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Autore: TheWriter    12/01/2012    0 recensioni
La frattura spazio tempo è chiusa, il portale è rotto, Hope Plaza è distrutto... e la stagione è finita.
E adesso?
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da capo

-“Tenente Lewis, qual è la situazione?”
Jim si era fatto rapidamente medicare le escoriazioni rimediate al campo eolico, dopodichè si era prontamente recato al comando per essere ragguagliato sulla situazione. Taylor sarebbe stato fuori combattimento per un bel po’, gli aveva detto Elizabeth. Aveva un polmone collassato e due costole rotte, senza contare le varie ferite, escoriazioni e contusioni. Ne avrebbe avuto almeno per un mese. Un mese che si prospettava piuttosto complicato.
-“Le squadre hanno rilevato danni ingenti sia alla recinzione esterna che a quella interna, nei quadranti nord-ovest e sud-est. Ci sono gravi danni anche alle strutture abitative in entrambi i settori, e si contano fino ad ora 6 vittime, 3 feriti gravi e 19 feriti lievi, più 4 dispersi.”
Prima le perdite dovute allo scontro con la Phoenix Group, ora questo; gli eventi stavano decimando la già sparuta popolazione della colonia, riflettè Jim.
-“Ci sono state numerosi intrusioni di carnivori e conseguenti perdite agli allevamenti. Due brachiosauri morti nell’esplosione, 7 triceratopi divorati dai…”
L’elenco della devastazione era lungo.
-“Chi sono i dispersi?”, interruppe Jim.
-“Prego?”
-“Ha detto che ci sono 4 dispersi, ha i nominativi?”
-“Sì, certo.” Il tenente Lewis consultò rapidamente un’altra sezione del plexpad. “Sono Timothy Slanders, Robert Stray, Samuel Marcos e Leah Marcos…”
-“Leah?!? Ha detto ‘Marcos’?? Ne è sicuro??”, chiese allarmato Jim, avvicinandosi al tenente per vedere di persona il suo plexpad.
-“Sì, signore. Sembra che si tratti di quattro minori…”
-“Già.”, lo prevenne Jim. “Bambini. Leah, il fratellino e, probabilmente, i loro amici. A Taylor questo non piacerà.
“Dove sono stati visti l’ultima volta?”, continuò poi.
-“Vediamo… Nel settore sud-est, quadrante L3. La famiglia Lorentz che ha in custodia i due Marcos abitava proprio in una delle strutture abitative andate distrutte. Non ci sono sopravvissuti, ma i vicini…”
-“La famiglia Lorentz… tutti morti?!?”, chiese allora Jim, pensando alla povera, sfortunata Leah.
-”..sì, signore… io… posso far controllare di nuovo, se vuole…”, disse imbarazzato il tenente abbassando gli occhi e armeggiando col plexpad.
Ci fu una breve pausa, mentre Jim rifletteva sul da farsi.
-“No… No, va bene così, state facendo un ottimo lavoro”, disse poi. “Organizzi una squadra di ricerca per i quattro ragazzini.”
-“Signore, ci sono molti carnosauri in libertà, e probabilmente ormai…”
-“Faccia come le ho detto!”, lo gelò all’istante Jim.
-“Sissignore!”, obbedì il tenente, congedandosi per andare a organizzare la squadra.
-“Signore?”, disse un soldato entrato subito dopo l’uscita del tenente.
-“Che altro c’è?”, chiese rassegnato Jim.
-“Abbiamo una strana lettura sui segnalatori radio dei Sixers”, disse quello. “O meglio, non abbiamo più nessuna lettura: d’un tratto tutti i segnali sono spariti.”
-“Come può essere?”, chiese Jim più a sé stesso che al soldato, avvicinandoglisi per osservare lo schermo del localizzatore. “Dove risultano gli ultimi rilevamenti?”
-“In questa posizione”, indicò il soldato sullo schermo. “A nord-ovest della colonia, oltre le montagne. E’ una zona inesplorata”, concluse il soldato.
-“Inesplorata”, pensò tra sé e sé Jim, ricordando la spedizione di qualche giorno prima con Taylor alla Piana Salata. “Nessuno deve saperlo”, aveva detto Taylor. “Né della piana, né degli slashers”. Come poliziotto, Jim sapeva bene l’importanza del tenere segrete certe informazioni alle “persone qualunque”, o meglio, non addestrate. Persone che non hanno ricevuto una particolare formazione su come reagire alle situazioni di crisi, di emergenza o di pericolo, tendono ad avere reazioni inconsulte ed irrazionali di fronte ad esse, con la conseguenza di aggravare le situazioni stesse, per cui il più delle volte conviene non informarle affatto, se non sono direttamente interessate o minacciate. “Occhio non vede, cuor non duole”, si diceva una volta.
-“Abbiamo personale sufficiente per una ricognizione sul posto?”, chiese Jim, non ancora del tutto consapevole dell’ammontare delle risorse militari della colonia in quella situazione di emergenza.
-“Le vado a chiamare il tenente Lewis, signore?”, chiese il soldato, il cui grado semplice non gli consentiva di essere a conoscenza dell’organizzazione logistica della colonia.
-“Sì, per favore.”
-“Signorsì!”, scattò sull’attenti il soldato per poi uscire.
Poco dopo il tenente Lewis si trovava di nuovo davanti alla scrivania di Taylor, dietro la quale stava però seduto Jim,  contemplando il grosso teschio di carnosauro che la sorreggeva.
