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Autore: Mirokia    07/01/2012    1 recensioni
-Ma non lo vedi tu stessa? Si sta per sposare! Con una donna!- fece Kurt a voce talmente alta, che le vecchie dietro di lui gli intimarono di tenere la bocca chiusa con uno “shhh” sommesso. -Sta delirando.-
-Quello che sta delirando qua dentro sei tu, razza di Hummel.- ribattè Santana, tranquillissima.
-Sarà l’errore più grande della sua vita.-
-Probabile. Mi divertirò parecchio.- ridacchiò la ragazza.

[ Kurtofsky/Possibili spoiler delle ultime puntate ]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Finn Hudson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Delirious

 

 

 

 

18. -Mad and happy-

 

 

 

 

 

 

La faccia strafottente era sempre quella.
Kurt si meravigliò di quanto poco potessero cambiare le persone in quattro, cinque anni.
Puntò lo sguardo sulla mano tesa di Sebastian, poi sul sorrisetto che gli si era formato su quel viso d’angelo. Ponderò se accettare o meno di stringergli la mano, e quando aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, magari fare domande a raffica sul suo rapporto con Blaine, o insultarlo, riempirlo di ingiurie, oppure aspettare che fosse lui a parlare per primo, Dave lo prese dal braccio e gli intimò di entrare in macchina.

-Tu sei arrivato, giusto? Siamo in pieno centro.- disse quello rivolto adesso a Sebastian.

-Sì, ma lascia che faccia due chiacchiere con…-

-Non chiacchieri con nessuno, tu. Dai, cammina, levati dalle balle.- fece Dave molto carinamente facendo cenno a Sebastian di allontanarsi, ‘che già non sopportava più la vista della sua faccia da furbo. Kurt intanto era scivolato nel posto del passeggero e se ne stava con le mani in grembo che sudavano, mentre teneva lo sguardo fisso sulla strada ed evitava di ascoltare la voce di Sebastian, perché in uno scatto d’ira sarebbe anche potuto scendere dalla macchina e rifilargli un pugno. Che si sa, lui tirava pugni che sembravano carezze, ma era il gesto che contava.

-Aspetta un attimo!- lo bloccò Sebastian prima di andare per la propria strada. –Avrai l’onore di ricevere il primo volantino della giornata dal sottoscritto.- disse per poi estrarre un foglio di carta colorata dalla borsa a tracolla che si portava appresso e mollarlo a Dave con fare professionale.

-Oh, che fortuna. Ora smamma, ‘che mi stanchi la vista.- non nel mondo in cui gliela stancava Kurt, ma insomma, quel modo di dire se l’era tenuto dal tempo del liceo. E con Sebastian non era neanche tanto un modo di dire. Accettò di malavoglia il volantino, poi fece un cenno distratto di saluto e andò a sedersi davanti al volante.
Buttò il volantino sul cruscotto e innestò la marcia lasciandosi dietro il biondo, che se ne andò alzando le spalle.

-Non volevo che lo incontrassi.- fece Dave con le mani arpionate al volante non appena si immise in carreggiata.

-Perché mai?- chiese l’altro con gli occhi fuori dal finestrino, e fece quella domanda giusto perché quel tipo l’aveva già incontrato più di una volta anni addietro.

-Ma perché è un poco di buono, ha una cattiva influenza sulle persone.- ribattè Dave, e quando andò a cambiare marcia sfiorò inavvertitamente la mano di Kurt, e un brivido gli percorse le membra.

