Capitolo
12: Favori
La
notte era trascorsa lasciandolo completamente sveglio e profondamente
stanco. Non riusciva a non pensare a tutto ciò che era
successo. Aveva avuto un
sovraccarico di informazioni in pochi minuti che, invece di lasciargli
qualche
risposta, lo avevano inondato di domande. Avrebbe voluto chiamare
Blaine per
chiedergli spiegazioni ma quella cosa chiamata orgoglio glielo impediva
categoricamente.
Lui
avrebbe dovuto essere arrabbiato.
Ma
che arrabbiato? Furioso.
Blaine
lo aveva tenuto all’oscuro di una parte fondamentale della
sua
vita e non aveva avuto nemmeno la decenza di informarlo del fatto che i
suoi
fossero separati. Non era stato sincero con lui.
Eppure...
non gli aveva mai mentito.
Kurt
si rese conto che anche questo era vero: lui non gli aveva mai
fatto domande sulla sua famiglia, dando per scontato che fossero una
normalissima famiglia di ricchi imprenditori o qualcosa del genere.
Questo lo
aveva dedotto dalla casa in cui viveva il suo ragazzo. Forse aveva
sbagliato
nel non interessarsi alla vita di Blaine... forse avrebbe dovuto
pensarci prima
di presentarsi a casa sua... forse avrebbe dovuto...
No.
Blaine aveva sbagliato. Kurt non poteva certo chiedergli
delucidazioni sulla sua condizione familiare! Sarebbe sembrato un
arrampicatore
sociale!
Solo
quando Kurt si rese conto del livello di stupidità al quale
erano
arrivati i suoi pensieri, riuscì ad alzarsi dal letto,
dirigendosi al suo
specchio per il rituale d’idratazione mattutino. Ma appena la
superficie fredda
gli restituì l’immagine dei suoi occhi segnati da
profonde occhiaie a causa
della notte insonne, ricordò lo sguardo di Blaine del
pomeriggio precedente,
quando lo aveva accompagnato alla macchina per salutarlo...
«Ti
spiegherò tutto... Te lo prometto...» aveva detto,
con lo sguardo
basso e le mani incapaci di stare ferme. Kurt aveva sentito le urla
provenienti
dall’interno della casa dove la signora Anderson stava ancora
attaccando il suo
ex marito per aver “anche solo sfiorato con un dito mio
figlio”... o qualcosa
del genere. Non se l’era sentita di rispondere e aveva solo
annuito, salutando
Blaine con una carezza sul volto prima di salire in macchina e
allontanarsi
velocemente. Tornare a casa era stato abbastanza difficile
perché sapeva che avrebbe
trovato lo sguardo indagatore del padre ad attenderlo. Si era sentito
come se
avesse fatto qualcosa di sbagliato e la cosa non lo aveva fatto stare
meglio
quando il padre gli aveva chiesto com’era andata la sua
giornata e lui non
aveva potuto fare a meno di raccontargli tutto per filo e per segno.
Burt
almeno non aveva ribattuto “Te l’avevo
detto” come si sarebbe aspettato Kurt.
Gli aveva solo consigliato di andare a letto e di dormirci su. Come se
fosse
facile.
Mentre
ancora Kurt stava rimuginando sulle condizioni di Blaine quando
lo aveva lasciato con i suoi genitori, Finn entrò nella sua
stanza senza
bussare.
«Non
ti avevo detto che potevi entrare!» disse subito Kurt
alterato.
Finn capì subito che quella mattina suo fratello era
isterico: di solito si
limitava ad un semplice “Che vuoi, Finn?”. Non ci
diede peso però. Rachel in
camera sua che lo attendeva per rompergli l’anima un altro
po’ era abbastanza
per una sola mattina.
«Ti
vuole Santana al telefono».
«Santana?».
Finalmente Kurt si girò a guardarlo, incuriosito e sorpreso
da quella chiamata.
«Rispondi»
ordinò Finn, passandogli il cellulare con insofferenza.
«Ma
che problema hai?!». Ecco l’isteria.
