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Autore: sleepingwithghosts    04/01/2012    3 recensioni
Avevo voglia di fumare. Non avevo voglia di alzarmi.
Sospirai, e chiudendo gli occhi sentii i passi delicati di mamma avvicinarsi, il suo bacio umido sulla fronte, le sue mani sulle mie costole, il peso del lenzuolo e di una coperta a schiacciarmi sul materasso, la porta chiudersi.
Ero sola, di nuovo, con la mia pelle sottile, una voglia di nicotina indescrivibile e tanto freddo, persino dentro il cervello svuotato dall’alcol. Attorno e dentro me freddo, solo tanto freddo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nothing goes as planned.

 

Sbattevo le palpebre ossessivamente per rimanere sveglia, mi mordevo il braccio. Il poco sonno e l’effetto della canna che mi ero fatta prima di entrare in classe, cominciavano a farsi sentire.

Stavamo studiando per l’ennesima volta il modo in cui Cristoforo Colombo era approdato nel Nuovo Mondo, quindi alzai la mano aspettando che il professore alzasse gli occhi, e gli chiesi, cortesemente, se potevo uscire dall’aula. Acconsentì.

Invece di dirigermi verso il bagno, svoltai in direzione delle scale che portavano in terrazza, vicino ai laboratori, davvero poco forniti, di chimica e fisica.

Accesi la sigaretta che avevo portato con me, e mi avvicinai al bordo. Guardai giù. In lontananza si vedevano i campi da football e le piste d’atletica, tutto attorno un cielo limpido.

C’era il sole quel giorno, e neppure se quella giornata fosse stata la più insopportabile da mesi mi sarei buttata (non che non ci avessi pensato, solo non l’avevo mai immaginato con il sole, ero troppo melodrammatica) ma a quanto pareva quel qualcuno che aveva appena accompagnato la porta per non spaventarmi, non poteva immaginarlo. Chiusi gli occhi e aspirai la sigaretta aspettando che parlasse.

«Non buttarti, ti prego. Sono debole di stomaco».

Ridacchiai, e indietreggiando di un passo, mi voltai verso la voce maschile che aveva parlato. Lo scrutai per qualche secondo rimanendo in silenzio: indossava un maglione beige chiaro che mi ricordava quello che di solito le nonne regalano ai nipoti a Natale, dei semplici pantaloni scuri tenuti saldi da una cintura senza fibia, e delle scarpe identiche alle mie. I capelli, biondi e mossi, gli incorniciavano il viso, un viso davvero bello, da angelo. Era decisamente carino, quel ragazzo.

«Quindi, se mi buttassi giù, tu vomiteresti soltanto?», chiesi con ironia.

Lui non rispose subito, osservando ogni parte del mio corpo. Sapevo che mi trovava bella, che avrebbe voluto baciarmi sporcandosi di rossetto rosso le labbra, che voleva annusare la mia pelle chiara come il latte, soffiarmi sui capelli di un rosso stinto alla perfezione, ma invece di avvicinarmi a lui, gli diedi le spalle, stringendomi un braccio attorno al busto per l’aria fredda che trapassava la maglia di cotone fino. Sentii i suoi passi avvicinarsi, e quando mi fu accanto, mi voltai verso di lui, offrendogli la sigaretta, ma lui scosse la testa. Dire che aveva gli occhi più verdi che avessi mai visto non era un eufemismo.

«Vuoi farlo davvero?», domandò, ma la sua voce non sembrava allarmata.

«Potrei».

«Finiresti su tutti i giornali».

«Probabile».

Rimanemmo in silenzio finchè non mi abbassai sulle ginocchia per spegnere il mozzicone sul cemento del pavimento, e mi rialzai trovandomi la sua faccia a qualche centimentro dalla mia.

«Sei di poche parole, vero?». Scrollai le spalle, senza spostarmi. «Vorrei baciarti», disse guardandomi le labbra.

Sorrisi. «Fallo».

Lui mi guardò negli occhi – scompigliandomi pensieri che non mi ero accorta di avere in testa – e si allontanò di qualche passo, sorridendomi. «Sei strana».

Alzai un sopracciglio e strinsi le labbra. Mi aveva rifiutata davvero?

Avevo fame, ma sapevo bene che se avessi toccato cibo non sarei più riuscita a smettere. La famosa fame chimica non esisteva solo nelle favole con i ragazzi cattivi.

Mentre ascoltavo il mio stomaco – che sembrava la cassa vuota di una chitarra accordata male – sentii una mano stringermi un fianco. Abbassai gli occhi su di essa ed esaminai le unghie corte ben tagliate, poi lo guardai. Lui sorrise e posò le labbra sulle mie, baciandomi come se fossi il petalo di un fiore, sfiorandomi appena. Un bacio che sembrava una carezza, mentre con la mano sul mio fianco tracciava segni circolari con il pollice.

Quando, lentamente e tenendomi inchiodata a lui con lo sguardo, mi lasciò andare facendo qualche passo indietro, avrei voluto urlare, e invece strinsi i pugni lungo i fianchi, girai i tacchi, e scesi le scale di corsa.

Andai in bagno, vomitai la colazione che non avevo fatto, mi lavai via il rossetto dalle labbra strofinandole, e tornai in classe, dove non sembrava essersi mosso nemmeno un granello di polvere. Un ragazzo in ultima fila mi fece l’occhiolino, io mi limitai a sedermi al mio posto, portando i pensieri nel mio posto felice.

Era un parco giochi con delle panchine vuote, l’erba corta appena tagliata, il profumo di muffin al lampone nell’aria e delle pozzanghere su cui saltare dentro. Mi vidi proiettata in quel sogno ad occhi aperti con un grosso libro, di cui non conoscevo il titolo, in mano.

Quando suonò la campanella non me ne accorsi, rimanendo seduta al mio posto, le mani in grembo, le calze smagliate sulla coscia sinistra, lo smalto nero sulle unghie disastrosamente rovinate.

Qualcuno mi si accostò all’orecchio, e con l’alito che sapeva di tabacco e caramella alla frutta, mi disse «Ci vediamo più tardi, ho l’allenamento alle quattro».

Chiusi gli occhi e sospirai, l’ennesimo conato di vomito che saliva in gola. Perché non mi ero semplicemente lanciata giù prima? Perché c’era il sole (perché non puoi abbandonare tua madre, perché vuoi andare in libreria e comprare il nuovo album dei Placebo, perché non è ancora venuto il momento di uscire di scena)

 

Ciao lettori silenziosi, perché siete così silenziosi? Ho avuto un sacco di visite per il primo capitolo e non capisco perché nessuno nessuno abbia scritto una recensione. Magari questa storia vi fa schifo, o magari non l’avete letta davvero. L’ansia mi sta uccidendo, seriamente. Ugh, niente, vi lascio il secondo capitolo sperando che qualcuno di voi si faccia vivo!

  
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