-Dici che è per quello allora se Blaine…?-

-Ah, ecco, dimmi com’è andata la chiacchierata col nostro amico impomatato.- lo interruppe Dave, sinceramente curioso delle parole che s’erano detti i due.
E si aspettò che Kurt si mettesse a parlare parlare parlare come soleva fare regalandogli quel fastidioso mal di testa che gli pulsava sulle sopracciglia, ma quello si limitò a poche parole sbrigative, forse davvero troppo stufo di parlare di Blaine, che fosse in bene o in male.
Gli raccontò di come fossero entrati in casa e avessero preparato il the per poi berlo insieme a qualche biscotto mentre trovavano il coraggio di parlarsi. Di come Kurt gli avesse detto di raccontargli com’erano andate le cose e da quanto tempo si frequentava con Josh e come era iniziato il tutto. E Blaine si era chiuso un po’ a riccio, aveva balbettato all’inizio, ma poi si era detto che sarebbe stato meglio dirgli tutta la verità, partendo dal principio. Aveva raccontato di un bacio, al tempo del liceo.  Sebastian l’aveva baciato, non ricordava bene in che frangente, e Blaine non ne era rimasto dispiaciuto. Ma non aveva detto niente a Kurt, e aveva fatto di tutto per non incrociare l’Usignolo biondo, per resistere alle sue avances esplicite, almeno finchè Kurt era disposto a fare l’amore con lui. Dopodichè i suoi ormoni avevano prevalso, e si era lasciato andare a Sebastian per una notte, in cui non avevano neanche fatto sesso, ma si erano strusciati l’uno sopra l’altro trovando quell’intimità che Blaine non era riuscito a raggiungere neanche con Kurt, nonostante con lui fosse andato sino in fondo. Ma era stata una notte di quelle che fuggono in fretta, a fine anno scolastico. E allora Blaine aveva tirato quasi un sospiro di sollievo, perché dopo la fine dell’anno se ne sarebbe andato in vacanza con Kurt e con lui avrebbe recuperato quel rapporto fatto di tenerezza e complicità, e perché no, anche di quell’intimità che a loro mancava. Così le cose si erano stabilizzate, Blaine non aveva più avuto notizie di Sebastian, e averle sarebbe solo stata la sua rovina. E quasi per paura che quel tipo si ripresentasse così all’improvviso tentando di sabotare la storia d’amore della sua vita, aveva chiesto a Kurt di sposarlo, in modo da mettersi l’anima in pace. Kurt aveva storto la bocca a quell’ultima frase e scosso la testa deluso. E poi il resto era risaputo: Blaine aveva incrociato Sebastian per caso, e quello l’aveva invitato nel locale in cui lavorava. Blaine non aveva saputo dire di no, e in meno di una settimana in cui erano riusciti a vedersi più o meno tutte le sere, si era ritrovato nel minuscolo appartamento di Sebastian a darci dentro come probabilmente non mai. E Sebastian s’era giustificato coi suoi colleghi spacciando Blaine per uno dei suoi clienti abituali, mentre probabilmente se ne stava lentamente innamorando. E Blaine lo stesso, aveva tentato in tutti i modi di sentire quell’attrazione verso Sebastian come un impulso sessuale che non riusciva a sfogare, ma quando tornava a casa la notte e aveva un sorriso sulle labbra che andava da un orecchio all’altro, e stava sempre a controllare il cellulare nel caso gli arrivasse un sms, un suo sms, gli aveva fatto capire che invece c’era qualcosa di più sotto, e probabilmente c’era sempre stato.

-Allora gli ho chiesto, una volta per tutte: ‘Lo ami, sì o no?’- disse Kurt, e il suo racconto si avviava velocemente  alla conclusione. –E lui ha guardato fuori dalla finestra senza rispondere, ma sai come si dice, ‘Chi tace acconsente’. Gliela leggevo negli occhi la risposta.  Allora mi sono alzato sospirando e gli ho detto che abbiamo sbagliato entrambi dall’inizio, perché eravamo destinati a stare con persone diverse. E abbiamo passato questi ultimi anni nell’agonia semplicemente perché non avevamo il coraggio di rompere quella relazione così perfetta agli occhi di tutti, ma che mai e poi mai avrebbe funzionato. E adesso siamo in questa situazione.- fece Kurt, e si nascose il volto tra le mani. –Perché gli esseri umani devono complicarsi la vita?- chiese poi, la voce camuffata dalle mani sul volto.