«Rachel,
di là, per poco non si faceva venire un infarto quando ha
scoperto che ho il numero di Santana!» spiegò in
fretta Finn, felice che Kurt
avesse finalmente preso il cellulare liquidandolo con un gesto della
mano
perché se ne andasse.
«Pronto?».
Dall’altro capo del telefono gli giunse solo una risata
tutt’altro che soffocata.
-
Un secondo, Hummel. Mi sto riprendendo dalla soddisfazione di aver
fatto quasi prendere un colpo alla Berry! - Kurt attese che Santana
parlasse
con una certa impazienza: aveva anche lui i suoi drammi e non poteva
certo
aspettare i comodi di Santana.
-
Okay, mi sono ripresa - annunciò lei, dopo qualche secondo.
Kurt
poteva quasi immaginarsela mentre si ravviava i capelli
all’indietro, come
nella migliore delle interpretazioni.
«Posso
sapere il motivo della tua chiamata?» chiese Kurt.
-
Non ti rispondo per le rime solo perché mi servi, Hummel -
«Non
ho detto nulla!».
-
E’ il tono! -
«Vogliamo
parlare del tuo tono ogni volta che ti rivolgi a qualcuno che
non sia Brittany?!». Il fatto che quella mattina non fosse
proprio dell’umore
adatto per sopportare anche solo se stesso, non aiutava affatto.
-
Ecco - disse secca Santana. - Hai centrato il punto. Brittany. Ho
bisogno del tuo aiuto con lei - ammise la ragazza, sapendo che se ne
sarebbe
pentita amaramente.
«Scusami
Santana non sono mai stato un grande Cupido, meno che mai in
questo periodo».
-
Non ho certo bisogno del tuo aiuto per mettermi con lei, Hummel. Non
sono così disperata -
«Allora
dimmi qual è il punto per favore!».
-
Sei isterico – commentò Santana.
«Me
lo hanno già detto» ribatté Kurt.
-
Non è una questione di cui discutere al telefono, posso
passare da te
uno di questi giorni? –
«Kurt!
Hanno bussato!» urlò Finn dalla sua stanza,
rendendo Kurt ancora
più nervoso.
«Scusami
un attimo» sussurrò al telefono. «Sono
al telefono e in
pigiama, idiota!» strillò rivolto a suo fratello.
«Sono
impegnato!» rispose Finn dalla sua camera. Visto che Burt e
Carole
erano andati al centro commerciale, Kurt non poté fare altro
che gettare
un’ultima occhiata allo specchio, fare una smorfia di
disgusto e avviarsi alla
porta d’ingresso. Passando davanti alla porta di Finn
notò che era chiusa e
ebbe il tempo di urlare un ultimo “Ti odio” prima
di riprendere il telefono e
chiedere scusa a Santana per l’attesa. Aprì la
porta di scatto per trovarsi
Blaine davanti con un’espressione che avrebbe fatto invidia
al cucciolo del
Gatto con gli Stivali.
«Blaine,
che ci fai qui?» chiese, ancora il telefono accanto
all’orecchio. Santana non faceva che commentare ogni parola
che gli usciva
dalle labbra ma lui non l’ascoltava più.
«Posso
entrare?» sussurrò il suo ragazzo, rafforzando il
potere dei suoi
occhi. Kurt si spostò dalla soglia e gli fece cenno di
accomodarsi in salotto
mentre lui concludeva la telefonata.
«Stavi
dicendo, Santana?».
-
Ti ho chiesto se posso passare da te uno di questi giorni –
gli
ricordò la ragazza, cominciando a perdere la pazienza.
«Hai
detto che devi parlarmi di qualcosa di importante... Non credi che
casa mia non sia un posto sicuro? C’è Finn e
Rachel che va e viene...».
-
Non puoi venire da me, Hummel –
«E
perché? Se mi dai l’indirizzo passo
martedì pomeriggio che non
abbiamo nemmeno le prove con il Glee» disse Kurt, molto
più tranquillo ora che
osservava Blaine nel suo salotto. Tra poco avrebbe potuto chiedergli
quello che
gli passava per la testa da ore.
