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Autore: alwaysabelieber    09/01/2012    2 recensioni
Grazie ad un'iniziativa scolastica, una tredicenne Italiana avrà la possibilità di ospitare, in casa sua, un coetaneo Americano. Un miscuglio di nazioni, cultura, e modi di fare. Il racconto di una grande amicizia destinata a diventare storia di un grande amore. Tutto deve, però, svolgersi in un solo mese. Quanti sogni possono realizzarsi in 31 giorni? E soprattutto, ne saranno davvero 31, o i due otterranno altre possibilità?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Wow. - dissi, mentre l'ultimo brivido mi percorreva la colonna vertebrale. - Soltanto wow. - 
Amavo davvero la musica, ma non avevo mai ascoltato nulla del genere. 
Quella voce non poteva rimanere il semplice passatempo di un quattordicenne, non l'avrei permesso. 
Se Dio aveva donato quella spettacolare dote a quel ragazzino, mi dissi, era il momento di sfruttarla.
Fu allora che la mia mente prese a girare vorticosamente, la realtà sfumò davanti ai miei occhi e sfiorai il sogno di Justin tra le mani, era tremendamente vicino. 
- Hey, hey - tornai bruscamente alla realtà, mettendo a fuoco un Justin divertito che mi pizzicava il braccio. - Wow cosa? - mi chiese. 
- Wow tu, la tua voce, anzi! - ammiccai. 
- Oh sì, niente di che. - rispose, con un tono di ridicola finta modestia. 
- Andiamo, non fare lo sciocco, Justin! Non permetterò che il tuo talento finisca per essere dimenticato. - gli dissi, mentre afferrai una delle sue felpe e la infilai. - Resta qui. - continuai, e le mie labbra sfiorarono le sue in un tocco leggero. 

Bussavo ripetutamente il campanello di casa Montuori da più di cinque minuti, e la speranza che qualcuno mi aprisse stava lentamente svanendo.
Ma riapparve non appena girai i tacchi e feci per andarmene, perché quasi allo stesso istante sentì la porta alle mie spalle spalancarsi. 
- Ale! Che ci fai qui? - era Francesco, aveva una maglietta stropicciata appoggiata sulla spalla e la faccia di chi era appena stato svegliato.
- Scusa se ti ho svegliato, Ryan è qui? - chiesi torva. 
- Si, a proposito, scusa se l'altra sera non sono venuto io a.. - cominciò, ma la sua voce fu sovrastata da quella di Ryan. 
Aveva una faccia compiaciuta mentre scendeva le scale per raggiungerci.
Ero sulla soglia di casa Montuori, per l'unico Butler che ci abitava, mi dissi, era ovvio che fosse entusiasta.
- Quanto mi sei mancata! - esordì lui, avvolgendomi in un caloroso abbraccio. 
Mi sollevò per le gambe e alzò la testa per guardarmi, di conseguenza io appoggiai le mani sulle sue spalle come leva per non fargli troppo peso. 
Intercettai lo sguardo ebete di Francesco, aveva perso tutto il trionfo che gli avevo letto negli occhi quella sera al pub, e mi sorpresi nel trovarmi contenta.
- Devi venire, Ryan, ora! - dissi, non curandomi degli sguardi furiosi che lanciava ad entrambi il proprietario di casa.
- Cosa? - 
- A casa mia, sbrigati! - 
Lui parve colto di sorpresa, ma poi salutammo entrambi Francesco, e vidi Ryan rivolgergli un sorriso incerto prima di lasciare che lo trasportassi.
- Si può sapere cosa sta succedendo? - mi domandò, sbarrandomi la strada per impedire che continuassi a camminare senza dargli spiegazioni.
- Dopo - la sua espressione cadde in un misto di euforia e delusione, quando si arrese si mise di nuovo al mio fianco.
- Ci ho fatto pace, sai. - dissi, le mani nelle tasche del felpone di Justin.
- L'ho saputo un secondo dopo che è successo. - rispose, con un largo sorriso.
- Come? - chiesi, certa di non aver capito bene.
- Io e Justin viviamo teoricamente insieme anche quando praticamente non lo siamo. - tentò, certo che quella risposta mi sarebbe bastata.
Fu esattamente come aveva previsto.

La mia mente vagava, girava vorticosamente verso una soluzione, una via d'uscita. 
Ma certo, come avevo fatto a non pensarci prima? 
Mi vennero immediatamente in mente dei ricordi che solo un attimo prima pensavo di aver sepolto. 
Era tutto più nitido, adesso.
Mio zio, pensai: trentotto anni, uomo d'affari nonché direttore di un'importante casa discografica Londinese, avrebbe di certo avuto le conoscenze necessarie per lanciare Justin verso il successo.
Tuttavia mio padre non ne parlava spesso, anzi, di quel quasi inesistente zio non ne parlava quasi mai, ma ero certa che in fondo avesse ancora dei contatti con lui, ero certa che avrebbe potuto accostarlo nuovamente alla famiglia. 
Era anche nel suo interesse, mi dissi, se c'era un essere vivente su cui poteva guadagnare dei soldi, quell'uomo non avrebbe esitato un secondo ad accoglierlo tra le sue grinfie..
- Perché? Perché non mi avevi mai fatto ascoltare la forse unica cosa di cui puoi vantarti? - scherzò Ryan con Justin, riportandomi senza saperlo alla realtà.
- L'unica cosa prima del basket, dell'hockey, del calcio, ah e del mio bel faccino, certo. Perché non ne ho mai avuto l'opportunità. - rispose, con tono totalmente indifferente.
- Mr. modesto, smettila! Prima della fine del mese ti esibirai avanti a mio zio - dissi, con fare eloquente.
- Cosa? No, assolutamente no. E poi che c'entra tuo zio? - chiese, spaventato.
- Il direttore di una casa discografica c'entra sempre, credo. - risposi, con un tono che evidenziava a pieno ciò su cui volevo andare a parare.
Justin e Ryan tacquero, ed io mi unì a loro in quel tacito momento con piacere, approfittandone per tornare alle mie fantasie.

  
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