Dave alzò le spalle e guardò nello specchio retrovisore.
-Credo che sia un loro talento naturale.- disse poi e sfiorò di proposito la mano di Kurt per rassicurarlo. –A me e Nancy è successa la stessa roba. Ma non sto a raccontarti, potrebbe indurti sonnolenza.- fece con un leggero sorriso.

-Non penso. Mi piace sentirti parlare.- ammise l’altro arrossendo come una ragazzina.

-Te lo racconterò quando sarai di umore migliore.- promise Dave, e quando frenò di botto al semaforo che era appena diventato rosso, il volantino sul cruscotto volò sulle gambe di Kurt che, a un cenno di Dave, gli passò il foglio colorato. Dave lo lesse, e sorrise compiaciuto quando notò che si trattava della pubblicità del nuovo Luna Park che era stato aperto in città.

-Credo di aver trovato un modo per farti distrarre.- disse Dave annuendo, quasi per congratularsi con se stesso.

 

*

 

Dave sistemò la macchina nel parcheggio col pensiero ancora fisso su quell’idiota di Blaine e su come avesse potuto anche solo pensare di voler andare a letto con altra gente quando aveva accanto un pezzo di…un così bel ragazzo, insomma.
E mentre ci pensava, Dave si accorse di essersi incantato sulle cosce di Kurt coperte da pantaloni così stretti da sembrare una seconda pelle, e tentò almeno di spostare lo sguardo sul suo viso, se proprio non riusciva a distoglierlo.

-Che c’è?- fece allora Kurt, e Dave si rese conto di aver spento il motore e si essere rimasto lì a fissare l’altro, anche per un bel po’ di tempo. Quasi come, che ne so, ancora facesse fatica a credere di avercelo in macchina senza che ci litigasse. E non rispose alla domanda di Kurt, ipnotizzato del tutto dai riflessi delle luci colorate negli occhi chiari dell’altro, che ripetè:

-Che c’è?- senza ancora ricevere risposta. Allora provò ad allungarsi e a lasciare un bacio sul lato della bocca di Dave, che sembrò a tratti risvegliarsi, a tratti rincoglionirsi ancora di più, forse a causa di quelle iniziative sempre più frequenti di Kurt. Che in realtà mettevano rabbia, perché così Dave non sapeva mai che aspettarsi, e poi rimaneva lì con la faccia da pesce lesso, e Kurt rideva a quell’espressione da scemo, e poi Dave voleva sotterrarsi come minimo.

-Dammi…un pizzicotto.- riuscì a dire Dave cercando di mettere da parte l’emozione del momento.

-No, non stai sognando.- disse Kurt con un piccolo sorriso, avvicinandosi poi per un altro bacio.

-No, allora, aspetta un attimo.- fece Dave allontanandolo dalle spalle. –Queste scene così, ‘sti baci sdolcinati, le tue gambe sexy, sono tutte cose che ho già visto in sogno. Perciò dammi ‘sto pizzicotto, e toglimi ‘sto dubbio. E non guardarmi così.- aggiunse quando Kurt lo guardò divertito. Quello sbuffò, poi si arrese e gli pizzicò il braccio.

-E quello ti sembra un pizzicotto?- fece l’altro contrariato, che si era sentito appena sfiorare. –Va  beh, tanto sono sveglio. Andiamo.- disse poi velocemente. Scese dalla macchina e aspettò che Kurt lo raggiungesse per poi avvicinarsi all’entrata luminosa del Luna Park.
Il frastuono che fino a pochi minuti prima era ovattato li investì in pieno: tra ragazzine urlanti sulle montagne russe, bimbi che si rincorrevano per fregarsi lo zucchero filato di mano, gente che urlava di avvicinarsi al proprio stand,  musica da discoteca, una per ogni giostra, che si mescolava al centro e non diventava altro che un insieme confuso di rumori, Dave adottò un’espressione infastidita e si maledisse per aver anche solo accettato il volantino di Josh. O Sebastian. O come diavolo aveva intenzione di farsi chiamare.

