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Autore: Bikachu    08/01/2012    1 recensioni
Essere l'unica persona su cui possono fare affidamento.
L'unica che possa nasconderli e tenerli al sicuro dalle telecamere.
Un'amica, una persona importante capace di far tornare il sorriso a chi davanti alla propria vita ha trovato il buio tutto d'un fiato.
Tom ha bisogno di lei e Bill ora più che mai teme di non riuscire a controllare se stesso.
Ma quando il sostenere un amico diventa un qualcosa di più, ecco riaffiorare i ricordi passati che metteranno a dura prova una storia d'amore tenuta sospesa fra il presente, il passato e il futuro di due gemelli che vedranno in pericolo la loro notorietà e di una ragazza che, offuscata dall'amore ma per niente ingenua, tenterà di non fare l'ennesima scelta sbagliata.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tornati a casa, Tom e Kim non erano ancora rientrati e la tovaglia tappezzata di caffè era ancora sul tavolo.
Bill posò i nostri giacchetti su una panca in corridoio e corse in camera.
Presi a sistemare i piatti nel lavandino, la tovaglia l’arrotolai e la misi nella cesta dei panni sporchi, accesi la TV e la voce di un presentatore di MTV catturò la mia attenzione.
“I gemelli Kaulitz sono scomparsi letteralmente dalla loro casa in California, nessuno sa dove siano diretti perché non c’è stato modo di mettersi in contatto con loro.”
Mi avvicinai allo schermo per sentire meglio continuando ad asciugarmi le mani bagnate con un canovaccio.
“Il loro produttore ha lasciato solo una breve dichiarazione ai media sottolineando l’importanza della loro privacy e l’attesa per i fan di quello che sarà un periodo d’assenza abbastanza lungo. Ma… cosa sarà successo di così scandalizzante da lasciare la band divisa a metà? Litigi, dibattiti, incoerenze?”. Il presentatore si avvicinò ad una ragazza del pubblico che aveva in mano una fascetta da concerto dei Tokio Hotel e la teneva stretta come una reliquia. In volto dipinta la sofferenza, quel tipo di sofferenza che una fan prova quando la propria band preferita la delude.
“Tu cosa ne pensi? Vedo che l’argomento ti tocca in prima persona.” Disse ridendo falsamente e indicando la fascetta fra la presa ferrea di quella ragazza.
La ragazza prese un profondo respiro, qualche attimo di silenzio e poi parlò quasi singhiozzando.
“Penso che sparire dalla circolazione non abbia senso. Sono scappati dalla Germania, sono arrivati in California e adesso sono di nuovo scappati senza farci sapere nulla! Io sosterrò sempre la band ma facendo così molti fan si fanno domande, si chiedono i perché di certi comportamenti e situazioni… essere fan dei Tokio Hotel non è facile…” aggiunse “Sei perennemente in balia del caos del fandom e se provi a chiedere un’informazione subito che ti attaccano dicendoti che non sei abbastanza fan e che certe cose si devono sapere categoricamente.” Io non credevo a quello che le mie orecchie stavano ascoltando. Ero allibita e sconcertata dalle parole di quella ragazza perché non capivo cosa c’era di tanto difficile nell’essere fan.
“Quindi, in conclusione cosa diresti?” le domandò prontamente il presentatore.
La ragazza tirò su col naso e cacciò dentro le lacrime che stavano per rigare il suo viso del nero mascara.
“Ho solo una cosa da dire: se mi state ascoltando, sappiate che non è giusto nei nostri confronti! Non è proprio per niente corretto! Capiamo tutto: dalla privacy, alle vacanze ma svanire nel nulla, no! Padroni della vostra vita, ci mancherebbe altro però non fate in modo e maniera da allontanarci! Senza i fan nessun artista è completo e voi state remando contro tutto questo, lo state facendo da un anno ormai… non penso che andremo lontano così e…”
La TV si spense improvvisamente.
- Smettila di guardare queste stupidaggini, sono frasi senza senso. – disse con voce bassa.
