Note autrice: nel capitolo precedente ho fatto una svista: Aki è un ragazzo, non una ragazza (ho cambiato così tante volte versione che alla fine è rimasto il femminile) Sumimasen!
CAPITOLO
II
Sbuffando lanciò l’ultimo libro scolastico sulla
scrivania,
era arrabbiata più che mai: la madre quella mattina
l’aveva svegliata che erano
appena le sette e mezza per farsi dare una mano a riordinare la casa in
vista
della cena di quella sera. Che poi non capiva ancora perché
dovesse mettere a
posto la sua stanza dato che non ci entrava nessuno! Un altro sbuffo,
un altro
lancio.
“Hai finito, tesoro?” la voce dolce di Hinata che
la
chiamava dalla cucina la risvegliò dai pensieri rabbiosi su
Suna, amicizie
giovanili e genitori scellerati.
“Si, mamma.”
“Allora preparati e vieni ad aiutarmi ad apparecchiare, gli
ospiti arrivano tra mezz’ora.”
“Va bene.” asserì con poca convinzione.
Aprì l’armadio e lanciò uno sguardo ai
suoi vestiti, Hinata
le aveva espressamente detto di vestirsi “carina”,
il che significava lasciare
in un angolo i suoi solito pantaloni sportivi e la maglietta di tutti i
giorni.
Alla fine optò per un vestito, che non metteva da anni ma
che incredibilmente
le stava ancora a pennello, lungo alle ginocchia e allacciato dietro il
collo,
color verde acqua. Decise che era una buona idea darsi una pettinata e
così
raccolse i lunghi capelli neri in una treccia laterale. Si
guardò per l’ultima
volta allo specchio e decise che cosi poteva andare bene, Naruto e
Hinata non
avrebbero avuto niente da ridire.
Scese al piano di sotto dove un profumino delizioso si
spargeva nell’aria.
“Metti le posate per piacere.”
“Ok.” E svogliatamente si apprestò a
mettere in ordine la
tavola.
Aveva finito da non più di cinque minuti quando
entrò in
cucina suo padre.
“Misaki che bella che sei con quel vestito!”
approvò
l’Hokage con un sorrisone stampato in volto.
“Grazie papà!”
“Dovresti vestirti più spesso in questo modo
invece che con
le solite tute, in meno di cinque minuti avresti già
conquistato mezza Konoha.”
“Non me ne importa molto in realtà.”
Specificò la moretta
sovrastando il suono del campanello, prima di andare ad aprire la porta
d’entrata. Non aveva fatto in tempo a riconoscere le persone
sull’uscio che una
decina di trentenni avevano già invaso il loro soggiorno.
Sospirò
rumorosamente: sarebbe stata un lunga
serata.
“Misaki!” un turbine di capelli biondi le
oscurò la vista
mentre due esili braccia la stringevano in un abbraccio a cui rispose
con
riluttanza. “Diventi ogni giorni più
bella!”
“Ciao Ino.”
La migliore amica della madre l’aveva presa letteralmente in
simpatia, sarà stato per gli occhi verdi che le ricordavano
così tanto la sua Fronte-spaziosa
o forse perché semplicemente provava una forte empatia verso
le ragazzine belle
–e Misaki era quella che si dice una promettente bellezza,
anche se cercava in
tutti i modi di nasconderlo- ma, qualunque fosse la spiegazione di
base, la
Yamanaka era come una madrina per lei, forse troppo chiacchierona ed
estroversa
rispetto al suo carattere ma Misaki le voleva immensamente bene.
La Uchiha si girò poi a guardare il suo soggiorno
sovraffollato
dalla carica dei ninja della Quarta Guerra Mondiale: c’era
Lee, in quella sua
assurda camicia verde bottiglia, che si era letteralmente lanciato
verso gli
aperitivi seguito a vista da una sconsolata TenTen, che aveva sciolto
le
crocchie e ora portava i lunghi capelli castani liberi sulle spalle,
mano nella
mano con il capo della casata Hyuuga: Neji.
Seduto composto sul divano, immerso in una conversazione
concitata con Sai, stava Shino, i soliti occhiali scuri calati sugli
occhi.
Accucciato per terra Kiba dava dei croccantini ad Akamaru e intanto
sorrideva
ad Hanabi. Choji –come c’era da aspettarsi- si era
lanciato sul buffet e stava
facendo piazza pulita di tutti gli stuzzichini.