-Non portarmi dai pagliacci, però, ‘che ho il terrore.- avvisò subito Kurt aggrappandosi istintivamente al braccio di Dave quando ne vide uno in lontananza che reggeva una massa indefinita di palloncini. Il più grande sussultò a quel contatto. E certo, ancora non se n’era mai andato in giro a così stretto contatto con un ragazzo. Era decisamente normale e comprensibile che in mezzo a tutta quella gente si sentisse un tantino a disagio, soprattutto lui che fino a poco tempo prima si professava etero e innamorato follemente della propria donna.
Kurt non poteva biasimarlo. Ma Dio. Giurò di poter avvertire le proprie dita sotto ai guanti fremere per la voglia di afferrare la mano di Dave e affrontare la gente a testa alta.
E’ solo che ok, per lui non c’erano problemi, ma Dave, Dave era ancora così titubante e insicuro, e si guardava intorno, e il pomo d’Adamo si muoveva mentre deglutiva nervoso, e allora ‘Scusa’, disse Kurt mollandogli il braccio e fingendo di non averci fatto troppo caso, di non averci dato peso. Posò lo sguardo sugli stand illuminati e sulle luminarie che gli pendevano sul capo, fingendosi interessato ma senza riuscire a parlare, perché lui in fondo ci teneva, ci teneva che Dave la piantasse di fare il cazzone e accettasse il fatto che, diavolo, se anche non dovesse o non volesse essere gay, Kurt gli piaceva, almeno un po’. Anzi, gli aveva detto di amarlo, anche se solo due volte, ma erano state parole dette con quella sincerità che ti spiazza e che ti fa solo venire voglia di piangere e di chiederti se esiste al mondo un uomo più felice di te. Ed era dilaniato tra ‘meglio lasciargli il tempo di abituarsi al pensiero che adesso, come minimo, siamo amanti, e che gli amanti sono soliti passeggiare romanticamente abbracciati’ e ‘Deve prendermi la mano, ho bisogno del suo contatto, sto impazzendo, sto delirando’, e si chiese se fosse normale impazzire per una cavolata del genere. Un delirio interiore che non faceva che crescere e renderlo irrequieto, e bruciargli piano i neuroni a cui era sempre meno affezionato.
E gli sembrò di essersi crogiolato nei propri pensieri per almeno dieci minuti quando sentì la voce di Dave al di sopra degli schiamazzi dei bambini.

-Togli il guanto.- aveva detto. Kurt lo guardò strabuzzando gli occhi, e Dave respirò nel colletto alzato del suo cappotto. –Se devo prenderti per mano, voglio almeno sentirla, la mano, e non quel coso peloso che ti ostini a chiamare guanto.- si spiegò allora Dave guardando davanti a sé. Gli occhi di Kurt si illuminarono.

-Ma non devi sentirti costretto a…- iniziò quello, ma l’altro gli afferrò prontamente il polso.

–Non fare il dramma e togli ‘sto coso.- borbottò per poi sfilargli il guanto e ficcarselo in tasca. E ancor prima che la mano riuscisse a prendere freddo, Dave la avvolse con la propria e ci intrecciò le dita, rosso in volto, forse per il freddo, forse per altro.
Fu istantaneo: un paio di famiglie subito fissarono gli occhi sulle loro mani intrecciate, poi distolsero lo sguardo e fecero finta di niente, ma restava il fatto che avevano fissato, e anche insistentemente.

-Non ti curar di loro, ma guarda e passa.- mormorò piano Kurt aggrappandosi con l’altra mano al braccio di Dave, che rispose con un ‘questa l’ho già sentita, ma non voglio sapere dove’ con tono piuttosto leggero, che alleggerì pure Kurt. –Hai…paura di incontrare qualcuno che conosci?- fece quello dopo un po’ che giravano per gli stand. Dave ci mise un po’ a rispondere.