-
Non credo sia il caso e poi martedì ho
l’allenamento con le Cheerios –
Perché Santana era così riluttante
all’idea che Kurt andasse a casa sua? In
quel momento non gli era passato nemmeno per l’anticamera del
cervello che lei
veniva da Lima Heights.
«Ascolta,
Lopez. Non ho tempo da perdere. Decidi tu dove e quando e
fammelo sapere». Ecco l’isteria e
l’impazienza che tornavano. Non si sarebbe
mai permesso di parlare così a Santana, mai. Anche Blaine se
ne accorse e lo
guardò sorpreso.
-
E va bene! Ci vediamo da me alle sei martedì pomeriggio.
Domani ti do
l’indirizzo. Ciao – E chiuse la chiamata. Kurt
guardò per qualche secondo il
telefono, chiedendosi cosa avesse quella ragazza che non andava, ma poi
l’immagine di Blaine nel suo salotto lo riportò
alla realtà.
Dopo
la discussione con Finn e quella con Santana ci mancava solo
questo!
“Vai
con il terzo round”.
***
«Ti
odio». Rachel sentì Kurt passare davanti alla
porta della camera del
suo ragazzo con passi pesanti come se stesse camminando a passo di
marcia. Ma
Finn reclamava la sua attenzione, baciandole con insistenza il collo
mentre le
teneva una mano sul fianco. Come erano arrivati a quello non se lo
ricordava
nemmeno. Sapeva solo che un secondo prima era furiosa per il numero di
telefono
di Santana memorizzato sulla rubrica del suo fidanzato e un secondo
dopo si era
ritrovata con le labbra di quest’ultimo incollate alle sue.
Finn voleva solo
farsi perdonare e ci stava riuscendo egregiamente, fino a quando non
portò una
delle sue mani a coppa sul seno di Rachel, facendola sussultare nel
bacio.
«Va
tutto bene?» chiese Finn, staccandosi un attimo. Rachel si
leccò le
labbra e gli sorrise, annuendo senza troppa convinzione. Ma Finn era
fin troppo
entusiasta per accorgersene. Nonostante lui non le gravasse
particolarmente
addosso, Rachel si sentiva schiacciata contro il materasso.
Non
voleva che finisse così quella mattina: non era pronta.
Non
voleva che succedesse quello che stava per succedere.
Sapeva
perfettamente che Finn avrebbe fatto qualche gesto troppo intimo
per i suoi gusti e l’avrebbe fatta inevitabilmente tirare
indietro, dando il
via ad una nuova, seppur sempre la stessa, discussione. E lei non aveva
voglia
di discutere. Doveva trovare un modo per uscirne.
«Finn...»
sussurrò, approfittando della libertà delle sue
labbra.
«Uhm...?».
«Forse
dovremmo scendere da Kurt...». Okay, era una scusa stupida,
ma
era la prima che le era venuta in mente.
«Kurt
se la cava benissimo anche senza di noi».
«Ma
non l’ho nemmeno salutato...».
«Lui
non si fa tutti questi problemi quando è con
Blaine». Finn non
riusciva a capire perché la sua ragazza dovesse preoccuparsi
tanto per suo
fratello. Anche se a fatica, Rachel riuscì ad alzarsi e a
scostarsi dal letto,
lisciandosi la gonna.
«Non
sappiamo nemmeno chi è che ha bussato»
ricordò a Finn.
«Ma
che ti importa?».
«Non
sento più Kurt, se fosse un maniaco?!»
domandò Rachel con la sua
migliore espressione spaventata e completamente falsa.
«Andiamo!
In quel caso avrebbe cominciato ad urlare! E sappiamo a che
livelli può arrivare la voce di Kurt!».
«Io
voglio scendere di sotto». E Finn sapeva che quando Rachel
cominciava una frase con “io voglio”, non
c’era più spazio per le repliche.
