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Autore: Eikochan    01/01/2012    4 recensioni
“Hei, Uchiha!” Un ragazzino dai capelli mori raccolti in una coda alta l’aveva chiamata urlando in mezzo al cortile dell’Accademia.
“Ti ho detto di non chiamarmi Uchiha, Takumi!”
“Ma tu sei un’Uchiha.”
“No, io sono una Uzumaki!”
“Ma fammi il piacere.. perché allora avresti lo Sharingan?”
Ma a quella domanda non seppe trovare risposta e con le lacrime di rabbia agli occhi se ne tornò a casa seguita dall’urlo di quel maledetto Takumi che le ronzava nelle orecchie: “Sei un mostro! Proprio come tuo padre.” E intanto si domanda perché diavolo doveva avere quello stramaledetto Sharingan.

Long-fic basata sulla mia one-shot precedente "Il frutto del peccato"; la protagonista è Misaki, figlia di Sasuke e Sakura, che viene abbandonata sull'uscio di casa di Naruto che si prende cura di lei come un padre. Disprezzata e odiata da tutto il villaggio inizierà a odiare sè stessa e i suoi genitori naturali, che non ha mai conosciuto.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il frutto del peccato.'
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Note autrice: nel capitolo precedente ho fatto una svista: Aki è un ragazzo, non una ragazza (ho cambiato così tante volte versione che alla fine è rimasto il femminile) Sumimasen!

 

CAPITOLO II

 

