Salve a tutti! Sono già qui ad aggiornare perchè stamani a pranzo ho sistemato il capitolo e mi andava di postarlo. Assicuratevi di aver letto quello precedente!
Sono particolarmente fiera di questo e spero che piaccia anche a voi!
Alla prossima!
Dafne
Sorriso
persecutore
POV’s
Simone
Me la ritrovai
davanti in tutto il suo splendore. Non so perché era venuta
nella mia roulotte. Pensavo non sapesse nemmeno dove stavo. Ed era
così sorridente, così spigliata, così
elegante. Pensavo mi odiasse, sembrava mi odiasse. Le poche volte che
avevamo parlato non aveva mostrato particolare simpatia per me. Anzi.
Penso (anzi pensavo visto cosa vedo) di non piacerle. Pensavo mi
odiasse. Sensazione a
pelle eh. Ma
lei era lì. Davanti a me. Con un pareo addosso. E le
infradito ai piedi. Aveva piedi meravigliosi. No
non ero un feticista. Ma
i suoi piedi erano così delicati, senza calli, regolari,
perfetti, morbidi o almeno così pensavo. A vederli
sembravano morbidi. Come i piedi da mordicchiare dei bimbi. Ok,
non è che io pensassi che i piedi dei bimbi fossero da
mordicchiare! Non ero mica un mangiatore di piedi dei bambini eh! Ma ci
sono quelle pubblicità in cui la madre li mordicchia mentre
i bimbi ridono sdraiati sul letto. Ok
faccio paura. Ma tanta! E
lei rimase li davanti a me durante il mio monologo interiore, senza
muoversi, senza segno di impazienza. “Matty..” la
chiamai, ma lei non rispose. Continuava a starsene lì
davanti a me avvolta nel suo pareo e sorrideva. Ma
cosa c’era da sorridere? Iniziai
a essere preso dal nervosismo. Perché
era venuta nella mia roulotte? Cosa voleva? Come facevo a non averla
mai vista? Lei
mi attirava e così mi alzai dalla sedia e le andai incontro
mentre continuava a rimanere sulla soglia del caravan. Mi avvicinai
piano per paura che scomparisse e le sorrisi. Lei rimase ferma a
sorridermi. Era bella. Cioè non bella-bella, non aveva forme
perfette, non aveva misure standard ma era bella. Faceva la sua figura. E
poi quel pareo era così..così invitante.Svolazzava
a causa della brezza pomeridiana che spirava nel campeggio e ogni tanto
si sollevava e mostrava le gambe della ragazza. Mi avvicinai ancora e
la mia mano si alzò automaticamente verso il suo viso, ma
lei si ritrasse. Deluso e amareggiato, abbassai il braccio e aspettai
una sua mossa. Lei mi fece cenno di andare verso il letto che
c’era al centro della roulotte e io mi sedetti da un lato,
richiamandola vicina a me. Ma lei non accettò il mio invito
e mi lasciò li seduto da solo. Sorrise ancora. Continuava a
sorridere e non capivo come mai. Magari era felice e sorrideva, magari
stava bene, magari aveva voglia di sorridere e basta. Ma non era tanto
il fatto che sorridesse che mi sembrava strano: stava sorridendo a
me. Questo non era normale. Non l’avevo ancora
vista sorridermi. Erano tre giorni che ero in vacanza, tre giorni che
ci conoscevamo ma non l’avevo ancora vista farmi un sorriso
sincero. E lei sorrideva a tutti. A Ilaria con cui rideva sempre, a
Davide con cui sembrava molto legata, ad Ale che faceva ridere tutti, a
Luca che sembrava spesso triste e a Cristian che la guardava in
continuazione. Ma non a me. Vederla qui a sorridere era strano. Ma non
ci pensai e decisi di bearmi di quei sorrisi rivolti a me. Lei
sorrideva e sembrava stare bene e io stavo con lei. Finché
non avvicinò la mano al nodo del pareo e lo sciolse.
Sì, sciolse il nodo che teneva il suo pareo e rimase in
costume. Lo aveva sciolto ed ora era in costume. Aveva un costume
semplice: mutandine normali e reggiseno standard. Tutto verde. Ma le
stavano bene. Lo aveva indosso anche il giorno precedente e mi ero
fermato a guardarla diverse volte. Ed era davanti a me a guardarmi e a
sorridermi. Sempre a sorridermi. Quel sorriso mi avrebbe perseguitato.
