Kouga cambiò subito discorso. Molto probabilmente aveva capito di essersi comportato male. – C’è un Orrore nelle vicinanze. Faresti meglio a tornare a casa.

 

Kaoru restò pressoché allibita. – Vuoi dire che tu… - biascicò, ma si trattenne in tempo. In realtà credeva che Kouga fosse arrivato lì semplicemente perchè Zarba gli aveva riferito che Daigo si trovava con lei. Stranamente all’anello quel particolare era sfuggito. Si sentì quasi più sollevata, anche perché in questo modo non sarebbe stata costretta a dare spiegazioni.  – Ad ogni modo, ormai sono qui, e se torno a casa dovrei portare anche Nacchan con me, ma presumo che tu non sia d’accordo.

 

- Non importa, va bene. – dichiarò sotto lo sguardo attonito della giovane.

 

- Oggi non eri così d’accordo, anzi. Ti sei pure arrabbiato. 

 

- Perché tu hai preso una decisione senza interpellarlo. – s’intromise Zarba, che durante il dialogo aveva prestato attenzione.

 

- Ma se tu non me ne hai dato neppure il tempo! Sei entrato in camera mia e ti sei messo subito ad urlare.

Kouga non ribatté, sapeva che il suo comportamento non era stato dei migliori, come sempre aveva reagito seguendo l’impulso, ma al posto suo, nel vedere cocci di vasi rotti a terra e disordine ovunque, chi non l’avrebbe fatto?

Ad ogni modo, l’attenzione gli ricadde su quel qualcosa che Kaoru teneva nascosto sotto la maglia.

 

- E’ con quella che hai rotto il vetro della finestra? – dichiarò senza preavviso, perché la cosa ormai era più che evidente.

Kaoru era stata scoperta, certo, infondo sperava che la palla sotto la maglia non si notasse molto, ma era praticamente impossibile non vederla. Si grattò la guancia come per tergiversare, ed iniziò ad esprimersi con una certa indecisione. – Veramente, è successo per uno sbaglio… - biascicò, ma non seppe dire altro, trovare una giustificazione adatta senza farlo ulteriormente arrabbiare non era per niente facile.

Una tenera vecchina dal viso gioioso passando di lì si fermò di fianco a Kouga. Affettuosamente gli batté una mano sul braccio, e poi con modi molto educati gli disse: - Mi raccomando giovanotto, in questo periodo cerchi di starle molto vicino e non la faccia stancare. Le donne incinte vanno trattate con premura e tanto amore! – dicendo ciò, sorrise bonariamente ad entrambi e poi si rimise in cammino. Era ovvio che la vecchina aveva frainteso tutto, scambiando quella palla che la ragazza teneva nascosta sotto la maglia per una pancia da perfetta donna incinta.

Zarba ridacchiò con gusto, mentre la giovane Mistuki si tolse immediatamente la palla da sotto il maglione. Nel farlo tenne gli occhi ben piantati in terra, era in evidente imbarazzo, così non aggiunse nulla. 

Nel silenzio generale Kouga disse senza preavviso: - Poco prima di andartene, oggi hai detto delle cose strane.    

Certamente si riferiva alle parole usate da lei durante il breve litigio avvenuto nella villa.

 

- A dire il vero, io volevo parlarti di una cosa… - rispose Kaoru, però era troppo imbarazzata per spiegargli la questione. Avrebbe fatto prima a formulare quella domanda in un sol colpo, senza magari pensarci troppo, però temeva la risposta di Kouga.

D'altronde, lui avrebbe anche potuto mostrare indifferenza, disinteresse. Poi capì che in qualche modo doveva continuare, fece per spalancare la bocca, ma la voce di Zarba la interruppe.

 

- Ho localizzato l’Orrore, Kouga!

 

Il ragazzo annuì seduta stante, poi si rivolse a Kaoru: – Me lo dirai più tardi.

A nulla servì la replica della giovane che gli diceva di fermarsi perché quell’Orrore non era cattivo come tutti gli altri. Ormai era già corso via.

Si mise subito in agitazione. Sentiva che doveva fare qualcosa, ma prima di tutto doveva riportare Nacchan da Mei.

Daigo le aveva indicato il luogo esatto in cui abitava. Forse, correndo veloce, sarebbe riuscita ad avere il tempo necessario per fare entrambe le cose: spiegare a Mei l’intera questione e fermare Kouga.

