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Autore: _diana87    02/01/2012    6 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Keep followin' your daily routine'
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Buon anno a tutti

Buon anno a tutti!! :) eccomi qui col nuovo cap.

Tra l'altro ho letto che l'Iran ha inviato 2 missili a lungo raggio come "esercitazione" che hanno sfiorato Israele... ecco, non voglio portare sfiga con questa storia XD

Nel frattempo, vi auguro una buona lettura!!


 

Muro di pietra, muro invisibile.

 

 

 

Tornare alla vita di tutti i giorni non è mai facile.

Ricordo ancora di aver sentito una frase del genere da alcuni soldati durante il pranzo. Non riesco a ricordare il volto della persona che ha pronunciato ciò, era tutto così offuscato, e inoltre i miei ultimi giramenti di testa non mi hanno fatto bene.

 

C'è sempre quel muro che ti separa da ciò che è reale, come la tua famiglia, i tuoi affetti... e ciò che non è più reale, come la guerra. Arrivi ad un certo punto, che non riesci a distinguere più nulla.

E se anche il mio muro fosse esattamente così?

 

Dopo quel pomeriggio passato in ospedale, ho camminato un po' zoppicante fino all'accampamento. Samuel McNeil ha dovuto aiutarmi, appoggiandomi a lui con un braccio attorno la sua vita, e con l'altro posato in avanti, cercando di camminare da sola. Fortunatamente avevo indosso la mia tuta mimetica e questo deve avermi aiutato a stare in piedi. Se fossi stata con un vestito, la cosa sarebbe andata a mio svantaggio.

Quello stesso giorno, ero anche impaziente di tornare in trincea per un altro motivo: avrei rivisto Rick, il mio Rick. Ma degli scrittori, ancora nessuna notizia. Qualche giorno dopo, Tacker ci ha spiegato che il gruppo di scrittori e giornalisti è stato fermato lungo il confine, essendosi avvicinati troppo alla striscia di Gaza per fare qualche foto, alcuni musulmani, insospettiti, li hanno fermati, facendo loro molte domande. Nessun trattamento, nessun ferito, ci hanno assicurato, tuttavia, alcuni di loro sono rimasti scossi dall'incontro faccia a faccia "col nemico".

In conclusione, i nostri amici sono arrivati a Gerusalemme proprio ieri sera. Ed è da ieri sera che vengo a distendermi accanto a Rick, di tanto in tanto, appena posso. Lui è uno di quelli che è rimasto colpito dai musulmani, e da quando è arrivato, ha mangiato poco e ha preferito recuperare il sonno perduto.

Mi tolgo la giacca, resto col pullover color azzurro a collo alto. La notte si avvicina, e inizia a fare freddo, ma giacendo vicino a Rick, col suo corpo caldo, è come se avessi una stufetta di 40 gradi personalizzata. Sciolgo i capelli per adagiare meglio la testa, poi mi infilo sotto le coperte, mettendomi laterale, in modo da guardare il suo profilo mentre dorme. Sorrido. Lui sembra un orsacchiotto quando dorme. Non è la prima volta che lo guardo dormire. Mesi fa, quando restammo ammanettati insieme, mentre una tigre voleva mangiarci, ci svegliammo esattamente in questa posizione. Poggio un braccio sul suo torace, e lui muove le labbra, ma è un movimento impercettibile... forse sta sognando... e inconsciamente, mi stringe la mano, poi sussurra qualcosa... forse il mio nome? O magari un bel piatto di pasta?

"Kate, il sergente Douglas vuole veder--- ops, scusate!"

Mi volto di scatto, ricomponendomi nella mia posizione e vedo un Kevin Ryan imbarazzato davanti l'uscio della tenda. Poggia le mani davanti la faccia, coprendo tutto il volto... manco stessimo facendo chissà cosa, io e Castle.

Gli faccio segno di fare silenzio, dò un'ultima occhiata a Rick, assicurandomi che stia dormendo, poi mi alzo e raggiungo il mio collega, che nel frattempo è già uscito dalla tenda.

"Scusami, Becks, non volevo interrompere!" fa lui, agitando le mani.

"Ryan, tranquillo, davvero. A proposito, cosa stavi dicendo?" cambio discorso, schiarendomi la voce, per assumere una posizione più autoritaria.

Kevin indica Mike Douglas mentre osserva un missile abbastanza grande, insieme a McNeil, Tacker e altri soldati.

