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Autore: Dony_chan    03/01/2012    6 recensioni
La storia è ambientata dieci anni dopo rispetto agli avvenimenti attuali.I vari prototipi dell'APTX4869 non hanno avuto riscontri positivi, anzi: gli anticopri di Shinichi Kudo sono addirittura diventati immuni al farmaco sperimentale. Cosa ne sarà dei nostri protagonisti?
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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What If..?
5.

 
 
Sento una mano battermi leggera sulla spalla, e mi volto di scatto, nervosa.
In questi ultimi giorni sono un nervo di fasci, e le mie occhiaie sono un chiaro segnale delle mie notti passate quasi interamente in bianco.
Ormai lo vedo dappertutto, lo sogno, e ho la paura di imbattermi di nuovo in lui. Maledizione, ma perché proprio a me?!
Un sorriso caloroso si apre sul viso della persona alle mie spalle, gli occhi oscurati da un paio di occhiali da sole.
“Sonoko” sospiro, lieta.
La mia amica mi mostra una busta da cui fuoriescono degli addobbi dai colori vivaci e poi alza gli occhiali da sole, mostrandomi un paio di occhi rossi, gonfi e lacrimanti.
“Congiuntivite, tesoro” dice, facendo poi una smorfia. “Giusta giusta per la festa di Makoto!”. Si lascia cadere sulla panca della palestra del nostro vecchio liceo, poggiando il sacchetto ai suoi piedi e iniziando a tamponare le lacrime con le dita.
“Adesso mi spieghi tutto. Solo un secondo” le dico e mi avvicino al piccolo gruppo di giovani karateke.
Batto le mani un paio di volte e tutte interrompono il loro allenamento, mettendosi subito in fila, ordinate e silenziose.
“Per oggi possiamo concludere. Siete state molto brave, continuate così” dico con un sorriso e lascio cadere uno sguardo su ognuna di loro. Le ragazze abbassano il capo, con un timido sorriso o le guancie imporporate.
“Il campionato parte a breve, ma sono molto positiva. Ora andate pure, ci vediamo domani pomeriggio” le congedo, e il solito brusio di fine allenamento si disperde nella palestra.
Mi allento la cintura nera del mio Karategi e mi siedo accanto alla mia amica, la testa voltata verso di lei.
“Fai paura, quando parli con loro. Sembri così seria!” mi dice ironica, per poi fare la linguaccia.
Abbozzo una risatina. “Non mi va di passare per il loro capo. Dopotutto, abbiamo pochi anni di differenza. Su” la invito, mentre raccolgo il mio borsone e le faccio strada verso lo spogliatoio dei maestri.
Mi cambio velocemente mentre ascolto Sonoko raccontarmi gli ultimi dettagli di preparazione della festa a sorpresa del suo fidanzato. Non ha badato a spese, ed ha assunto due agenzie di catering differenti: una di cucina thailandese e una nostrana.
Questa sera doveva andare a sentire se c’è disponibilità per un impianto stereo e karaoke da un amico della sua famiglia, e mi ha chiesto se potevo accompagnarla.
Con gli ultimi avvenimenti, non le sono stata molto d’aiuto nella preparazione, e quindi mi devo sdebitare.
Chiudo attentamente la palestra e ci avviamo fuori, mentre saluto le ultime allieve ritardatarie.
“Ran? Va tutto bene?” mi chiede Sonoko, guardando la mia faccia stravolta.
Mi do un colpetto nervoso alle guancie, nel vano tentativo di farle sembrare più rosee. Devo sicuramente apparire pallida e assonnata.
“Certo! Sono solo un po’ stanca...” dico con una scrollata di spalle.
Lei mi guarda ancora sospettosa e poi annuisce. “Certo. Capisco... non deve essere facile” dice seria e per un attimo sento il cuore perdere un battito.
La guardo in panico, certa che abbia capito qualcosa. Ma come diavolo ha fatto?
“In... in che senso?” balbetto, mentre lei appoggia l’indice al mento e guarda in su. “Insomma, è stressante... non vorrei essere al tuo posto”.
Mi blocco all’uscita, le mani strette in una morsa morbosa al mio borsone. Ma... ma... come è possibile?
Lei si volta e mi sorride dolcemente. “Insomma, il trasloco, il lavoro, la tesi di laurea... e tuo padre che ti crea mille fastidi perché non vuole lasciarti andare da casa. Insomma, mi sento in colpa a chiederti di aiutarmi per la festa!”.
Sonoko appare nervosa, passando il peso del suo corpo da un piede all’altro.
Mi rilasso all’istante, e mi do della sciocca. È ovvio che non ha capito! E come potrebbe? Non le ho mai accennato nulla, e per giunta non vede Conan da quel pomeriggio in piscina di questa estate... come avrebbe fatto a capire? Sono solo una stupida. Una stupida stressata. Questa situazione deve trovare un punto di svolta, o impazzisco.
“Ma... ma no, che dici! Questa notte ho avuto un incubo, e non ho chiuso occhio!” dico cercando di essere convincente il più possibile. Sonoko non sembra crederci, ma abbozzo un sorriso rassicurante. “Solo questo... mi fa piacere darti una mano! Andiamo, prima che faccia tardi!” le dico e la supero, raggiungendo la mia macchina. Appena entro e mi siedo al posto di guida, mi lascio andare ad un lungo sospiro di sollievo.
Metto in moto e lascio che Sonoko mi superi con la sua macchina, per mostrarmi la strada. Accendo la radio e mi lascio cullare dalle note di una vecchia canzone, mentre mi impongo lucidità.
Prevedo già una nottata in bianco.
Maledizione.
 