-“La squadra di ricerca è partita, signore”.
-“Molto bene. Qual è la situazione delle altre squadre?”
-“Oltre quella impegnata nella ricerca dei dispersi, ci sono sei squadre di scorta agli operai che stanno ripristinando le recinzioni, tre squadre di ricerca impegnate a individuare animali ostili ancora in libertà nella colonia, mentre è appena rientrata quella in ricognizione presso la base dei Sixers”
-“La base dei Sixers! L’avevo quasi dimenticata. E’ stata individuata?”
-“Sì, signore. Ero io stesso a capo della squadra, e abbiamo effettuato dei ritrovamenti molto interessanti. Trova tutto nel mio rapporto…”
-“Non ho avuto ancora tempo nemmeno di accenderlo, il plexpad di Taylor. Mi faccia un riassunto.”
-“Sì, signore. L’accampamento era situato… E’ situato a pochi click a nord-est. Abbiamo trovato moltissima attrezzatura elettronica – qualcosa anche in buono stato – ma niente che possa assomigliare a un trasmettitore temporale. Almeno, il soldato Morgan, il nostro tecnico, non ha trovato niente che possa essere secondo lui utilizzato per comunicare col 2149 a portale chiuso.”
-“Eppure Mira aveva un modo per comunicare col futuro…”
-“Sì, signore. Il soldato Morgan ha una sua teoria, in merito. Glielo vado a chiamare”, lo prevenne il tenente.
-“Molto bene. C’è altro?”.
-“Sì, signore. Abbiamo trovato uno strano congegno; in un primo momento avevamo pensato che potesse essere quello, il trasmettitore, ma il soldato Morgan ritiene di no.”
-“Sembra proprio che dovrò parlarci alla svelta, con questo Morgan, tenente…”
-“Sì, signore.”
Il soldato salutò e uscì, lasciando Jim alle sue riflessioni sul futuro della colonia. Tracciò sulla mappa a parete delle linee che contrassegnavano i vari danni alla colonia: le recinzioni abbattute, le case distrutte, il  campo eolico… L’arrivo del soldato Morgan interruppe i suoi pensieri.
-“Signore.”, disse quello, sugli attenti sulla porta.
-“Entri pure”, gli disse Jim. Il soldato si mise sugli attenti davanti alla scrivania.
-“Riposo, soldato”. Il ragazzo si rilassò un po’. “Mi dicono che lei ha un sacco di cose da dirmi sulla spedizione al campo dei Sixers.”
-“Sì, signore.”
-“Cominciamo dal comunicatore temporale. Mi dicono che non ne avete trovati…”
-“No, signore”
-“… ma che lei ha una sua teoria…”
-“Sì, signore”, rispose quello non riuscendo a celare del tutto un po’ di orgoglio. “Credo che… credo che anziché della tecnologia, si siano serviti della natura”.
Il soldato Morgan spiegò a Jim come ciò che in quell’epoca era fango, dopo 85 milioni di anni poteva essersi trasformato in roccia, e come qualunque segno impresso sul fango sarebbe rimasto inalterato fino al giorno del ritrovamento, nel futuro, della roccia stessa; e di come questi segni potessero essere modificati a piacimento nel presente, risultando automaticamente e immediatamente cambiati anche nel futuro, permettendo così di inviare messaggi.
-“Ma non di riceverne”, obiettò Jim.
-“No, signore, con questo sistema, le comunicazioni sono a senso unico.”
-“Quindi evidentemente Mira inviava in questo modo i suoi messaggi, e poi periodicamente, ad ogni pellegrinaggio, riceveva i materiali richiesti, ed eventualmente le informazioni che le servivano…”, disse più a sé stesso che al soldato.
-“E’ quello che ho pensato anch’io, signore”, confermò però lui. “Abbiamo però trovato anche uno strano oggetto…”
-“Il tenente Lewis me l’ha accennato. Vada avanti.”
Il soldato fece un cenno a un commilitone rimasto fuori con in braccio alcuni oggetti, e quello entrò e li depose accanto al soldato, mettendosi poi subito dopo sull’attenti per salutare Jim. Dopodichè uscì, senza dire una parola.
-“Questi”, disse il soldato Morgan, “sono gli oggetti che abbiamo trovato”.
Ne prese in mano uno, e premette il pulsante di accensione, poi appoggiò il dispositivo in un angolo della stanza. Fece poi lo stesso con l’altro. L’ologramma di Kara comparve al centro della stanza, ripetendo di nuovo la stessa frase:
-“Oh, mio Dio, Josh, sei davvero tu! Mi manchi tantissimo...”
-“Che diavolo significa?!?”, chiese allora Jim girando intorno all’ologramma per osservarlo meglio.
-“Significa che e' vero... quello che mi stanno dicendo? Saro' nel prossimo Esodo?”
-“Si tratta di proiettori olografici, signore. Quella che vediamo è una registrazione fatta nel 2149…”
In quel momento sopraggiunse Josh, che dopo essere stato medicato era stato inviato da Taylor a chiamare Jim.
-“Papà…”, disse entrando, ma ammutolì nel vedere la scena.
Hai mantenuto la tua promessa.”, stava dicendo la ragazza. Poi continuò, voltando lo sguardo da una parte.
-“Va bene così?”, chiese rivolto a qualcuno fuori dall’inquadratura.
-“E’ più che sufficiente”, disse una voce fuori campo, dopodichè la trasmissione si interruppe e l’ologramma scomparve.