"Il sergente Douglas vuole vederci. In base a quello che ha trovato oggi."
"Forse vuole parlarci di questo missile... troppo grande per i suoi gusti, vero?"
Osserviamo la scena. Il gruppo di uomini sembra preoccupato. McNeil è pensieroso, Douglas fa una faccia costernata, Tacker sembra un gorilla pronto al combattimento.

 

"Ma sono pazzi a fare riunioni in accampamento anche di sera? Non lo sanno che arrivati ad un certo orario dobbiamo andare a dormire?" Kevin parla sottovoce lamentandosi. Muove lievemente le labbra, convinto che nessuno possa vederlo.

"Che c'è, hai paura di perdere l'episodio di The Vampire Diaries in diretta?" Javier Esposito invece lo prende in giro, sempre facendo una faccia seria.

Il bello di quei due è che non si capisce quando sono seri o quando scherzano, perchè sono capaci a non muovere un muscolo e a non mostrare alcun movimento facciale.

"Ehi, è un episodio importante!!" replica l'irlandese alzando un po' il tono della voce, e questo fa attirare l'attenzione dei militari su di lui. "Ops, scusate!" risponde lui, sentendosi osservato.

Accanto ai miei due colleghi e amici, non riesco a trattenere qualche sorriso, poi faccio segno a loro di prendere posto. McNeil e Douglas sono appostati in fondo alla sala, entrambi in piedi sopra un palco rialzato, ognuno sulla propria postazione. Sembra di assistere ad una campagna presidenziale. Infatti mi aspetto di veder apparire il Presidente degli Stati Uniti in diretta mondiale sul maxi schermo. Gioco un po' con la mia immaginazione, cercando di ingannare il tempo, ma la fantasia svanisce subito appena compaiono foto del missile che hanno ritrovato, seguite da altre con donne e uomini che camminano accanto ad altri altrettanti missili o bombe, per finire con un'immagine di un gruppo di bambini che gioca col pallone davanti il buco dove, si presume, sia esplosa una mina precedentemente.

Quel marines che parlava di muro tra il reale e la fantasia, aveva così dannatamente ragione. Ma la cosa che più mi lascia incantata è: come fa la gente di questo posto a non accorgersi di essere nel bel mezzo di un conflitto? In sottofondo, la voce possente di McNeil mi riporta alla realtà.

"... Ahmadinejad ha in mente un solo scopo: eliminare Israele dalla cartina geografica. E per farlo, ha bisogno di missili come questo" McNeil mostra la foto del missile grande che avevo visto prima con Ryan.

"Quello è un missile terra-mare a lunga gittata, signore?" chiede uno dei militanti seduto in prima fila.

"Sì soldato. Il governo iraniano ha fatto sapere che è stata solo un'esercitazione, ma noi non ne siamo sicuri in seguito a queste foto che io e il sergente Douglas vi abbiamo mostrato." poi fa segno al suo collega di continuare, che risponde asservendo.

"La popolazione israeliana è tranquilla, ma è nostro dovere continuare a sorvegliare la città. Domani mattina sarete mandati ad ispezionare la zona, andrete fino al Muro del Pianto, dove, come ogni sabato, si riuniscono alcuni ebrei per pregare."

La riunione prosegue per un'altra oretta, dopo di che, i comandanti ci lasciano liberi di tornare nelle nostre tende. Quando sono vicina all'uscita, io, Ryan e Esposito vediamo Rick, visibilmente scosso anche lui da ciò che sta accadendo.

"Vi lasciamo soli." dice Javier e poi prende Kevin sottobraccio, che ci guarda come un ebete, e si allontanano.

Castle ed io ci guardiamo per un po', prima di riuscire a spiaccicare qualche parola. Mi stringo le spalle, abbassando la testa per calciare la sabbia con gli stivali neri. Rick mi prende il mento, delicatamente, con la mano, alzandolo, in modo che mi ritrovo a guardarlo negli occhi.

"Hai freddo? Vuoi che ti presto il mio giaccone?"
"Ma no, Rick, sto... bene." mento e lui, che conosce il mio giochetto del dire le bugie, si toglie il suo giaccone color sabbia, per mettermelo sulle spalle.

Poi mette una mano intorno al mio collo e insieme ci incamminiamo. Raggiungo quella mano e la intreccio con la mia, creando una specie di legame indissolubile.

 

"Hai sentito quello che hanno detto lì dentro? Hai paura?" mi chiede e io rabbrividisco, ma non per il freddo.