 
Ok, è stato un caso isolato.
Sicuramente quella sera si era sentito in pena per me e d’istinto ha reagito a quel modo. Voleva farmi smettere di piangere, anche se ammetto che è stato un metodo un po’ insolito.
Giro la chiave e spengo il motore. Il suo allenamento dovrebbe essere finito da un po’.
Nervosa, mi guardo nello specchietto retrovisore e mi sistemo i capelli.
Accidenti, non avrebbe mai dovuto baciarmi!
Il nostro rapporto ora è cambiato drasticamente e per di più mi sento terribilmente in colpa verso Shinichi. Lo so che è da stupide, ma io sento di essere ancora innamorata di lui.
Forse questo mio sentimento non svanirà mai del tutto.
Il mio sguardo viene catturato dal piccolo gruppo di ragazzi che esce dal cortile della scuola, sulle spalle la borsa sportiva.
A chiudere la fila, rabbuiato, c’è lui.
Il mio cuore fa una capriola, e mi sento responsabile per il suo pessimo umore. Forse mi sarei dovuta far viva prima, e non dopo una settimana.
Abbasso il finestrino e mi sporgo un po’, chiamandolo ad alta voce.
Conan non mi sente neanche, si volta verso di me solo perché un suo compagno gli ha tirato una gomitata e mi ha indicata.
I suoi occhi si fanno sospettosi e sul suo volto leggo un aria scocciata.
 
Ce l’ha con me...
 
