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Autore: Dan61    08/01/2012    0 recensioni
Parigi...Marzo 2000. Helmut piegò il giornale e se lo mise sottobraccio. I giardinetti in quella stagione erano praticamente deserti. Era l'inizio di marzo e i residui del rigido inverno appena trascorso si sentivano ancora nell'aria. Si avvolse la sciarpa di lana attorno al collo e afferrò il fedele bastone che da anni ormai lo accompagnava nelle sue passeggiate. Il cimitero si trovava dall'altra parte della strada ed egli si avviò, come sempre, in quella direzione. Faceva quel tragitto dal marzo del 1946...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Helmut rimase immobile mentre l'uomo si avvicinò con calma al suo letto. - Eri in  lago di sangue sergente, hai la pellaccia dura a quanto pare. - Sussurrò con la voce rauca che egli ricordava fin troppo bene. - Vediamo di finire l'opera... - Afferrò con decisione il cuscino da sotto la testa di Helmut e , senza pensarci due volte, glielo premette sul volto. Il sergente tentò una disperata reazione ma, la debolezza, sommata all'enorme forza dell'uomo lo fecero desistere subito. Sarebbe morto. L'aria iniziò a mancargli e una miriade di puntini variopinti iniziò a danzargli davanti agli occhi spalancati dal terrore. Sentì chiaramente il respiro affannato dell'uomo che lo stava uccidendo farsi sempre più flebile. Le orecchie gli pulsarono e aprì la bocca alla disperata ricerca d'aria. Chiuse gli occhi. Poi, d'improvviso, fù libero. La pressione sul volto e sul petto svanì di colpo. Con un movimento della testa riuscì a spostare il cuscino quel tanto che bastò a fargli prendere aria a pieni polmoni. Quando riaprì gli occhi i puntini erano sempre presenti anche se in forma minore. Attraverso un velo di lacrime vide il suo aggressore disteso a fianco del letto. Un grosso coltello era piantato all'altezza delle scapole. La giovane infermiera lo stava fissando senza lasciar trasparire alcuna emozione. - Sergente, sò che sei debole, ma dobbiamo andarcene da qui. -  Aprì l'armadietto e prese un paio di pantaloni e una giacca logora. - Ora ti aiuto a indossarli, poi ce la filiamo alla svelta. Tra poco qua dentro ci sarà l'inferno. - Helmut fece per dire qualcosa ma la donna lo zittì portandosi un dito alle labbra. - Le spiegazioni a dopo, svelto! - L'aiutò quindi a mettersi seduto e a indossare gli abiti. Il fianco gli doleva e pulsava in maniera incredibile. Quando si alzò un tremendo capogiro gli fece temere di non farcela. La presa ferrea dell'infermiera gl'impedì di cadere, evidentemente era abituata a sollevare e spostare corpi. Fatti due passi verso la porta Helmut si fermò di colpo. - E...e...lu...lui... -  Indicando col mento l'Hauptman che, ancora sedato, non si era accorto di nulla. - N...non...d...deve...viver...vivere... - Riuscì a dire con voce impastata prima che un accesso di tosse lo costrinse a piegarsi dal dolore. Ancora una volta la giovane donna lo sorresse con energia. - Non ora...ci sarà tempo. Ho ucciso quell'energumeno perchè stava ammazzando te, ma non lo farei mai a sangue freddo e nemmeno tu, andiamo su! - Nel frattempo, dalla finestra appena accostata, giunse il rumore di diverse auto che, all'unisono, s'arrestarono con gran stridio di freni dinanzi all'ospedale. Ordini secchi vennero impartiti, subito accompagnati dallo scalpiccio di stivali sul selciato. La donna aprì la porta e, trascinando Helmut quasi di peso, si diresse decisa verso la cappella. Una volta dentro, avanzarono verso il piccolo altare e lo aggirarono. L'infermiera premette un invisibile pulsante nella parete all'apparenza solida e spinse. Si aprì una porticina. Lo spazio era talmente angusto che dovettero passare uno alla volta. - Fai due passi e poi fermati - disse - Appoggiati alla parete e aspettami...c'è una scala ripida. - Helmut annuì e fece come gli era stato ordinato. Nella penombra vide la ragazza chiudere il passaggio, un leggero "clic" li proiettò nella completa oscurità. - Adesso io comincio a scendere - disse - Tu appoggia le braccia alle mie spalle, se ti senti male o vuoi fermarti avvertimi, la scala è ripida e abbastanza lunga, ci vorrà diverso tempo. - Helmut tossì ed emise una specie di grugnito, nel frattempo si chiese come sarebbero potuti arrivare sani e salvi in quell'oscurità totale. Un rumore raschiante unito a odore di zolfo gli diedero la risposta. La giovane avvicinò il fiammifero alla candela che, probabilmente, aveva preso dalla cappella. - Andiamo... - disse. Nel frattempo alcune SS avevano fatto irruzione nella stanza ove, sino a qualche istante prima, Helmut aveva rischiato di morire. Vedendo l'uomo pugnalato a terra iniziarono un rastrellamento senza pietà. Medici e infermieri vennero radunati nella mensa e interrogati senza sosta. Alcuni dei più reticenti vennero torturati a morte. Un anziano medico riuscì finalmente a chiedere il perchè di tanto accanimento. L'uomo che probabilmente perderà la vista e che giace ancora in coma, è il comandante in capo delle SS in tutta la Francia gli fu detto. E colui che è stato barbaramente assassinato il suo segretario personale, nonchè cugino di secondo grado del nostro amato FUHRER! L'anziano medico cominciò a ridere. Fù preso di peso e sbattuto contro la parete ma, nonostante questo, continuò a ridere come un pazzo. Il comandante delle SS lo sollevò per il bavero del camice ormai intriso di sangue. - Che cazzo hai da ridere vecchio! Morirete tutti lo sai?! -  Scosso dalle risa il medico riuscì a rispondere. - Siete voi che siete morti. Gli americani vi sono al culo e voi vi preoccupate di un porco che ha avuto ciò che merita e di un altro che resterà storpio. Andatevene finchè siete in tempo e lasciateci in pace! - Per tutta risposta l'ufficiale estrasse la Luger e giustiziò il poveraccio con un colpo in fronte, la firma delle SS. - Fateli fuori tutti - disse rivolto ai suoi uomini. - Portiamo il comandante con noi, lo riportiamo in Germania. - continua...
   
 
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