Ma ora dovevo pensare a lei, a cosa volesse da me, perché
fosse venuta nel mio caravan. Sporsi nuovamente una mano verso di lei
per invitarla a sedersi ma lei non volle. Rimase in piedi davanti a me
e mi guardava negli occhi. Dritta negli occhi! Vidi poi il suo sguardo
percorrermi e soffermarsi sulle spalle, sulle mani, sul viso. Mi
sentivo bruciare. Mi stava solo guardando e io mi sentivo bruciare. Non
poteva farmi un effetto del genere. Mi stava solo guardando, cazzo! Continuava
imperterrita a far scorrere quegli occhi su di me. Mi
stava mettendo in imbarazzo con uno sguardo! Merda merda merda! Doveva
smetterla! A
un certo punto si avvicinò a me e si sedette sulle mie
gambe. Ci guardavamo negli occhi. Mi sentivo andare a fuoco da quanto
era profondo quel contatto. Lei continuava a sorridere. Decise di
muoversi e si spostò col suo bacino sopra il mio. Cazzo!
Cosa diavolo stava facendo? Non poteva muoversi così!
Dovevano vietarlo! Cominciai
a guardarla bramoso di un contatto maggiore. Dovevo toccare quella
pelle, dovevo sentirla a contatto con la mia. Sentivo il suo profumo e
mi beavo del contatto con la sua pelle. Lei iniziò a
strusciarsi su di me, non credevo fosse possibile sentirla
così tanto, bearsi del solo strusciare tra i nostri vestiti.
E lei continuava a sorridere e io la guardavo e lei sorrideva e si
strusciava. Quando iniziai a sentire che il piacere stava diventando
troppo e che non avrei resistito ancora a lungo, feci per parlare ma..
Mi svegliai.
Sudato. Accaldato. Eccitato. Cavolo! Non poteva essere un sogno.
L’avevo sognata. Avevo goduto con lei e mi era piaciuto. Mi
stava piacendo sempre di più. Era solo un maledetto sogno
del cazzo!
Mi alzai dal
letto tutto sudato, presi l’accappatoio e dopo aver guardato
l’ora - erano le cinque e mezza di mattina - mi diressi alle
docce del campeggio. Dovevo lavare via quelle immagini, lavare via il
profumo della sua pelle, profumo che avevo solo immaginato ma che
sembrava reale, dovevo liberarmi dell’idea del suo tocco su
di me. Una doccia sarebbe stato il primo passo per dimenticare quella
nottata. Per dimenticare quel sorriso. Quel sorriso che ora avrei
voluto vedere veramente.
Aprii
l’acqua gelata nella doccia. La mattina all’alba
non faceva così caldo da dover usare l’acqua
fredda, ma mi sentivo ancora bruciare per quegli occhi.
Decisi che, dopo
essermi messo il costume, sarei andato direttamente in spiaggia a
vedere il mondo che si popolava. Dovevo stare da solo e lì
nessuno mi avrebbe disturbato.
Arrivai in
spiaggia e mi sdraiai stanco sull’asciugamano, facendomi
coccolare dallo scrosciare delle onde e dal verso dei gabbiani che
cercavano cibo. Alcuni pescherecci stavano attraccando al moletto e mi
fermai a guardarli per un po’ finché non mi
addormentai.
Feci un sonno
senza sogni e quando mi svegliai, notai che la spiaggia stava iniziando
a popolarsi. Il bagnino sistemava i lettini, alcuni anziani
passeggiavano in acqua godendosi la brezza mattutina, una coppia
rimaneva abbracciata guardando il mare. Mi sentii a casa e al sicuro in
quel momento.
Credo fossero le
nove quando la vidi arrivare. Era Matilde. Era sorridente e
canticchiava ascoltando la musica dal suo mp3. Sembrava serena e
riposata. Le feci cenno con una mano per farmi vedere e quando mi vide
si bloccò dov’era. Sembrava combattuta tra il
venire da me - cosa che sapevo non le avrebbe fatto piacere - e il far
finta di non avermi visto. Pensavo avrebbe optato per questa seconda
idea, ma mi sbagliavo. Si diresse verso di me con andatura tranquilla.
Cuffie nelle orecchie e asciugamano sotto il braccio. Senza borsa,
senza accessori, senza crema. Lei veniva in spiaggia così.
Non portava neppure il cellulare con sé. Era davvero
diversa. Mi si sedette accanto e le sorrisi “Ciao..”
“Ciao”
mi rispose lei atona. Non un sorriso, non un’espressione
significativa. Niente. E io che l’avevo sognata
così bella e sorridente. Ma nei miei sogni era
un’altra cosa. Era qui con me la vera Matilde. Non era quella
del sogno. Quello era solo uno stupido sogno che avrei potuto
cancellare e dimenticare. La vera Matilde era qui con me e si stava
comportando da stronza.