Andiamo bene...
Saluta distrattamente i suoi amici e si avvia lentamente alla mia macchina.
Sento il cuore battermi a mille, sono agitata e non la smetto di tormentarmi le mani. E se dovessimo litigare?
Io ho bisogno di lui, non resisterei un secondo a sapere che è arrivato ad odiarmi. Ma gli passerà. Gli spiegherò che una cotta adolescenziale, se è questa che ha, passa in fretta.
E poi, mi ero convinta che a lui piacesse Ai. Forse era meglio.
No?
“Che cosa vuoi?” mi chiede, il tono scocciato.
La sua testa sbuca dalla portiera aperta e non mi sta nemmeno guardando negli occhi.
“Vieni dentro un attimo, per favore” dico, spostando la borsa dal sedile del passeggero.
Con un lieve sbuffo, si siede accanto a me e chiude la portiera con un colpo secco. Si passa una mano tra i capelli bagnati e si fa su le maniche della tuta per il caldo.
Trattengo un sorriso: lui ha sempre i calori dopo la doccia.
“Allora?” mi riscuote, sempre con lo stesso tono.
“Dobbiamo parlare” rispondo dura. Non mi piace questo suo tono autoritario.
Conan mi lancia uno sguardo di sfida, che mi ricorda per un secondo lo sguardo di Shinichi.
Scrollo il capo, imponendomi la lucidità.
“Credo che dobbiamo chiarire una cosa... e tu sai a cosa mi riferisco...” comincio alla larga.
Conan incrocia le braccia al petto e fissa il suo sguardo sul parabrezza.
Ecco, adesso mi sembra proprio un bambino!
“Sì, ok, ma sbrigati. Ho un sacco di compiti da finire per domani...” sbotta, ma non fa in tempo a concludere. “Oh, smettila di usare questa strafottenza con me!” esclamo.
Rimaniamo in silenzio alcuni istanti, mentre organizzo le idee. Ma il primo a parlare di nuovo è proprio lui: “Se vuoi sentirti dire che è stato un incidente, te lo dirò”.
Mi faccio attenta e rimango zitta, per farlo proseguire.
Conan fissa i suoi occhi nei miei. “È stato un incidente” mi dice.
Arriccio il labbro, non convinta. “Io non voglio che tu mi dica quello che credi voglia sentirti dire. Voglio capire cosa è successo”.
Conan fa un sorriso furbetto e ghigna. “Io ho capito benissimo quello che è successo” fa malizioso e mi lancia l’ennesima occhiatina.
Sento il cuore battermi più forte e una strana scarica attraversarmi il ventre, ma mantengo la mia compostezza.
 
Anch’io me lo ricordo bene
 
vorrei dirgli, ma invece ribatto: “Smettila, ok? Non è una situazione facile, questa, da affrontare”.
Conan spalanca gli occhi, confuso. “Che intendi dire?”.
Prendo un bel respiro ed espongo la mia tesi. “Alla tua età, si è molto vulnerabili. Non si capiscono bene le nuove emozioni e, alle volte, si rischia di confondere una pulsione con...”
“Mi stai dando del maniaco, Ran?!” mi domanda lui, scioccato.
Sento le guancie leggermente calde, ma per fortuna fuori c’è buio e quindi non mi può vedere.
“Sto solo dicendo che una cotta è passeggera...” comincio, ma vengo interrotta per la seconda volta.
“Tu credi che io abbia una cotta per te?” mi domanda, la voce impenetrabile e seria.
Rimango spiazzata. Non... non è così? Che abbia compreso male il tutto?
Ma no, certo che no!
Ma allora...?
Annuisco lentamente e poi sento Conan sbuffare, picchiandosi la mano sulla gamba. “Sei così ingenua, alle volte” mormora.
Risentita, sento le guancie in fiamme.
“Ehi, io sono solo giunta alla conclus...” provo ancora, ma di nuovo la sua voce supera la mia e mi blocca. “Tu chiameresti ‘cotta’ quello che io provo per te?”.
Non rispondo subito. Questa discussione mi sta creando ancora più dubbi, uno meno verosimile dell’altro.
“Cos’è, allora? Perché non posso essere solo una sorella, per te” domando, esasperata.
Conan si muove nervoso sul sedile e mi guarda negli occhi prima di rispondermi.
“Per me non sei mai stata una sorella” ammette, la voce piccola ma sicura allo stesso tempo. “Tu... tu mi piaci, sul serio”.
Sento ancora i battiti cardiaci aumentare e quel brivido al ventre. Le mie guancie sono carne sul fuoco e la saliva è zero.
Sento come... sento come se fosse stato Shinichi a dirmelo.
“Io non sono pronto a sopportare le conseguenze della mia azione, perché ho troppa paura di allontanarti da me un’altra volta”.
Il suo discorso ha un doppio significato, che si sta formando nella mia mente, ma sono troppo concentrata a scacciarlo prima che possa essere troppo tardi.
“Io...” inizia Conan, ma non riesce a finire la frase.
Cala uno strano silenzio tra di noi e io non so come interromperlo.
Vorrei davvero che quello che è successo tra noi due non fosse mai capitato?
No.
Per una semplice ragione: ora sto finalmente capendo tante cose.
“È meglio che tu vada. Devi finire i compiti” dico meccanicamente.
Conan annuisce cupo, lanciandomi uno sguardo. Nei suoi occhi leggo la paura di essersi esposto troppo.
Sta per uscire, la portiera già aperta, ma all’improvviso si blocca e torna a guardarmi.
“C’è qualcos’altro che devi...?” sto dicendo, ma vengo interrotta per la quarta volta.
L’ultima cosa che vedo è il ciuffo di capelli corvini che coprono gli occhi chiusi di Conan, prima che li chiuda a mia volta e risponda al suo bacio.
 