"Onestamente? Sì."
"Mi hanno raccontato del tuo svenimento, qualche giorno fa... cosa pensavi di fare tutta sola?" la sua voce ora è di rimprovero. Ritira il braccio intorno a me, e torna a guardarmi in faccia. Ha ragione. Cosa pensavo di fare? E ora cosa dovrei raccontargli? Dovrei dirgli che mi sentivo sola, che lo aspettavo e stavo ingannando il tempo andandomi a cercare i guai? Mordo il labbro, cercando di scostare lo sguardo ghiacciato di lui su di me.

"Mi mancavi, Rick." sospiro incredula, che finalmente l'ho detto. Ho detto la verità. Ma so già che me ne pentirò. Lui scioglie lo sguardo gelido, e mi guarda con gli occhi da cucciolo.

"Kate, tu sai che non potevamo comunicare... già è tanto che quei musulmani non ci hanno torturato per sapere la verità... se avessimo rivelato la vostra posizione, sarebbe stata la fine! Non potevo far sapere nulla..."
"Ma hai una vaga idea di cosa significa stare qui in mezzo, Castle?? Io non credo di farcela ad impugnare di nuovo un'arma."
"Kate..." mette le mani sopra le mie spalle, per poi stringermi a sé con tutta la forza possibile. "Non sarai mai da sola. L'ho promesso a tuo padre, ricordi? Affronteremo tutto se stiamo insieme." e mentre mi parla mi accarezza i capelli.

"Sempre?" chiedo, ancora immersa tra il calore del suo corpo.
"Sempre."

 

L'indomani mattina, il sole picchia già forte. Sono le 11 e necessito di occhiali da sole perchè non riesco a stare fuori con questa temperatura. Mi copro i capelli con il mio velo bianco, maglietta bianca a maniche corte e pantaloni neri confortevoli. McNeil ci ha detto di andare in città senza indossare le tute mimetiche per non destare nell'occhio. Questo sabato mattina, noi siamo semplicemente dei turisti in vacanza a Gerusalemme.

"Sarà una specie di copertura, insomma... figo!" l'entusiasmo di Ryan coinvolge tutti, soldati, scrittori e giornalisti.

Rick indossa un completo blu griffato e occhiali da sole blu scuro, tanto per completare l'abbigliamento.

"E qualcuno invece deve andare alla cerimonia degli Oscar, vero, Castle?" dice Esposito, poi gli fa l'occhiolino dopo averlo squadrato da capo a piedi.

"Lo so, sono un tipo piuttosto figo."
"Attento alle israeliane, Castle!" gli dice Ryan, poi getta un'occhiata su di me.

Come se una semplice osservazione potrebbe rendermi gelosa... okay, ammetto che potrebbe rendermi gelosa, sul serio, se accadesse una cosa simile.

Mentre lasciamo che i due piccioni Javier e Kevin vanno avanti a noi, io e Rick ci prendiamo per mano.

"Questa non è una gita romantica, Castle, quindi niente smancerie!" lo metto in guardia, facendo l'indifferente. Dentro di me però sto ridendo a crepapelle.

"Va bene, prometto di fare il bravo!" risponde lui, e poi fa il finto offeso facendo delle smorfie.

Lo guardo e rido.

 

Arriviamo al centro città verso mezzogiorno, accompagnati dalle nostre suv. Siamo io e la mia squadra, quella di Laura di Bridget e qualche reporter, pronto a far foto. C'è poca gente in giro. Douglas ci ha detto di fare i turisti, di girare per la città a nostro piacimento, senza però perderci. Fortunatamente abbiamo i cellulari o i cerca-persona, quindi c'è sempre un modo per rintracciarsi.

Io e Rick decidiamo di entrare in un bar per prendere qualcosa da mangiare. Per fortuna che gli avevo detto "niente smancerie"... mentre ordiniamo due caffé espressi e due brioches, appena tiro fuori il portafogli, lui mi blocca facendo segno che intende pagare lui... come un vero gentiluomo. Secondo me, Castle è convinto di essere il mio fidanzato ed io la sua fidanzata. Ci mancano i fiori e che mi dica di nuovo "Always" e allora stiamo messi davvero bene.