-“Che diavolo significa, questo?!?”, chiese incredulo Josh.
-“Josh, che diavolo ci fai tu qui?!?”, gli chiese di rimando il padre.
-“Io…”, rispose il ragazzo avvicinandosi al padre, ma restando con lo sguardo fisso sul punto in cui un istante prima c’era la sua ragazza. “Taylor mi ha mandato a chiamarti. E’ rinvenuto per qualche minuto, e ha detto di chiederti come stanno andando le cose… ma la mamma lo ha messo di nuovo sotto sedativi, non so quando potrai parlarci. Che diavolo è successo, qui?”, gli chiese poi bruscamente voltandosi verso di lui.
-“Lo hanno trovato nell’accampamento dei Sixers. E’ un registratore olografico. Tu ne sai niente…?”
-“E’ la registrazione di… di quello che ho… di quello che mi ha detto Kara quando… cioè…. Quando andai al campo dei Sixers”, cercò di continuare Josh guardando Jim un po’ impaurito, “mi fecero parlare con Kara… o almeno, a me sembrò di parlare con lei, ma…”
-“Hai parlato con Kara nel futuro?!?”, gli chiese il padre.
-“Credo… credevo di sì. Quei bastardi mi hanno imbrogliato fin dal principio! Era una registrazione! Una sfottuta registrazione!”, sbottò poi, rifiutando un gesto di consolazione del padre. “Sono in camera mia, se avete bisogno di me”, disse infine, e se ne andò. Jim rimase lì a fissare il soldato Morgan, senza saper bene cosa dire.

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-“State tutti bene??”, gridò Mira quando si fu attenuato l’eco dell’esplosione e il rumore delle scheggie di roccia che ricadevano.
-“Sì!”
-“Sì…”, risposero i suoi uomini da varie parti intorno a lei.
Prima che l’ordigno esplodesse, erano riusciti a raggiungere l’altopiano sopra al canyon che conduceva dai Calanchi al Valico. La distanza e la posizione rialzata li avevano riparati dagli effetti diretti dell’esplosione, ma alcuni frammenti di roccia ricaduti avevano rischiato di ferire seriamente alcuni di loro. Per fortuna, però, erano tutti incolumi.
-“Quegli idioti!”, sbottò Mira, inespressiva come sempre. “Far saltare il valico con un ordigno atomico! E per cosa, poi?!? Per finire tutti annegati!”. Si lasciò sfuggire un ghigno.
-“Che intendi dire?”, le chiese uno dei suoi.
-Quel Lucas è talmente accecato dall’odio per suo padre, che ha perso completamente il cervello. Ha fatto studi, grafici e calcoli, e poio… bah!”
I suoi continuavano a non capire.
-“Ricordate cosa vi dissi a proposito della Piana Salata, e della battaglia che si era svolta 4000 metri sopra di noi, quando siamo stati lì?”
I suoi la guardavano aspettando che continuasse, mentre si rialzavano e si spolveravano i vestiti.
-“Be’, si dà il caso che dai calcoli che ha fatto Lucas, alla Piana c’è una frattura temporale che gli permetterà di tornare nel 2149…”
-“Cosa?!?”, esclamò uno di loro. “E perché diavolo non li abbiamo seguiti???”, sembrava sul punto di colpire Mira.
-“Perché quell’idiota di Lucas”, continuò portandosi la mano destra al machete mentre continuava la spiegazione, “ha calcolato perfettamente i tempi, ma non gli spazi”, andò avanti Mira. Il portale di Hope Plaza utilizza metà della sua energia per posizionare i pellegrini nel posto giusto, oltre che nel tempo giusto. Se Lucas sperava di poter fare altrettanto col suo giocattolo tascabile”, continuò riferendosi ai generatori con cui Lucas aveva attivato il varco, “si sbaglia di grosso: non appena attiverà la frattura col generatore di raggi gamma… si troverà sul fondo dell’Oceano Pacifico del 2149!”
I suoi uomini, che ormai formavano un capannello intorno a lei, restarono allibiti.
-“Vuoi dire che se fossimo rimasti con loro…”
-“Adesso saremmo tutti cibo per i pesci, proprio così”.
Alcuni degli uomini guardarono verso il luogo dell’esplosione, immaginando gli uomini che, convinti di stare per tornare a casa, stavano invece per fare una fine orribile.
-“Se la sono voluta. Ne ho le palle piene di stare agli ordini di Lucas e della Phoenix. Avranno quello che si meritano: Lucas ci resterà secco, e la Phoenix perderà i suoi uomini, il collegamento col passato, e tutto il resto.”
-“Già… ma anche noi!”, protestò uno.
-“Anche noi cosa?!?”, disse accigliata Mira.
-“Anche noi abbiamo perso il collegamento. Come faremo a tornare nel 2149? Avevi promesso che…”
-“Le cose sono cambiate, caro mio!”, lo interruppe Mira. “Farai bene a iniziare ad abituarti. Questa”, e sottolineò la parola con un gesto che includeva tutti i dintorni “è la tua nuova casa. Che ti piaccia o no. Inutile stare a rimuginarci sopra. Andiamo”, tagliò corto.
-“Andiamo dove?!?”, protestò un altro.
-“Non so, tu che dici? Vuoi restare qua sulle rocce a bollire sotto il sole, preferisci tornare a fare la scimmia tra gli alberi, oppure vorresti avere quattro mura intorno, tanto per cambiare?”
I suoi uomini la guardarono perplessi, mentre si avviava verso la colonia.
