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Autore: EdenGuns    01/01/2012    2 recensioni
« Ehi Bailey, perché non vai a farti un giro?»
Giornata piuttosto assolata a Lafayette.
« Tieni la tua ragazza al suo posto, Jeff.»
Isbell arrossì improvvisamente.
« Non è la mia ragazza» bofonchiò, tornando a sfasciarsi il fegato con lo Zio Jack.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stanza era silenziosa. In sottofondo solo il bip regolare dei macchinari, bizzarramente armonizzato coi respiri sommessi delle due figure.
Jeff stava su una sedia, con lo sguardo gravido di dolore sul viso contuso di lei. Cherise dormiva, apparentemente tranquilla, intubata ovunque e piena di cerotti.
Ma quelle bende non sarebbero mai bastate, perché le ferite più profonde erano incise sulla sua anima agonizzante.
Colpita la sua fiducia, abusata la sua purezza, maltrattata la sua leggerezza.
La sua
voglia di vivere era morta ancora prima di nascere.
Era notte, ormai. Jeff non aveva chiuso occhio, impaurito dall'idea di trovare quel letto vuoto al suo risveglio.
Impaurito dall'idea di perdere la
sua voglia di vivere.
Un respiro mozzato, le palpebre sbarrate.
Cherise si guardò intorno, con la pelle che tirava dannatamente per i punti infissi per non farla sanguinare più. Sapeva benissimo che le ferite superficiali erano il minore dei suoi mali.
Tutto ciò che vide furono le mura grigie, le tende pesanti a coprire l'unica finestra e un vaso di fiori finti su di una scrivania in legno scheggiato.
Jeff trattenne il fiato, carezzandola con lo sguardo mentre lei provava a girare dal suo lato la testa per scrutare pienamente la stanza.
Appena Cherise incontrò gli occhi del ragazzo, arrossì.
Le faceva ancora lo stesso effetto, forse accentuato dalla sensazione di essere completamente indifesa.
Non pensò neanche un secondo a quello che fosse successo; tutta scemava davanti all'immagine di Jeff, per lei.
Senza dire una parola lui le si avvicinò, inginocchiandosi vicino al letto con le inferriate che la ragazza odiava tanto. Le prese la mano, racchiudendola nella sua delicatamente, per paura di farle male.
Non un suono uscì dalle loro labbra. Rimasero a guardarsi negli occhi, gioendo della vista che possedevano in quel momento.

Avevo paura di non poterti rivedere mai più.
Un pensiero che ebbero in comune, anche se uno all'insaputa dell'altra.
Quasi non sbattevano le palpebre, rimanendo immobili.

Ti amo.
Le parole non servivano, non per loro. Attraverso gli occhi riuscivano a comunicarsi tutto ciò che ognuno dei due custodiva nel cuore.
Come non ho mai amato nessuno.
Entrambi poi si avvicinarono, lasciando che fossero le loro labbra a parlare.
Danzarono insieme, come non avrebbero potuto fare nella realtà. Si dissero che non si sarebbero mai lasciati, che finalmente si erano trovati e che insieme avrebbero potuto superare tutte le difficoltà. Curarsi le ferite a vicenda, riscaldarsi davanti al freddo e difficile futuro.

Insieme.

 

