If you really know me...
- You're idiot! -
Odiava
quel lavoro. Ne
vedeva di tutti i colori in quel bar: gente ubriaca che importunava
ragazze oppure che si rifiutava di pagare il conto cercano di fare i
furbi, non riuscendoci per avere la mente troppo annebbiata
dall'alcol.
Boris osservava tutto da
dietro il bancone, pulendo bicchieri e servendo ogni tanto delle
bevande ai diversi clienti. Secondo il Centro, questo lavoro serviva
ad avvicinarlo al mondo dell'alcol con distacco, cercando di fargli
capire da fuori quel che succede ad abusarne, ma Boris sembrava
completamente indifferente a quelle scene.
Il suo problema era stato
ben altro. E ben peggiore a detta di alcuni.
Continuò a pulire diversi
bicchieri con il capo chino verso lo straccio che passava
svogliatamente sul vetro brillante, cercando di non sentire tutto
quel baccano che gli perforava le orecchie.
“Huznestov.”
Una voce gli tuonò di
fronte e, alzando lo sguardo, incontrò delle ametiste fredde
e
distanti.
“Hiwatari, ciao.” si
limitò a salutarlo “Come mai qui?”
Kai scrollò le spalle in
segno di disinteresse.
“Vuoi qualcosa?”
sembrò titubare, ma un sorriso storto gli si
delineò nei lineamenti
delle labbra.
“Dammi una birra 0.6”
Boris crucciò i
sopraccigli “Non dovresti bere, lo sai...”
“'Sta zitto! E'
solo una birra!” sbottò adirato Kai volgendo gli
occhi lontano dal
russo.
“D'accordo, ma io non te
la do. Fattela dare dal mio collega.” disse prima di
allontanarsi
dal sua “amico” che, in fretta, richiamò
l'attenzione del suo
collega e si fece dare quello che aveva richiesto.
Boris scosse la testa,
esausto: tanto peggio per lui! Si vedeva che il lupo perde il pelo ma
non perde il vizio. Si morse l'interno della guancia, sino a sentire
un sapore metallico invadergli la bocca provocandogli un senso di
nausea. Forse, faceva bene Yurij a comportarsi in quel modo con
Hiwatari, dopotutto era colpa sua se Sergej non c'era più!
Boris osservò ancora un
po' Kai, finché esso non se ne andò pagando le
due birre, che si
era preso e scolato alla velocità della luce, e senza
nemmeno
salutarlo. Dalle vetrine del bar, si accorse che il russo era venuto
a piedi e che camminava velocemente, incassando la testa tra le
spalle ed alzandosi il colletto della giacca.
“Tanto quello è
capace di combinare guai anche a piedi!” si
stupì a pensare.
Aveva sempre avuto il sospetto che Kai fosse una calamita per i
disastri. Quando c'era lui, succedeva sempre qualcosa di brutto e mai
una cosa per il verso giusto, tanto che, a volte, Boris evitava di
stare solo con lui quando erano più piccoli. Oppure si dava
una
grattatina, che di certo non guastava mai.
Finito il suo turno di
lavoro, tornò nel Centro, senza neppure passare per la sua
stanza. I
suoi colleghi di lavoro gli avevano chiesto se voleva fare un giro
con loro per il centro, ma lui declinò l'invito, inventando
una
stanchezza che non esisteva e filando dritto.
In realtà, il lavoro che
gli aveva offerto il Centro, era come una scuola, se ci pensava bene:
lui si svegliava, faceva i compiti, poi li portava al Centro e gli
davano un bel voto, che poteva essere un'uscita libera oppure poteva
ricevere delle visite esterne. Siccome non aveva nessuno lui, gli
davano sempre delle giornate di libertà e se voleva poteva
portarsi
qualcuno che si era comportato bene come lui. Semplice la faccenda.
Camminava a passo svelto
per i corridoi, come se stesse in ansia per qualcosa, e
spalancò la
porta di una stanza, scoprendola illuminata da una semplice lampada
da comodino.
Avanzò di qualche passo e
notò la figura di Yurij seduto sul letto di Magda, che si
era
appisolata pesantemente, intento a leggere una rivista, questa volta
di attualità. Quando il rosso lo vide entrare come un
invasato, alzò
un dito e se lo portò alla labbra, in segno di fare silenzio
e,
molto probabilmente, di tenere un passo da farfalla e non da elefante
come era solito usare e poi ripose la rivista a terra.
