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Autore: xhellsangel    04/01/2012    7 recensioni
Dicono che gli opposti si attraggono, pensavo fosse una grande cazzata.
Marta. Sedicenne -quasi diciassettenne- con una vita normale, da quest'ultima non pretende niente. Sa che non può avere tutto, ma ciò che può avere, lo pretende. Non è mai stata innamorata, è in uno stato di credo/non credo in questo sentimento.
Mattia. Diciassettenne irritante come pochi, attraente come nessuno. Non cerca niente di serio nella vita, si diverte a cambiare le ragazze come un paio di mutande, poiché è estremamente consapevole delle sue doti. Vuole divertirsi, solo divertimento.
Cosa potrebbe succedere se le loro vite si incrociassero?
Disastro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9: tradendo la notte



 
Non seppi dire come arrivammo a casa mia, forse perché mi resi conto di essere davvero dentro quando avvertii la porta sbattere, richiudendosi alle nostre spalle. 
Non seppi neanche dire se fossero le mani, i baci e le carezze di Mattia e rendere tutto così sfocato attorno a noi.
Avvertivo solo le sue mani sul mio corpo, troppo sicure, troppo decise, troppo sue.
Le sue labbra erano avvinghiate alle mie, in una specie di scontro corpo a corpo, perdeva chi si staccava per primo. 
Non avrei mai perso, perché staccarmi da lui, sarebbe stato un dolore anche fisico arrivati a quel punto e, contemporaneamente, non volevo neanche vincere, non avrei sopportato un suo allontanamento dalla mia pelle. 
Quando scorsi il letto dietro le mie ginocchia, ci caddi come un sacco di patate, trascinandolo sopra di me e i suoi gomiti affondarono nel materasso a livello delle mie spalle, per non pesarmi.
Le sue labbra iniziarono a scendere, leccando il profilo della mia mascella, per poi passare a dedicarsi al collo.
Portai entrambe le mani ai bottoni della sua camicia, iniziando a sbottonarli uno per volta, con calma, una calma che mi stava bruciando viva perché quella camicia gliel'avrei strappata a morsi se non fosse stato per il mio stupido ego che voleva farmi apparire rilassata anche mentre un vortice di emozioni si appropriava del mio intestino, il quale stava iniziando a fare capriole insieme a quello stupido coso chiamato cuore.
Percepii i suoi occhi a contatto con i miei, istintivamente alzai gli occhi ed incrociai il suo sguardo liquido ed eccitato, quasi mi implorasse di strapparglielo per davvero quello stupido pezzo di stoffa. 
Affogai il mio sguardo nel suo, perdendomi in quel verde così perfetto che sembrava iniziasse a dar spazio anche alle screziature azzurre, le iridi che coloravano gli occhi di quel ragazzo sembravano seriamente l'ottava meraviglia al mondo. 
Quando finii di armeggiare con i bottoni, lasciò scivolare la camicia lungo le sue spalle e, quando ne fu privo, l'afferrai per gettarla chissà dove nella stanza. 
Capovolsi la situazione, passando io al comando, a cavalcioni su di lui. 
Per la prima fottutissima volta da quando ci eravamo scambiati baci e toccatine, riuscii finalmente a far combaciare le mie labbra con il suo collo, morbido e profumato come il resto del suo schifosamente attraente corpo. 
Fui scossa da una serie di brividi quando leccai la pelle del suo collo, così calda e così morbida da far venir voglia di affondargli un morso e lasciargli un marchio che gli sarebbe rimasto per qualche settimana, ma mi limitai a lasciare una scia di baci umidi lungo tutto il suo collo, marcando con la punta della lingua i punti -a me- più sensibili e pregai di fargli assaporare almeno la metà dei fremiti che provocavano i suoi baci sul mio corpo. 
Mi piaceva da star male il modo in cui aumentava la presa ferrea sui miei fianchi ogni volta che -non proprio inconsapevolmente- sfioravo il mio bacino con il suo. 
Ma quello stronzo di Morici non poteva di certo essere parte passiva della notte e, ovviamente, mi trascinò di nuovo sotto di lui, di nuovo in sua balia, ma forse non avevo mai smesso di esserlo.
Di nuovo io la preda -non tanto- indifesa e lui il cacciatore spietato.
Tutti i problemi e le domande che fino a quel momento giacevano in una parte nascosta del mio povero cervello, scesero via con le mani di Mattia che facero scivolare -con una lentezza snervante- la cerniera del vestito. 
Con la mano sinistra continuava a farsi leva sul mio corpo mentre, con la destra, accompagnò nella discesa il mio vestito e, con le labbra, tracciò un tragittò che partiva dall'incavo dei miei seni, una scia leggera e umida di baci, soffermandosi sull'ombelico.
Era uno dei miei punti deboli, ma lui stava rendendo anche i punti più insignificanti del mio corpo, tutti punti deboli.
Percepii la sua lingua tracciare un cerchio perfetto attorno all'ombelico, fino a penetrarlo con la lingua.
Ansimai vergognosamente, mentre qualcosa tra le mie gambe si allagava, sentii uno stretta allo stomaco mostruosa impadronirsi di me quando avvertii la punta della sua lingua stuzzicare il centro sensibile dell'ombelico.