E forse proprio Mei stessa sarebbe riuscita a fermarlo.

Non c’era più tempo da perdere. Aveva deciso. Non poteva finire tutto così. In fin dei conti, anche se Daigo le avevo chiesto di non rivelare alla sua ragazza la verità, sapeva che nel suo inconscio desiderava rivede il suo sorriso ancora una volta. Forse in questo modo avrebbe trovato la forza per continuare a vivere pur sapendo ormai di non essere più umano. 

E poi Kaoru credeva fermamente nelle favole a lieto fine. Ne era più che convinta: anche con un aspetto diverso, se Mei ne era veramente innamorata, lo avrebbe accettato.

Ma per fare tutto ciò, doveva farli incontrare.

E così iniziò rapidamente a dirigersi verso l’abitazione della giovane donna.

 

Suonò il campanello prima una, poi due volte, finché non vide l’anta spalancarsi. Aveva ancora il fiatone, ma riuscì ugualmente a parlare.

- Tu sei Mei? – disse alla persona che le avevo aperto la porta. Doveva essere per forza lei. Daigo l’aveva descritta come un tipo dallo sguardo estremamente dolce e i lineamenti del volto gentili.    

 

La figura annuì, e nel vedere Nacchan rimase sconcertata. Si gettò subito a terra per poterlo abbracciare, mentre la tenera bestiola con modi allegri abbaiava festosamente alla sua ritrovata padrona. – Non ti ringrazierò mai abbastanza! – esclamò rivolta con eterna gratitudine a Kaoru. – E’ scomparso all’improvviso questa mattina, l’ho cercato ovunque, temevo che non l’avrei più rivisto. – i suoi occhi si velarono di lacrime, ma per come erano andate le cose, si sentiva felice.

 

- Ascolta Mei – disse improvvisamente Kaoru, guardandola in viso - non ci resta molto tempo, dobbiamo andare.

 

- Andare dove…? – si sentiva spaesata, non capiva. – Ma... tu chi sei?

 

- Io conosco Daigo, sono una sua amica.

 

- Daigo?! – Mei si portò le mani in petto, era sempre più confusa – E’ vivo? Sta bene? Dimmi dove si trova, ti prego!

 

- E’ vivo, però non è più quello che conoscevi un tempo. Il suo aspetto è cambiato, ora è complicato da spiegare, però ti vuole un gran bene, forse più di quanto tu immagini.

 

- Portami da lui, voglio vederlo! Non mi importa se non è più lo stesso, io continuerò ad amarlo, e voglio che lo sappia! – disse con agitazione, mentre un barlume di speranza le attraversò lo sguardo.

 

Kaoru annuì decisa, ormai non c’era più tempo da perdere.

Adesso non le bastava che trovarlo. Non le fu affatto difficile, anzi. Alzò gli occhi verso il cielo, e nonostante non ci fosse più il sole, riuscì ad intravedere una sagoma che scappava verso sud, come inseguita da qualcuno.

Il fuggitivo era senza dubbio Daigo, mentre il suo cacciatore non poteva che essere Kouga.

- Seguimi! – esclamò a Mei, e in un baleno iniziarono a correre.

 

- Si sta dirigendo verso il parco. – gli comunicò nel frattempo Zarba, e poco dopo aggiunse – Non capisco perché prima quando poteva colpirti non l’ha fatto.

A Kouga non gli importava granché. Lui doveva solo portare a termine quel lavoro.

Giunto nel parco vide la creatura dirigersi verso un parapetto che affacciava nel vuoto.

Cercò di scavalcarlo per potersi gettare di sotto e spiccare il volo, ma grazie all’aiuto del Madoubi, l’accendino magico, Kouga gli colpì l’ala destra con un fascio incandescente del fuoco guida. In questo modo non sarebbe stato più in grado di volare.

Era in trappola.

 

Si avvicinò con la spada dritta d’innanzi a sé, a breve si sarebbe trasformato in Garo, ma un rumore di passi improvviso lo fece distrarre. Si girò e nel vedere Kaoru in compagnia di un’altra ragazza ebbe un sussulto improvviso.

- Perché sei venuta qui?! – disse con un tono quasi furente.

 

- Lui è buono, non devi ucciderlo! – esclamò subito l’artista, nella speranza di fargli cambiare idea.

 

- Cos’è questa storia? - Kouga si sentì piuttosto stranito.