Era assurdo come quei dieci riuscissero a produrre un tale
chiasso se messi insieme; a momenti non sentiva nemmeno trillare il
campanello
di casa, coperto dagli urli di Lee. Si avviò, con passo da
condannato a morte,
ad aprire la porta, seguita dal padre. Quando girò la chiave
nella toppa e
lasciò entrare gli ultimi ospiti il soggiorno si
ammutolì.
“Non siete cambiati per niente in questi sei anni di
lontananza!” esordì Naruto, mentre Ino si lanciava
verso Shikamaru stritolandolo
in un abbraccio soffocante sotto lo sguardo omicida di Temari.
“Ci siete tutti.” constatò il Nara,
salutando con un cenno
tutti gli amici.
“Sono cosi contento di rivedervi.” si emoziono
Choji, che
non vedeva il suo migliore amico da un’eternità. E
con lui inziò tutto il giro
di saluti e abbracci; poi, una volta che tutti si furono calmati,
Temari si
fece da parte e mostrò il ragazzino che fino a quel momento
era rimasto dietro
la sua figura.
“Questo è Aki.” lo presentò
la madre, mentre il ragazzino
faceva un segno generale di saluto.
Misaki strinse gli occhi in un gesto di stizza, poi si voltò
a guardare il nuovo arrivato in attesa di vedere comparire sul suo viso
la
solita espressione di disgusto e odio a cui era abituata, ma, con
immenso stupore
della ragazzina, sul volto del piccolo Nara leggeva solo indifferenza,
noia, e
anche un accenno di strafottenza. Irritata da quest’ultimo
sentimento Misaki
mise su il suo solito “cipiglio Uchiha” di sfida
per poi osservare con più
attenzione Aki. Il ragazzino aveva una zazzera scompigliata di capelli
color
del grano, identici a quelli della madre, mentre gli occhi erano
indiscutibilmente eredità dei Nara: caldi e color nocciola;
aveva un fisco
piuttosto asciutto ed era molto alto, Misaki stimò la sua
età sui 12/13 anni.
A un certo punto sentì la mano calda di Naruto spingerla
dolcemente verso il nuovo arrivato.
“Su, Misaki, fai amicizia con Aki.”
La mora, d’altro canto, lanciò uno sguardo a
metà tra il
supplicante e lo sprezzante a suo padre, che però non diede
peso al suo disagio
e in poco tempo gli adulti li abbandonarono al loro destino.
Misaki era seduta sul divano e teneva le gambe accavallate
sotto il sedere, Aki invece era seduto composto; entrambi sorseggiavano
la loro
limonata in religioso silenzio.
“Comunque non mi sono presentato come si deve”
esordì il
biondo porgendo una mano alla ragazza. “Io sono Aki Nara e
vengo da Suna.”
“Piacere, Misaki Uchiha-Uzumaki.” rispose alla
stretta la
mora.
“Come mai due cognomi?”
Misaki strinse di nuovo gli occhi: ecco la solita,
insopportabile, domanda.
“Perché Naruto è il mio padre
adottivo.”
“Ah, capito.” si limitò a rispondere
l’altro, per nulla
incuriosito.
“Hai già finito l’Accademia?”
domandò la Uchiha.
“No, sono all’ultimo anno.”
“Ah, allora hai la mia stessa età.”
constatò la mora, per
poi aggiungere “pensavo fossi più
grande.”
“Buongiorno tesoro.” la salutò la madre
quando la vide
entrare; saluto a cui Misaki rispose con un cenno.
“Oh, ciao Misaki.” anche Naruto la saluto da sopra
il
giornale. “Ieri ho assicurato a Shikamaru che tu e Aki
sareste andati in
Accademia assieme così che non si ritrovi da solo il primo
giorno di scuola.”
“Va bene.” mormorò mentre dentro di
sé lanciava kunai
immaginari a tutto il mondo che tramava contro di lei – fare
da balia ad un
novellino era l’ultima cosa che voleva-.
“Ti aspetta qua fuori alle 8, ovvero fra 10 minuti.”
“Vado a prepararmi allora.”