Quando finalmente si decise ad abbandonare quell'atroce -e sensazionale- tortura, arrivò con la lingua al bordo degli slip. 
Sgranai gli occhi dallo stupore. 
Sentii lo strano tonfo che causò l'affloscio del vestito sul pavimento, in chissà quale angolo remoto della stanza.
Percepii i suoi denti afferrare con fermezza il bordo dei miei slip e sopraffatta dalla sorpresa, afferrai le sue guance tra le mani  e riportai le sue labbra sulle mie.
In un primo momento si oppose, forse desideroso di portar a termine quel gioco di seduzione che aveva iniziato, ma non oppose resistenza e si lasciò baciare senza troppi complimenti mentre la mia mano destra -timida- gli afferrò la spalla sinistra e iniziai ad assaporare con il tatto quell'irrazionale calore che sprigionava il suo corpo con il mio e tastai il suo torace, e non mi sfuggì neanche il leggero battito accelerato quando sfiorai il suo petto. 
Aiutandomi con la mano sinistra, iniziai ad armeggiare con la sua cintura, la quale non oppose nessuna resistenza a lasciarsi slacciare, ma il vero problema nacque quando mi toccò sbottonargli i jeans. 
La forte fitta nel basso ventre non mi aiutava affatto, e neanche Mattia che mordeva -nel vero senso della parola- il mio collo, chissà con quanti sudici succhiotti avrei dovuto far il conto l'indomani. 
Mi feci prendere dall'euforia quando riuscii finalmente a sbottonargli i jeans e far scendere -con un po' di problemi- la cerniera e, -giuro- senza volere, sfiorai la sua erezione ben accentuata nel lasciar cadere dall'altra parte del letto i jeans e, molto probabilmente, prese il mio gesto inconscio per un contatto voluto e affondò i denti con troppa irruenza nella mia spalla. 
Un gemito troppo acuto e alto, che avrebbe dovuto mostrarsi come un gemito di dolore, si manifestò come gemito di piacere e avvertii all'istanza le mani di Mattia risalire lungo la mia colonna vertebrale e afferrare -quasi strappare- il gancetto del reggiseno. 
Lo slacciò in una manciata di pochi secondi, cosa da vero esperto, e accompagnò entrambe le bretelle con le mani lungo le braccia, lasciando ad un torturante bruciore i lembi di pelle che stava accarezzando. 
Quando entrambe furono libere dalle mie braccia, afferrò il centro delle coppe e lanciò esso ai piedi del letto, sostituendo quel fastidioso pezzo di intimo con le sue labbra. 
La sua lingua e la sua bocca, stavo vedendo inferno e paradiso contemporaneamente. 
Infilai entrambe le mani tra i suoi capelli e spinsi il suo volto verso il mio seno, accentuando quel contatto intimo. 
Lo volevo da impazzire, lo volevo a tal punto che avrei rischiato seriamente di impazzire se l'avessi staccato dal mio corpo.
Io e Mattia Morici stavamo per fare sesso, detto qualche mese prima, quando eravamo appena stati messi come compagni di banco, sarebbe sembrata una vera e propria battuta. 
Rischiai di stappargli qualche ciocca di capelli quando strinse tra i denti il mio capezzolo sinistro, mentre con il suo respiro irregolare stuzzicava quest'ultimo. 
Leccò, baciò e morse ogni possibile lembo di pelle e, con questo, intendo dire che -dopo un periodo di tempo che parve infinito- abbandonò i miei seni e scese lungo il ventre, tralasciando questa volta l'ombelico, e afferrando con entrambe le mani i lembi degli slip e li accompagnò il una tortuosa scesa lungo le cosce, poi ginocchia, poi caviglie, poi via. 
Mi stava uccidendo quella serie straziante ed eccitante di preliminari. 
Aprii di rifletto le gambe quando avvertii le sue labbra umide della mia -e sua- saliva baciare il mio interno coscia. 
- Aspetta- ansimai quando era arrivato ad un passo dalla mia femminilità. 
Alzò il volto verso me e lessi il tormento nei suoi occhi, stupido, pensava davvero che arrivato a quel punto avrei potuto chiedergli di fermarsi?
L'avrei pregato pur di sentirlo subito dentro di me.
- Stiamo andando contro ogni principio. - Ansimai con voce roca - Io e te ci odiamo, stiamo tradendo la natura - pazza. Mi aggredii da sola.
Al pensiero che avesse potuto prendere in considerazione le mie stupide paranoie, mi sentii venir meno.
Al solo pensiero che avesse davvero staccato il suo corpo dal mio, che avesse lasciato tutto così, che mi avesse sola ed eccitata come mai in vita mia nel mio letto, era un pensiero che rischiava di spedirmi con un biglietto di sola andata al manicomio. 
Tentò di ghignare, ma le sue labbra si aprirono in un sorriso.
Il mio cuore mancò di un battito e, fui pronta a scommettere, che quello fosse il sorriso più bello sulla faccia della terra.
- No, stiamo solo tradendo la notte.- mormorò prima di baciare la mia intimità. 
Gettai la testa all'indietro, mandando a puttane tutti i buoni propositi e tutti i neuroni ormai fusi.
Affondai la testa sul cuscino, stringendo tra le mani i lembi della coperta pur di non mettermi ad urlare svegliando l'intero quartiere.
La sua lingua penetrò la mia intimità, e li capii che ci stavo candendo dentro come una pera cotta.
 