 

- So come la pensi, ma ti prego non fargli del male.

 

- Non posso, è un Orrore.

 

- No, invece! E’ molto più umano di quanto tu pensi. – Kaoru tentò in ogni modo di spiegargli la questione, ovviamente non fu affatto facile.

 

Mei, rimasta in disparte per tutto questo tempo, iniziò ad avvicinarsi lentamente a quella creatura. Nel suo sguardo c’era qualcosa di familiare, i lineamenti di quel viso bianco le ricordavano qualcuno. Infondo, Daigo aveva conservato gran parte del suo aspetto umano.

Mentre Kaoru cercava in tutti i modi di far ragionare Kouga, ad un tratto i due udirono distintamente la voce di Mei pronunciare un nome. Proprio quello di Daigo.

 

Si voltarono, il Cavaliere del Makai cercò subito di fermare quella sconosciuta, ma Kaoru lo bloccò a sua volta, e scuotendo il capo gli fece cenno di non andare.

 

L’Orrore abbassò gli occhi, si vergognava a farsi vedere in quello stato, non voleva mostrare alla sua Mei il mostro che era diventato.

- Non avvicinarti. – disse la creatura dagli occhi color rubino. – Per favore.

Si coprì il volto con le mani, ma subito dopo avvertì un dolce calore sfiorargli le dita. Quando le abbassò, vide Mei davanti a sé, ma non era spaventata, turbata, al contrario, sorrideva. – Non ti faccio paura? – gli chiese l’essere, ma lei scosse il capo e continuò a sorridere.

 

- Perché dovrei averne? Anche se il tuo aspetto è cambiato, qui dentro c’è ancora il mio Daigo. – gli posò una mano in petto, con gentilezza, il calore generato da quel palmo toccò profondamente il suo animo, e fu grazie a quel gesto che il mezzo demone si sentì finalmente sé stesso. Abbracciò la sua Mei, la strinse per sentire ancora una volta il buon profumo che indossava.

 

- Cosa facciamo, Kouga? – disse ad un certo punto Zarba, ed ammise in seguito – E’ un caso che non avevo mai affrontato prima d’ora, anche se ne ho sentito parlare. – L’anello si sentì sollevare verso l’alto per chiedere delucidazioni. – Quando un Orrore si impossessa di un umano, la trasformazione avviene in maniera immediata, tuttavia se l’umano sente di avere dei forti legami con questo mondo, può succedere che ci sia un arresto temporaneo o definitivo del processo evolutivo.  

 

- Significa che il processo di trasformazione potrebbe ricominciare anche a distanza di tempo?

Il Madougu gli annuì, Kouga si mise pensieroso.

Sapeva benissimo che quella non era una situazione uguale alle altre, tuttavia non poteva trasgredire il regolamento. Sollevò il braccio che stringeva la spada, ma Kaoru si aggrappò ad esso e scosse il capo.

- Non farlo, ti supplico. – aveva lo sguardo triste, non sapeva come fare a fargli cambiare idea, però lei doveva provarci. – Non ha mai fatto del male a nessuno, e sono sicura che non accadrà in nessun caso.

 

- Adesso capisco tutto – fece in un primo momento Zarba, e finalmente le cose iniziarono a quadrargli - Quando Kaoru si trovava con lui, io non ho percepito nessuna situazione di pericolo semplicemente perché non voleva farle del male.

 

- E’ buono, vedi? – disse Kaoru al ragazzo, però Kouga era estremamente combattuto. 

 

- Potrebbe completare la sua trasformazione e perdere il controllo. – anche questo era vero, e una volta diventato un Orrore a tutti gli effetti, non si sarebbe più accontentato di vecchie carcasse. Posò una mano sull’ansa della spada, ma prima ancora guardò l’artista dritto negli occhi. - Non posso rischiare. – Stava in qualche modo dicendole che Daigo andava eliminato.

 

- E se tu adoperassi la procedura che Rei ha usato per Asami?

 

- Non funzionerebbe su di lui. Anche se non del tutto, quel ragazzo ha già abbandonato la sua forma umana. – le spiegò l’anello parlante, e fu a quel punto che Kouga mosse il primo passo in avanti. Proprio quello che gli avrebbe permesso di raggiungere ed eliminare Daigo.

Mei capì immediatamente, e si parò d’innanzi al suo ragazzo.