Si alzò dal letto e si
affiancò a Boris, rimasto in piedi ad osservare la figura
addormentata della ragazza. Il russo vide una mano di porcellana
passare nervosa tra filamenti fiammeggianti e deglutì a
fatica.
“Si è
tagliata.”
annunciò Yurij freddo.
“Che cosa?”
gridò
Boris ma si premette subito una mano sulla bocca rendendosi poi conto
che poteva svegliare Maz.
Il rosso lo guardò sottecchi e poi
sospirò “E' stata colpa mia.” ammise poi
“Abbiamo litigato e
le ho gridato che era una puttana...”
“Quanto sei deficiente,
Ivanov?” lo accusò Boris con le narici tanto
allargate del naso a
cui mancavano solamente del fumo per completare l'opera.
“Non urlare!”
sibilò
questi con uno sguardo di ghiaccio, poi prese l'amico per un braccio
e lo portò fuori dalla stanza malamente, chiudendosi poi la
porta
alle spalle “Lo so perfettamente anch'io!”
mormorò poi a bassa
voce.
“Perché stavate
litigando?”
“Perché voleva sapere
di Sergej e di Hiwatari. Quando poi sono entrato nella sua stanza,
era per terra e le colava il sangue dal polso.”
Il viso di Boris
divenne scuro “Quello stronzo è venuto a prendersi
da bere al bar
dove lavoro!”
Un sopracciglio di Yurij
si alzò stranamente “E tu glielo hai
dato?”
“Ovviamente
no!”
“Bene!”
“Tu però, faresti bene a non ripetere
più
la cazzata che hai fatto!” grugnì Boris puntando
gli occhi sul
rosso.
“Non ricominciare...”
cominciò a dire Yurij, volgendo le spalle al ragazzo e
pronto per
andarsene, ma fu bloccato per un polso da Boris.
“Stammi a sentire: sai
perfettamente quello che Maz a passato, e tu glielo rinfacci come se
nulla fosse? Renditi conto che quella ragazza è fragile,
basta
toccarla in una crepatura che crolla come un castello di
carte!”
“Pensi che non lo sappia
quello che prova, razza d'idiota?” urlò Yurij
paonazzo in viso
“Forse non lo hai notato, ma anche io sono chiuso qui dentro
come
te!”
“Idiota, lo sai
benissimo che se andava un po' più in fondo
moriva!”
“Lo so, Boris, lo so
cazzo!”
Il silenzio cadde tra i
due. Non si guardavano negli occhi e tenevano entrambi la testa
bassa. All'improvviso, Boris se ne andò e mise una mano
sulla
maniglia della porta della stanza di Maz e mormorò
“Vattene! Non
ti voglio qui.”
Senza farselo ripetere,
Yurij andò via, quasi correndo.
Boris
entrò nella stanza
di Magda e la trovò seduta sul suo letto con lo sguardo
triste.
“Ehi bambolina, che è
successo?” chiese il ragazzone sedendosi sul letto e facendo
finta
di niente.
“Guarda che lo so che
sai tutto, non sono mica scema!” disse facendo un finto
broncio.
“Ah, non sei scema,
quindi?” fece Boris con tono duro “E che mi dici di
questo?” le
prese malamente il polso fasciato con il polsino rosso e glielo
strinse lievemente, facendole del male.
“Non è
niente.” urlò
Maz, strappandosi di dosso le dita di Boris e portandosi il polso sul
petto, coprendolo con l'altra mano.
“Sei un'idiota.”
“Lo so...” ammise la
ragazza abbassando lo sguardo sulle lenzuola, mortificata dal tono di
voce dolce che aveva avuto nei suoi confronti.
“Fai solo del male a te
stessa... E io non voglio che succeda!”
La ragazza abbassò lo
sguardo, ovviamente, come sempre, aveva deluso le persone a lei care.
Sentì le lacrime pungergli la barriera degli occhi e
cacciò
indietro la testa affinché tornassero da dove erano venute.
Boris le prese il mento
con una mano e obbligò Maz a guardarlo negli occhi
“Non farlo mai
più.”
Lei sorrise lievemente
“Grazie!” e lo baciò sulle labbra.
Yurij
si stava dirigendo
verso la mensa per prendersi il suo spuntino serale quotidiano. Da
quando era entrato nel Centro, doveva seguire un regime alimentare
idoneo per il suo fisico e non poteva sgarrare, ne in eccesso ne in
difetto, anche se il più delle volte barava.