-Solo i miei. Non voglio che lo sappiano in questo modo.- ammise stringendo leggermente la presa, e sorridendo piano al pensiero che, nel caso avesse incontrato i suoi, probabilmente non sarebbe riuscito a mollare la mano calda e vellutata di Kurt. Cos’era? Grasso d’oca? –E va bene che anche a loro Nancy non è mai andata a genio, ma la preferirebbero a un uomo. O a una femminuccia.- aggiunse voltandosi a guardare dolcemente Kurt. Dolcemente?
Kurt distolse lo sguardo arrossendo.

-Vedi che succede a voler fare coming out troppo tardi? Il mio è sempre stato un consiglio, e…- disse riportando alla memoria tutte le volte in cui aveva cercato di tirar fuori il vero essere di Dave. Quest’ultimo sussultò appena.

-Ma se ti ho detto millanta volte che non so se sono gay!- esclamò quello appiattendo la voce nel pronunciare l’ultima parola. –Io amo te e basta, mi sei piaciuto solo tu, ok?- prese a guardarsi intorno come se stesse svelando un segreto che dovesse rimanere tra loro due e basta. -Non ho mai voluto stare con nessun altro, e lo so che è da sfigati innamorarsi di una sola persona in tutta la vita, ma che vuoi farci, biasimami, prendimi per il culo…-

-No, beh, quello lo fai tu.- lo interruppe Kurt con un sorriso malcelato, probabilmente per il calore che gli si espanse nel corpo nell’udire quelle parole così sincere, o per l’indecenza della frase appena pronunciata.

-Oh mio Dio, Kurt… hai fatto una battuta spaventosa.- borbottò l’altro, del tutto in imbarazzo.

-Scusa.- disse subito Kurt, tra il divertito e l’imbarazzato, guardando davanti a sé.

-E hai rovinato il mio discorso serio.-

-Lo so, è che…quando inizi a dire che sei innamorato di me da non so quanto tempo, mi parte il cervello e inizio a delirare.- fece Kurt con la voce che tremava per il freddo, o per l’emozione. Poi mosse un braccio in aria, per sdrammatizzare. –Potremmo farci un film. Già me lo vedo: ‘Il delirio Kurtofsky’- disse immaginandosi un’insegna luminosa in aria.

-Kurto che? Sembra una malattia, diamine. O una marca di patatine.- borbottò l’altro storcendo la bocca.

-Una malattia…oh, accidenti! Credo di avere la Karofskyite!- ribattè Kurt schiaffeggiandosi sulla fronte, quasi si fosse ricordato solo in quel momento di aver contratto una pericolosa malattia.
David fece una faccia strana, per come suonava male quella parola.

-No, mio caro, tu hai la Finnite, che è mooolto peggio. Anche peggio della Blainite.-

Quando Dave pronunciò il nome di Blaine, anche se camuffato in un'altra parola, Kurt non riuscì a replicare, e aprì la bocca senza lasciar uscire alcun suono. Tornò serio e guardò due bambine che mangiavano insieme lo zucchero filato, poi lasciò la mano di Dave e mise la propria in tasca soffiandosi nel collo del cappotto. Diede un calcio a una lattina di coca cola, poi fissò lo sguardo sui pupazzi esposti su una bancarella. Il tutto senza dare conto a Dave, che pure non parlava, sicuro di aver toccato un tasto dolente.