Gettò il telecomando sul divano dove mi ero seduta e si diresse verso la finestra a braccia incrociate lasciando che il suo sguardo vagasse per la strada sottostante. Aveva ascoltato tutte le parole di quella fan.
- Che cosa vogliono da me? Che cosa vogliono da noi? – il tono della sua voce crebbe e Bill divenne incredibilmente irritato. – Hanno tutto! Cd, interviste, poster, backstage filmati, meet & greet, autografi, concerti, eppure… non gli basta! Non gli basta mai! – appoggiò delicatamente la fronte al vetro freddo e a contatto con esso il suo calore creò un piccolo cerchio di condensa. Chiuse gli occhi ed inspirò lentamente, profondamente.
Quello che aveva detto Tom era vero: Bill era sul limite del suo limite massimo di sopportazione di tutto, del mondo intero penserei a questo punto.
La sua figura dietro di me mi intristiva e anche se mi aveva fatto soffrire in passato, io non volevo vederlo star male in diretta davanti ai miei occhi seppur per una cosa di poca importanza, ma sapevo benissimo che di poca importanza non era.
Forse Tom aveva ragione anche su questo, provare a dare a Bill una seconda opportunità e lasciare il passato alle spalle. L’indecisione e la paura di un’ulteriore freddata mi pugnalava il cuore ma Bill aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, aveva bisogno di me.
Mi alzai e mi avvicinai a lui. Sembrava strano eppure percepivo che c’era qualcosa che non andava.
Posai le mie mani sulla sua schiena e salii fino a cingergli le spalle, sapendo che probabilmente in futuro mi sarei pentita di quello che stavo facendo ma in quel momento non lo pensavo nemmeno.
Sfiorai con il naso la sua maglietta e rimasi con la guancia lì, ferma, ascoltando i battiti del suo cuore.
Il suo profumo, la sua presenza vicino a me, tutto lui mi faceva sentire estremamente felice e perfettamente in sintonia con il resto dell’universo.
Una malinconia si attanagliò dentro di me e tristi ricordi riaffiorarono compensati al tempo stesso da ricordi meravigliosi, ricchi di risate e armonia. Bill era questo: con lui eri costantemente in bilico tra l’eterna felicità e la distruzione totale.
…e mi piaceva, mi piaceva ancora. Mi mancava.
Mi prese una mano e mi fece girare attorno a lui finchè i nostri occhi non furono gli uni di fronte agli altri.
La luce soffusa del cielo berlinese illuminava il viso di Bill e gli dava una sfumatura antica, quasi nobile: la pelle bianca, la linea del naso perfetta, lo sguardo magnetico e quelle labbra impeccabili.
Tom era bello, ma Bill era divino.
In quel frangente non sapevo cosa fare: mi si era seccata completamente la bocca, non avevo più saliva neanche per far schioccare la lingua e anche provare a pensare ad una semplice frase era un’opzione da scartare. Non ci capivo più nulla, la vista cominciava ad appannarsi lievemente.
Mi fissava in maniera glaciale, con le mani serrate sui miei polsi. Generalmente non sopportavo di essere bloccata, ma ammetto che essere bloccata da lui in quel preciso istante aveva un non so che di stimolante e terribilmente affascinante.
Si avvicinò di più verso il mio viso, sentivo il suo respiro sulle mie labbra e il sangue fluirmi tutto insieme nel petto.
- Devi dirmi una cosa Kim. – mi sussurrò quasi sulla bocca – Devo sapere assolutamente, sto impazzendo. –
Di sicuro stavo impazzendo anche io. Ogni singola cellula del mio corpo mi tirava a lui come pezzettini di metallo attratti da una potente calamita.
- Proverò a risponderti, se ce la faccio… - quell’ultimo pezzo di frase riportò sul volto di Bill un piccolo sorriso vincitore che mi scombussolò la testa.
Si fece ancora più vicino, adesso la distanza fra le mie e le sue labbra poteva sicuramente essere contata in millimetri.
Le sue mani si staccarono dai miei polsi e scivolarono sui miei fianchi. Le mie, invece, salirono fino a cingergli il collo e mi ritrovai intrappolata con la schiena attaccata al vetro e Bill davanti a me.
