Salve!
:D
Dopo
aver letto un po’ di fanfiction provo anch’io a pubblicare qualcosa su Sekai, ultima favolosa fissazione! <3
Ho
provato a cimentarmi sulla coppia protagonista, Takano e Ritsu, spero sia
uscito qualcosa di decente XD
Buona
lettura!
~Rose
It’s Really The End
Dire
che l’appartamento era in disordine poteva sembrare un complimento alle reali
condizioni in cui versava la stanza. Quando aveva messo piede lì dentro per
poco non era inciampato in un paio di jeans appallottolati e dimenticati
malamente sul pavimento. Di seguito, libri di vario genere, ancora vestiti,
fogli sparsi a casaccio – erano le bozze quelle?-, un calzino abbandonato sul
tavolino del salotto, un paio di mutande penzoloni dal bracciolo del divano.
Sembrava avessero sganciato una bomba e poi chiuso la porta di tutta fretta.
Scosse
la testa esasperato e rilascio un lungo sospiro. In che condizioni viveva?
Lasciò
le chiavi sulla mensola del corridoio e puntò verso la camera da letto.
Qualche ora prima
-Takano-san,
menomale sei arrivato. Il tipografo ha già chiamato due volte, dice che non può
più aspettare. O consegniamo il materiale o salta la stampa.-
Appena
arrivato nel reparto di Editing, Kisa l’aveva accolto con quella notizia,
tenendo la cornetta del telefono come se scottasse e ben lieto di poter
scaricare la questione a lui.
Già
pronto mentalmente a dover discutere per racimolare ancora un po’ di tempo,
allungò la mano verso la cornetta e volse uno sguardo ai presenti. Tre paia di
occhi lo fissavano.
-Onodera,
dov’è?- chiese indicando la postazione vuota. –Non doveva occuparsene lui?-
-Ecco,
Ricchan non è arrivato stamattina.- fu di nuovo Kisa a parlare. Takano lo
guardò in attesa che aggiungesse altro. Quando il ragazzo tacque, si voltò
verso gli altri.
-Beh,
si può sapere perché?-
-Non
ha lasciato messaggi o chiamate, semplicemente non si è presentato a lavoro.-
rispose professionale Hatori dalla sua scrivania. Mentre discutevano, si era
già messo al lavoro sulla correzione di alcuni name.
Strinse
le labbra stizzite e accostò il ricevitore all’orecchio. Che diavolo combinava
quello stupido?
Mentre
si ritrovava a discutere con quelli della tipografia, non poté fare a meno di
riscoprirsi preoccupato. Con molta probabilità non era niente di grave, Onodera
era rimasto a casa altre volte prima di allora, ma aveva sempre avvisato
preventivamente l’ufficio. Il fatto però che nessuno aveva sue notizie da
quella mattina lo portava a cattivi pensieri.
Con
un gesto seccato sbatté giù la cornetta. Tipografi! Lo facevano sempre
incazzare.
Lanciò
un’occhiata all’orologio, erano solo le quattro e il suo turno finiva alle sei.
Non poteva permettersi di andare via prima, non con un numero da mandare in
stampa, oltretutto in ritardo.
Con
un gesto della mano avvicinò uno degli editori e dettò direttive sul materiale
da consegnare alle stamperie.
Ancora
due ore lì dentro. Maledizione!
-Onodera!-
L’aria
era stagnante, sapeva di chiuso e un vago odore di sudore gli arrivò alle
narici. Appena aveva acceso la luce, tutto era stato chiaro, ma non pensava di
trovarlo in quelle condizioni pietose.
Sotto
diversi strati di coperte se ne stava rannicchiato Ritsu, l’unica cosa che
emergeva dal bozzolo erano i capelli. Portandosi in fretta accanto al letto
scostò il lenzuolo e trovò due guance rosse e la fronte lucida di sudore, le
ciocche castane incollate alla pelle. Chiedendosi allibito come una persona
potesse ridursi così, aprì le finestre per far circolare aria e tolse un paio
di coperte a Ritsu per lasciare il corpo libero di respirare meglio.