-“Pensi che ti faranno entrare così? Ti accoglieranno a braccia aperte?!?”, la schernivano.
-“A braccia aperte o no, non fa nessuna differenza. Per quanto mi riguarda, la guerra è finita: non vedrò mai più la mia bambina”, disse cercando di non far trasparire la sua disperazione di madre, “e quello era l’unico motivo per cui facevo la guerra a Taylor. Quello, e la promessa di tornare a casa. Adesso, non posso avere nessuna delle due cose. Quindi, ne resta una sola da fare.”, concluse incamminandosi.
-“E che cosa faremo una volta lì?!?”, chiese uno perplesso, rassegnandosi a seguire il suo capo – o forse il suo ex-capo?
-“Fate quello che volete. Per quanto mi riguarda, forse mi metteranno per un po’ di tempo a spaccarmi la schiena alle piantagioni, o a scavare latrine, ma a Terra Nova non ci sono prigioni, lo sapete meglio di me. Salderemo il nostro debito con la loro società… dopodichè vedremo”
-“Vedremo?!?”, ripeterono alcuni , iniziando a borbottare tra di loro mentre si incamminavano anch’essi, parlottando e discutendo sul da farsi.
-“Capo…?”
-“Capo?!? Non sono più il tuo capo, Lester. Ognuno per sé, adesso.”
-“E va bene… ‘Mira’… cioè….”
Erano tutti confusi e indecisi sul da farsi, ma tutti sapevano dove stavano andando: al cancello principale di Terra Nova.

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-”SIXEEERS!!”, gridò il soldato di vedetta.
Subito l’allarme passò da un soldato all’altro, a voce e via radio, e ben presto l’intera colonia fu in allarme. Jim si affacciò al balcone del Comando, come era solito fare, normalmente, Taylor.
-“Naturalmente!”, pensò, “come se non avessimo abbastanza guai!”
Jim si recò nei pressi del cancello affiancato da Raynolds e con vari soldati a supporto, osservando la scena che si svolgeva dall’altra parte. Un folto gruppo di Sixers – forse una trentina – se ne stava lì, immobile, Mira davanti a tutti, in una posa di sfida a gambe larghe e con le mai sui fianchi.
A un suo cenno del capo, gli uomini, uno ad uno, sfilarono davanti a lei, deponendo ognuno tutte le sue armi a terra, alcuni guardando storto verso la colonia, e ben presto si formò un’alta catasta. Una volta disarmati, gli uomini si misero in fila per 3 al fianco di Mira, mani dietro la nuca, in attesa di istruzioni.
-“Che sta succedendo, la fuori?!?”, mormorò perplesso Jim avvicinandosi al cancello.
-“Sembra… sembra che si stiano arrendendo!”, suggerì Raynolds.
-“Già. Come no”, disse di rimando Jim. “Rafforzate i controlli agli altri cancelli e alla recinzione, potrebbe essere di nuovo un diversivo!”
-“Non credo, signore. Conto almeno una trentina di persone… cioè probabilmente tutti i Sixers, se contiamo le probabili perdite che hanno subito in questi anni”.
-“Continua”, lo esortò Jim senza staccare gli occhi dall’insolito movimento davanti ai cancelli.
-“Il comandante Taylor le ha già raccontato del giorno della divisione e della fuga dei Sixers. Forse non le ha detto che erano una cinquantina di persone, all’epoca. Sono passati molti anni da allora, e la vita là fuori è piuttosto dura. Non mi stupirei se fosse sopravvissuta solo la metà di loro.”
-“Forse”, disse Jim non ancora del tutto convinto. “Aprite il cancello!”, ordinò alle guardie.
I pesanti tronchi di legno si sollevarono lentamente, lasciando a poco a poco libera la visuale sul gruppo di uomini con le mani alzate, capeggiati da Mira.
La donna fece per avvicinarsi imbracciando un fucile automatico, suscitando l’immediata reazione dei soldati a copertura di Jim, che tolsero la sicura alle armi. Mira, con gesti calmi e misurati, si tolse il fucile da tracolla, lo prese con due mani disponendolo orizzontalmente davanti a sé, e fece qualche altro passo verso Jim, che aveva nel frattempo estratto la sua pistola sonica e la puntava in faccia a Mira.
-“Taylor?”
-“Non è qui.”
-“Questo lo vedo.”
-“Che cosa vuoi?”
La donna lo fissò negli occhi per qualche secondo senza parlare. Poi lasciò cadere il fucile a terra, e indietreggiò di un passo, suscitando lo stupore di Jim, che però restò con gli occhi fissi su di lei. Un soldato alle spalle di Jim si affrettò a raccogliere il fucile.
-“E con questo cosa pensi di fare?”, gli chiese Jim.
-“Funziona ancora il bar di Boylan? Ho ancora la bocca piena di polvere!”, disse inespressiva. Guardò ancora per qualche secondo Jim fisso negli occhi, poi lo aggirò e si diresse con passo deciso verso il cancello, seguita con attenzione dagli sguardi dei soldati in attesa di ordini, e dai collimatori dei loro fucili.
Jim ci pensò su qualche secondo, guardando prima lei, poi i suoi uomini, poi di nuovo lei, e la colonia.
-“Tenente!”, ordinò poi rivolgendosi a Lewis che gli stava accanto. “Faccia raccogliere le armi, e scortare questi uomini fino all’infermeria!”, disse abbassando la sua pistola.