Stavamo tradendo la notte.
 
Eppure io sentivo tradito ogni mio principio morale, quel fottuto coglione iniziava a piacermi più del normale, più del lecito.
Non fu colpa mia se appena liberai il labbro inferiore dalla morsa dei denti, dalla mia bocca fuoriuscirono una serie di gemiti sommersi, me ne vergognai come una ladra, eppure in quella notte non c'era niente di normale.
Era la prima volta che permettevo ad un ragazzo di avermi in quel modo, e lo stavo permettendo al mio nemico.
Stava giocando con la parte più nascosta di me, stava stuzzicando in tutti i modi possibili la mia intimità, la stava straziando lentamente, un piacere talmente atroce che mi provocava una fitta in pieno petto, facendomi sentire vuota, priva di cuore e battiti cardiaci. 
Il contatto della punta della sua lingua contro il mio clitoride, mi fece perdere davvero il lume della ragione e inarcai la schiena pur di sentirlo più vicino, fino infondo.
Quando fu stanco di quei giochetti, risalì di nuovo alle mie labbra, lasciando nel mio basso ventre una nuova fiamma che sarebbe stata capace di incendiare un'intera foresta se lui non si fosse deciso di spegnerla con altro
Stanca e portata all'estremo, afferrai i suoi boxer e li accompagnai fino alle ginocchia, dove se ne liberò da solo. 
La sua mano destra si chiuse a coppa sul mio seno e, decisi allora, di afferrare la sua eccitazione.
Tempesta.
Siccità.
Notte.
Giorno.
Estate.
Inverno.
Inferno.
Paradiso.
Cos'era quel ragazzo? Una continua scoperta per me e, quando arrivai a sfiorare la sua punta con pollice, portò via la mia mano da lì e si posizionò volece tra le mie gambe. 
Tremavo sotto il suo tocco, benché non fosse la mia prima volta. 
Serrai gli occhi quando lo sentii entrare in me con una sola spinta, decisa e bramosa, fermo e esperto.
Adrenalina e errori, ecco cos'era Mattia, eppure io in quel momento non sarei stata capace di definire dove finiva il mio corpo e dove iniziava il suo.
 