Sapeva benissimo che gli
anoressici ricorrevano sempre agli stessi trucchetti da quattro
soldi, buttare, nascondere o far cadere il cibo oppure spiaccicarlo
sui bordi dei piatti e di conseguenza, gli addetti alla mensa
controllavano scrupolosamente i piatti di ogni ragazzo o ragazza che
sia e, a volte, alcuni infermieri passavano durante i pasti
principali per verificare che essi venivano consumati tutti e nel
miglior modo possibile.
Solitamente Yurij, si
sedeva vicino ad un cassonetto dell'immondizia a cui erano posti
vicino all'incirca sei tavoli e, di conseguenza, se buttava del cibo
prima che si accorgessero che era lui il colpevole del misfatto
passava molto tempo, se mai avessero avuto voglia di saperlo.
Si prese la sua dose di
latte e i due biscotti che gli toccavano e si diresse al tavolo,
sedendosi pesantemente su una sedia. Osservò la sala, che
non era
tanto piena, e per tavoli sedevano a mala pena una o tre persone,
intente accuratamente a versarsi il latte goccia dopo goccia.
Alcuni di loro facevano
davvero paura per quanto erano emaciati: le ossa che cercavano di
bucare la pelle del viso, delle mani e della ginocchia, le dita
troppo magre per sostenere un peso più grande di un
cartoncino di
latte, i maglioni troppo larghi, troppo lunghi per cercare di coprire
il corpo che risulta sempre imperfetto, sempre troppo grasso.
Yurij guardò la sua
tazza, riempita di latte. Non gli andava proprio di mangiare.
Non si ricordava neppure
come si era cacciato in quella bella merda.
Un giorno si sentì
talmente inadatto per il mondo che lo circondava che, ogni volta che
accadeva, si chiudeva in se stesso e sentiva una voce rimbombargli in
testa. Sembrava la voce di una Scimmia malefica.
“Povero
piccolo Yurij. Sei totalmente inutile. Totalmente inadatto, tanto da
essere stato abbandonato . Nemmeno i tuoi ti volevano...”
Era
come un agglomerato di malvagità, che preoccupò
solo all'inizio il
povero Yurij, pensava che si trattava solo della parte più
malvagia
di lui che prendeva parola, nulla più.
Poi un giorno cambiò
tutto. Era all'orfanotrofio in cui si trovava prima di finire nel
Monastero di Vorkov e c'era una famiglia che voleva adottare un
bimbo, ma lui non fu nemmeno guardato dalla donna e dall'uomo, che
passarono oltre la sua figura per dirigersi verso altri bimbi.
E la storia si ripeté per
altre volte e tutte le volte, lui veniva ferito sempre più
profondamente nel cuore. Tutti i bambini che venivano adottati erano
piccoli, davvero piccoli e magri.
E così, cominciò a non
magiare ed a calcolare ogni caloria di ogni cibo, arrotondando per
eccesso. Era entrato in un tunnel da cui non poteva uscire facilmente
ed non era mai soddisfatto, mai felice del suo aspetto.
Yurij si guardò le dita
magre distrattamente e le strinse contro la tazza, se avesse potuto
l'avrebbe rotta, ma non aveva molta forza quel giorno. Era come se
fosse tutta andata via dopo la litigata con Magda.
Sempre la stessa zolfa.
Si sentiva sempre
inadatto, fuori luogo, sia fisicamente sia a parole. Non aveva fatto
praticamente nulla per lei, nonostante avesse bisogno di aiuto.
Era sempre invisibile.
Salve
a tutti!
Spero che abbiate passato un buon Natale ed un felice Anno Nuovo! ^_^
Or bene, arrivo con un nuovo capitolo e, invece di fare un capitolo
concentrato su Boris, ho deciso di farne uno su Yurij... Ok, so che
l'anoressia può sembrare una cosa prettamente femminile, ma
penso che sia ben rappresentata anche dai maschietti... Non voglio
assolutamente sminuire questa malattia, perché molte persone
ne soffrono ma ce ne sono altrettante che l'hanno superata!
Naturalemente, spero di non aver ferito la sensibilità di
qualcuno e se l'ho fatto, mi dispiace tantissimo!
Rigranzio che ha letto e recensito il precedente capitolo e spero di
ritrovarvi anche in questo! =)
Un bacione forte a tutti dalla vostra Lu! :*