-“Che significa?”, chiese lui perplesso, abbassando anche lui la sua arma e rimettendola in sicura.
-“La guerra è finita. Andiamo dentro.”

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-“Come sta?”, chiese Jim sottovoce alla moglie, sulla soglia della stanza dove Taylor era ricoverato.
-“E’ ancora sotto anestesia. L’operazione è andata bene, è fuori pericolo. Tra qualche ora potrai parlarci… ma non farlo stancare troppo. Era una brutta ferita, ha perso molto sangue, e ci metterà un po’ a rimettersi del tutto”, rispose Elizabeth un po’ preoccupata.
-“Capisco.”
-“E tu?...”, gli chiese poi la donna, riferendosi non a lui personalmente, ma agli affari della colonia di cui si stava ora occupando. “Riesci a cavartela?”
-“Gli uomini sono molto ben addestrati e sanno il fatto loro. Ma sono pochi, e i danni sono molto ingenti. Anche noi ci metteremo un po’ a ‘rimetterci del tutto’… Dovrai concentrare le attività che richiedono gli apparati elettronici più complessi alle ore di luce; dopo le 22.00 dovremo ridurre al minimo i consumi, se vogliamo che le batterie durino almeno il tempo necessario ad attivare i pannelli solari. Quantomeno, una parte. Per completare l’intero campo solare ci vorranno ancora settimane.”
-“E gli aeromotori?”
-“Quelli non so nemmeno se riusciremo mai a ripararli. Probabilmente sarà più semplice abbandonarli del tutto, e costruire i nuovi col materiale che è ancora nei magazzini.
“Adesso devo andare”, disse infine dandole un bacio veloce. “Fammi sapere quando si sveglia!”.
-“Ma certo.”

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Il biorivelatore che il soldato in testa alla colonna teneva tra le mani non dava nessun segnale; questo significava che nel raggio di 50 metri dalla squadra di ricerca, non erano presenti forme di vita più grandi di un gatto – o qualunque cosa ci fosse grande quanto un gatto in quello strano ambiente.
-“Proviamo da quella parte”, disse il tenente Lewis, “il terreno mi sembra più sgombro, forse sono passati di lì.”
Poco dopo erano ai piedi dell’enorme salice, ma non potevano vedere nulla oltre tre metri sopra di loro, a causa degli intricatissimi rami. Il biorilevatore non segnalava niente.
-“Tenente!”, lo chiamò un soldato. “Qui c’è qualcosa.”
A circa un metro di altezza, su un lato del tronco, c’erano delle escoriazioni sicuramente fresche, ma erano troppo larghe e poco profonde per essere state causate da artigli o denti. Il tenente ci passò sopra i polpastrelli, pensieroso. Guardò verso l’alto, senza scorgere niente.
-“Crede che si siano arrampicati lassù?!?”, chiese il tenente al suo sottoposto.
-“Se è così, non sarà facile scoprirlo. Questi rami sembrano impenetrabili. Almeno, per un adulto.”
-“E a maggior ragione per i dinosauri…”
-“Già. Soldato Mendez!”, disse poi il tenente rivolgendosi all’unica donna della squadra. Di origine messicana, era muscolosa ma minuta, ed era forse la più adatta per cercare di insinuarsi tra i rami. Il tenente stava appunto per affidargli l’ingrato compito di strisciare tra i rami in cerca dei ragazzini, ma fu interrotto da un rumore tra le fronde dietro di lui.
-“Che succede?!?”, esclamò un soldato voltandosi e impugnando la pistola sonica.
-“Tenente, 3 segnali sul biorivelatore!”, comunicò il soldato Quiller.
-“Quanto sono grossi?”
-“Almeno 6 metri, signore.”
-“Carnosauri?”
-“Credo di sì signore.”
-“Disponetevi su due gruppi! Mendez, vai col primo. Gonzalez, a destra con me. Armi su stordimento, distanza 30 metri.”
Mentre il tenente Lewis impartiva gli ordini agli uomini, al fruscio si aggiunse un possente ruggito.
-“40 metri!”, avvisò Quiller.
-“Gonzalez, lanciate qualche colpo di avvertimento.”
La sua squadra lanciò una serie di colpi sonici in direzione dei ruggiti. Le fronde si aprirono al passaggio delle onde soniche, e rivelarono i bersagli un istante prima di colpirli. Non erano carnosauri, ma si trattava comunque di quattro grossi carnivori. Lewis non seppe riconoscerli, ma riconobbe i denti lunghi venti centimetri e fu sufficiente.
-“Mendez, aprite il fuoco. Voglio un fuoco incrociato dissuasivo”.
Anche l’altra squadra aprì il fuoco, e i possenti ruggiti che arrivarono in risposta rivelarono che alcuni colpi erano andati a segno.
Ma non tutti.
Il più arretrato degli animali, protetto dai loro corpi dalle onde soniche, non aveva risentito dei colpi, e mentre i suoi simili barcollavano storditi, esso si era portato su un lato aggirandoli, e si apprestava ora ad attaccare i soldati su un fianco.
La fitta giungla non permetteva agli uomini di vedere la manovra della grossa bestia, e Quiller, impegnato anche lui a sparare, non vide il puntino spostarsi sul visore.
Si accorsero della manovra evasiva del Gigantosauro solo quando il suo enorme muso, grande quanto un uomo, spuntò alle spalle del soldato Lesley. La bestia non emise un suono, si limitò ad afferrare il malcapitato e frantumarne le ossa con un solo morso, per poi gettare i resti da una parte e, allora sì, sottolineare l’impresa con un possente ruggito.
