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Autore: malikbubs    04/01/2012    3 recensioni
"Sono un hater perchè non vuoi capirlo, Zayn?"
Era immobile, davanti a me. Forse paralizzata dalle sue stesse parole.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 4 di notte, pioveva e la chiave non entrava nella serratura che mia madre probabilmente aveva fatto cambiare per non farmi più entrare dentro casa.
Questo era uno di quei metodi che i genitori usano contro i figli che si drogano.
Ma madre pensava che fossi drogata e quello era uno dei suoi tanti modi per mandarmi in una comunità di recupero per tossico-dipendenti.
Feci il giro della villetta e mi accorsi che la finestra del balcone della mia camera era aperta. Se riuscivo ad arrampicarmi sull'albero, come facevo da bambina, senza cadere e rompermi qualcosa forse potevo arrivare in camera e dormire.
Mi arrampicai lentamente sull'albero come una ladra che cerca di entrare in una casa per rubare qualcosa; io stavo solo cercando di entrare in casa mia.

...

Ero in bagno e guardavo la vasca da bagno con gli occhi pieni di terrore.
L'ultima volta che vi ero entrata era stato per svanire dal mondo.
L'ultima volta che vi ero entrata ne ero uscita con dei tagli sui polsi.

17 Marzo 2009.
"Tu, vai in riformatorio."
Quelle parole, le vedevo scritte sul fondo della vasca. Avevo 16 anni, quando mi aveva minacciata.
Un'ora intera trascorsa a litigare.
"Tu, vai in riformatorio."
Ero corsa in camera, avevo sbattuto la porta e mi ero appoggiata al muro a piangere.
Mia sorella batteva i bugni sulla porta e mi supplicava di aprire. "Andrea, apri!"
Per ore lo aveva urlato incessantemente, mi aveva pregata di aprire quella fottuta porta e di affrontare il problema insieme.
Poi, col trascorrere delle ore la sua voce era diventata sempre più fioca e si era addormentata davanti alla mia camera.
Mezzanotte.
"Tu, vai in riformatorio." Guardavo al valigia vuota davanti a me.
Scappare era troppo semplice.
Morire, richiedeva coraggio.
Ricordo l'acqua che scorreva nella vasca.
La lametta nella mia mano.
La lametta sul mio polso.
Poi le tenebre.

15 Ottobre 2O11.
Quella notte dormii nella vasca da bagno.

...

Quando suonò la sveglia, ero convinta di essermi addormentata solamente un attimo prima.
Avevo dormito 4 ore nella vasca da bagno.
Quella notte era accaduto qualcosa di strano, avevo affrontato la mia ridicola paura.
Era nata una nuova Andrea.
Mi feci velocemente un bagno, mi cambiai e scesi sotto a fare colazione.
Mia madre e mio padre parlavano sottovoce.
Se fossi stata ancora una bambina avrei pensato che stavano preparando una sorpresa per me e mia sorella, una gita a Oxford, un weekend dai nonni a Brighton oppure una settimana a Parigi dalla zia, che sicuramente ci avrebbe accompagnate a Disneyland.
Ma da un anno, sapevo che quando parlavano sottovoce era perchè stavano discutendo su come potevano aiutarmi.
Ma, aiutarmi in cosa?
Ero una ragazza strana: lo sapevo già anche se non sapevo il perchè.
Avevo tentato il suicidio a 16 anni: ero andata due anni dallo psicologo ed ora stavo bene.
Studiavo filosofia: quello era il mio sogno fin da bambina, quando andavo a curiosare tra i libri di mia nonna in soffitta.
Scrivevo canzoni, poesie e piccole storie, suonavo il pianoforte, la chitarra, avevo tanti tatuaggi: per i miei genitori ero un alieno.
Forse, sarei anche potuta passare per una ragazza 'alternativa'. Non avevo amici che si drogavano (ma per mia madre erano tutti quanti dei tossici), non mi ero mai innamorata, e passavo intere notti a leggere.
Per i miei genitori ero un caso disperato.
"Buongiorno." dissi cercando di sembrare felice e spensierata. Senza guardarmi, mia madre disse:"A che ora e come sei rientrata?"
"Alle 4. Mi sono arrampicata sull'albero. La finestra in camera mia era aperta."
Mio padre sospirò.
"Andrea, dicci come possiamo aiutarti."
[Non ho bisogno di nessun aiuto.]
"Papà, io non ho bisogno d'aiuto. Sto bene."
Mia madre si alzò dalla sedia e mi guardò dritta negli occhi. "Hai 18 anni."
"Lo so." risposi in modo strafottente. Odiavo quelle ridicole ovvietà.
"E prorpio per questo," continuai "desidero essere lasciata in pace."
"NON HO FINITO ANDREA HELENA LEWIS!"
Andrea Helena Lewis, il mio nome intero.
"Torni tardi. Sei piena di tatuaggi."
Tornavo alle 4 e avevo dei tatuaggi e quindi avevo bisogno d'aiuto. Era mia madre quella che aveva bisogno d'aiuto. "Mah, smettetela. Mi avete fatta crescere da sola e solo ora vi ricordate di svolgere il vostro compito di genitori? Siete patetici. Non ho bisogno di nessun tipo d'aiuto, voi piuttosto. Ed ora vado, che sto facendo tardi a lezione."
Corsi di sopra a prendere la borsa ed ignorai le urla di mia madre che mi diceva che non aveva mai desiderato una figlia come me.
Era lei, con il suo menefreghismo e con la sua voglia di avere una figlia perfetta, che fa danza classica e studia matematica e fisica, che mi aveva fatta diventare così.
Mia sorella aveva capito tutto e per questo se n'era andata. La mamma l'aveva per anni costretta a fare sfilate e a partecipare a concorsi di bellezza, l'aveva quasi trasformata nella sua 'figlia ideale' quando lei si era stancata e se n'era andata. Ammiravo il suo coraggio.
Con me aveva provato a fare lo stesso, ma mi ero ribellata. Mi aveva minacciata di portarmi in riformatorio e mi ero quasi tolta la vita.
Mi pentivo di non esserci riuscita.

Arrivai davanti al college e vidi che tutti gli studenti era lì fuori. Chiesi cosa stava succedendo e scoprii che si stava occupando il college, e che il motivo non si sapeva.
Ottimo, avevo la mattinata libera.
Stavo mandando un messaggio a Meredith, la mia migliore amica, per dargli appuntamento a Trafalgar Square quando mi accorsi che Zayn mi stava venendo in contro.
Mi ero completamente dimenticata di lui.
Tutte le persone che mi conoscevano dopo un po' perdevano la speranza di riuscire a farmi ragionare o farmi cambiare idea. Tutti tranne lui.
"Ciao Andrea."
Non mi ero mai accorta di quanto fosse meravigliosa la sua voce.
   
 
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