Così, molto riluttante, si alzò dalla sua
posizione e aprì la porta di camera
sua, lasciando il passo a Rachel per farla uscire per prima. Quando
furono
sulla scala, però, la ragazza si bloccò
all’improvviso, rischiando che Finn le
cadesse addosso. Solo lei riusciva a vedere qualcosa dal salotto e
ciò che
vedeva non era rassicurante: Kurt e Blaine stavano discutendo.
Sapeva
che, se li avesse interrotti, Kurt l’avrebbe uccisa, ma non
voleva tornare in camera di Finn...
«Ciao
ragazzi!» esclamò tutta contenta, mentre faceva la
sua comparsa.
Entrambi trasalirono al suono della sua voce. «Non vogliamo
disturbarvi...
Prendiamo qualcosa da mangiare. Volete qualcosa?».
«Rachel»
esordì Kurt. «Ti ricordo che sei a casa mia. Non
ho bisogno del
tuo permesso per prendermi qualcosa da mangiare». Blaine e
Finn ridacchiarono,
nonostante il ragazzo fosse assolutamente serio.
«Bene»
rispose la ragazza, senza perdere il sorriso. «Vi lasciamo da
soli, allora». E trascinò Finn in cucina. Chiuse
la porta e tese l’orecchio
verso il salotto dove i due ragazzi avevano evidentemente ricominciato
da dove
avevano concluso.
«Cosa
vuoi da mangiare?» chiese Finn, guardandola stranito.
«Non
ho fame, Finn» rispose lei, ovvia. «E ora fai
silenzio!».
Al
ragazzo non rimase che sbuffare e sedersi al tavolo con una busta di
biscotti lasciata aperta.
***
«Va
tutto bene?» mormorò Blaine appena Kurt lo
guardò dopo aver concluso
la telefonata.
«Non
credo tu sia qui per parlare di Santana» gli
ricordò. Solo quando
Kurt ebbe il tempo di osservare davvero il suo ragazzo si rese conto
del suo
stato: dei suoi capelli, delle sue occhiaie, del suo pigiama, persino
delle sue
pantofole. In un tentativo disperato di rendersi presentabile, si
portò le mani
ai capelli cercando di dar loro una piega quanto meno decente ma Blaine
si alzò
e gli venne incontro, prendendogli le mani e riportandole lungo i
fianchi.
«Sei
già perfetto così».
«Non
starai mica cercando di adularmi?».
«No,
è la verità».
«Sto
ancora aspettando le spiegazioni che mi devi» disse Kurt,
cambiando
radicalmente argomento. Sapeva che, se la conversazione avesse preso
quella
piega, in men che non si dica si sarebbero ritrovati a baciarsi sul
divano.
Ma
lui voleva delle risposte, ne aveva bisogno.
«Hai
ragione» acconsentì Blaine, sedendosi sul divano e
invitando Kurt a
fare lo stesso. «Come avrai capito anche da solo,
quell’uomo che ieri è
piombato a casa mia è mio padre. Non siamo mai stati in
buoni rapporti da
quando ho fatto coming out...». Blaine prese aria e
sospirò, perdendosi per un
attimo nei suoi pensieri. Alzò lo sguardo verso Kurt che lo
osservava perdendo
lentamente l’espressione sostenuta che aveva tenuto da quando
era arrivato. «Il
matrimonio dei miei aveva già tante crepe, ma la mia
rivelazione fu il colpo
finale ad un muro già pericolante. Crollò tutto
senza che nemmeno me ne
accorgessi. In un attimo mio padre fu un estranio nella sua stessa casa
e,
quando si convinse che non poteva curarmi, la lasciò
definitivamente. Le
pratiche per il divorzio arrivarono subito e tutto avvenne nella
maniera più
veloce possibile grazie alle conoscenze di mio padre. Io fui affidato a
mia
madre senza che lui muovesse un muscolo, anzi... Fu lui stesso a far
presente
al giudice che non aveva intenzione di combattere per un affidamento
congiunto
che a lui non interessava minimamente». Blaine parlava
tenendo lo sguardo
basso, come se ogni parola fosse troppo pesante per uscire fuori ma al
tempo
stesso una liberazione.
