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Autore: redbullholic    09/01/2012    1 recensioni
They tell us everything’s alright
and we just go along.
How can we fall asleep at night
when something’s clearly wrong?

E se... Kelly fosse sopravvissuta?
Genere: Azione, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kelly Gibbs, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl Who Lived'
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NCIS. Kelly non riusciva a pensare a qualcosa che non fossero quelle quattro lettere. Le aveva sentite per la prima volta quando aveva nove anni, in ospedale, dopo l’incidente che le aveva portato via sua madre. Da quel giorno aveva incolpato quelle quattro lettere di averle portato via suo padre. Aveva scelto loro piuttosto che lei, sua figlia. O meglio, così le avevano detto i suoi nonni materni, coloro che si erano presi cura di lei dopo che sua madre era morta e suo padre se n’era andato. Non voleva crederci, eppure i suoi nonni avevano insistito che era così, e le avevano detto che sarebbe stato meglio se avesse dimenticato quell’uomo. Ma lei non l’aveva fatto. Non c’era giorno in cui non pensava a lui. Dopotutto, per nove anni era stato il suo eroe, il suo idolo. E prima di andarsene le aveva lasciato le sue piastrine da Marine. I suoi nonni fortunatamente non se n’erano accorti. Così, dal momento in cui se l’era trovate al collo, in ospedale, non le toglieva mai.
Da quando aveva letto ‘NCIS’ sul tesserino che il cadavere aveva addosso, quelle piastrine sembravano bruciarle sulla pelle. Tirò dolcemente la catenina e le fece uscire da sotto la felpa. Le rigirò un po’ tra le mani, prima di far passere un dito sul nome inciso: Leroy Jethro Gibbs.
-Ho parlato con il direttore dell’NCIS- la voce del suo capo la riportò alla realtà -Possiamo condurre noi le indagini sull’omicidio, a patto che li teniamo aggiornati su tutto e che gli rimandiamo il cadavere subito dopo aver fatto l’autopsia- a quelle parole Kelly si raddrizzò sulla sedia. Una strana idea stava prendendo vita nella sua testa -Ora, mettetevi al lavoro!-.
Kelly non perse un altro minuto. Balzò in piedi e si diresse verso l’ufficio del capo. Sentiva sulla schiena le occhiate indagatrici dei suoi colleghi, ma le ignorò. Aprì la porta ed entrò senza neanche bussare.
-Gibbs, non le hanno insegnato che si bussa prima di entrare?- la rimproverò il suo superiore.
-Mi scusi, capo- Kelly abbassò lo sguardo e chiuse la porta alle sue spalle -Volevo solamente chiederle una cosa- si avvicinò alla scrivania, titubante.
-Del tipo?-.
-Volevo chiederle se... se potevo accompagnare io la salma dell’agente dell’NCIS a Washington- disse, tutto d’un fiato.
L’uomo di fronte a lei la guardò, interdetto -E quale sarebbe il motivo di tale richiesta?-.
Solo in quel momento Kelly si rese conto di essere stata troppo precipitosa e di non aver accampato una scusa credibile a quella domanda, che sicuramente il capo le avrebbe rivolto. A quel punto non le restava altra soluzione che dire la verità.
-Mio padre è Leroy Jetrho Gibbs- esordì -Agente NCIS-.
Il capo mutò espressione -Gibbs, se deve essere una riunione di famiglia puoi sempre prenderti qualche giorno di ferie... da quando lavori qui non ne hai mai preso neanche uno-.
-Non è quello- Kelly si lasciò cadere su una delle sedie di fronte alla scrivania -E’ che non lo vedo da tredici anni, non l’ho più sentito da...- si fermò. Non voleva raccontargli dell’incidente, di sua madre e di tutto quello che era successo dopo, o sarebbe scoppiata in lacrime ed era l’ultima cosa che voleva -E’ complicato- si limitò a dire, sospirando -La prego, mi lasci andare-.
Anche il capo sospirò, e chiuse gli occhi per un momento -Dirò al medico di eseguire l’autopsia entro oggi. Domani mattina sarai sul primo volo per Washington-.
Kelly non credeva alle sue orecchie. Sul suo volto si aprì un enorme sorriso che andava da un orecchio all’altro. Avrbebbe voluto alzarsi e abbracciarlo -Grazie- si limitò a dire, sollevata, prima di uscire dall’ufficio.
 
Quella sera, Kelly fu l’ultima a lasciare l’ufficio. Sistemò la scrivania e raccolse le sue cose, come se non dovesse più tornare da Washington. In effetti, la sensazione che le attanagliava lo stomaco da quando aveva ottenuto il permesso di andare era quella.
-Si può sapere che ti prende?- la voce di Michael alle sue spalle la fece trasalire. Istintivamente portò la mano alla fondina dove teneva la pistola.
-Mi hai fatto prendere un colpo- sbottò lei, lasciando la fondina e tornando al suo lavoro.
-Arrivi prima di tutti e te ne vai per ultima- Michael la ignorò -Sgusci nell’ufficio del capo e ne esci sorridendo... Che ti sta succedendo? Insomma, sei sempre stata strana, ma ultimamente stai peggiorando!-.
-Non mi sta succedendo assolutamente niente- rispose Kelly, calma.
-Allora perché stai mettendo a posto?- sottolinò le ultime parole per farle capire quanto fosse inusuale per lei.
-Sto solo prendendo le mie cose, dato che domani non sarò qui...-.
-Gibbs, ora mi stai spaventando- Michael si piazzò di fronte a lei -In che senso non sarai qui?-.
Kelly sbuffò -Tranquillo, non ho intenzione di suicidarmi! Accompagno la salma a Washington, tutto qui- non era sicura che fosse ‘tutto lì’, ma non poteva spiegarlo a Michael.
-E perché proprio tu?-.
-Quante domande!- sbottò -Chi mandare ad accompagnare un morto se non l’agente più giovane e meno esperto?-.
-Non dire sciocchezze, sarai anche la più giovane ma sei più brava di tutti noi messi insieme. Sei nata con questo lavoro nel sangue-.
-Le sciocchezze le stai dicendo tu adesso- Kelly raccolse il suo zaino e scansò il collega -Ora scusami, ma ho bisogno di riposare-.



- Note
Ecco qua il secondo capitolo :)
Spero vi piaccia!
   
 
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