Eppure stavamo solo tradendo la notte.
 
Quando iniziò a muoversi in me, fu come vedere le stelle in pieno giorno, fu come un'eclissi totale in tutto il mondo.
Spingeva in me e, i brividi che mi scorrevano lungo la schiena, erano brividi che mai nessuno era riuscito a farmi assaporare.
Avevo paura, paura perché mai nessuno era riuscivo a coinvolgermi in un modo così totale.
Più sopra, fino ad uscire da me. Più infondo, fino all'anima. 
Allacciai le mia gambe ai suoi fianchi e inarcai il bacino, per sentirlo fino in fondo, fino a scandire il battito del mio cuore con le sue spinte.
Lo strinsi a me con possessione, anche se in lui, di mio, non c'era niente.
Sarei riuscita a lasciarlo andare, dopo che lo avevo accolto in me?
La risposta mi sembrava così chiara, ma non voleva affatto venir fuori, -forse- aveva paura della reazione che avrei avuto.
Sembravamo danzare nell'aria, sudati e ansanti.
Guardarlo senza farmi scorgere era ciò che mi riusciva meglio e vederlo lì, bramoso di farmi travolgere dal piacere, sudato con i capelli attaccati alla fronte, eccitato con gli occhi liquidi dal piacere, era una vera visione, ciò di più bello che i miei occhi avessero mai visto.
Sentii il piacere sempre più vicino, fino a quando con una spinta più decisa e feroce, raggiungemmo entrambi l'orgasmo. 
Percepii il suo corpo accasciarsi su di me e, stanca sia fisicamente che psicologicamente, lo accolsi con piacere tra le mia braccia lasciando il suo viso sul mio seno e con le mani presi ad accarezzargli le gote arrossate e la fronte sudata. 
E per un momento dimenticai lo stronzo irritante che giaceva in lui.
 
Perché in questo momento, stavamo tradendo la notte.
 
 
 
- Marta - fui sicura che l'estensione del mio nome nell'aria fu solo una mia immaginazione, poiché non avevo mai sentito quella voce pronunciare il mio nome.
Scorsi una mano che mi accarezzava lievemente il profilo della schiena, per poi fermarsi sulla mia vita, dove era appoggiato il lenzuolo. 
Il mio corpo era freddo in quel momento, visto che l'unica parte coperta era dal bacino in giù.
Stesi il palmo e avvertii sotto la pelle dei polpastrelli, il corpo ancora caldo e profumato di Mattia. 
Forse si accorse che fossi sveglia per via di quel gesto, e prese a giocare con una ciocca dei miei capelli, avvolgendosela -sicuramente- attorno all'indice.
- Devo andare. Sono le cinque e tra poco abbiamo il raduno in piazza, per prendere l'autobus - eccheccazzo, già le cinque?
Desideravo con tutta me stessa che quei minuti scorressero quanto più piano era possibile.
Presi a disegnare cerchi immaginari sul suo torace, beandomi della sensazione del suo calore.
Devo andare. 
Mi staccai subito da lui, afferrando il lenzuolo e lo portai al di sopra del mio seno -il quale era stato fino a poco prima schiacciato contro di lui-. 
Che se andasse pure, a me, che importava?
- Ok, ci.. vediamo sul pullman - mormorai quando lo vidi indossare i jeans. 
Oddio.
Allora, la sera precedente.. era successo per davvero. 
Mi sentii avvampare all'istante dalla vergogna, essere davanti a lui coperta solo da uno straccio di tessuto mi faceva sentire piuttosto fuori luogo, anche se la sera prima mi aveva esplorata piuttosto a fondo.
Vederlo con le labbra ancora gonfie e i capelli in disordine, era decisamente troppo per i miei poveri ormoni.
Perché ero stata io a mordergli le labbra, ero stata io a scombinargli i capelli.
Eeh no, stavo formulando delle frasi da ragazzina sdolcinata e la cosa non andava affatto bene.
Indossò la camicia e l'abbottonò, impiegando la metà del tempo che avevo usato io per sbottonarla.
 