 
Sbuffando lanciò l’ultimo libro scolastico sulla scrivania, era arrabbiata più che mai: la madre quella mattina l’aveva svegliata che erano appena le sette e mezza per farsi dare una mano a riordinare la casa in vista della cena di quella sera. Che poi non capiva ancora perché dovesse mettere a posto la sua stanza dato che non ci entrava nessuno! Un altro sbuffo, un altro lancio.
“Hai finito, tesoro?” la voce dolce di Hinata che la chiamava dalla cucina la risvegliò dai pensieri rabbiosi su Suna, amicizie giovanili e genitori scellerati.
“Si, mamma.”
“Allora preparati e vieni ad aiutarmi ad apparecchiare, gli ospiti arrivano tra mezz’ora.”
“Va bene.” asserì con poca convinzione.
Aprì l’armadio e lanciò uno sguardo ai suoi vestiti, Hinata le aveva espressamente detto di vestirsi “carina”, il che significava lasciare in un angolo i suoi solito pantaloni sportivi e la maglietta di tutti i giorni. Alla fine optò per un vestito, che non metteva da anni ma che incredibilmente le stava ancora a pennello, lungo alle ginocchia e allacciato dietro il collo, color verde acqua. Decise che era una buona idea darsi una pettinata e così raccolse i lunghi capelli neri in una treccia laterale. Si guardò per l’ultima volta allo specchio e decise che cosi poteva andare bene, Naruto e Hinata non avrebbero avuto niente da ridire.
Scese al piano di sotto dove un profumino delizioso si spargeva nell’aria.
“Metti le posate per piacere.”
“Ok.” E svogliatamente si apprestò a mettere in ordine la tavola.
Aveva finito da non più di cinque minuti quando entrò in cucina suo padre.
“Misaki che bella che sei con quel vestito!” approvò l’Hokage con un sorrisone stampato in volto.
“Grazie papà!”
“Dovresti vestirti più spesso in questo modo invece che con le solite tute, in meno di cinque minuti avresti già conquistato mezza Konoha.”
“Non me ne importa molto in realtà.” Specificò la moretta sovrastando il suono del campanello, prima di andare ad aprire la porta d’entrata. Non aveva fatto in tempo a riconoscere le persone sull’uscio che una decina di trentenni avevano già invaso il loro soggiorno. Sospirò rumorosamente: sarebbe stata un lunga serata.
“Misaki!” un turbine di capelli biondi le oscurò la vista mentre due esili braccia la stringevano in un abbraccio a cui rispose con riluttanza. “Diventi ogni giorni più bella!”
“Ciao Ino.”
La migliore amica della madre l’aveva presa letteralmente in simpatia, sarà stato per gli occhi verdi che le ricordavano così tanto la sua Fronte-spaziosa o forse perché semplicemente provava una forte empatia verso le ragazzine belle –e Misaki era quella che si dice una promettente bellezza, anche se cercava in tutti i modi di nasconderlo- ma, qualunque fosse la spiegazione di base, la Yamanaka era come una madrina per lei, forse troppo chiacchierona ed estroversa rispetto al suo carattere ma Misaki le voleva immensamente bene.
La Uchiha si girò poi a guardare il suo soggiorno sovraffollato dalla carica dei ninja della Quarta Guerra Mondiale: c’era Lee, in quella sua assurda camicia verde bottiglia, che si era letteralmente lanciato verso gli aperitivi seguito a vista da una sconsolata TenTen, che aveva sciolto le crocchie e ora portava i lunghi capelli castani liberi sulle spalle, mano nella mano con il capo della casata Hyuuga: Neji.
Seduto composto sul divano, immerso in una conversazione concitata con Sai, stava Shino, i soliti occhiali scuri calati sugli occhi. Accucciato per terra Kiba dava dei croccantini ad Akamaru e intanto sorrideva ad Hanabi. Choji –come c’era da aspettarsi- si era lanciato sul buffet e stava facendo piazza pulita di tutti gli stuzzichini.
Era assurdo come quei dieci riuscissero a produrre un tale chiasso se messi insieme; a momenti non sentiva nemmeno trillare il campanello di casa, coperto dagli urli di Lee. Si avviò, con passo da condannato a morte, ad aprire la porta, seguita dal padre. Quando girò la chiave nella toppa e lasciò entrare gli ultimi ospiti il soggiorno si ammutolì.
“Non siete cambiati per niente in questi sei anni di lontananza!” esordì Naruto, mentre Ino si lanciava verso Shikamaru stritolandolo in un abbraccio soffocante sotto lo sguardo omicida di Temari.
“Ci siete tutti.” constatò il Nara, salutando con un cenno tutti gli amici.
“Sono cosi contento di rivedervi.” si emoziono Choji, che non vedeva il suo migliore amico da un’eternità. E con lui inziò tutto il giro di saluti e abbracci; poi, una volta che tutti si furono calmati, Temari si fece da parte e mostrò il ragazzino che fino a quel momento era rimasto dietro la sua figura.
“Questo è Aki.” lo presentò la madre, mentre il ragazzino faceva un segno generale di saluto.
Misaki strinse gli occhi in un gesto di stizza, poi si voltò a guardare il nuovo arrivato in attesa di vedere comparire sul suo viso la solita espressione di disgusto e odio a cui era abituata, ma, con immenso stupore della ragazzina, sul volto del piccolo Nara leggeva solo indifferenza, noia, e anche un accenno di strafottenza. Irritata da quest’ultimo sentimento Misaki mise su il suo solito “cipiglio Uchiha” di sfida per poi osservare con più attenzione Aki. Il ragazzino aveva una zazzera scompigliata di capelli color del grano, identici a quelli della madre, mentre gli occhi erano indiscutibilmente eredità dei Nara: caldi e color nocciola; aveva un fisco piuttosto asciutto ed era molto alto, Misaki stimò la sua età sui 12/13 anni.
A un certo punto sentì la mano calda di Naruto spingerla dolcemente verso il nuovo arrivato.
“Su, Misaki, fai amicizia con Aki.”
La mora, d’altro canto, lanciò uno sguardo a metà tra il supplicante e lo sprezzante a suo padre, che però non diede peso al suo disagio e in poco tempo gli adulti li abbandonarono al loro destino.
Misaki era seduta sul divano e teneva le gambe accavallate sotto il sedere, Aki invece era seduto composto; entrambi sorseggiavano la loro limonata in religioso silenzio.
“Comunque non mi sono presentato come si deve” esordì il biondo porgendo una mano alla ragazza. “Io sono Aki Nara e vengo da Suna.”
“Piacere, Misaki Uchiha-Uzumaki.” rispose alla stretta la mora.
“Come mai due cognomi?”
Misaki strinse di nuovo gli occhi: ecco la solita, insopportabile, domanda.
“Perché Naruto è il mio padre adottivo.”
“Ah, capito.” si limitò a rispondere l’altro, per nulla incuriosito.
“Hai già finito l’Accademia?” domandò la Uchiha.
“No, sono all’ultimo anno.”
“Ah, allora hai la mia stessa età.” constatò la mora, per poi aggiungere “pensavo fossi più grande.”

 