Dal
bagno recuperò una piccola bacinella e con una pezza bagnata gli rinfrescò la
faccia donandogli un po’ di sollievo. Aveva un’espressione così rilassata
mentre dormiva anche se arrossata dalla febbre. Costatando che l’aria sembrava
più pulita chiuse le imposte e, con un’ultima occhiata al letto, lasciò la
stanza.
Aprendo
alcuni scomparti a caso della dispensa in cucina si sorprese dell’enorme
quantitativo di medicine di cui disponeva Ritsu, cose da far impallidire una
farmacia. Tra fogli delle istruzioni e date di scadenza trovò un paio di
compresse effervescenti ancora buone. Ne lasciò cadere una in un bicchiere
pieno d’acqua e la lasciò lì a sciogliersi.
Aprì
un altro paio di ante, totalmente vuote e si chiese cosa mangiasse Ritsu quando
arrivò al frigorifero e costatò con orrore che ogni ripiano straripava di
integratori energizzanti.
L’aveva
già visto altre volte, mentre arrivava di corsa al lavoro, trangugiare quelle
schifezze, ma di certo non pensava che si nutrisse quasi solo di quelle.
Se
da quando aveva cominciato a lavorare alla Marukawa, il suo stile di vita era
stato quello allora c’era da preoccuparsi sul serio. Quel ragazzo era
impossibile. Faceva bene a tallonarlo sempre.
Prese
il bicchiere con la medicina sciolta e tornò nella stanza di Ritsu. Il ragazzo
continuava a dormire, il rossore sulle guance si era fatto più tenue, ma il
sudore continuava a imperlargli la fronte.
Si
sedette sul bordo del letto e infilò una mano tra la sua schiena e il
materasso, cercando di tirarlo a sedere.
-Onodera.- lo chiamò
dolcemente.
Provò
di nuovo, un po’ di forte e due iridi verdi fecero pian piano capolino dalle
palpebre socchiuse. Gli occhi erano lucidi e offuscati dalla febbre, ma in
qualche modo sembrò riconoscerlo.
-Ta..Takano-s..san.-
Era
stato quasi un rantolo, la voce impastata dal sonno. Provò a deglutire per
parlare ancora.
-Sta
zitto.- gli intimò Takano, sorreggendogli la schiena e spingendo il bicchiere
verso di lui. Ritsu schiuse docile le labbra e con piccole sorsate mandò giù
tutto, l’espressione un po’ contrita per il saporaccio della medicina.
Takano
lo riappoggiò sul materasso, coprendolo col lenzuolo. Spense la luce e lasciò
di nuovo la stanza. L’ultima cosa che Ritsu vide fu la larga schiena dell’uomo
che si allontanava, poi scivolò nel sonno.
Aprì
gli occhi nel buio e notò con sollievo che la testa non era più pesante come la
ricordava. In effetti, riusciva a ragionare più lucidamente, ma si sentiva
ancora fiacco, senza forze.
Sfregò
stancamente le palpebre e lasciò scivolare le mani sulle guance calde. Era
sicurissimo di avere ancora la febbre, ma per qualche motivo si sentiva meglio,
non era più spossato come prima. E concentrandosi meglio sul proprio corpo
scoprì con sorpresa un lieve mormorio all’altezza dello stomaco.
Sperando
che le gambe lo sorreggessero per quel poco di strada che doveva percorrere,
scostò di lato le coperte e poggiò i piedi sul pavimento freddo, rabbrividendo
al contatto. Si ancorò con una mano al comodino, giusto per essere sicuro di
non cadere al primo passo. Con calma arrivò alla porta e una volta in
corridoio, ancora miracolosamente in piedi, percepì un buon profumo che gli
solleticò le narici e fece gorgogliare di piacere lo stomaco.
Questo
lo inchiodò al posto, una mano appoggiata al muro per sostenersi, mentre
un’immagine sempre più nitida gli si formava nella mente. L’immagine di un
volto e non uno qualsiasi. Il volto di Takano-san.