 

- Per favore, lascialo andare. – disse con gli occhi pieni di lacrime. Ma Kouga purtroppo non poteva esaudire una richiesta come quella, anche se avrebbe voluto.

 

- Spostati, o potresti farti male. – replicò soltanto, tuttavia lei continuò a restare lì. Non poteva e non voleva lasciare Daigo al suo infame destino.

 

Il figlio di Taiga si avvicinò alla ragazza per indurla ad allontanarsi, ma il mezzo demone fu più rapido di lui, e con uno scatto la prese per una mano e la tirò dietro di sé.

Si sentì nell’aria un profumo quasi di sfida, assistendo alla scena Kaoru cercò di avanzare per ristabilire l’equilibrio, tuttavia Kouga con un cenno della mano la fece indietreggiare.

 

Daigo guardò il giovane Cavaliere dritto negli occhi. – Proteggo la mia ragazza così come tu stai proteggendo la tua.

I due si scambiarono l’ennesimo sguardo. Entrambi non avevano voglia di mettersi a combattere, soprattutto Daigo, con quelle parole gli aveva fatto semplicemente capire che non voleva in nessun modo fargli del male.

 

- Voi due vi assomigliate – disse in un primo momento Kaoru, e Kouga si voltò verso di lei, attirato da quella frase. – Il vostro aspetto esteriore non rispecchia ciò che avete dentro, e la gente in questo modo tende a farsi un’idea sbagliata di voi, ma conoscendovi a fondo si capisce che il vostro cuore è capace di amare molto più di chiunque altro. 

Daigo e Kouga ascoltarono con attenzione quelle parole, e quest’ultimo, avendone compreso il significato, abbassò di sua iniziativa la spada.

- Kouga… - intervenne Zarba – non mi sembra un’ottima idea.

 

- Non posso uccidere qualcuno che non ha mai fatto del male.

 

- Però potrei in futuro farlo, non è così? – chiese il mezzo demone a quel punto, pur sapendo il verdetto.

 

- E’ una probabilità, ma non posso saperlo con certezza.

 

- E se mi trasformassi per davvero, cosa succederebbe? Non potrei più controllare il mio corpo, le mie azioni, giusto?

 

Kouga annuì, Mei intervenne all’istante. – Ma non succederà! Tu non diventerai mai cattivo.

 

- Hai sentito anche tu, Mei… è una cosa che non possiamo prevedere. E se tutto ciò accadesse, molta gente potrebbe morire a causa mia. – Daigo reclinò il capo, aveva uno sguardo triste, si sentiva un pericolo non solo per l’umanità, ma soprattutto per la sua Mei. – Potrei fare del male anche a te.

 

La ragazza scosse il capo, non poteva accettare una simile cosa. – No, io ti conosco, ne sono sicura, tu non ci farai mai del male. – rispose, ma in quelle parole c’era qualcosa di strano.

 

Daigo la guardò negli occhi con aria confusa.

 

Mei si appoggiò con delicatezza una mano sulla pancia, poi sorrise dolcemente. – Aspetto un bambino.

Nella sua confusione emotiva, il mezzo demone non riuscì quasi a capire che cosa intendesse dire.

- Vuoi dire che io diventerò padre? – domandò con voce tremante. Mei annuì dolcemente, era stordito a causa della notizia così improvvisa, ma sentì il cuore esplodere dalla gioia. Perfino Kaoru si rallegrò della lieta notizia, e sorrise, ma… quell’attimo durò poco. Daigo si rese subito conto che non poteva sfuggire al suo destino. Soprattutto ora che Mei aspettava un bambino, si rese conto che non voleva assolutamente correre rischi. Le prese con gentilezza entrambe le mani. – Promettimi che quando sarà un po’ più grande gli parlerai di me. – disse, e le posò una mano sulla pancia.

 

La giovane non capì. – Perché mi chiedi questo? Sarai tu stesso a farlo.

 

- Non posso restare, Mei. Ora ho un motivo in più per accettare il mio destino. Io... devo andare.

 

- Andare… ma dove?

 

Daigo la guardò ancora, poi indietreggiando si avvicinò al parapetto.

Kouga aveva già capito quali fossero le sue vere intenzioni, ma prima ancora che potesse intervenire, il mezzo demone sorrise alla sua ragazza e sotto lo sguardo attonito dei presenti si lasciò cadere di sotto.