 Tutto sommato la serata non era andata poi così male, stabilì Misaki alzandosi la mattina dopo –certo, aveva ancora le orecchie intontite dal chiacchiericcio prodotto da quei dieci casinisti e probabilmente il suo timpano destro non sarebbe più tornato normale grazie a Lee- ma alla fine aveva trascorso la maggior parte del tempo con Aki e, non che avessero poi fatto questi grandi discorsi: nessuno dei due era un chiacchierone nato, ma non le sembrava stupido o immaturo come tutti i suoi compagni di Accademia. Scese per la colazione e trovò la solita scenetta famigliare che si ripeteva tutte le mattine: Naruto seduto di fronte al suo caffè che leggeva il giornale e Hinata ai fornelli che preparava la colazione per la figlia.
“Buongiorno tesoro.” la salutò la madre quando la vide entrare; saluto a cui Misaki rispose con un cenno.
“Oh, ciao Misaki.” anche Naruto la saluto da sopra il giornale. “Ieri ho assicurato a Shikamaru che tu e Aki sareste andati in Accademia assieme così che non si ritrovi da solo il primo giorno di scuola.”
“Va bene.” mormorò mentre dentro di sé lanciava kunai immaginari a tutto il mondo che tramava contro di lei – fare da balia ad un novellino era l’ultima cosa che voleva-.
“Ti aspetta qua fuori alle 8, ovvero fra 10 minuti.”
“Vado a prepararmi allora.”
Sempre lanciando kunai immaginari a, in ordine, Naruto, Aki, Shikamaru, tutto il villaggio di Konoha e ai suoi genitori –che nei suoi guai c’entravano sempre, a sua detta – tornò in camera per infilarsi la sua divisa da combattimento nuova di zecca. La settimana scorsa infatti suo padre le aveva detto che, ora che mancava così poco al diploma, doveva crearsi una divisa da guerra e quindi era andata con Hinata in giro per negozi. Alla fine aveva scelto un paio di leggins neri, lunghi appena sotto le ginocchia, una fascia da mettere sopra il seno –anche se era pressoché inesistente- e una maglia a maniche corte a rete. Hinata, che inizialmente aveva avuto delle rimostranze (lo considerava un abbigliamento un po’ troppo succinto) alla fine aveva acconsentito, a patto che sopra mettesse una giacchetta, rigorosamente nera, a coprire un po’ di pelle.
Una volta finito di lavarsi e vestirsi prese lo zainetto e scese al piano di sotto dove salutò i genitori, prima di uscire di casa.
Appoggiato al cancello stava Aki, i capelli ritti in testa come il giorno prima, e la solita espressione svogliata e strafottente stampata in volto.
“Mio padre ha deciso che avevo bisogno della balia.” esordì a mo’ di saluto il Nara. “Io in realtà non ne ho nessuna necessità quindi se vuoi va’ pure da sola.”
“Ormai! Tanto vale fare la strada insieme se dobbiamo andare nello stesso posto.” sbuffò la mora, incamminandosi verso l’Accademia seguita da quel ragazzino così strano.

 
Stavano entrando nel cortile della scuola quando Misaki, con estremo terrore, sentì quella voce che tanto odiava chiamarla.
“Hei Uchiha!”
Maledetto Takumi, un giorno o l’altro avrebbe avuto quello che meritava.
“Lasciami stare! Ti ho detto che sono Misaki, o al massimo Uzumaki.”
“No, tu sei un’Uchiha. Ammettilo una buona volta.” ribadì il concetto il ragazzino, che ora si era messo di fronte al cancello e non la lasciava passare.
“Spostati che devo passare.”
L’altro fece finta di non averla sentita.
“Hai ucciso nessuno nel week-end?”
“Takumi, non te lo ripeto più: spostati.”
“Senti, bastarda. Non azzardarti a darmi ordini.”
A quella frase Misaki perse la, poca, pazienza che le rimaneva. Con uno scatto fulmineo si portò avanti e fece per tirare una ginocchiata in pancia all’altro, ma Takumi si spostò appena in tempo rispondendo con un pungo ben piazzato sulla guancia destra. Sarà stato per il dolore allo zigomo, o la rabbia della conversazione di prima ma la Uchiha sentì l’odio montare dentro di sé e attivare lo Sharingan. Subito si spostò di lato e lo colpì in pieno petto con un calcio poi, senza lasciare il tempo di un battito di ciglia, lo colpì alle gambe facendogli perdere l’equilibrio e ruzzolare a terra dove Misaki iniziò a prenderlo a calci in pancia. “Azzardati” un calciò bene assestato. “a parlarmi” un altro calcio “di nuovo così” altro calcio questa volta ad altezza costole “e vedr…” era pronta a scagliare l’ennesimo calcio quando sentì il suo corpo irrigidirsi e non rispondere più ai suoi comandi.
“Misaki, mi dispiace interrompere questo scontro così avvincente ma se non la smetti finirai in guai seri.”
Aki, le mani a sigillo, aveva intrecciato la sua ombra a quella della ragazza. Subito la mora sentì la rabbia scemare e disattivò lo Sharingan. Vedendo che si era calmata il Nara sciolse la tecnica e sorpassò Misaki poi, arrivato all’altezza di Takumi, gemente per terra, si rivolse a lui con uno sguardo pieno di disgusto: “dovresti ringraziarmi; se non ci fossi stato io a quest’ora saresti già all’ospedale. Io non la provocherei più.” e se ne andò, naso all’aria, seguito da un’allibita Misaki.

 

SPAZIO AUTRICE:
Buon 2012 a tutti! Ecco che posto il primo capitolo del nuovo anno XD
In ogni caso qua vediamo l’introduzione di un nuovo personaggio, Aki, che risulterà molto importante nel corso della storia. E’ il figlio di Temari e Shikamaru e dalla prima ha preso quell’accenno di strafottenza tipico della Sabaku mentre dal padre le abilità e la pigrizia di base! E per quelli che stanno aspettando Sasuke e Sakura, non temete, fra un po’ faranno la loro comparsa. Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto!
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, chi ha messo la storia tra i seguiti e quelli che l’hanno messa nei preferiti! ^^
Un bacio, Eikochan.

   
 
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