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Autore: MartaJonas    05/01/2012    2 recensioni
Le onde del mare agitato si infransero per l’ennesima volta su quella alta scogliera, spruzzi d’acqua si alzarono in aria verso quel cielo plumbeo.
La nebbia rendeva quasi impossibile vedere quel faro abbandonato ma ancora in funzione sulla cima del precipizio. Aveva appena smesso di piovere e le nuvole che oscuravano quel cielo sempre più scuro prospettavano la venuta di un’altra intensa pioggia.
Due sagome scure si appoggiavano alla ringhiera di quel faro, parlavano, si baciavano.
-Ti prego non te ne andare, resta con me - la supplicò lui sussurrandole quelle parole, implorandola di non lasciarlo.
-Non posso tesoro, lo sai-rispose lei dolcemente accarezzando il viso del giovane ispido a causa della barba.
-Ma io non riesco a stare senza te.
-Starò via soltanto per un po’, poi tornerò.
-Promesso?
-Promesso.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 2:
 
 I miss you

 

There’s no windows in this lighthouse
No answers to the questions why
No way to be found, be found now
Through the fog
So I’m trapped in this lighthouse, lighthouse

 
 
June prese uno yogurt alla pesca dal frigorifero, si sedette e cominciò a mangiarlo. Guardò fuori dalla finestra del suo appartamento di Los Angeles, per poi spostare il suo sguardo sul calendario appeso al muro. Infine fece incontrare i suoi occhi con quelli della foto di sua madre, e un grande senso di tristezza e nostalgia si fece sentire più forte che mai.
Era domenica ed era passato esattamente un anno dalla morte della mamma. Ricordava perfettamente quell’orribile momento in cui suo padre gliel’aveva detto. Le era caduto il mondo addosso.
 
October 2011
Il cellulare della ragazza squillò, nel bel mezzo della lezione di anatomia: era suo padre. Rispose subito alla chiamata nascondendosi dietro allo studente davanti a lei per non farsi vedere dal professore.
«Papà dimmi» sussurrò.
«June, credo sia meglio che tu esca qui fuori, ti sono venuto a prendere. » disse l’uomo facendo trasparire tutta la sua tristezza.
«Cosa è successo?» chiese, seriamente preoccupata.
«Esci» così dicendo richiuse la chiamata.
La ragazza mise i libri in borsa e temendo il peggio, mentre la sua migliore amica al suo fianco le chiedeva cosa stesse succedendo e lei rispondeva che non sapeva niente, uscì in fretta e furia dall’aula e dall’università dirigendosi al parcheggio. Vide il SUV nero del padre e salì sull’auto. Notò gli occhi rossi e lucidi del padre, e capì che era successo quel che ogni giorno temeva accadesse da più di due anni.
«June, la mamma …» incominciò il padre, e la figlia scoppiò a piangere.
«è … è … morta?» chiese.
Lui annuì e scoppiò anche lui in un lago di lacrime.
 
Negli due anni precedenti alla morte della madre era ogni giorno terrorizzata dal fatto che la sua mamma avrebbe potuto lasciarli da un momento all’altro. Perché la donna era in coma, a causa di un incidente stradale, e le possibilità che si potesse risvegliare erano scarsissime.
June si ripeté per l’ennesima volta in quegli ultimi 365 giorni che in quel momento sua madre stava bene, e che non soffriva più come aveva fatto in quei due anni, ma non poté far a meno di farsi scappare una lacrima. Le mancava da morire.
Aveva bisogno di aria fresca,di camminare e di un posto all’aperto in cui restare a pensare. Prese il suo giubbino, il suo iPod e uscì da casa sua chiudendo la porta a chiave dietro di sé. Viveva sola, e l’unico che restava a farle compagnia nei giorni in cui non passava quasi giornate intere all’università, era il suo pesce rosso, Martin, che non era sicuramente un tipo di tante parole.
Scese in strada e si accorse che nonostante fosse a Los Angeles facesse freddo, si tirò su la chiusura lampo della felpa e si immerse nella sciarpa.
Si mise le cuffiette del lettore musicale alle orecchie, e selezionò “brani casuali”.
Lighthouse- Joe Jonas.
Sorrise in un primo momento, ma quando la voce dell’amico cominciò a risuonare nella sua testa,  sentì gli occhi pizzicarle e una lacrima le rigò per l’ennesima volta la guancia.
Cominciò a correre, più veloce che potesse, più lontano che potesse da quelle parole, da quel ragazzo e dai quei tristi ricordi.
Joseph era stato uno st*onzo. Erano vissuti insieme dall’età di sei anni, ma era da un anno intero che non si faceva vivo. Per farle le condoglianze aveva fatto il minimo indispensabile: un telegramma. Non c’è più nulla di freddo e distaccato di un pezzo di carta che arriva per posta con su scritte tre parole al pc, se è da parte del proprio migliore amico.
June c’era stata per Joseph come lui c’era stato per lei, da sempre …
 