Arriva ciò che abbiamo ordinato e mentre mangiamo e beviamo, ci guardiamo sorridenti come non mai. La vita è davvero strana... in tutti i posti del mondo dove potevamo uscire, dovevamo farlo proprio a Gerusalemme e nel bel mezzo di una guerra? Avevo immaginato diverse volte un prototipo di un nostro appuntamento e di certo non mi sarei vestita così, ma con un bel vestito nero, corto fino alle ginocchia e con una piccola spaccatura ai lati... proprio quello che avevo visto con Lanie qualche mese fa da Gucci.

"Un mio amico giornalista del New York Times dice che a Gerusalemme c'è altro da vedere oltre il Muro del Pianto."
"E cosa esattamente si può vedere in un giorno?" gli chiedo leccandomi le labbra con la lingua, assaporando ciò che rimane del caffé. Rick è visibilmente eccitato dal gesto e io ovviamente ne approfitto. Siamo turisti in copertura, giusto? Non c'è nulla di male.

"Ah... eh..." povero Rick... l'ho fatto anche imbarazzare, perchè ora balbetta anche, cercando di calmarsi asciugandosi le mani con il fazzoletto sul tavolo. "La Cupola, quella grossa che si vede in lontananza... la Cupola... della Roca..."
"Della Roccia, Rick!" gli dico passando la mano sopra la sua e rendendolo ancora più nervoso.

Per l'agitazione, lui muove troppo la mano, facendo cadere quel poco di caffé che gli era rimasto dentro. Forse ho esagerato. Ridiamo, io allegramente, lui nervosamente ancora imbarazzato. Sembra un adolescente alla sua prima cotta...

E poi...

Tre scoppi.

 

Sembrano uccelli entrati dentro la vetrata del bar... uccelli che svolazzano all'impazzata, rompendo con forza il vetro. Grazie ai miei riflessi, ho fatto in tempo ad abbassarmi, spingendo Castle insieme a me, e ci siamo riparati sotto il tavolo. Gli scoppi aumentano e sono potenti, incessanti. Stringo la mano a quella di Rick, nella speranza che prima o poi finiscano di sparare. Dura qualche altro minuto, poi quando ci siamo assicurati che tutto è tornato tranquillo, io e il mio scrittore ci rialziamo da terra.

"Stai bene?" mi chiede, e io mi controllo un attimo per vedere se effettivamente sto bene.

"Sì e tu?" e lui mi risponde facendo cenno con la testa.

Poi guardiamo gli altri che sono con noi nel bar. Incredibilmente, spalanchiamo la bocca. Gli abitanti di Gerusalemme si sono abituati al terrore. Qualcuno è rimasto seduto sulla sedia, ad aspettare che il gran casino finisse, così convinto che tanto lo sparo non lo avrebbe raggiunto. I due proprietari, un uomo e una donna sulla quarantina, marito e moglie, tornano a servire i tavoli, pulendo dove è rimasta della fuliggine e spazzando dove ci sono vetri rotti a terra.

Fuori dal bar, i nostri soldati, scrittori e giornalisti, ci raggiungono, assicurandosi se stiamo bene. Poi altra gente compare da dietro gli angoli. Queste persone si strappano i capelli, urlano incessantemente, e poi si riversano per le strade dannandosi. Sono evidentemente turisti che, come noi, reagiscono in altro modo. Io sono ancora sbalordita dalla reazione degli abitanti invece.

Guardo gli sprazzi di fumo e il fuoco che costeggia il bar e voglio raggiungere quelle nuvole grigie... acchiapparle come fossero farfalle. Perciò tendo le braccia, sono di nuovo una bambina, e cammino verso di loro, ma Rick mi prende per il braccio.

"Dove vai, Kate?"
La proprietaria del bar, mi prende l'altro braccio.

"Si calmi, signorina. Si sieda."

La guardo come se mi avesse detto che sono un'aliena. I "nostri" stanno ad ammirare una casa mentre va a fuoco, ma gli abitanti prendono tranquillamente delle casse d'acqua e spengono lentamente il fuoco. Come faccio a restare calma in questa situazione?

Io vedo davanti a me un muro di pietra che mi impedisce di oltrepassare la fantasia, quell'immaginazione che ognuno ha da bambino... quella che ti inculcano fin dalla culla del "lieto fine". Allo stesso tempo, c'è un muro invisibile che mi impedisce di superare le mie paure, di lasciarmi del tutto andare con Rick, l'uomo che amo. Neanche il Muro del Pianto, fatto di pietra, potrà farmi rassicurarmi del tutto. Pregare non servirà a nulla, ora che sento la guerra così vicina a me.

   
 
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