Si spostò di lato, scendendo delicatamente e sfiorandomi la pelle della guancia con le labbra, lungo tutto il profilo del mio viso ed inconsciamente, rapita da quell’improvviso turbine di casta passione, portai la testa all’indietro lasciando che Bill proseguisse a scendere. Il mio collo fu coperto da soffici baci che mi mandarono in estasi e chiusi gli occhi godendomi quegli attimi di ritrovata beatitudine.
La maglietta che portavo era diventata carta velina fra le sue mani e ad ogni tocco la mia pelle a contatto con la sua ardeva con un’intensità che non avevo provato con nessun’altro ragazzo. Era solo e solamente Bill che mi completava eppure più ci pensavo e più la malinconia si faceva forte nei miei pensieri. Feci il possibile per scacciarli via e per non rovinare il momento.
Ad un tratto le sue labbra si fermarono all’altezza della mia clavicola, le braccia gli cominciarono a tremare.
Presi coraggio e cercai i suoi occhi ma non li incontrai subito. Sentii solo il suo respiro accelerato per alcuni secondi.
- Se non avessi fatto quella stronzata di scappare e ti avessi proposto di andare via da qua, da tutto insomma… per me… lo avresti fatto seriamente? – domandò e quasi riuscii a sentire nella sua voce il timore della mia risposta.
Capitava che, prima della sua “fuga”, parlavamo di un ipotetico futuro assieme ed ogni santissima volta che lo facevamo era scontato che io lasciassi tutto per stare con lui, quindi:
- Si… avrei lasciato tutto all’istante, senza pensarci due volte. Volevo stare con te e mi bastava, mi bastavi tu. Ma, giustamente, eravamo troppo piccoli e non sei riuscito a capirlo. Non penso che adesso affronterei una decisione del genere molto superficialmente come avevo fatto qualche anno fa. – risposi meravigliandomi della prontezza della mia capacità comunicativa fra le sue braccia.
Attimi di silenzio.
- Però sei qua, con me… non hai negato la possibilità di partire. – forse avevo sbagliato, gli avevo messo in testa false aspettative. – Ho qualche possibilità di farmi perdonare, Kim? –
In quel momento mi apparve Tom nella mente e i suoi discorsi sulle possibilità. Crescendo era diventato fin troppo saggio per i miei gusti.
- Una persona a me molto cara mi disse che a tutti è concessa una seconda chance, Bill, e tu non sei diverso. –
Alzò lo sguardo e mi guardò così immobile che sembrava fosse paralizzato.
Abbozzando un sorriso sbieco mi ringraziò e io non potei fare a meno di ricambiare il sorriso.
- Però… non è questa la risposta che volevo sentire, perché in realtà non era questa la domanda che volevo farti… - abbassò gli occhi e sciolse il nostro abbraccio. La magia era finita… o forse no?
Posò le mani sul vetro dietro di me e con la testa china i ciuffi corvini che erano scappati dalla presa della lacca mi toccavano il petto.
- Cosa dovevi chiedermi allora? – chiesi quasi senza un filo di voce.
Improvvisamente alzò lo sguardo, fissandomi.
- Mi ami ancora, Kim? – a quella domanda rimasi in silenzio.
Gli attimi passati parevano essere scomparsi del tutto e i miei occhi non riuscirono a sopportare di essere incatenati ai suoi. Mi voltai verso lo schermo nero della TV e desideravo ardentemente di trovarmi seduta sul divano dove ero poco prima invece che sentire il suo sguardo su di me in attesa di una risposta.
- Forse io… - cominciai.
- E’ permessooo!? – domandò qualcuno dall’ingresso di casa, facendo scattare la serratura della porta.
- Ma che ti urli, si può sapere? – chiese una seconda voce femminile.
- Bhè sai… stando alle mie esperienze passate è sempre meglio far sapere a chi è dentro casa che sei arrivato altrimenti potresti trovare scene strane… non si sa mai… - Tom.
- Ehm… credo sia un ragionamento logico. – Kate.