«Quando
è successo tutto questo?». Kurt si limitava ad
assimilare tutte
le informazioni che Blaine gli stava concedendo senza commentare in
alcun modo,
se non con qualche sorriso incoraggiante e qualche espressione sorpresa
che non
riusciva a contenere.
«Ho
fatto coming-out quando ero al mio primo anno... Mi trasferii alla
Dalton per il secondo e durante il terzo ho conosciuto te... Mio padre
se n’è
andato poco prima della fine del terzo anno e quest’estate i
miei hanno
divorziato...» ammise Blaine, ripensando a in quanto poco
tempo la sua famiglia
fosse andata in pezzi. Mentre Blaine stava ancora finendo di parlare,
Rachel
entrò in salotto e, dopo aver chiesto un paio di cose
inutili, trascinò Finn in
cucina. Kurt era sicuro che stesse ascoltando ogni singola parola che
dicevano
ma non se ne curò più di tanto. Aveva altro per
la testa.
«Perché
non me lo hai mai detto, Blaine?». Ecco la domanda che
desiderava
porgergli da quando se n’era andato da quella casa il
pomeriggio precedente.
«Perché
tu avevi le New Directions, stavi per andare a New York e non
volevo essere una distrazione per te...». Blaine si disse che
quella era stata
la verità per i primi tempi... Con il divorzio le carte in
tavola erano
cambiate un po’, ma non era il caso di arrivare anche a
quello.
«Ma
durante l’estate avresti potuto dirmelo».
«Sapendo
che poi ogni volta che ci vedevamo ci saremmo ridotti a parlare
di me? Di mio padre? Io avevo bisogno di te per uscire per qualche ora
da
quello che mi circondava... Per non impazzire...».
«Ti
capisco, ma...» sussurrò Kurt. «Quando
hai saputo che sarei venuto a
casa tua, avresti potuto informarmi. Mi hai detto che tuo padre era in
viaggio
per lavoro».
«Non
volevo rovinare una giornata così bella...».
Blaine si avvicinò a
Kurt e gli prese il viso tra le mani, guardandolo dritto negli occhi.
«Dimmi
che quello che è successo non cambia nulla, per
favore...».
Kurt
appoggiò la sua mano su quella di Blaine e scosse la testa
lentamente, come imprigionato dallo sguardo del suo ragazzo.
«Ma
non devi più mentirmi» ordinò.
«Mai più».
«Te
lo prometto».
***
Domenica
pomeriggio.
La
sua vita stava per cambiare radicalmente.
Dopo
il trasferimento era sicuro che niente sarebbe stato più
come prima
ma sembrava che, per la prima volta, non avesse predetto che le cose
stavano
per migliorare nettamente.
Per
gentile concessione di sua madre, con cui aveva sì e no
spiccicato
due parole da quando era arrivato, si era ritrovato a frequentare un
istituto
dall’aspetto tutt’altro che divertente ma che
prometteva scappatelle notturne
irresistibili. L’unica cosa che non aveva previsto era quella
di avere un
compagno di stanza ma... poco male, magari gli sarebbe piaciuto
assistere.
Per
adesso, però, doveva concentrarsi.
Aveva
già trovato il suo obbiettivo: quello stupido Glee Club
sarebbe
stato ai suoi piedi in un batter d’occhio dopo la sua
esibizione fissata per il
pomeriggio seguente. Non che gli interessasse di vincere
un’inutile
competizione di canto coreografato ma poteva essere un valido aiuto per
essere
ammesso alla Tish o alla Columbia...
Magari
lo avrebbero adorato come una rockstar.
E
un po’ di fama non fa mai male, no?
***
Camminare
per i corridoi forte della sua giacca dei Titans dava a Dave
l’impressione che nulla fosse cambiato ma, in
realtà, nulla era rimasto come
prima.