-Sai cosa?- fece Kurt dopo un po’, e Dave aspettò che continuasse. –Mi sento un poco di buono. Non ho fatto in tempo a chiudere con Blaine che mi ritrovo a divertirmi con te. Mi sento ipocrita, ecco.- fece una paura, giusto per formulare la frase che avrebbe pronunciato poco dopo. -L’ho lasciato andare come se non me ne importasse niente, e finchè non l’hai nominato, non mi è neanche passato per la testa. Il fatto che non riesca più a pensare a Blaine mi spaventa…Mi fa sentire egoista.- concluse puntando gli occhi trasparenti su un punto impreciso di una giostra, ricevendo il riflesso colorato delle luci.

-Io te l’avevo detto.- disse Dave senza aggiungere altro.

-Che cosa?-

-Che non puoi amare due persone contemporaneamente.- rispose l’altro velocemente, e alzò le spalle senza guardare Kurt. -Se ti accorgi di esserti innamorato di un’altra persona, significa che quella che credevi di amare, semplicemente…boh, non la ami più.-

-E credi che la storia di Sebastian e di tutto il resto mi abbia convinto del fatto che non lo amo più?- fece Kurt, e riuscì a pronunciare anche il nome di Sebastian in modo neutro, ignorando quella punta di acidità che soleva accompagnare al nome.

-Forse. Magari eri in dubbio da un po’, e non te ne sei mai accorto.- disse Dave, che un po’ si sentiva a disagio a fare da psicologo al suo ragaz-, cioè, a Kurt. Visto che lui era decisamente l’ultimo che poteva permettersi di far ragionare la gente. E’ solo che Kurt non era ‘la gente’, e Dave si rendeva conto che in realtà tutto ciò che stava tentando di fare era di convincere Kurt a chiudere con Blaine e a gettarsi tra le sue braccia. Era egoista, crudele e da infami, ma non riusciva a fare altrimenti, adesso che aveva avuto un assaggio di Kurt, che aveva sentito il suo sapore, adesso che sapeva di non poterne fare a meno, di volerne sempre di più.

-In dubbio. Come quando dovevo aspettare che tornasse dal lavoro, e mi addormentavo sempre da solo.- iniziò Kurt stringendo le labbra e andando a scavare nei ricordi non così lontani. -Pensa che mi intrufolavo persino in casa di Quinn per trovare un po’ di compagnia. E passavo i finesettimana a casa mia, con mio padre, Carole e Finn, e a parte mio fratello, sono sicuro che gli altri capivano che c’era qualcosa che non andava. Ma non osavano chiedere, e per questo gli sono grato. O quelle rare volte in cui siamo riusciti a cenare insieme, anche nei ristoranti per famiglie, e parlavamo senza dirci niente. Lui mi raccontava di come era andata al lavoro, io pure, ma si vedeva che…non avevamo niente da dirci.- e insistette su quell’ultima frase, allargando le braccia, come se fosse qualcosa difficile da credere. -E mi ritrovavo inevitabilmente da solo. Mi ci ero pure abituato, a stare solo, e forse per questo non riuscivo più a parlare a Blaine, se tornava a casa e mi trovava ancora sveglio. A volte però la solitudine diventava ingestibile, e di giorno in giorno maturavo l’idea di non poter stare lì fermo ad aspettare Blaine per sempre. Non che questo volesse dire andare in giro a cercare un uomo che potesse essere più presente, o farmi sentire particolarmente importante, o prendersi cura di me, o almeno ricordarsi della mia esistenza. O forse sì.- alzò lo sguardo in direzione di Dave, e trovò i suoi occhi che lo seguivano nel discorso, attenti come non mai. –E poi c’eri tu. E tu sembravi vivere in un altro mondo. Quando entravo nel tuo mondo, sentivo quasi che nulla avesse più importanza della quantità del mangime per piccioni che usavamo gettare a quei volatili che in realtà mi hanno sempre fatto schifo, se ti interessa.- gli disse poi velocemente per tenere viva la sua attenzione e per alleggerire il discorso.

-Oh, lo so. Fanno schifo anche a me.- parlò finalmente l’altro, appoggiando l’affermazione di Kurt.