Il Cavaliere del Makai si precipitò in direzione della balaustra di ferro, Kaoru lo seguì subito, si affacciarono entrambi ma fu l’artista quella a distogliere per prima lo sguardo.

Daigo si trovava riverso al suolo in una pozza di sangue nero come la pece. Iniziò a trasformarsi in polvere bianca luccicante, diversa dalla solita sabbia scura che caratterizzava ogni Orrore.

 

- Daigo… - sussurrò con voce tremolante Mei. Si coprì il viso con le mani e pianse. Kaoru andò da lei, la strinse forte cercando in qualche modo di farle sentire il suo calore, il suo sostegno.

 

- Si è sacrificato per il bene delle persone che amava. – asserì Zarba, ma Kouga, ancora scosso per l’accaduto, preferì non commentare e si lasciò per un labile istante trasportare dai ricordi.

 

 

“Chi è un eroe, papà?

 

“Un eroe è colui che sacrifica la propria vita pur di salvare quella degli altri.”

 

“Ma non ha paura di morire?”

 

“Ognuno di noi ha paura della morte, ma nel momento in cui la vita ti pone davanti a delle scelte ogni timore svanisce. In un mondo in cui sempre più persone pensano ai propri interessi, la figura dell’eroe mantiene viva la speranza negli esseri umani.”

 

“Anche i Cavalieri Mistici sono degli eroi?”

 

“Certamente.”

 

“Allora da grande voglio diventare un Cavaliere Mistico proprio come te, papà!”

 

“Se questo è ciò che desideri veramente, allora ci riuscirai. E fino a quel giorno io veglierò su di te, Kouga.”       

 

  

Ripensando alle parole dell’amato padre scomparso proprio per salvare suo figlio, Kouga sentì quella vecchia ferita riaprirsi. 

Taiga aveva protetto la persona che più amava al mondo, scegliendo così di rinunciare alla propria vita, esattamente come Daigo.

Erano questi i veri eroi.

 

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

Dopo aver aiutato Gonza a sistemare tutto ciò che il piccolo Nacchan aveva messo in disordine, Kaoru andò a sedersi sul divano che c’era nel salottino.

Gonza finì di raccogliere le ultime cose, dopodichè prima di andar via disse: - Vi occorre qualcosa, signorina?

 

- Vada pure a riposarsi, io resterò qui per un po’.

 

- Come volete. – rispose il maggiordomo, e con un inchino si allontanò.

 

Quella era stata una giornata piuttosto faticosa sia per Kouga, che per Gonza, ma forse la ragazza ne aveva maggiormente avvertito il peso.

Prima l’arrivo di Nacchan, poi Daigo e Mei…

Si sentiva stanca, ma soprattutto non poteva fare a meno di pensare al sacrificio di Daigo, e allo sguardo triste di Mei. Quando l’avevano riaccompagnata a casa, nonostante ella si sentisse ancora confusa, sapeva che doveva andare avanti per il bene di ciò che le aveva lasciato il ragazzo, ovvero un figlio. Non poteva permettere allo sconforto di prendere il sopravvento, doveva semplicemente continuare la sua vita ed essere felice insieme al suo bambino.

Mentre rifletteva su tutto ciò, Kouga arrivò alle sue spalle.

 

- Dovresti andare a riposare. – le disse.

 

- Sono stanca, ma non ho molto sonno.

 

Si sedette affianco a lei. – Starà bene. – affermò ad un tratto, riferito ovviamente a Mei.

 

La figlia di Yuuji reclinò un pochino il capo, con un soffio di amarezza sul viso ripensò all’attimo in cui Mei disse a Daigo di aspettare un figlio. – Spero che vada tutto bene, e che siano ugualmente felici, anche se quel bambino crescerà senza aver mai conosciuto suo padre.

 

-Daigo veglierà su di lui, ne sono certo.

 

Pensando a quella frase Kaoru sorrise. - E' vero - disse dapprima, poi guardandolo con dolcezza ribadì - Proprio come fanno i nostri genitori.

Anche se Taiga, Rin, Yuuji e Karin con erano più con loro, i due ragazzi sapevano che da qualche parte chissà dove lo sguardo benevolo degli amati genitori non avrebbe mai smesso di svegliare su ciò che avevano di più caro al mondo.

  

– A proposito – disse ad un tratto il giovane, ricordatosi di una questione lasciata in sospeso – cosa volevi dirmi oggi?