Oh
già, Takano-san.
Oddio,
quel Takano-san!
No,
un momento. Era impossibile che l’uomo fosse in casa sua, che lui lo avesse
addirittura visto. Non poteva essere entrato, non aveva, per sua fortuna, le
chiavi. E perché mai avrebbe dovuto averle poi.
Andiamo, Ritsu!
Si
riprese scioccamente da solo. Di sicuro ciò che aveva visto era frutto
dell’intontimento dovuto alla febbre. E Takano lo perseguitava tanto che
perfino la sua mente gli giocava certi brutti scherzi.
Attraversò
anche il soggiorno e imboccò la porta della cucina, ormai il profumo cresceva d’intensità
e questo, però non se lo spiegava proprio. Aveva appena costatato che non c’era
nessuno, no?
Allora
perché qualcosa bolliva nella pentola sul fornello e il frigorifero era aperto.
-Sto
impazzendo…-
-Ti
sei svegliato, finalmente.-
Una
testa comparve da dietro l’anta, tenendo in mano alcune verdure. Il suo capo se
ne stava in piedi e lo fissava dal centro della sua cucina.
Trattene
in tempo il grido di spavento che gli morì in gola, per fortuna era solo
Takano-san.
Già,
Takano-san.
-Oddio,
Takano-san!-
-Se
urli in questo modo stai certamente meglio.- gli disse l’uomo in tutta calma.
A
Ritsu si era seccata improvvisamente la gola. Non capiva più niente, ma la cosa
che rimaneva certa ai suoi occhi era che Takano-san era effettivamente in casa
sua. Stava per chiedergli come diavolo fosse possibile quando fu distratto
vedendolo appoggiare sul pianale della cucina le verdure prese prima e
cominciare ad affettarle.
-C..cosa
stai facendo?-
-Preparo
qualcosa da mangiare.- rispose Takano –Non si vede?- sorrise sarcasticamente.
-Uh.- disse solo Ritsu e non seppe come,
forse le sue gambe si erano mosse da sole, si ritrovò seduto al tavolo mentre
Takano si muoveva tranquillamente nella sua cucina.
Senza
accorgersene cominciò a seguirlo con lo sguardo, -per accertarsi che non
combinasse qualcosa, eh!- e il suo cervello elaborò il malsano pensiero che era
bello vederlo muoversi con familiarità e disinvoltura in casa sua.
Non
che questo dovesse succedere. Mancava solo che Takano-san avesse libero accesso
al suo appartamento e, davvero, non avrebbe avuto più pace.
Lo
vide aggiungere del condimento alle verdure e insieme a quelle portò in tavola
due ciotole, lasciandone una davanti a lui.
-Ho
fatto della zuppa di miso, dovrebbe andare bene nelle tue condizioni.- gli
disse Takano, occupando il posto di fronte a lui e cominciando a mangiare.
Ritsu
lo guardava ancora sorpreso e discretamente rosso in faccia per tutte quelle
premure, così per nascondersi chinò il viso e si concentrò sulla zuppa. Dopo la
prima cucchiaiata si scoprì deliziosamente affamato, era davvero buona, e
spazzolò il piatto con voracità.
Takano
lo osservava mangiare, aveva un’espressione luminosa in viso che gli ricordò
quel pomeriggio al liceo in cui Ritsu aveva assaggiato per la prima volta un
hamburger, restandone colpito.
Il
ragazzo di adesso lo guardava a sua volta con sguardo interrogativo.
-Cosa
c’è?-
-Niente,
ricordavo.-
Si
fissarono per un istante negli occhi, poi Ritsu fu come colto da
un’illuminazione e diventò se possibile ancora più rosso. Così non andava
affatto bene.
-Onodera.- lo chiamò Takano,
la voce seria.
Abbassò
ancora di più lo sguardo già sapendo cosa sarebbe venuto. Se lo avesse guardato
negli occhi, sarebbe finita. Il suo Ti
Amo gli sarebbe rimbalzato alle orecchie e tutto il corpo ridotto a
gelatina.