April 2002
-Ehi, dovresti essere contenta, il prossimo anno avrai una rottura di scatole in meno – disse il ragazzo alla sua vicina di banco che non voleva saperne di smettere di scrivere su quel foglio a righe.
June guardò per un attimo con i suoi occhi blu in quelli del ragazzino che le sedeva affianco e alzò le spalle, rimase in silenzio. Riprese a scrivere e osservare la professoressa che cercava di spiegare ma che nessuno stava davvero a sentire. 
-Dimmi, cosa devo fare per farti tornare il sorriso? - rifletté Joe disinteressandosi completamente della lezione, la matematica era l'ultima cosa che avesse da pensare– mmh vediamo … mi sono finito tutte le barzellette che avevo in serbo … quindi comincio quelle in croato!
June trattenne a stento una risata a quella tristissima freddura, alla quale rideva non tanto perché era divertente ma  perché il suo amico stava cercando di farla sorridere in tutti i modi e si riduceva anche alle battute più tristi pur si farla tornare felice dopo quella notizia.
-Ti ho visto Ju, Hai riso! - la indicò il moro, appellandola con il suo diminutivo.
-Non è vero. - si trattenne ancora la ragazza.
-Ed hai parlato! Stiamo facendo progressi! - disse vittorioso il Jonas.
June accennò un sorriso guardando di soppiatto l'amico, e sospirando subito dopo. Le sarebbe mancato da morire.
-Ehi, June, dai non essere arrabbiata con me, ti prego. Questa è una grande occasione, lo sai meglio di me, potremo farcela questa volta, potrebbe essere la volta buona. Devo pur sacrificare qualcosa, in questo caso la scuola pubblica, per arrivare ad essere qualcuno nella musica. - disse il ragazzo che stava inseguendo il suo sogno con i suoi fratelli.
June odiava farlo sentire in colpa, ma alla notizia che non avrebbe trascorso gli anni successivi in sua compagnia a scuola, la distruggeva. Era il suo migliore ed unico amico. Sì, aveva altre amiche ma nessuna di loro era capace di prendere il suo posto, con loro non si sentiva bene come quando era con Joe. Erano soltanto amiche, non migliori amiche. Lui sapeva divertirla, farla sentire bene,  incoraggiarla, essere la sua spalla su cui piangere, a lui e a nessun altro riusciva a mostrarsi com'era davvero. 
June sentì i suoi occhi pizzicarle, così arrivarono le lacrime, che cercò di nascondere a Joseph non guardandolo negli occhi. Se l'avesse fatto, non sarebbe più riuscita a nascondere il suo stato d'animo: i suoi occhi erano più efficaci della macchina della verità.
-E poi, non credere di liberarti così facilmente si me! Se non trascorriamo la mattinata insieme non significa che non possiamo vederci il pomeriggio o la sera. Saremo amici per sempre, l'abbiamo promesso, ricordi? - disse il ragazzino
-Mi mancherai – esordì June con voce segnata dalle lacrime abbracciando con stretta forte il moro.
-Anche tu – rispose di rimando Joe stringendola a lui.
 
Se la fama e il successo del ragazzo non aveva compromesso la loro amicizia, ci era riuscita una ragazza, Amber. June lo sapeva ormai che il suo caro amico quando si innamorava di qualcuno, gli dava di volta il cervello e il sangue non gli arrivava più alla testa, ma non immaginava che Amber fosse riuscita a far arrivare a tanto Joseph, che era completamente accecato e dipendente da quella ragazza da arrivare a trascurare e a lasciare da parte la sua migliore amica . Era comandato a bacchetta dalla giovane promessa della musica.
Ora che Joseph andava oltre a un bacio nelle sue relazioni sentimentali, le ragazze che frequentava avevano sotto di sé il controllo della situazione.
La colpa, però, non doveva ricadere soltanto su Amber, ma soprattutto su Joe, che avrebbe potuto ascoltare ciò che gli diceva la testa e non qualche altra parte del suo corpo.  
L’aveva abbandonata nel momento del bisogno, e questo un amico non lo fa, tanto meno un migliore amico.
A forza di correre June era arrivata senza respiro su un alta scogliera, davanti a un faro, bianco, alto e probabilmente abbandonato. Si avvicinò alla porta e la spinse, questa si aprì da sola cigolando.
-C’è nessuno? – chiese. Non ebbe risposta e questo la fece sentire autorizzata ad entrare e salire fino in cima. Arrivata all’ultimo piano si guardò intorno, si fece accarezzare dal vento e decise che avrebbe trascorso un po’ di tempo lì. Si sedette per terra con gli occhi fissi sull’orizzonte che separava il cielo dal mare e lasciò andare una lacrima che cadde a terra.
La verità è che le mancava da morire il suo migliore amico, sarebbe stato tutto più facile con lui al suo fianco. 











Lo so, 
è triste come cosa,
ma vi assicuro che le cose miglioreranno, 
tra un po' ...
fatemi sapere che ne pensate, lasciate una recensione *-*
baci, Marta 
  
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