I soldati, fino ad allora intenti a guardare e sparare davanti a sé, si voltarono terrorizzati, e si videro sovrastati dall’enorme animale carnivoro. Tentarono di sparare, ma le armi già surriscaldate dalle raffiche precedenti avevano bisogno ancora di qualche secondo per tornare operative.
Fu una strage.
Alcuni di loro furono semplicemente schiacciati dalle grosse zampe, ma i più sfortunati furono fatti a pezzi dai denti e dagli artigli della bestia infuriata. L’altra squadra inizialmente si trattenne dallo sparare, perché avrebbe colpito i compagni, ma quando il sangue iniziò a scorrere a fiumi, non stettero più a pensarci, e aprirono il fuoco. E le armi non erano regolate su stordimento.
La potenza di otto fucili sonici regolati su uccisione concentrata su un solo punto ebbe un effetto devastante: il corpo dell’enorme dinosauro esplose dall’interno, l’enorme testa dentuta volando via ad alcuni metri di distanza e atterrando a pochi passi dal tenente Mendez a capo della seconda squadra. Gli sembrò di vedere per qualche istante ancora qualche barlume di vita negli enormi occhi del Gigantosauro, prima che la testa restasse del tutto immobile.
-“Che botto!”, esclamò uno dei soldati superstiti. Si voltò verso i rimanenti tre dinosauri, che però vista la situazione avevano deciso saggiamente di darsela a gambe.
-“Bel colpo!”, gli disse di rimando un altro soldato, ridendo e dandogli una pacca su una spalla.
Fu tutto un susseguirsi di pacche sulle spalle e risate per qualche secondo; giusto il tempo di ricordarsi della sorte toccata invece alla squadra meno fortunata. Le risate cessarono.
-“Basta così”, disse il sergente Wesley, passato ora al comando della spedizione con la morte del tenente Lewis. “Soldato Mendez!”
-“Sì, signore.”
La ragazza iniziò ad arrampicarsi, con non poche difficoltà, sui primi rami, ma ben presto si dovette fermare, trovandosi davanti al naso due grossi occhioni blu, impauriti e incuriositi allo stesso tempo.
Leah gridò e fece un salto all’indietro, quasi perdendo l’equilibrio, ma riuscì a rimanere aggrappata a un ramo, grazie anche all’aiuto di Timmy che l’aveva prontamente afferrata per i vestiti vedendo che stava per cadere. Leah era di nuovo tutta sporca e arruffata come la prima volta che era arrivata a Terra Nova. Ma questa volta non aveva paura di essere scoperta; al contrario, era ben contenta di essere stata trovata, e ripresasi dallo spavento saltò al collo della donna, che la abbracciò con una mano mentre con l’altra cercava di mantenersi aggrappata all’albero.
-“Sergente, li ho trovati!”, gridò poi al suo capo sotto di lei.
-“Tu devi essere Leah, vero?”, disse poi a bassa voce alla bambina, scostandosela dal petto.
La bambina annuì, muta, poi aggiunse: “Lui è Timmy. Sam e Bobby sono rimasti su, perché Sam è troppo piccolo e Bobby… beh… lui”
-“Lui… cosa è successo al tuo amico, Leah?”, chiese la donna preoccupata.
-“Beh… quando abbiamo sentito le vostre voci, abbiamo iniziato a scendere, ma poi avete iniziato a sparare, e quei cosi ruggivano, così ci siamo spaventati, e volevamo tornare indietro, e Bobby…”
-“Sì, insomma, quel ciccione è rimasto incastrato!”, concluse per lei Timmy ridendo, “E così non potevamo più risalire! Quindi siamo scesi giù!”
Mendez non riuscì a non scoppiare a ridere.
-“Su, adesso non c’è più pericolo, i Gigantosauri se ne sono andati e…”
-“Erano Gigantosauri???”, chiese Leah mentre gli occhi le diventavano grandi così per la sorpresa. “Non… non ne ho mai visto uno, sono… sono grandissimi! Papà diceva che la testa è grande quanto una persona, e quando morde….”, continuò la bambina al tempo stesso entusiasta, incuriosita, impaurita e inorridita, al pensiero dell’enormità della bestia e di quanto cruenta era la scena che stava immaginando.
-“Be’, non posso fartene vedere uno per intero”, le disse con un sorriso sornione la donna, “ma… se sei abbastanza coraggiosa….”
La bambina, a bocca aperta, pendeva dalle labbra della donna.
-“… ne abbiamo ucciso uno. Non ne è rimasto molto… soltanto… beh, la testa…”
-“La testa?!? Ma che schifo!”, disse con una smorfia di disgusto Timmy.
Leah invece rimase ancora per qualche secondo in silenzio a bocca aperta. Cercava di dire qualcosa, ma le parole non le uscivano dalla bocca.
-“Posso… posso vederla?”, riuscì poi a mormorare a bassa voce.
-“Sei sicura?”, le chiese perplessa la donna. “Non è che poi te la sogni di la notte? Guarda che è davvero brutta.”
Ma la piccola Leah sembrava decisissima a farlo, e scosse la testa vigorosamente, seppur senza fiatare e rimanendo con le labbra serrate. Ma i suoi occhi parlavano più della sua bocca.