 
Mi giro e mi rigiro nel letto. Non riesco proprio a prendere sonno.
Quello che è successo stasera... non lo avevo affatto programmato. Sia che lui mi baciasse per la seconda volta, sia che io gli rispondessi con altrettanta voglia.
Sì, perché in quel momento io avevo voglia di lui!
Ho connesso il mio cervello solo dopo che il danno era stato ormai compiuto un’altra volta. Più tardi della prima.
Ricordo solo che quando ho staccato le mie labbra dalle sue, ho sentito subito il bisogno di prenderle ancora.
Non so cosa frulli ora nella sua mente. Forse sta pensando a me, forse sta pensando che possa funzionare.
Ma come può?
Non lo so nemmeno io.
Mi alzo dal letto, conscia che rimanerci sarebbe inutile. Mi dirigo come un automa in cucina  e apro il frigo, per prendere dell’acqua senza avere realmente sete. Fisso la bottiglia senza vederla, mentre mi lascio scivolare contro la porta del frigo.
Se potessi tornare indietro nel tempo, ed avvisare la me stessa di quasi diciassette anni che il piccolo bambino che stavo per ospitare mi avrebbe causato così tanta confusione nella mia vita futura, e quindi di non prenderlo in affidamento con me, forse oggi starei meglio.
Starei meglio?
Faccio una smorfia. Certo che no! Sto dando la colpa a Conan, quando io mi devo assumere la maggior parte della responsabilità.
Forse ho sbagliato ad assumere un comportamento così morboso nei suoi confronti. Forse avrei dovuto lasciarlo più libero. Forse avrei dovuto tenerlo lontano da me.
Ma so che mi è stato impossibile farlo, perché era la mia ancora di salvezza.
Poggio la fronte bollente contro la bottiglietta, sentendomi meglio. Se potessi tornare indietro... se potessi tornare indietro, certo non mi preoccuperei di andare ad ammonirmi per Conan. Se potessi tornare indietro... correrei dalla me stessa al Tropical Land, mi darei una scrollata e mi ordinerei di correre alla svelta dietro a Shinichi. Per non perderlo per sempre.
Se potessi tornare indietro, cambierei molte cose.
Ma non posso.
 
“Io non sono pronto a sopportare le conseguenze della mia azione, perché ho troppa paura di allontanarti da me un’altra volta”
 
Le parole di Conan prendono di nuovo possesso nella mia mente. Allontanarmi di nuovo?
Scrollo la testa. Non voglio pensarci! Non voglio indagare oltre, su questa sua affermazione. Non oggi. Non adesso.
La sua figura imbronciata di questo pomeriggio seduta accanto a me, nella mia macchina, mi riappare davanti. Posso vedere i suoi occhi fissi sul parabrezza, distanti dai miei; posso vedere ogni minuscola goccia dei suoi capelli bagnati; posso notare la piccola ruga di fastidio sulla sua fronte.
E poi, mi ha baciata. Di nuovo.
Di nuovo.
Scrollo la testa e picchio la nuca sulla porta del frigo, maledicendomi per la centesima volta.
Mi alzo di scatto e mi dirigo in camera mia, abbandonando la bottiglia d’acqua ai piedi del letto.
Mi rimbocco le coperte e guardo la sveglia: sono appena le tre passate.
Mi metto su un fianco e abbraccio il cuscino. Quanto vorrei che fosse di nuovo qua assieme a me...
 
 
Questa cena è a dir poco ridicola. Non avrei mai dovuto accettare.
Se papà dovesse accorgersi di qualcosa, giuro che mi scavo direttamente la fossa e mi ci butto dentro senza pensarci un attimo.
Quando mi ha chiamato stamattina per dirmi se potevo passare per mangiare qualcosa insieme, non mi sarei mai immaginata che l’idea era partita in realtà da Conan.
 