Marta Cuneo, basta pensieri indecenti!
 
- Ci vediamo dopo, Cuneo - ghignò strizzandomi l'occhio, per poi dileguarsi fuori dalla porta della mia camera.
Fui sicura che fosse uscito quando sentii il cigolio della porta d'entrata e lo sbattere di quest'ultima una volta richiusa alle sue spalle.
Mi buttai a peso morto sul letto. 
Star lì a ripensare a tutto ciò che era successo non mi serviva affatto, per questo, decisi di gettarmi sotto il getto gelato della doccia e non pensare più alle sue mani che mi cingevano la vita, alla sua lingua che esplorava la mia bocca e le mie labbra.
Non dovevo pensare a..
A ciò che stavo pensando.
Non ci misi molto interesse nel scegliere i vestiti, poiché la maggior parte erano già in valigia, quindi mi limitai ad indossare una felpa viola, semplice senza nessuna stampa, un paio di jeans leggermente strappati e le nike viola.
L'orologio segnava le 5.50, il raduno era alle 6, giusto in tempo.
Afferrai il cellulare e il mazzo di chiavi -poiché non sapevo se al mio ritorno mio padre ci fosse stato- e mi richiusi la porta alle spalle dopo aver guardato per una manciata di secondi la casa vuota e dedussi che non mi sarebbe mancata.
 