-Ma ormai era diventata un’abitudine, era quasi un pretesto per vederci.-

-Mi hai rubato le parole di bocca.- fece Dave, perché in effetti era esattamente le parole che avrebbe detto di lì a poco. Si chiese anche per qualche istante se Kurt non fosse capace di leggergli nel pensiero.

-E quando stavamo io e te a parlare su quella panchina, o a camminare nel parco, o a fare insieme la fila al supermercato, il tempo scorreva che era una meraviglia. Guardavo l’orologio, le quattro di pomeriggio. Ci davo un’altra occhiata poco dopo, le nove di sera.- disse Kurt ricordando con piacere quei momenti.

-Non è che chiacchieravamo poi così amabilmente, però.- gli fece notare Dave di sottecchi.

-Non facevamo che litigare. Ma non importa. Un po’ m’è sempre piaciuto il tuo lato burbero e litigioso, mi ha affascinato con il passare del tempo.-

-Hai imparato ad arrenderti, più che altro.-

-Mmh, probabile.-

-Come io mi sono arreso al fatto che rimarrai sempre una femminuccia rompiballe che si mette in tiro per andare a fare la spesa.- fece Dave, e in quel momento ebbe l’istinto di tirare a sé Kurt dal cappotto e avvolgerlo in un abbraccio particolarmente caldo, che fece arrossire il più piccolo e ridacchiare come fosse un bambino. –E ora, credo che il tempo sia scaduto. La seduta psichiatrica è conclusa. Sì, signor Hummel, probabilmente lei è pazzo, delira.- disse poi assumendo un tono professionale che fece ridacchiare nuovamente l’altro.

-E mi dicono che tu non sia da meno.- fece Kurt dopo aver agganciato le braccia al collo dell’altro e avergli stampato un bacio sulla guancia.

-Pazzi e felici.- mormorò Dave, e sperò che l’altro non l’avesse sentito, giusto perché quelle frasi non erano da lui, troppo sdolcinate, già. E Kurt le aveva sentite, quelle parole, ma non costrinse Dave a ripeterle. Non voleva che s’arrabbiasse, non voleva che quell’attimo venisse rovinato da parole superflue. Si accoccolò col capo affondato nel collo di Dave, che guardava la gente, ma in realtà non vedeva nulla, come se lì ci fossero solo un ammasso confuso di luci, tanta musica spacca timpani, il vento freddo che si insinuava sotto i loro cappotti, e poi loro due, lì accanto alla ruota panoramica, che se ne stavano abbracciati lasciando che del vapore bianco abbandonasse le loro bocche. Bocche che di lì a poco si unirono in un bacio a labbra gelide, che un po’ si scaldarono a quel contatto.
Poi Kurt si scostò leggermente e guardò la maestosa ruota panoramica accanto a loro. Fece l’occhiolino a Dave.

-Ci facciamo un giro? E’ l’unica giostra su cui non rimetto la cena.-

Dave lo guardò finto scettico.

-E io che contavo sulle montagne russe.- poi però non riuscì a rimanere serio a lungo, e annuì. –E facciamo questo giro. Andiamo a fare i biglietti.- disse, e lo prese nuovamente per mano.

Lì sulla ruota panoramica, Kurt e Dave non stettero a godersi il panorama. Ma godevano ognuno del sapore dell’altro mentre si lasciavano andare a un bacio irruente e caotico, che fosse stato per loro non avrebbe mai avuto fine. Si toccavano impazienti sopra gli spessi strati di vestiti, e emettevano mugolii frustrati quando si rendevano conto che lassù, con quel freddo, in una cabina di una ruota panoramica, non avrebbero potuto fare altro che tastarsi sopra i vestiti e pregustare il momento in cui sarebbero stati su un letto comodo, a stretto contatto e privi di ogni protezione.

-Stanotte voglio fare l’amore.- mormorò Dave mentre ansimava piano sul collo di Kurt.