“Ricambiamole il favore del suo invito a cena”
 
aveva detto e mio padre, senza malizia, aveva pensato che fosse una buona idea.
La situazione mi risulta molto imbarazzante, soprattutto perché Conan non la smette un secondo di fare battutine allusive e di lanciarmi occhiate e sorrisetti strani.
Sbattendo le mani sul tavolo, mi alzo in piedi e gli lancio uno sguardo ammonitore.
“Ehi, Ran... ma che ti prende?” fa mio padre, il bicchiere di vino abbassato.
Mi rendo conto della mia reazione eccessiva e mi schiarisco la gola, risoluta. “Ho voglia di rendermi utile. Li lavo io, questi” dico e comincio a radunare piatti e pentole sul vassoio.
“Vuoi una mano?” mi domanda Conan.
Rossa, faccio cenno di no con la testa. “Non ce n’è bisogno” dico e mi dirigo in fretta in cucina.
Metto in ammollo i piatti e indosso il mio vecchio grembiule. Dopo aver finito qui, me ne vado subito.
Quel ragazzino crede di poter fare il furbo, ma non ha capito la gravità della situazione, soprattutto perché c’era anche mio padre.
Mi sento male solo al pensiero della sua reazione se intuisse qualcosa. Dopotutto è un grande detective!
Intanto caccerebbe di casa Conan, e a me non rivolgerebbe più la parola. Oddio, ma in che guaio mi sono cacciata?
“Se ci metti tutto questo tempo per lavare un paio di cose, penserò che non te ne vuoi andare così presto” sento una voce alle mie spalle.
Sussulto, senza voltarmi. Non l’ho nemmeno sentito entrare, persa com’ero nelle mie elucubrazioni.
Sento il suo corpo appoggiarsi appena alla mia schiena e vedo le sue mani appoggiarsi ai bordi del lavello, imprigionandomi tra le sue braccia.
Il mio pensiero scatta subito a mio padre, e scaccio via la sensazione di piacere che mi ha appena travolta.
“Spostati. Non riesco a lavorare” dico fredda e comincio a sciacquare ciotola per ciotola.
Sento Conan sospirare leggermente e spostarsi.
Si mette di fianco a me, le braccia incrociate, e rimane così, fermo, a guardarmi.
Non sapendo cosa dirgli, decido di rimanere in silenzio, certa che lui sarà il primo ad interromperlo. È fatto così, non è capace di starsene zitto quando c’è qualcosa che gli sta a cuore.
 
Gli sto a cuore...
 
Abbozzo un sorrisetto, contenta che non sia solo come sta a cuore una sorella.
Stupendomi, Conan rimane in silenzio fino a quando non finisco di lavare le pentole e di aver passato la superficie del fornello.
Mi tolgo svelta il grembiule e cerco di sgattaiolare di là prima che possa trattenermi.
Ma non ci riesco, lui mi afferra per il polso e mi attira più vicina.
Sento il cuore palpitare forte, certa che lo sta sentendo anche lui dal polso; i nostri nasi sono così vicini che manca poco per sfiorarsi.
“Doveva passare un’altra settimana, prima che ti facessi viva?” mi domanda in un sussurro.
Mando giù con fatica, presa dalla paura che papà possa entrare e trovarci così.
“Se per questo anche tu non ti sei fatto vivo” ribatto con un filo di voce.
Nessuno in vita mia è mai riuscito a rendermi così vulnerabile al solo sguardo.
Nessuno, a parte Shinichi...
Nessuno, a parte Conan...
Dentro di me scatta un qualcosa di strano, come un’illuminazione ancora sconosciuta.
 
Conan e Shinichi...
 