 
Mi sedetti infondo al pullman, in compagnia di Giorgia. 
Eravamo ancora pochi, mancava quasi tutta la parte maschile della classe, ciò una quindicina di scimpanzé selvaggi. 
- Ieri sera ti ho provata a chiamare per sapere che fine avevi fatto, ma avevi il cellulare spento - sbottò indignata.
Grazie tante.
Ora che ero riuscita a non pensarlo, arrivava lei a farmi l'interrogatorio. 
- Sono andata via - presi una boccata d'aria - con Morici - continuai.
Avrei volentieri evitato la seconda parte della frase ma, più cose le dicevo di mia spontanea volontà, meno questioni avremmo fatto.
La vidi sgranare gli occhi, iniziando a boccheggiare in cerca d'aria. 
- Racconta tutto. Tutto. E non tralasciare i particolari - urlò quasi.
Le brillavano gli occhi come ad un bambino a cui regalavano un nuovo gioco. 
I particolari. 
Stava per cancellare tutto il relax di cui mi aveva beato la doccia fredda. 
- Abbiamo fatto sesso - mormorai con nonchalance.
- Io lo sapevo, te l'avevo detto! Voglio i particolari! - sarei stata capace di alzarmi e cambiare posto se dalla parte opposta del pullman non stesse salendo proprio lui.
Fatto restava che in quel momento non desideravo altro che mettermi un paio di cuffie ed escludere l'intero mondo.
- Che particolari vuoi, Gio? Vuoi sapere le sue misure? - stronza perfino con la mia migliore amica.
Mi sentii subito in colpa quando vidi la sua espressione indignata dal mio modo di parlare e delle parole che avevo detto. 
Tuttavia, se quello fosse stato l'unico modo per farla zittire, andava bene così.
Avrei fatto di tutto pur di poter assaggiare un briciolo di silenzio attorno a me, o almeno, di essere distratta con qualche argomento stupido, l'importante era evitare ciò che voleva sapere lei su di lui
Quando la classe fu al completo, il pullman partì in direzione dell'aeroporto. 
Appoggiai la testa all'indietro, socchiudendo gli occhi. 
Dopo non so quanto tempo, sentii finalmente il sonno iniziarsi ad impadronire di me quando..
- Ahi - sgranai gli occhi lanciando uno stridulo urlo di dolore anche se non avevo provato affatto di dolore.
Giorgia era caduto in un sonno profondo e, involontariamente, la sua mano aveva sfiorato la mia gamba e, stupida, avevo pensato di chissà chi potesse essere quella mano. 
Basta, basta davvero.
Sarei sicuramente tornata ad odiare Morici, a dargli fastidio, ad evitarlo, a non salutarlo e non pensarlo in altri vesti se non in quelle del vicino di casa stronzo.
Sembrò che nessuno si fosse accorto del mio piccolo incidente, se così si potesse chiamare.
- Prof - sentii la voce stridula di Facini fare capolino. 
- Dimmi Facini - fortunatamente in gita ci accompagnava la professoressa di latino, nonché portabandiera del partito 'viva i nullafacenti'. 
- Ma i posti sull'aereo come sono disposti? - boccheggiai come un pesciolino rosso.
Ovviamente i posti sull'aereo erano già stati assegnati..
- Oh, la professoressa Abate mi ha chiesto di assegnarvi i posti come siete disposti in classe - sgranai gli occhi.
Non era possibile, quello era il peggiore dei miei incubi. 
Quella strega doveva sfracassare i coglioni fino alla fine, ovviamente, ma io i coglioni li avrei sfracassati al mio compagno di sventure se non avesse subito trovato una soluzione e si sarebbe tolto dalla mia vista.
Altrimenti, sarei stata costretta a passare l'intero viaggio in bagno. 
- Ma prof, non possiamo decidere noi i posti? - diedi voce ai miei pensieri.
Vidi lo sguardo di Morici spostarsi alla velocità della luce su di me e sentii i suoi occhi guardare troppo insistentemente determinati punti del mio corpo.
Ghignò soddisfatto di vedere un'espressione di disappunto disegnata sul mio volto.
Stronzo, gli avrei ringhiato contro.
- No, mi dispiace Cuneo, ma sono decisi - stronza pure tu.
Quest'ultima si dileguò tra le file di studenti seduti ai propri posti. 
Sbuffai e ebbi voglia di strappare a morsi quel ghigno strafottente dalle labbra dello stronzo e, magari gli avrei strappato anche altro.
Pervertita.
Deglutii, mandando giù un grosso groppo di saliva che altrimenti si sarebbe trasformato -molto probabilmente- in bava.
- Perché non vuoi sederti vicino a me, Cuneo? - quella voce estremamente fastidiosa mi arrivò dritta all'udito.
Mi sarei volentieri alzata e assegnargli un bel ceffone che gli sarebbe rimasto in faccia per un bel po', ma mi trattenni.
- Perché sei uno stronzo, e vederti mi fa venir voglia di..- baciarti -..scendere dal pullman e tornarmene a casa - mentii.
La voce mi uscì talmente ferma e seria che mi aiutò a capire che, dopo tutto, non era una bugia.
Quel ragazzo tornava a darmi i nervi e a mandare a puttane il mio autocontrollo con la sua strafottenza.
Una notte -ovviamente- non lo aveva cambiato e non aveva cancellato neanche la mia irritazione nei suoi confronti.
- Se vuoi, chiediamo di far fermare il pullman e te ne torni a casa - 
- Vaffanculo - semplice e diretta. 
L'avrei vista difficile la convivenza a Londra e, ringraziai dio che le stanze miste nei dormitori non si potessero fare, altrimenti, sarei seriamente tornata a casa. 


 
* * *
SPAZIO AUTRICE
 
ODDIO.
Tipo sto morendo dalla vergogna.
Questo capitolo supera di gran lunga le mie idee perverse, eh si.
Diciamo che, però, devo dare un senso a quel bel rating arancione, o no?!
Ok, ora magari voi da belli e bravi lettori che siete, mi lasciate una recensione, vero?!
Ora vi lascio.

 
#PEACEANDLOVE
Elvy.
   
 
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