Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Jess89     10/01/2012    0 recensioni
"Aveva una quantità sconsiderevole di metallo in corpo ed era il fidanzato di Katy, quasi da non crederci. Blue rimase immobilizzata guardando Matt dal vetro dello studio: stava baciando un uomo."
L'amore non ha un corpo, l'amore è attrazione, l'amore ha passione, l'amore è magnetismo allo stato puro che attira un cuore compatibile al tuo senza guardare al tuo sesso, ai tuoi occhi, alla tua anima. E questo, Blue, non lo sapeva..
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

UNDEFINED SOUL
L'amore non ha un corpo




Il foglio sopra il mio banco era bianco da giorni, o meglio dire, era pieno di tutto ciò che ruotava nella mia fantasiosa mente, tranne il mondo degli esami. Nuvole, disegni geometrici, palme, grattacieli e scarabocchi immaginari lo invadevano senza un’inutile speranza che potesse contenere una parola.
Anche quel giorno la campanella mi salvò prima che il professore potesse avvicinarsi a me per spiare i miei appunti inesistenti, buttai la penna dentro la borsa e uscii facendo un pallone rosa con la mia gomma da masticare preferita alla fragola fermandomi sulle scale esterne a regalare quella dose di nicotina necessaria ai miei polmoni affinchè potessero dire grazie.
Mi guardai in giro, non c’era nessuno che conoscevo perchè tutti i miei compagni di corso quel giorno erano andati a visitare gli studi cinematografici della Universal con uno stupido corso facoltativo, che naturalmente io avevo evitato scambiandolo con quello sportivo. Dopo aver aspirato l’ultima molecola di ossigeno-narcotico della mia sigaretta cercai con lo sguardo il solito cestino salvatore e, come tutti i pomeriggio da un mese a questa parte, scrutai tra la folla quello strano tipo guardare l’orologio e riappoggiarsi al palo, aspettando l’unica persona che non avrei immaginato, quella stupida ignorante di Katy.
Katy era la classica americana bionda, occhi verdi e plastica ovunque. Andava fiera e raccontava a tutti di come fosse passata da una prima a una quinta quando aveva sedici anni, segnando l’inizio di una lunga storia ai ritocchi, passando per il naso, gli zigomi, i fianchi, il sedere e perfino le ginocchia. Al liceo era stata chiaramente posta a capo della squadra delle Cheerleader essendo venerata da ogni essere maschile sulla terra, non so per quale strana ragione fosse venuta a studiare nella mia stessa facoltà. E poi c’era lui, un biondo tra il naturale e il tinto, la barba incolta e qualche piercing di troppo in viso, un tipo strano, che si allontanava in maniera esagerata dal prototipo di ragazzo che Katy aveva sempre avuto per la testa. Mi domandai più volte cosa ci facessero quei due insieme, ma non avevo mai avuto una vera e chiara risposta nemmeno dai loro comportamenti: lei lo raggiungeva, lo salutava con i soliti bacini sulla guancia e poi andavano insieme verso la macchina che lui parcheggiava sempre a un isolato dall’Università, senza un vero motivo. Me ne accorsi uno dei giorni in cui avevo perso l’autobus e dovetti fare tutta la strada a piedi, 4 kilometri tra le strade larghe e pieno di negozi di Los Angeles, non che mi dispiacesse vedere un po’ di gente e fare shopping, ma quando uscivo dalle lezioni avevo più voglia di cadere sul mio letto come un cadavere senza peso e gravità.
Quel giorno però Katy non era venuta, lui sembrava non saperlo e io non ero di certo intenzionata ad essere l’angelo che bussa alla spalla sinistra, non ne avrei avuto nemmeno l’aspetto. Aprii la mia agenda per dare un’occhiata agli impegni della giornata: mi aspettava un’ora di ripetizione con Alice, la figlia della mia vicina di casa, che mi permetteva di guadagnare qualcosa in più dando un aiuto alla sua piccola peste che sembrava non riuscisse a stare con nessuno tranne con me; poi sarei dovuta passare da Ivy, una delle mie migliori amiche che abitava nei paraggi di alcuni studi di registrazione, sempre pieni di paparazzi. Ogni qual volta andassi a mangiare qualcosa da lei, sembrava di partecipare ad uno show televisivo, ma qui a Los Angeles era cosi, tutti ti scrutano fino in fondo per riuscire a capire se sei un vip mascherato di stanchezza da persona normale, se non lo sei, ti lasciano stare e puoi finalmente mollare il respiro e stendere i muscoli del viso e dello stomaco.
Di colpo ebbi l’impressione di dimenticare qualcosa e mi chiesi perché stessi seduta sugli scalini dell’Università guardando il vuoto, anzi guardando quel biondo idiota da una buona decina di minuti.