Quella signora aveva ragione, pensò Leah, la testa era davvero enorme; gigantesca; era più alta di lei, e le ci voleva una mano intera per coprire un occhio dell’animale. La bambina passo i polpastrelli sulla pelle rugosa dell’animale, scorrendo lungo il muso, arrivando a pochi centimetri dai denti, ma si ritrasse impaurita, quando si rese conto che il rosso che vedeva tra i denti era sangue, e che non era sangue dell’animale. Scappò via, ma andò immediatamente a sbattere contro Mendez, che la marcava stretta. Leah le si abbracciò alle gambe, ma non riusciva a distogliere lo sguardo dall’enorme testa mozzata. Era uno spettacolo troppo affascinante nella sua crudezza.
-“Oddio!”, gridò Bobby facendo un salto all’indietro subito dopo essere arrivato accanto a Leah e aver visto la scena. Cadde per terra all’indietro, e scalciò all’impazzata tra le foglie nel tentativo di scappare e contemporaneamente rialzarsi. Poi si rese conto che era l’unico che stava facendo quella scenata, e diventò così rosso in faccia che le lentiggini sembrarono trasformarsi in una polvere dorata sulle sue guance. Fermò appena in tempo Sam che sopraggiungeva con Timmy, e gli mise una mano sugli occhi per impedirgli di vedere quella scena raccapricciante.
-“Adesso andiamo, tesoro”, disse Mendez alla bambina prendendola per mano e allontanandola mentre si ricongiungeva alla squadra.
I bambini al centro, il gruppo si avviò in direzione della non lontana recinzione.

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I cristalli colorati erano cosi’ tanti e così diversi e così belli che Zoe non riusciva a decidersi su come riordinarli. Aveva iniziato a disporli in ordine di grandezza, poi aveva cambiato e li aveva raggruppati per colore, ma anche così non era soddisfatta e aveva iniziato a dividere quelli disegnati da quelli lisci.
Su alcuni cristalli apparivano infatti delle striature, delle linee, e delle cose che assomigliavano vagamente a caratteri.
Finalmente Zoe fu entusiasta della sua catalogazione.
-“Mamma, vieni a vedere che belli!”
Liz stava riordinando nell’altra stanza, ed entrando nella camera della bambina la vide accovacciata per terra, intenta a esaminare scrupolosamente tutte le pietre.
-“Cosa stai facendo, tesoro?”
-“Guarda, mamy, guarda che belli! Ho messo da questa parte tutti quelli dipinti, e dall’altra tutti quelli lisci. Questi poi sono tutti rossi, e quelli…”
-“Dipinti?!?”, mormorò Liz accovacciandosi per guardare meglio, mentre la figlia la erudiva sul complesso metodo di catalogazione che aveva inventato.
Prese in mano uno dei cristalli “dipinti”, e notò che in effetti c’erano degli strani segni incisi su di esso. Non aveva idea di cosa fossero, ma era più che evidente che non erano di origine naturale.
-“Posso… tesoro, posso far vedere questo a Papà?”, chiese alla bambina.
-“Questo è anche più bello! Guarda, ci sono delle scritte e anche dei disegni!”.
La bambina le porse un sasso giallo traslucido venato di verde, grosso quanto un palmo, e curiosamente leggero. Su un lato di esso c’erano varie incisioni che ricordavano in effetti dei caratteri, ma Liz non sapeva riconoscerli.
-“E’ bellissimo!”, sorrise Liz alla bambina. “Sono sicura che a papà piacerà moltissimo!”.
Un velo di preoccupazione attraversò il viso della bambina, ma subito la madre la rassicurò:
-“Non ti preoccupare, glielo faccio vedere, e poi te lo riporto subito. Sennò lui sicuramente lo perde, come suo solito!”, sorrise Elizabeth.
La bimba si tranquillizzo, e salutò la madre che usciva per andare al comando a far vedere lo strano sasso al marito.
Nel frattempo anche Madison si era incuriosita nel sentire quei discorsi, e stava esaminando i sassi con fare pensieroso.
-“Ehi, è mio!!”, protestò Zoe quando Maddy ne prese uno e lo portò con sé nella sua stanza. “Ridammelo!”, le disse arrabbiata la bambina. “Lo dico alla mamma!!”
-“Smettila, Zoe, adesso te lo restituisco. Ma prima devo controllare una cosa.”
-“No! E’ mio! JOSH!! La vedi Maddy???”
-“Che diavolo succede?!?”, disse il ragazzo uscendo dalla sua stanza. “Non si riesce a stare un momento tranquilli in questa casa?!?”
-“Maddy mi ha rubato un sasso…”, iniziò a piagnucolare Zoe.
-“Non ti ho rubato proprio niente, l’ho solo preso in prestito, ho detto che adesso te lo restituisco”.
Maddy stava con difficoltà cercando di scattare qualche foto al sasso e contemporaneamente tenere lontana la bambina che voleva riprenderselo, poi fortunatamente intervenne Josh a trattenerla, giusto il tempo necessario per permettere a Maddy di scattare le sue foto… e a Zoe di iniziare a piangere.
-“No! E’ mio!! Me lo rovini!!!”, piangeva la bambina.
-“Smettila, Zoe. ZOE! BASTA!”, le disse allora Josh prendendola per le spalle e guardandola negli occhi. “Ha detto che adesso te li ridà. Aspettiamo. Se non te li ridà… be’, la picchio, va bene?”, disse Josh non sapendo cosa inventarsi. Però funzionò, perché la bambina smise di piangere,  tirò su col naso, ma mise su un tale broncio mentre se ne stava lì con le braccia conserte a guardare Maddy, che Josh non riuscì a trattenere un sorriso.