Si
sentiva come Finn, Puck, Sam e Mike, ancora nella squadra di football
ma privi della popolarità che essa donava a chiunque
indossasse quella divisa.
Si rese conto ancora di più della sua condizione quando
Azimio e la sua
compagnia gli passarono davanti senza degnarlo di uno sguardo. Tutti
tranne il
suo ex migliore amico che gli scoccò un’occhiata
di puro disprezzo. Magari tra
poco sarebbero arrivate anche le granitate...
“Non
vedo l’ora!” pensò sarcastico Karofsky,
accostandosi al suo
armadietto per posare dei libri. Ad un certo punto una voce lo fece
sobbalzare.
«Ehy,
ciao Dave!». Era lo hobbit saltellante. Se non andava errato
avrebbe dovuto essere arrabbiato con lui, quindi perché lo
salutava con tanta
foga?
«Ciao»
rispose monocorde.
«Ho
ripensato alle tue parole... Avevi ragione su Kurt...» disse
Blaine,
senza aspettarsi un saluto più entusiasta. Dave si
voltò a guardarlo per la
prima volta e notò che lo hobbit era assolutamente serio
mentre parlava. Beh,
almeno era un passo avanti.
«Te
ne sei accorto».
«Sì...
beh, diciamo che sono stato costretto...» lasciò
la frase in
sospeso come se stesse attendendo una domanda per lanciarsi in un
resoconto
dettagliato.
Ma
perché doveva essere in vena di chiacchiere proprio quella
mattina?!
«Perché
stai facendo di tutto per farmi interessare a cosa ti è
successo?» chiese Dave, voltandosi completamente verso di lui
e fronteggiandolo
nella sua imponenza.
«Speravo
che...» cominciò Blaine, alzando lo sguardo per
incrociare
quello del giocatore di football. «Che la tua proposta fosse
ancora valida...».
«Quale
proposta?». Dave chiuse il suo armadietto e
cominciò a camminare
per il corridoio, verso la classe nella quale aveva lezione
all’ora successiva.
Blaine lo seguì mantenendo il suo passo a fatica, vista la
lunghezza della sua
falcata rispetto a quella di Dave.
«Avevi
detto che potevo parlare con te... se ne avessi sentito il
bisogno» gli ricordò.
«Hai
appena detto che Hummel sa tutto. Perché non ti confidi con
il tuo
fidanzatino?».
«Lui
non sa proprio tutto... diciamo la parte essenziale...».
Karofsky
non riuscì più a trattenersi: si voltò
di scatto verso Blaine, facendo sì che
lui sbattesse contro il suo petto.
«Perché
lo fai? Perché continui a mentirgli? E soprattutto
perché
vorresti dire tutto a me?». Ma perché gli
importava così tanto?! Dave non
riusciva a darsi una risposta. Se si fosse trattato di una qualsiasi
altra
persona avrebbe tranquillamente risposto con un
“Mmm” disinteressato.
«Non
riesco a dire tutto a Kurt... Lui ha dei sogni, delle speranze,
degli obbiettivi... Con i miei problemi lui potrebbe in qualche modo
rinunciare
ad alcune di queste cose e io non posso permetterlo».
«Quindi
agisci nel suo interesse, non è così?».
Blaine lo guardò
stranito, non più molto convinto di quello che stava dicendo.
«Io...
credo di sì...».
«Sei
un illuso». Dave si stava arrabbiando sempre di
più ogni volta che
aveva una conversazione del genere con Blaine. Perché non
riusciva a capire che
Kurt desiderava solo che lui fosse sincero? Era così
difficile arrivarci?
«E
sentiamo, cosa faresti tu al mio posto?». Anche Anderson
stava
cominciando a scaldarsi: non poteva lasciare che Dave gli parlasse in
quel
modo.
«Gli
direi tutta la verità e mi prenderei le conseguenze
così come
vengono!» sbottò Karofsky.
Blaine
abbassò lo sguardo di fronte all’onestà
disarmante di Dave.
«Io... io non posso rischiare...».