 

- Oggi? – la giovane cercò di ricordare, e quando ciò avvenne fu presa per un attimo dal panico. – Certo, oggi…! – ripeté, facendo un sorriso forzato. Si grattò il capo con fare nervoso – Non so da dove iniziare… - farfugliò. – Non è una cosa semplice, e a dire il vero credevo che te ne fossi dimenticato.

 

- Avrei forse dovuto farlo?

 

- Beh, non so, dipende.

 

- Da cosa? Questo pomeriggio parlavi in modo strano.

 

- Per la precisione hai detto che Kouga sarebbe stato un padre insensibile. - appuntò Zarba, che ricordava alla perfezione tutto.

 

Kaoru spalancò con stupore gli occhi. – Davvero ho detto così? Forse devo aver pensato a voce troppo alta, e poi non so nemmeno come tu reagiresti.

 

- In merito a cosa?

 

Accidenti, pensò Kaoru, lo aveva fatto ancora. Aveva per l’ennesima volta pensato a voce alta.

- Dicevo così, per dire! – tentò di giustificarsi. Invano.

Kouga fece finta di nulla, non gli andava di indagare oltre, sapeva bene che quella ragazza non gli avrebbe mai detto la verità, e infondo a lui non importava nulla di una questione che nemmeno conosceva.

- Ti chiedo scusa. – disse però ad un tratto, prendendola alla sprovvista. – Oggi ho alzato troppo la voce con te.

 

Lei stranita inizialmente dal gesto inconsueto, dopo essersi ripresa scosse il capo. – Non fa nulla, anche io ho le mie colpe. Non pensavo che un cagnolino così piccolo potesse distruggere un’intera abitazione. Ad ogni modo, per il vetro di quella finestra non devi preoccuparti perché lo ripagherò io.

 

- Ho già detto a Gonza di occuparsene.

 

- Allora potrei contribuire alla spesa. Dovrò pur sdebitarmi in qualche modo.

 

- Hai rimesso in ordine le stanze. Direi che può bastare.

 

Kaoru si mise pensierosa, poi ebbe un’illuminazione istantanea: - Ci sono! Preparerò il pranzo per una settimana! – Sembrava più che entusiasta della cosa, peccato però che Kouga non era molto d’accordo. Dopotutto, i famosi manicaretti che preparava Kaoru non erano di certo apprezzati per il buon sapore, anzi.

 

- Non è necessario, davvero. – rispose Kouga senza farsi vedere troppo preoccupato.

 

Stranamente, lei non reagì in malo modo, anzi, sorrise e quasi subito colse Kouga alla sprovvista con qualcosa di spontaneo ma speciale. Qualcosa come un abbraccio improvviso.

 

- A cosa devo quasto abbraccio? – le domandò con gentilezza il Cavaliere del Makai.

 

- Io non riuscirei mai ad essere così forte, non come Mei. – gli confessò, e più andava avanti con le parole, più Kouga si sentiva stringere forte. – Non ci si può rassegnare alla perdita di qualcuno che ami veramente, e se ti dovesse succedere qualcosa, io… - si trattenne, sembrava molto agitata, turbata da un simile pensiero. – Lo so che non dovrei pensarci, ma con il lavoro che fai metti a repentaglio la tua vita ogni giorno per salvare quella degli altri, e la notte quando mi sveglio e non ti trovo accanto a me, prego aspettando il tuo ritorno, e anche se ti può sembrare una cosa sciocca, io non riesco ad immaginarmi un futuro dove tu non ci sei. – Adesso che Kaoru gli aveva detto quelle cose, ora che aveva espresso chiaramente i suoi sentimenti, i suoi timori, si aspettava certamente di ricevere da Kouga una risposta pressoché scontata. Di sicuro le avrebbe detto che non c’era motivo di preoccuparsi, che forse un tantino sciocca, in quei ragionamenti, lo era, eppure fu quasi presa alla sprovvista dalla reazione del giovane.

Sì, perché lui anziché contrattaccare con una frase sbrigativa, si lasciò scappare un sorriso.

Le appoggiò con gentilezza una mano sul capo, e poi con quella stessa serenità, garbatamente rispose: - Preoccupiamoci di vivere il presente, va bene?