Sempre lanciando kunai immaginari a, in ordine, Naruto, Aki,
Shikamaru, tutto il villaggio di Konoha e ai suoi genitori
–che nei suoi guai
c’entravano sempre, a sua
detta –
tornò in camera per infilarsi la sua divisa da combattimento
nuova di zecca. La
settimana scorsa infatti suo padre le aveva detto che, ora che mancava
così
poco al diploma, doveva crearsi una divisa da guerra e quindi era
andata con
Hinata in giro per negozi. Alla fine aveva scelto un paio di leggins
neri,
lunghi appena sotto le ginocchia, una fascia da mettere sopra il seno
–anche se
era pressoché inesistente- e una maglia a maniche corte a
rete. Hinata, che
inizialmente aveva avuto delle rimostranze (lo considerava un
abbigliamento un
po’ troppo succinto) alla fine aveva acconsentito, a patto
che sopra mettesse
una giacchetta, rigorosamente nera, a coprire un po’ di pelle.
Una volta finito di lavarsi e vestirsi prese lo zainetto e scese
al piano di sotto dove salutò i genitori, prima di uscire di
casa.
Appoggiato al cancello stava Aki, i capelli ritti in testa
come il giorno prima, e la solita espressione svogliata e strafottente
stampata
in volto.
“Mio padre ha deciso che avevo bisogno della
balia.” esordì
a mo’ di saluto il Nara. “Io in realtà
non ne ho nessuna necessità quindi se
vuoi va’ pure da sola.”
“Ormai! Tanto vale fare la strada insieme se dobbiamo andare
nello stesso posto.” sbuffò la mora,
incamminandosi verso l’Accademia seguita
da quel ragazzino così strano.
Stavano entrando nel cortile della scuola quando Misaki, con
estremo terrore, sentì quella voce che tanto odiava
chiamarla.
“Hei Uchiha!”
Maledetto Takumi, un giorno o l’altro avrebbe avuto quello
che meritava.
“Lasciami stare! Ti ho detto che sono Misaki, o al massimo
Uzumaki.”
“No, tu sei un’Uchiha. Ammettilo una buona
volta.” ribadì il
concetto il ragazzino, che ora si era messo di fronte al cancello e non
la
lasciava passare.
“Spostati che devo passare.”
L’altro fece finta di non averla sentita.
“Hai ucciso nessuno nel week-end?”
“Takumi, non te lo ripeto più: spostati.”
“Senti, bastarda. Non azzardarti a darmi ordini.”
A quella frase Misaki perse la, poca, pazienza che le
rimaneva. Con uno scatto fulmineo si portò avanti e fece per
tirare una
ginocchiata in pancia all’altro, ma Takumi si
spostò appena in tempo
rispondendo con un pungo ben piazzato sulla guancia destra.
Sarà stato per il
dolore allo zigomo, o la rabbia della conversazione di prima ma la
Uchiha sentì
l’odio montare dentro di sé e attivare lo
Sharingan. Subito si spostò di lato e
lo colpì in pieno petto con un calcio poi, senza lasciare il
tempo di un
battito di ciglia, lo colpì alle gambe facendogli perdere
l’equilibrio e
ruzzolare a terra dove Misaki iniziò a prenderlo a calci in
pancia. “Azzardati”
un calciò bene assestato. “a parlarmi”
un altro calcio “di nuovo così” altro
calcio questa volta ad altezza costole “e
vedr…” era pronta a scagliare
l’ennesimo calcio quando sentì il suo corpo
irrigidirsi e non rispondere più ai
suoi comandi.
“Misaki, mi dispiace interrompere questo scontro
così
avvincente ma se non la smetti finirai in guai seri.”
Aki, le mani a sigillo, aveva intrecciato la sua ombra a
quella della ragazza. Subito la mora sentì la rabbia scemare
e disattivò lo
Sharingan. Vedendo che si era calmata il Nara sciolse la tecnica e
sorpassò
Misaki poi, arrivato all’altezza di Takumi, gemente per
terra, si rivolse a lui
con uno sguardo pieno di disgusto: “dovresti ringraziarmi; se
non ci fossi
stato io a quest’ora saresti già
all’ospedale. Io non la provocherei
più.” e se
ne andò, naso all’aria, seguito da
un’allibita Misaki.
SPAZIO AUTRICE:
Buon
In ogni caso qua vediamo l’introduzione di un nuovo
personaggio, Aki, che risulterà molto importante nel corso
della storia. E’ il
figlio di Temari e Shikamaru e dalla prima ha preso
quell’accenno di
strafottenza tipico della Sabaku mentre dal padre le abilità
e la pigrizia di
base! E per quelli che stanno aspettando Sasuke e Sakura, non temete,
fra un po’
faranno la loro comparsa. Fatemi sapere se questo capitolo vi
è piaciuto!
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, chi ha messo la
storia tra i seguiti e quelli che l’hanno messa nei
preferiti! ^^
Un bacio, Eikochan.