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Autore: ColJay__lover    05/01/2012    1 recensioni
Inizialmente avevo deciso di fare una one-shot intitolandola semplicemente "Lettera ad un amore svanito", ma poi ho deciso di aggiungere altri ( seppur pochi.) capitoli.
Spero che questo "Gioco di lettere" sia di vostro gradimento.
I nostri Jared e Colin ce la faranno a ritornare un'unica, cosa sola?
La risposta arriverà presto.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella notte non riuscii a chiudere occhio.
Ero tormentato da, come li chiamo io, dubbi esistenziali. Avevo fatto bene ad allegare a quella lettera il biglietto per Marrakech? Chissà come l’aveva presa Jared, magari aveva già strappato il biglietto a pezzi e lo aveva già gettato nella spazzatura. Ormai conoscevo il suo carattere, o si era arrabbiato terribilmente tanto da bruciare anche le lettere che gli avevo inviato, o si era messo a piangere come un bambino, incredulo. In ogni modo, qualunque fosse stata la sua reazione, dovevo esser pronto a vederlo, come a non vederlo, il giorno dopo all’aeroporto.
 

Intanto già divagavo coi pensieri, immaginandoci già nel posto che ci fece innamorare per sempre, già profondamente presi l’uno dall’altro, come ad un tempo. Sapevo che non dovevo farmi illusioni…cosa sarebbe stato peggiore dell’immaginarsi una realtà che poi non sarebbe mai arrivata? Eppure io me lo sentivo, sentivo dentro me stesso che il giorno dopo lui sarebbe stato là, percepivo, tramite le sue parole, la sua voglia immensa di ricominciare da capo, di cancellare il passato e di ricominciare a gettar luce sul presente.
Ma dovevo dormire, non ci dovevo pensare, dovevo privarmi di tutti i miei pensieri e diventare una persona neutra, pronta al peggio e al meglio, senza aspettative.  Dovevo togliermi dalla testa che Jared era una persona influenzabile, perché no, lui non era più lo stesso di una volta, la testardaggine se lo era conquistato.
 

Riuscii ad addormentarmi dopo due ore passate a coprirmi e a scoprirmi con le lenzuola per il nervosismo che ormai si era impadronito di me. A dire la verità, dormii soltanto tre ore, giusto lo stretto necessario per poter avere, il giorno seguente, la mente lucida e attiva per affrontare una delusione o una felicità immensa. La sveglia suonò alle 7 del mattino e velocemente mi alzai dal letto. Quella notte i miei sogni, seppur avessi dormito pochissimo, furono davvero strani.
 

Sognai di trovarmi di fronte ad una stazione ferroviaria, ero assorto nei miei pensieri, il cielo era nuvolo e c’era una gran nebbia. Ad un certo punto vedo un treno passarmi davanti, QUELLO era il treno che dovevo prendere, treno che però non si ferma, mi lascia lì, da solo, in quella stazione. C’era un particolare, però, che non mi sfuggì: il treno era infinito, continuava ad andare avanti senza mai fermarsi, i suoi vagoni erano innumerevoli, giganteschi. Percepivo un senso di solitudine e di impotenza che in quel momento mi divoravano.
Cosa voleva dire, però? E se il treno avesse rappresentato Jared? Jared si sarebbe FERMATO ad ascoltare le mie parole? Avrebbe fatto quel viaggio con me? Oppure avrebbe fatto come quel treno: mi avrebbe lasciato solo?
 

Smisi di pensare a quel sogno indecifrabile, tentando di calmarmi un po’, e cominciai lentamente a vestirmi. Jeans scuri e camicia nera: perfetti per un viaggio. Indossai il mio giubbotto nero, quello che indossavo soltanto per le occasioni speciali, i miei soliti stivali e presi dal mio armadio una sciarpa bianca, visto era freddo. Adesso era tutto apposto. Non mancava niente, anzi, mancava il più: la certezza che Jared fosse in quel maledetto aeroporto, ad attendermi. Sollevai la valigia da terra e mi guardai un attimo attorno.  Forse avrei rivisto quella casa in un’ora, visto che se Jared avesse deciso di rifiutare il viaggio, avrei sicuramente rinunciato anche io. Sbuffai e mi passai una mano sulla fronte, quando mi venne in mente una cosa: loro dovevo portarmeli con me, almeno col pensiero, visto che se fossi partito, avrei sicuramente sentito la loro mancanza.
Raggiunsi il soggiorno appoggiando un attimo la valigia di fianco ad uno dei divani ed afferrai la foto che avevo messo la sera precedente su un tavolino: la foto di James e Henry. Loro dovevano essere con me, perché mi avrebbero dato la forza di affrontare l’intera situazione, nel caso si fosse verificata. Sorrisi osservando la foto e la misi nella tasca interna del mio giubbotto. Ecco, adesso non mancava proprio niente. Ripresi la valigia e me ne andai di casa per affrontare, finalmente, il mio destino.
 

Arrivai all’aeroporto dopo circa un quarto d’ora. Il taxi mi aveva lasciato proprio davanti ad esso. Chissà cosa mi sarebbe aspettato. Strinsi leggermente la foto dei miei figli all’interno della tasca e vi feci accesso. Mi ritrovai in mezzo ad una folla di persone, e se non fossi riuscito a vedere Jared in tempo, nel caso ci fosse stato? Dannazione, dovevo smetterla di essere così ansioso. L’avrei riconosciuto immediatamente. Il mio unico amore sarebbe brillato in mezzo a una folla infinita di sconosciuti. Cominciai ad avanzare a passo veloce e nervoso, e dopo aver svolto tutte le pratiche necessarie per imbarcarmi, mi misi seduto, ad attendere ciò che non vedevo arrivare. Mi giravo verso sinistra, verso destra, all’indietro, ma no, lui non c’era, e non mancava neanche tanto alla partenza. Sentii il mondo crollarmi addosso, improvvisamente.
 