 

Kaoru lo guardò dritto negli occhi, non aveva mai visto Kouga esibire un atteggiamento così calmo, e in un certo senso si sentì dapprima stranita, poi però si rese conto che quel ragazzo non smetteva mai di sorprenderla, e che di cambiamenti, da quando lo aveva conosciuto, ne aveva fatti tanti. Certo, aveva i suoi lati negativi, ma a lei dopotutto importava poco.

Gli bastava vivere con lui per essere felice. Poteva sembrare una cosa forse troppo banale, ma non poteva farci nulla. Adesso sapeva che per sentirsi vivi non c'era bisogno di chissà quali pretenziose cose. L'amore di una persona era tutto ciò di cui aveva bisogno.

Assorta in quei pensieri si sentì sollevare verso l’alto.

- Ma… che stai facendo? – disse confusa, ritrovandosi praticamente tra le sue braccia.

 

- Ti porto di sopra. Hai bisogno di dormire.

 

- Non posso restare ancora un po’?

 

- No.

 

- Ma almeno mettimi giù. Ci andrò da sola in camera.

 

- Non ci andrai.

 

Kaoru storse la bocca, un’aria rassegnata le apparì in viso. - Sono così prevedibile?

 

E mentre Kouga si dirigeva verso il lungo andito, quasi con un sorriso rispose: - Sì.

  

 

 

 

 

                                                                           ***

 

 

 

 

 

- Che notizie mi porti? Spero per te che siano buone.

 

La figura nella penombra si inchinò d’innanzi all’essere spaventoso che gli si ergeva d’innanzi. – Certamente, mio signore. Tutto procede secondo i piani.

 

- Bene. – l’essere lo squadrò compiaciuto. – Ripongo in te molte speranze. Abbiamo fatto un patto, ricordi? Tu hai ottenuto ciò che volevi, e adesso spetta a me reclamare la mia parte.

 

Annuì. – Non la deluderò. Anche se… - sembrava voler dire qualcosa, gli occhi ancora chini verso il suolo vacillarono.

 

- Parla, ti ascolto.

 

- Vorrei che risparmiaste la vita di una persona.   

 

- Una vita? – ripeté la figura mostruosa, stringendo i suoi occhi cupi e penetranti tra due fessure – Non era questo l’accordo.

 

- Me ne rendo conto, ma questa persona non centra nulla, perciò chiedo che venga risparmiata.

 

Si udì un profondo sospiro. – Lo farò – emise dapprima- a patto che tu porti a termine il compito il più in fretta possibile.

 

L’umano sollevò il capo per esternare tutta la sua riconoscenza. – La ringrazio sommo Ahriman. Tra non molto otterrà ciò che le spetta di diritto.

Compiaciuto, il potente mostro portatore di menzogna e vile falsità svanì nel nulla, e sotto le fronde di quell’albero, in quella campagna deserta e sconfinata l’umano alzandosi in piedi e fissando il cielo scuro come la pece sorrise silenziosamente e sibilò ancora: – Molto presto.  

 

 

                                                                Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Dopo un breve periodo di pausa, ritorno con un altro capitolo che per la precisione sarà l'ultimo di quest'anno!

Ne approfitto anche per fare a tutti voi gli auguri, passate un buon Capodanno ed iniziate il nuovo anno nel migliore dei modi, mi raccomando!

 

 

Per Fiorella Runco: Cercherò di continuare così, ma tu non fare indigestione...!!!

 

Per _Elentari_: Mi riposerò, anzi, lo sto già facendo! Non vedevo l'ora di farlo... tra lavoro ed impegni vari è stata dura, ma ora vacanze! E' una bella parola, vero? Baci e recensisci quando puoi!

 

Per DANYDHALIA: Io adoro i fantasmi, quindi non potevo non inserire anche quelli veri! Grazie come sempre per le tue splendide recensioni, e a risentirci presto! Ah, ho letto i tuoi messaggi, appena finisco un progetto che ho iniziato durante le vacanze ti rispondo subito!

 

 

 

Ancora auguri ragazzi miei!

Un abbraccio a tutti!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

In un posto isolato, dopo un lungo periodo di attesa, Ahriman tornerà a far parlare di sè. Rei informerà Kouga dell'accaduto, ma prima ancora che i due possano fare qualcosa, quel quesito rimasto irrisolto e che legava indissolubilmente il Cavaliere d'Oro agli esseri chiamati "Chimere Mistiche" troverà finalmente una risposta.     

Prossimo episodio: #28 Sortilegio

 

 

   
 
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