-Ritsu, guardami.- lo richiamò risoluto.
A
quell’imposizione alzò di scatto la testa, sorpreso di sentirsi chiamare per
nome. Ecco, lo sentiva che stava arrivando.
-Tutte
quelle schifezze che tieni nel frigo, buttale, non sono sane.-
-Eh?-
-Gli
integratori, intendo.-
-Uh,
ah, sì certo.- rispose un po’ spaesato. Si era aspettato tutt’altra cosa.
-E
poi il tuo appartamento è in uno stato pietoso, si può sapere che combini?
Scommetto che nelle ultime sere sei crollato sul pavimento e hai dormito lì. Di
conseguenza ti sei ammalato.- Sembrava in qualche modo arrabbiato, ma non
capiva per cosa.
Quando
Ritsu se ne stette in silenzio senza proferire parola, l’uomo esplose.
-Se
hai problemi con gli orari dovevi venire da me e avremmo potuto rivedere i tuoi
turni, magari non sarebbe cambiato niente, ma qualcosa si poteva ottenere!-
Ritsu
continuava a fissarlo, ma neanche un solo verbo usciva dalla sua bocca. Takano
era arrabbiato perché non si era rivolto a lui. Voleva aiutarlo e lui come al
solito faceva di testa sua.
Questo
gli faceva sentire un calore bruciante all’altezza del cuore, ma tali
sentimenti al tempo stesso lo paralizzavano, rendendolo incapace di pensare
coerentemente.
Sentendosi
braccato da quell’ennesima dichiarazione implicita, scattò in piedi e cominciò
a indietreggiare verso la porta.
-Beh,
ecco… Ti ringrazio per la cena.-
-Onodera.-
-E
la medicina.-
-Onodera.-
-Ora
mi sento meglio, davvero!-
-Onodera!-
Mancando
di poco la porta andò a sbattere contro il muro e si accucciò a terra
massaggiandosi la testa.
-Tutto
bene?-
Sentì
Takano accanto a lui, una sua mano posata sulla spalla.
-Sì,
sì- bofonchiò, tenendo il capo chino. –Davvero puoi andare a cas… Takano-san?-
-Uh?-
-Come
sei entrato qui?- chiese improvvisamente Ritsu, cogliendo nel suo stesso tono
la sorpresa di non aver posto quella domanda prima.
-Con
le chiavi. È stata la signora Saito a darmi una copia. Ti ricordi la simpatica
vecchietta dell’ascensore? Ho scoperto che è l’amministratrice del palazzo.
Quando le ho spiegato la situazione, mi ha subito aiutato.-
Mentre
Ritsu cercava di elaborare con quanta facilità, quasi da far paura, l’altro
fosse entrato in possesso delle sue chiavi, uno strano luccichio attraversò gli
occhi di Takano, come se sapesse qualcosa che lui non coglieva. Lasciò stare in
partenza, la stanchezza tornava a farsi sentire e voleva mandarlo fuori di lì
il prima possibile.
-Avanti
Takano-san, ora puoi davvero andare, grazie… di tutto-
-Verrò
a controllare più tardi- gli rispose mentre prendeva il soprabito dal divano.
-Non
c’è bisogno.- si affrettò a dire Ritsu, agitandosi sul posto –E riporta le
chiavi a Saito-san.- si premurò di ricordarli
sperando che tornassero al più presto in mani sicure.
-Non
preoccuparti la sua copia l’ha già.-
-Cosa?-
-Queste
sono mie.- gli rivelò Takano agitandogliele davanti al volto, producendo un tintinnio
che alle orecchie di Ritsu risuonò molto sinistro.
Il
ragazzo gelò all’istante, i muscoli facciali completamente paralizzati. Un solo
pensiero gli attraversò la mente.
Non è possibile.
Approfittando
del momentaneo stato di confusione, Takano si avvicinò e lasciò un bacio sulle
sue labbra.
-A
domani, Onodera!-
Lo
vide allontanarsi finché il tonfo della porta risuonò nella stanza come una
condanna a morte.
Era davvero la
fine!