-“Hai finito?”, sollecitò poi la sorella.
-“Sì, ecco. Tieni, piagnisteo!”, disse alla sorella porgendole il sasso, che lei afferrò prontamente scomparendo poi nell’altra stanza.
-“Si può sapere che succede?!? Ti ci metti pure tu ora a far piangere la piagnucolona?!?”
-“Guarda!”, si limitò a dire la ragazza, mostrando al fratello lo schermo del Plexpad.
Sul display si vedeva la foto appena scattata al sasso giallo, e accanto un particolare di una foto scattata a una pagina del diario di bordo trovato da Taylor.
Contenevano gli stessi simboli.

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-“Che ne pensi?”, chiese Liz al marito, che si rigirava tra le mani lo strano sasso.
-“Sembrano davvero delle scritte. Ma non capisco… non sembra inglese… Non sembra neanche una lingua conosc….”. Lasciò la frase a metà, guardando la moglie. Anche lui era arrivato alla stessa conclusione della figlia, e volle avere conferma accendendo il suo plexpad, su cui Maddy aveva copiato i risultati parziali delle sue analisi sul diario di bordo.
-“Penso che dovremmo informare Taylor”, disse poi una volta sicuro della somiglianza.
-“A proposito, mi hanno chiamato dall’infermeria per dirmi che si è svegliato. Ero venuta anche per questo. Dicono che ha chiesto di te.”
-“Andiamo.”
Uscirono dal comando, e in breve furono nella stanza di Taylor.
-“Allora, vecchio mio, ancora tra di noi?”, scherzò Jim.
-“Ci vuole altro per farmi fuori, caro Shannon!”, esclamò stringendogli la mano, e soffocando un gemito nel farlo.
-“Faccia piano, comandante, il rimarginatore elettronico non ha ancora finito di lavorare, potrebbero riaprirsi i punti!”.
Taylor la ignorò. “Come siamo messi, Shannon?”.
-“Non bene. Anzi, direi decisamente male: siamo al razionamento dell’energia elettrica, e probabilmente, se non riusciamo a finire in tempo il campo solare, dovremo razionare ben altro: se i congelatori si fermano, possiamo dire addio alle scorte per l’inverno, e allora s’ che saranno guai.”
Jim ragguagliò il comandante su tutti gli altri guai che la colonia stava affrontando. Sembrava un elenco interminabile, pensò Taylor.
-“Leah?!?”, chiese poi quando Jim arrivò a quel punto del racconto.
-“Sembra di sì. I tuoi ragazzi la stanno cercando, e…”
Fu interrotto dalle scariche della radio.
-“Signor Shannon? Qui sergente Wesley, mi riceve?”
-“Parli, sergente.”
-“Li abbiamo trovati. Abbiamo avuto delle perdite. Stiamo rientrando”
Un lampo di sconforto attraversò gli occhi di Taylor, che aveva associato le perdite al fatto che avessero trovato i bambini.
-“I bambini stanno bene”, concluse però poi il sergente. Jim e Taylor si accorsero di aver trattenuto il fiato. “Passo e chiudo”, concluse il sergente.
-“Ricevuto, sergente, passo e chiudo”
-“Ancora vittime!”, mormorò il comandante Taylor. “Quando finirà?”, chiese poi adirato a Jim, che non sapeva cosa rispondere. Le macchine a cui era collegato Taylor iniziarono a lampeggiare e a suonare.
-“Comandante, la prego, non si agiti!”, esclamò Liz avvicinandosi agli apparati, messi in allarme dall’agitazione di Taylor. “Jim, ora è meglio se vai, il comandante non deve affaticarsi troppo!”, lo ammonì.
-“D’accordo…”, disse a malincuore Jim. “Ma ti voglio a rapporto da me tra due giorni!”, scherzò Jim col comandante mentre usciva.
Taylor sorrise.
Qualche ora più tardi, Taylor sonnecchiava, quando dalla porta sbucò la testolina di Leah, subito seguita da quella di Sam e dalla dottoressa Shannon.
-“Vedete? Sta dormendo?”, disse sottovoce Liz. “Potete ripassare più tardi.”
Ma Leah si divincolò dalla mano della dottoressa, e corse vicino a Taylor, che dormiva supino con due cuscini dietro la schiena. La bambina guardava pensierosa la fasciatura, e il volto familiare e rassicurante del comandante.
Taylor  dovette sentire qualcosa, o intuire la sua presenza, perché socchiuse un occhio e si voltò verso di lei. Li aprì entrambi e quando ebbe messo bene a fuoco, fu ben contento di quella visita.
-“Leah! La mia bambina! Sam! Ci sei anche tu!”
Anche Sam si liberò dalla stretta di Liz e corse fino al letto di Taylor, mentre Leah quasi saltava al collo del comandante e lo abbracciava quasi fino a soffocarlo. Taylor ricambiò l’abbraccio, estendendolo anche al bambino, e rassicurò entrambi sul suo stato di salute.
-“Tranquilli, bambini miei, ci vuole altro per far fuori lo zio Nat! Domani sarò fuori di qui, e voglio che mi raccontiate cosa diavolo avete combinato. Me ne hanno raccontate davvero di cotte e di crude, su voi due!”
Leah sorrise orgogliosamente ripensando alla sua avventura sull’albero e con la testa del gigantosauro. Poi Liz prese per mano i due bambini, disse loro di salutare il comandante, e li condusse fuori con sé.
  
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