-Torno a casa con te allora stasera.- fece l’altro di rimando, e intanto premeva il capo di Dave contro il proprio collo e sospirava beandosi della sensazione delle labbra fredde sulla pelle calda.

-E anche domani sera.- disse il più grande, e Kurt aprì gli occhi confuso. –E pure dopodomani sera.-

Kurt si staccò e cercò lo sguardo di Dave per comprendere cos’è che aveva in mente. Quello fece l’occhio languido e prese le mani di Kurt tra le proprie, sfregandole piano. Lo guardò per secondi interminabili con un sorriso da fesso, e il più piccolo ricambiò lo sguardo per poi sussurrare un ‘Devi dirmi qualcosa?’
L’altro annuì ridendo.

-Vuoi venire a stare da me?- buttò giù poi, troppo rosso in volto. –Voglio dire, a casa mia. Vuoi…portare tutta la tua roba a casa mia?-

Le labbra di Kurt si allargarono in un largo e meraviglioso sorriso, e gli occhi presero a brillargli, come ogni qualvolta si commuoveva. E lo faceva spesso.

-Posso portare anche i miei prodotti per la pelle?- chiese poi mordendosi il labbro inferiore.

-Le cremine? Sì…Basta che le tieni lontane dal mio dopobarba.- rispose l’altro, che si sentiva anche troppo buono.

-E i miei DVD musicali?-

-Sì, basta che non li mischi ai miei di Schwarzenegger, Stallone e Bruce Willis.-

-E i miei capi intimi?-

Dave alzò le sopracciglia interessato.

-Le mutandine? Quelle puoi anche mollarle sul letto o spargerle per casa. O appendermele al naso.- concluse, e Kurt ridacchiò per poi andare a baciargli il naso e la bocca.

-E’ una proposta che non posso rifiutare.- disse, e quella frase era piuttosto familiare.

E il fatto che il giorno dopo avrebbero iniziato a convivere, rese Kurt ancora più motivato a fare l’amore, con passione e coinvolgimento.
E sembrava davvero che tutto si stesse sistemando, che ogni pezzo del puzzle stesse tornando al proprio posto, che ciò che il destino aveva scritto stesse seguendo il proprio corso.
Forse era davvero arrivato il momento di stare insieme, di concedersi un po’ di quella serenità che gli era stata sempre negata, si essere felici, almeno per un po’.
Pazzi e felici.

 

 

§

 

Buh, no, non ho ancora deciso di ritirarmi dalla scena XD
La storia durerà fino al capitolo 20, quasi sicuramente :) Spero non dispiaccia la piega che sta prendendo :)

 

Angolo delle curiosità: -Sì, il fatto di Sebastian che bacia Blaine e quello ricambia s’appoggia sullo spoiler che, no, sarebbe troppo bello per essere vero, ohmiodio.
-‘Potrebbe indurti sonnolenza’, leggere attentamente il foglietto illustrativo, non somministrare ai bambini al di sotto dei dodici anni.
-Credo che i pagliacci coi palloncini siano inquietanti =.=
-‘Non ti curar di loro, ma guarda e passa’, citazione che proviene dalla Commedia di Dante, primo cerchio dell’inferno, gli ignavi. Ed è pronunciata da Virgilio. #feelslikeanerdbutshesnot.
-Ammettetelo che anche a voi il nome ‘Kurtofsky’ sembrava una marca di patatine, su!
-Quando Kurt parla di lui e Blaine che si dicono cose e poi fa ‘Si vedeva che…non avevamo niente da dirci.’, l’ho immaginato mentre usa lo stesso tono di voce di Blaine nella 2x06 quando raccontava a Kurt della sua vita nella vecchia scuola, di quando andava a parlare col consiglio scolastico, ma si vedeva che ‘Non gliene importava niente’. Stesso tono di voce, immaginatelo °°
-“E’ una proposta che non posso rifiutare” ricorda The Godfather, il Padrino.

 

 

 

 

Mirokia

   
 
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