Subito mi accorsi che anche lui mi stava fissando da un pò, probabilmente domandandosi perché lo stessi guardando cosi insistentemente, così girai immediatamente la testa, mi alzai pulendo leggermente i miei jeans sul fondoschiena e scesi le scale passandogli accanto, per andare verso la palestra.
Non mi ero mai avvicinata più di tanto a quel tipo, non avevo mai sentito la sua voce, non avevo mai visto i suoi occhi, né che avesse più piercing di quanti ne avessi visti io da lontano, era lasciato andare e trasandato, ma aveva comunque un non so che di altezzoso.
Mi squadrò completamente, partendo dai miei stivali scuri pieni di borchie dorate, passò ai miei calzini grigi fuori dai jeans chiari e attillati, arrivando alla camicia a quadri blu e bianca che portavo sbottonata sopra la canottiera chiara. Sembrò interessato ad un particolare che avevo fra i capelli, perché arricciò il naso e chiuse gli occhi quasi come per concentrarsi sul mio orecchino a croce che penzolava di qua e di là mentre avanzavo, come la mia collana. Erano anni che sentirmi osservata assiduamente da qualcuno non mi dava fastidio, né mi irritava, a dire il vero ci avevo fatto l’abitudine, forse per il mio vestire ‘strano’ come alcuni l’avevano commentato, o forse solo per la mia espressione in viso, che era tutt’altro che trasgressiva e in contrasto con il modo con cui mi ponevo.
“Scusa..” mi disse dopo essere arrivato al viso. Io mi girai, pensando ce l’avesse con qualcun altro, ma poi mi sentii sfiorare il braccio “..si, scusami, ti ho visto qui in giro, mi chiedevo se sapessi qualcosa riguardo al corso di Filmografia” mi disse masticando nervosamente quasi più di me “..sto cercando una persona”, come se non lo sapessi.
Lo fissai mentre facevo un pallone rosa più grosso di quello che avevo fatto davanti al professore all’uscita dall’aula e pensai che stesse cercando Katy; il mio sguardo si spostò di lato, per un attimo pensai di essere la buona e brava Blue, ma poi ritirai il palloncino rosa e sorrisi.
“Dovrebbero uscire tutti fra un’ora, il professore li ha trattenuti in aula” mentì divertita.
Lui sorrise e mi ringraziò con uno scurrile accento non americano, riportando la sua spalla destra sul palo ghiacciato.
Non lo salutai nemmeno, ero diventata veramente scontrosa e burbera in questi anni, così mi limitai a sorridergli e passai avanti verso la palestra.
Naturalmente i sensi di colpa non tardarono ad arrivare, infatti trascorsi l’intera ora e mezza a pensare a quel povero sconosciuto che avevo lasciato ad aspettare soltanto per un mio stupido capriccio, con il risultato di una benda sul naso per un passaggio sbagliato che avevo ludicamente deciso di prendere con la faccia anziché con le mani. Non lo conoscevo, ma già mi stava dove non avrebbe dovuto.
Quando uscii fuori era già buio, per l’esattezza il sole era quasi interamente tramontato, cosi andando verso la fermata dell’autobus lo notai seduto sulle scale, abbassai il viso per cercare di non farmi riconoscere, ma il mio berretto bianco parlò per me.
“Toh, chi si rivede..la bugiarda” esclamò palesemente irritato verso il mio finto sorriso incredulo, mi aveva beccata. Mi avvicinai lentamente con la borsa sulle spalle e la garza bianca sul naso nero e dolorante e il suo viso cambiò espressione “Cos’è successo?” chiese similmente preoccupato.
Avrei voluto fare una smorfia con il naso, ma appena i miei muscoli si mossero naturalmente il dolore arrivò.
“Niente che ti riguardi veramente, comunque volevo chiederti scusa e dirti che il corso di Storia oggi è stato soppresso, sono andati tutti agli Universal Studios” dissi la verità mentre un’autobus giallo arrivava fermandosi davanti a noi.
Lui sembrò avere la faccia stanca e annoiata. “Sì..adesso lo so” disse guardando i miei compagni di corso scendere dal pullman, finchè non scorse Katy e la salutò.
Lei si avvicinò con la sua solita Louis Vuitton appesa all’avambraccio e gli stampò due baci sulle guance “Ciao Matt, mi dispiace averti fatto perdere tutto questo tempo, ma te l’avevo detto ieri, non è colpa mia se invece di ascoltarmi fai altro..” disse con il suo solito polemico e viziato.
Cercai di dileguarmi più velocemente possibile, ma sapevo che non sarei sfuggita allo sguardo di Katy.
“Blue, scappi così senza salutarmi?”
La biondona tutta curve e poco cervello mi aveva parlato dopo anni forse, così fui costretta a girarmi e a sorriderle, falsa come in poche occasioni nella mia vita, con lei però era diventata abitudine da sempre.
“Non volevo disturbarti mentre salutavi il tuo ragazzo” la buttai lì, non sapevo nemmeno perché avevo fatto questa domanda, in fondo non erano problemi miei.