«Me
lo hai detto tu stesso: rinnegandomi non sarei arrivato da nessuna
parte. Beh, lo stesso vale per te!».
«Blaine!»
sentirono una voce squillante provenire da dietro Dave. «Ti
ho
cercato ovunque!». L’espressione del ragazzo
cambiò in un istante quando Kurt
li raggiunse, ritornando serena e composta. «Ciao
Dave» aggiunse.
«Ehy».
«Di
che parlavate?». Gli occhi di Blaine furono immediatamente in
quelli
di Karofsky, in una richiesta muta.
«Dell’allenamento
che ci aspetta alla terza ora con la Beiste» buttò
lì
quest’ultimo.
«Oh...».
Kurt non sembrava sorpreso ma nemmeno interessato. «Blaine,
è
tardi... Dobbiamo andare a lezione».
«Certo»
rispose lui, con un sorriso. «Ci vediamo, Dave».
Karofsky li
osservò allontanarsi insieme, mano nella mano e, per la
prima volta, pensò che
Hummel meritasse di meglio di quel nanetto bugiardo.
Ma
lui non poteva farci nulla quindi si limitò a riprendere la
sua
strada verso la classe. Non appena si fu girato, però, ebbe
giusto il tempo di
notare uno dei suoi compagni di squadra che si avvicinava
pericolosamente con
un bicchiere rosso tra le mani prima di sentire un fortissimo getto di
ghiaccio
tritato dritto in faccia. Karofsky imprecò arrabbiato mentre
si dirigeva in
bagno per ripulirsi.
“Ci
mancava solo questa”.
***
«Fabray,
Lopez e Pierce!» urlò la Sylvester, dal suo
inseparabile
megafono. «Siete desiderate nell’ufficio del
Preside!».
Le
tre ragazze interruppero l’allenamento e si diressero negli
spogliatoi, uscendone un attimo dopo per andare in presidenza.
Ciò che non si
sarebbero mai aspettate, però, le attendeva fuori la
palestra.
«Ce
l’avete fatta ragazze!» esclamò felice
la figura di fronte a loro.
«E
lei che ci fa qui?!» domandò Quinn, sorpresa
piacevolmente.
«Sono
venuta per farvi una sorpresa! So che avete bisogno d’aiuto
per le
Provinciali».
«La
sorpresa è decisamente riuscita»
commentò Santana, felice. Tutte e
tre la abbracciarono, completamente dimentiche della convocazione da
Figgins,
tranne la piccola Brittany.
«Ci
scusi, ma dobbiamo andare dal Preside» disse, con tutta
l’ingenuità
possibile.
«Non
preoccuparti, Britt, era uno scherzo».
«Oh».
«Mi
sono rivolta a voi perché so che sapete tenere un
segreto». A queste
parole, le orecchie delle tre Cheerios si tesero inevitabilmente.
«Voglio fare
una sorpresa anche al resto del gruppo, con un’esibizione
memorabile. Vorreste
darmi una mano?».
Quinn,
Santana e Brittany si scambiarono qualche occhiata d’intesa e
poi
intonarono la loro risposta senza esitazione.
«Speravamo
in questa richiesta».
Continua...
NDA: Lo so che mi state odiando! Se vi può fare stare meglio mi sto odiando anche io!!! Cioè... io volevo aggiornare il 29 dicembre in quanto giorno del mio compleanno e così mi sveglio tutta contenta e noto che la connessione è assente! Solo ora è tornata!!! -.-'
Stendiamo un velo pietoso!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno un pochino e, se è così, fatemelo sapere! Vi annuncio che ho già cominciato a lavorare sul prossimo visto che non avevo molto da fare senza Internet e sarà pronto quanto prima!
Ringrazio inoltre le 5 persone che hanno recensito il capitolo precedente e anche tutti coloro che lo hanno solo letto!
E infine, anche se in ritardo, vi auguro un 2012 da ricordare! Ricco di sorprese, esperienze da vivere e tanto tanto tanto GLEE!!! (Sia il telefilm che gioia pura! xD)
Un bacione,
Federica