Scappai da Bill non appena li sentii, ringraziando il cielo che per una volta il mio fratellone rasta mi aveva salvata a tempo debito.
- Ciao ragazzi, tutto bene Tom? – chiesi andandogli incontro e prendendo la domanda con una nota un po’ troppo alta, infatti il rasta si bloccò e mi squadrò alzando un sopracciglio. Saranno stati i miei capelli tutti arruffati per essere stati dieci minuti schiacciati sul vetro umido o la mia finta euforia, ma lui sapeva che quando ero in difficoltà me ne uscivo con qualcosa di imprevedibile… anche, e comprese, vocine stridule.
Distolse gli occhi da me e guardò il fratello con fare indagatore.
- Ciao brò. – disse Bill appoggiato alla finestra e facendogli un cenno.
Ancora non convinto ma arrendendosi per non aver trovato nulla di insolito fra di noi, mi passò dietro e andò in cucina seguito dal fratello.
- Ciao Kim tutto ok? – anche Kate si era accorta che ero leggermente “fuori” ma con lei potevo gestirmela meglio mentre Tom, con lui era davvero difficile fargli passare per vera una situazione improbabile sotto il naso senza che dicesse niente.
- Si, tutto ok. – la mia voce era tornata normale.
Ci sistemammo in salotto con qualche salatino e qualche bibita sul tavolino di fronte la TV, chiacchierammo del più e del meno, delle analisi che avrebbe dovuto fare Tom e del mio giro con Bill per Berlino (tralasciando il
particolare del regalo per Kate, ovviamente).
Passarono le ore e scese la notte.
Presi le chiavi della macchina per andare a prendere le pizze che avevamo ordinato qualche isolato più giù rispetto a casa mia e Tom si propose per accompagnarmi.
Felicissima, accettai la sua compagnia e mentre stavamo per uscire:
- Guarda che la tua macchina ha la batteria scarica, prendi la mia. – la voce di Bill mi raggiunse in corridoio e sbuffai sapendo che aveva ragione ma me ne ero totalmente dimenticata. – Le chiavi sono nel giacchetto sul letto. –
Mi voltai e corsi in camera senza accendere la luce, rovistai fra le lenzuola e trovai il cappotto.
Presi le chiavi dell’Audi e in mano mi ritrovai anche un biglietto che misi nella tasca del mio trench senza pensarci.
- Grazie Bill. – lo vidi sorridere ed illuminarsi alle mie parole. Avevo solamente detto “grazie”.
- Guarda per un misero “grazie” come è felice… - disse Tom non appena chiusi la porta alle nostre spalle.
Alzai gli occhi al cielo ma dovetti accettare l’idea che anche adesso aveva pienamente ragione a sottolinearmi certe cose.
Eppure, cavolo, quella che era stata lasciata ero io. Teoricamente chi doveva sentirsi verme e farmi illuminare di gioia era lui, non viceversa. Vabè…
Salii in macchina di Bill e accesi il motore. Tom era rimasto fuori dalla parte del passeggero.
Abbassai il finestrino.
- Bhè, che fai? Non Sali? – chiesi.
- Guidi tu? – mi indicò con gli occhi sgranati.
- Dai Sali, guarda che guido bene. Fidati! –
Tom salì in macchina e chiuse la portiera mettendosi immediatamente la cintura.
- Malfidato. – feci una smorfia e regolai il sedile visto che Bill aveva le gambe doppiamente lunghe rispetto alle mie e riuscire ad arrivare ai pedali, per me, era pura fantasia.
- Vorrei mangiarmela vivo la pizza stasera se per te non ti dispiace. –
- Tom… -
- Si? –
- Non so usare la frizione, ho la macchina automatica. – il panico si dipinse sul suo viso.
- MA COME NON SAI USARE LA FRIZIONE? Scendi che… -
- Ahahah, scherzavo! Sei un folle! – ingranai la prima e partii alla guida di quel macchinone meraviglioso con Tom che rideva affianco a me.

NB: mi dispiace di aver fatto passare tanto tempo fra un capitolo e l'altro ma... avevo il computer rotto >.< BUONA LETTURA ALIENS ^_^
   
 
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