Conan fa un sorrisetto, abbassando il capo. “Ti avrò lasciato una decina di messaggi in segreteria”.
Arrossisco, in imbarazzo.
Ma allora si è fatto vivo? E io che credevo di no...
“Non la so ancora usare, è diversa da quella che c’è in agenzia...” rispondo in un soffio.
Lui mi sorride, facendo passare la stretta dal polso alla mano. Mi prende anche l’altra, e mi ritrovo a contraccambiare la stretta.
Si avvicina all’orecchio e, prima di sussurrarmi qualcosa mi bacia il collo provocandomi una scossa interiore. Questo ragazzino pieno di ormoni mi sta mettendo sottosopra.
“Non sono più capace di tornare indietro e far finta che non sia successo mai nulla” mormora. Non gli rispondo, e lui prosegue: “Sei ancora convinta che la mia sia solo una cotta, vero?”.
Torna a guardarmi negli occhi e in me legge la confusione.
“Sinceramente non so cosa pensare” ammetto, lasciando le sue mani e abbracciandomi. Mi metto a fissare il pavimento, non avendo il coraggio di guardarlo negli occhi.
 
Quelli sono gli occhi di Shinichi!
 
urla la mia mente, ma non ho coraggio di dar voce ai miei pensieri.
Conan allunga una mano verso il mio braccio, ma si blocca all’istante e velocemente la ritira per mettersela in tasca.
Papà entra un secondo dopo nella piccola cucina ed io divento rossa all’istante, distanziandomi con foga da Conan.
Mio padre sembra non far caso alla mia impetuosa reazione. “Vado di sotto a comperarmi le sigarette. Volete qualcosa?”.
Faccio un silenzioso sospiro di sollievo e gli rivolgo un sorriso sollevato. “No, per me no, papà. Anzi, sarà meglio che vada. Si è fatto tardi”.
“Ah, Ran! Guarda che non disturbi affatto, questa è casa tua!” si lamenta papà, quando lo supero per andare a recuperare la mia giacchetta e la borsa.
“Non è per quello. Domani mattina devo alzarmi presto per andare a parlare con il mio relatore. Forse ho trovato l’argomento della mia tesi” dico eccitata.
Accompagno mio padre di sotto, salutando Conan fingendomi tranquilla come al solito. Facciamo due passi verso la tabaccheria in fondo all’angolo e poi fino a dove ho parcheggiato la mia macchina.
Prima che salga, papà mi afferra per un braccio e mi abbraccia forte.
Sono stupita da questa sua reazione e ci metto un po’ per realizzare la cosa e abbracciarlo a mia volta.
Papà profuma come sempre del dopobarba al muschio che gli regala ogni Natale la mamma.
“Volevo solo dirti... che sono orgoglioso di te, piccola mia”.
Come una bambina bisognosa d’affetto, mi aggrappo forte al suo cappotto e affondo la testa sul suo petto.
Questo momento sarà impresso nella mia memoria per sempre.
“Ti voglio bene, papà” gli sussurro, e rimaniamo abbracciati ancora per molto.

 
 
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Questa storia preme per essere proseguita... e io non posso trattenermi dal farlo!
Ieri, ho scritto il quinto capitolo, senza essermene resa conto!
Ma passiamo a questo quinto capitolo: per una volta, non sono rimasta a rileggerlo duecento volte. Appena l’ho concluso, mi sono sentita soddisfatta... e spero soddisfi anche voi! Ecco, magari è la volta buona in cui penso ‘oh, mi piace!’ e poi ne è esce una... schifezza... spero vivamente di no!! ;)
Ran sta più che sospettando, ragazzi... la sua testolina sta iniziando a lavorare... e Conan... bè, lui è stufo di trattenersi, mi pare anche comprensibile ^^
Va bene, adesso lascio a voi l’ardua sentenza!
Intanto passo agli immancabili ringraziamenti ^^ : grazie mille a _Neutron star collision_, Yume98, Shine_, 88roxina94, _Flami_, Ran Mouri e a Il Cavaliere Nero per aver commentato il quarto capitolo! Senza le vostre recensioni la voglia di scrivere, sono certa, non sarebbe pari a quella che ho!
Grazie anche a zapotec e a _Rob_ per aver aggiunto la storia nelle preferite; e a 88roxina94 e a arianna20331 per averla messa nelle seguite!
Grazie anche a chi ha solo letto...!

E con questo vi saluto, alla prossima ^^
Un abbraccio,

Dony_chan 

  
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