Matt sembrò guardarla imbarazzato e Katy lo guardò come schifata.
“Co-cosa? Io con..sì, beh, non mi disturbi affatti, figurati” nello stesso momento sembrò essere interessata alla mia benda “Ti sei rifatta il naso per caso? Avrai anche risparmiato con tuo padre..” disse poi scoppiando a ridere.
La mia famiglia, ecco l’unica cosa di cui non avrei voluto sentir parlare in quel momento. Mio padre era uno dei più famosi chirurghi di Beverly Hills e mi aveva sempre coinvolto più volte nei suoi incredibili pensieri per rifarmi qualcosa, solo per ‘sentirmi meglio con me stessa’, così l’aveva definito lui, alla fine con me perse la speranza e cominciò entusiasta ad averla con Katy, mia cugina.
“Devo andare, ci vediamo..in giro”
Non sapevo più cosa dire, così aspettai che lei mi salutasse con uno dei suoi urletti e girai l’angolo più spedita possibile, intenzionata a prendere l’autobus che si era appena fermato in fondo alla strada, alla mia FERMATA.
D’istinto cominciai a correre, tenendomi il cappello con una mano e la borsa con l’altra, urlando qualcosa di incomprensibile all’autista che mi guardò sorridendo e mi aspettò. Salii ancora con il fiatone, sistemandomi accanto ad una vecchietta che mi guardò strana, forse per il naso, nemmeno avessi avuto la lebbra.

I giorni passarono in continuità come una noiosa e squallida routine. Naturalmente Katy dopo quel giorno aveva ripreso ad ignorarmi del tutto, continuando a starnazzare un’ora dopo l’altra con il gruppo delle sue amichette e Matt era sempre lì, ogni giorno ad aspettarla alla fine delle lezioni, ma notai una cosa, una cosa strana: mai un bacio, mai una carezza, mai un abbraccio, niente. E per essere una coppia, questa sarebbe stata una cosa abbastanza strana e mi fece pensare all’ennesima bugia di mia cugina.
Katy non era mai andata a vivere da sola, i suoi avevano una grande villa appena fuori Los Angeles, con tre piani, due piscine, un campo da tennis e uno da basket; io, invece, al contrario suo ero andata via da casa, non avevo più voluto che i miei intercedessero per me nella vita di tutti i giorni, desideravo che il mio cognome avesse un peso più leggero e forse, qualche tatuaggio, un piercing e qualche imperfezione avrebbe sicuramente allontanato l’idea che io potessi essere sua figlia.
Quel giorno ero libera, così decisi di andare a fare visita ad Ivy, che invece aveva preso l’influenza, anche perchè Fleur, la terza del gruppo, era andata da lei nei giorni scorsi per farle compagnia, dato che io non avevo avuto un momento libero e quel giorno avrebbe avuto da fare. Scesi alla fermata, qualche metro prima della casa di Ivy e scorsi lo studio di registrazione completamente vuoto, facendo una smorfia che avrebbe dovuto somigliare ad un soddisfatto sorriso andai a vederlo da vicino, per la prima volta.
Attraversai la strada e dissi alla guardia davanti all’entrata di avere un appuntamento con una persona lì dentro di cui non avevo saputo il nome per privacy. Fu più facile del previsto, al gesto di titubanza dell’uomo sfoggiai il mio sorriso e il mio cognome, che si rivelò un’arma infallibile, così mi avviai su per il vialetto.
Vidi in lontananza una figura esile e maschile frugare nel portabagagli di un grande suv, chiuderlo e girarsi verso di me, lo riconobbi immediatamente in viso e mi nascosi mantenendo un passo lento e incerto.
“Credi che non ti abbia visto?” chiese lui con voce un po’ più alta del normale.
Io uscii allo scoperto e avanzai con la mia solita faccia da angioletto.
“Che ci fai qui? “ gli domandai curiosa, anche se forse avrebbe dovuto chiederlo proprio lui a me.
Non sorrise, rimase immobile ed impassibile.
“Io ci lavoro, tu che ci fai qui piuttosto..”
Avrebbe potuto chiamare la sicurezza e in meno di tre secondi sarei stata buttata fuori con il sedere dolorante, così decisi di cambiare discorso e rimandare i miei lividi sul fondoschiena ad un altro giorno.
“Io sono Blue, l’altro giorno non ci siamo presentati” dissi sfrontata.
“Il mio nome lo sai già, comunque scusami, ho parecchio da fare e sono in ritardo” disse secco andando verso l’entrata.
Mi aveva lasciata lì, come un pezzo di legno ed era entrato. Quasi non sembrava lo stesso ragazzo che aveva aspettato Katy per ore sulle scale dell’Università, così mi voltai per seguirlo con lo sguardo e rabbrividi: stava baciando un uomo.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Jess89