« La terremo in ospedale ancora per qualche giorno, poi rilasceremo le carte di dimissione.»
« E dove andrà a vivere? Lei si rende conto che ormai in casa con la madre non tornerà, vero?»
« Quel particolare non è di mia competenza, giovanotto. Comunque la signorina tra poco compirà la maggiore età, starà a lei decidere.»
Il dottore lasciò Jeff solo e confuso in corridoio, davanti alla porta socchiusa della stanza di Cherise. Erano usciti per non parlare delle sue condizioni davanti a lei, nonostante fossero piuttosto buone per un tentato omicidio.
Quando rientrò nell'angusto locale, vide che un'infermiera dall'aria materna stava aiutando la ragazza a mettersi seduta.
« Oh, caro, vieni qui» esclamò, vedendolo.
Lo prese per il braccio per avvicinarlo al letto e poi gli mise tra le mani un vassoio, corredato di cibo.
« Falla mangiare tu, penso apprezzerebbe di più la magra colazione.»
Detto ciò uscì, lasciandoli l'uno davanti all'altra.
« Hai fame?»
Come al solito, lo stomaco di Cherise rispose per lei con un rumoroso brontolio.
Si sorrisero.
Jeff sedette accanto al letto, aiutandola ad infilare tra le labbra secche un cucchiaio di yogurt.
Le mani della ragazza erano flagellate da flebo e dolorosi ematomi e le impedivano di essere autosufficiente.
« Ti piace?» le chiese, guardandola leccarsi una sbavatura di crema.
Annuì: « E' buono.»
La sua voce era roca, ma il tono prometteva bene.
Rimasero in silenzio mentre lei continuava a mangiare, imbarazzata da quella situazione, in cui doveva completamente dipendere da Jeff.
Era sempre stata una figura forte e risoluta, non una pecorella smarrita.
« Ti va di parlarne?»
All'idea di ripercorrere la scena del suo massacro soffocò un verso di dolore.
Isbell le accarezzò il viso dolcemente: « Non ti preoccupare, se non ti va possiamo anche stare in silenzio.»
Lo amava e, dopo quello scambio di dichiarazioni di poche ore prima, lo sentiva se fosse possibile ancora più vicino.
Scosse la testa delicatamente, perché ogni movimento le causava forti dolori.
« Scusami.»
« E per cosa?»
Il tono di Jeff era stupito.
« Ti ho fatto stare sveglio tutta la notte.»
Le diede un bacio e poi la imboccò di nuovo.
« Spero che la prossima volta che mi farai rimanere sveglio tutta la notte sarà per un motivo divertente.»
Cherise arrossì a quell'allusione, che però non aveva nulla di volgare. Unirsi a Jeff, sentirlo davvero, per lei sarebbe stata la cosa più bella al mondo.
« Non lasciarmi sola.»
Lui la guardò, scuotendo la testa: « Mai.»

 

Era passata una settimana.
Cherise avrebbe compiuto gli anni nel giro di pochissimi giorni ed entrambi avevano deciso di andarsene.
« Los Angeles. E' la città delle speranze.»
Jeff strinse la presa attorno alla ragazza e chiuse gli occhi, immaginando i grattacieli luccicanti della metropoli.
« Mi fa un po' paura.»
« Perché, Cher?»
Emise un verso contrariato: « Già non mi piace il mio nome, piantatela di storpiarmelo.»
Jeff rise; sapeva di farla arrabbiare e lo faceva apposta per vedere quel rossore imbarazzato colorarle le gote pallide.
« Comunque, un po' per tutto. E se non riuscissimo a trovare casa? E il lavoro?»
« Iniziamo ad arrivarci. E poi ricordati, l'importante è che siamo insieme.»
Cherise fece incrociare le dita a quelle del ragazzo, poggiando il capo sul suo petto.
Il letto di Jeff era stato teatro delle loro chiacchierate, dei loro baci, delle loro carezze. Non avevano fatto altro da quando lei era uscita dall'ospedale, con tanti antidolorifici da prendere e ferite ben più profonde da curare
« Insieme» disse ancora, mentre la sua mano si insinuava sotto la maglietta del ragazzo.
Non erano mai andati oltre alle carezze un po' azzardate, ma entrambi si desideravano come nessuno mai.
La pelle di Jeff era calda, poteva sentire le costole timidamente nascoste sotto quel sottile strato chiaro e morbido. Quando arrivò con la punta delle dita al capezzolo lui sussultò, bloccandola.
A Cherise scappò un sorriso, poi si allungò per baciarlo.
Era preoccupato di poterle fare male con il suo tocco, in un atto passionale.
Quelli che seguirono furono minuti di tormento, mentre si spogliavano lentamente, rimanendo per la prima volta in assoluto completamente nudi l'uno di fronte all'altra. Gli occhi di Jeff furono irrimediabilmente attirati dai numerosi lividi ormai quasi spariti, ma ancora visibili.
Lei si rifugiò tra le braccia del ragazzo, cercando tutto quell'amore e tutta quella comprensione che gli erano sempre stati negati negli anni precedenti.
« Non ti preoccupare» gli sussurrò, vedendolo incerto su dove poggiare le mani.
Trattenne un gemito di dolore quando lo sentì sfiorare involontariamente un livido e si aggrappò ancora di più a lui.
« Stringimi forte.»
Obbedì e fece aderire i loro due corpi.
« Ora ci apparteniamo davvero, per sempre.»

   
 
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