 
 



In realtà fu lui che non riuscì a vedermi.  Un ammasso di gente mi aveva coperto dalla sua vista. Camminavo più veloce possibile, finchè non mi ritrovai a dieci metri da lui. Lo osservai silenziosamente alle spalle e indossai i miei occhiali da sole. No, non c’era il sole, ma non volevo gettargli addosso immediatamente il dolore che traspariva dai miei occhi. Incrociai un momento le braccia e un sorriso leggero mi illuminò il volto. Sì, in realtà sentivo un senso di gioia e felicità interiore che non sentivo da davvero tanti anni.
 

Quando ricevetti la lettera con allegato il biglietto non riuscivo a credere ai miei occhi. La stomaco cominciò a farmi male, e cominciai a sentire un misto di ansia e felicità. Davvero Colin si era preso la briga di acquistare un biglietto per il Marocco anche per me? Cominciai a piangere come un bambino e la prima persona che chiamai fu mio fratello. Dovevo sfogarmi, dovevo far vedere al mondo e alle persone che mi circondavano che io ero ancora capace di sorridere, ma che mi era semplicemente mancata la persona capace di farmi avere tale reazione. Cominciai a saltare per casa e infine mi gettai su un divano, con un sorriso stampato in faccia. Sì, tutto ciò sembra davvero terribilmente infantile, ma quella fu proprio la mia reazione.
 

Adesso lui era davanti  a me, e la cosa più divertente fu il fatto che io lo potevo osservare senza essere osservato. Puntai il mio sguardo  sulle sue spalle e sui suoi capelli. Dio mio, quanto adoravo le sue spalle. Non c’era cosa che più mi sapeva proteggere. Ricordo ancor quando erano il mio scudo. Per non parlare dei suoi capelli, passavo serate intere ad accarezzargli la testa. Quanto vorrei riprovare quelle meravigliose sensazioni, ancora capaci di farmi battere il cuore all’impazzata. Esatto, il mio cuore batteva, e non sapevo neanche a quale velocità. Dovevi avvicinarmi, lo dovevo fare, prima che pensasse che io avessi rifiutato il suo invito, cosa a cui non avevo neanche minimamente pensato.
 
Lo vidi, vidi che aveva già messo mano alla valigia che aveva appoggiato sul pavimento. Cominciai ad avvicinarmi verso di lui. Adesso ero lì, proprio dietro di lui. Riuscivo addirittura a percepire il suo respiro, sentivo che provava un’ansia davvero inverosimile. Lentamente allungai il braccio verso di lui e delicatamente appoggiai una mano sulla sua spalla, strusciandola sul suo giubbotto di velluto. Non so che espressione fosse dipinta sul mio volto, neanche io riuscivo a riconoscermi. Forse ero guidato da una forza esterna, forse la paura se ne stava davvero andando. Io sapevo soltanto una cosa, in quel momento, che il mio cuore aveva ricominciato a battere e la felicità a risplendere su di me.
 

Colin si girò verso di me e mi guardò fisso, puntando il suo sguardo verso i miei occhiali neri da sole. Si alzò lentamente, visibilmente incredulo, scosso, emozionato nel rivedermi dopo così tanti anni, ed anche io lo ero.  A stento riuscivo a trattenere le lacrime che volevano insistentemente scivolare lungo il mio volto, sentivo tutte le vene del mio corpo pulsare, avrei voluto saltargli addosso e abbracciarlo, dirgli che lui era la persona più importante della mia vita, ma dovevo trattenermi, l’aeroporto non era certamente il posto più adatto e romantico per scambiare effusioni con la persona che appartiene al tuo cuore.
Quelle lacrime, però, puntavano talmente forte che ad un certo punto non riuscii più a trattenerle e a comandarle, e proprio due, una dall’occhio destro ed una dall’occhio sinistro, presero a scivolare lungo il mio volto.  
 

Colin sfiorò leggermente il mio volto per  asciugarmi le lacrime, e fu allora che con il mio debole braccio mi tolsi gli occhiali da sole e puntai i miei occhi contro i suoi, anch’essi lucidissimi e pronti ad esplodere.  La mia mano sinistra ancora poggiava e stringeva forte la sua spalla, ero emozionato e teso allo stesso tempo. La mia vita, ero sicuro, non sarebbe mai stata mai più la stessa dopo quel momento. Vidi una sua lacrima cadergli da un occhio e sorrisi leggermente, ancora incapace di pronunciare una singola parola, visto che in quel momento non ero neanche capace di tirar fuori la voce.

 
Sentivo che non ero più lo stesso, sentivo che soltanto una sua mano sul mio volto era capace di trasportarmi in un altro, meraviglioso mondo. Sentivo che le mie paure se ne stavano andando e sapevo, che la dannata società in cui ci eravamo trovati, stavolta,  sarebbe passata in secondo piano rispetto al nostro amore, più forte che mai. SAPEVO DI NON AVERE PIU’ PAURA. Appoggiai leggermente la testa contro la sua fronte, stringendogli forte il giubbotto di velluto, chiusi gli occhi, quando sentii che con un suo braccio mi circondò calorosamente la schiena.  “ Dio mio, Colin…” riuscii a pronunciare con voce strozzata, ascoltando solo e soltanto, con l’altra mano, il battito accelerato del suo cuore.  “Andiamo a riprenderci le nostre anime nel posto dei nostri sogni, Jared…” disse Colin aumentando la presa e proteggendomi nell’abbraccio più dolce in cui fossi mai stato racchiuso in vita mia.
Adesso il luogo del nostro amore ci attendeva. 
  
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