“Dormito
bene?” le chiesi cercando di iniziare una conversazione tra
persone civili.
“Come
sempre. Faceva caldo ma non troppo. Non ti ho mai visto a
quest’ora presto. Come mai qui stamani?” mi chiese
finalmente guardandomi.
“Non
riuscivo a dormire”. Verità.
“Come
mai?” mi chiese curiosa.
“Ho
fatto uno strano sogno e dopo non sono più riuscito a
rimanere in roulotte”. Mezza
verità.
“Incubo?
Io quando ho gli incubi non riesco a riprendere sonno senza aver bevuto
un po’ di latte”. Mi stava raccontando qualcosa di
lei.
“Sì,
ho avuto un incubo. Niente di che ma mi ha lasciato un po’
interdetto”. Bugia.
Non potevo certo dirle che avevo iniziato a fare sogni erotici su di
lei.
“Capisco.
Ma davvero sei di Genova?” mi chiese guardando
l’orizzonte.
“Sì
e vado davvero in quella scuola” risposi guardandola di lato
senza farmi vedere.
Rimanemmo in
silenzio per un po’ finché, scocciato da quella
situazione, non le chiesi quasi arrabbiato “Si può
sapere perché ce l’hai con me? Non capisco cosa ti
ho fatto e non capisco come mai ti comporti così
freddamente.”
Lei mi
guardò per un paio di minuti, fece un sospiro e mi rispose
“E’ inutile che mi guardi così e fai
l’incazzato. Non mi sembra di doverti spiegazioni. Io e te
non siamo amici. Quindi non ti devo spiegazioni per il mio
comportamento.” Sembrava rassegnata.
“Secondo
me non è questo il motivo. Ieri ti ho visto parlare con un
ragazzetto in spiaggia e vi eravate appena conosciuti eppure a lui
sorridevi, con lui ridevi e ti divertivi. Non mi guardi mai. Non
sorridi mai con me.” Quel
sorriso. Ancora quello stramaledetto sorriso che tornava a
perseguitarmi. Dovevo cancellare quel sogno.
“N-non
è vero” e stette in silenzio per un po’.
“Ok si forse è vero, ma non è colpa
tua, non direttamente almeno. Tu sei di Genova come me. Fatti bastare
questa spiegazione.” Mi disse dura. No,
non mi basta.
“Io
sono di Genova come te. Non mi sembra un buon motivo per trattarmi come
fai te. Sembra che mi guardi con occhi di ghiaccio. Sembra tu abbia le
saette che vengono dagli occhi. Anzi sembri Ciclope” e
sbuffai.
“Ciclope
ha un raggio laser protetto da degli occhialetti speciali. Ti sto
guardando, non indosso occhiali speciali e non mi sembri diviso a
metà da un raggio. Quindi direi che non sono come
Ciclope” mi rispose, guardandomi questa volta. Che
begli occhi. Però non sta ancora sorridendo. Sembra capirne
di fumetti. Vediamo quanto sa.
“Appassionata
di super eroi? Sai, non sono cose da ragazza” le dissi con
tono di sfida.
“E
perché non sarebbero cose da ragazza? Perché ci
sono mostri, combattimenti e morti? Merlino, sei come tutti gli
altri” Merlino?
Merlino? E che espressione era?
“Perché
mi dici che sono come tutti gli altri? Tu non mi conosci!”
sputai fuori quelle parole quasi con cattiveria. E lei si
girò a guardarmi. A guardarmi davvero. Mi scrutava e quel
suo sguardo mi mise in soggezione. Più di qualsiasi sguardo
ebbe mai fatto. Non
guardarmi così. E
ripensai a come i suoi occhi mi avevano scrutato nel sogno.
“Quando
una ragazza inizia a parlare di fumetti, di motori, di moto..” Tutti
argomenti di cui di solito parlano i ragazzi, notai
“Quando una ragazza sembra sapere qualcosa di puramente
mascolino, la additano come maschiaccio. Specialmente se poi si veste
spesso con jeans e felpa o in tuta. Ci sono passata e ci passo ancora.
Quindi non venirmi a dire che sono tutte stronzate e che tu sei diverso
perché lo vedo come mi stai guardando”. Come
la sto guardando? Con ammirazione? Con eccitazione? Ma non lo vede come
la guardo?
“Come
ti sto guardando scusa?” chiesi per curiosità.
Avanti, dimmelo.
“Sembri
schifato” Che
enorme cazzata!
“Ma
non è vero! Tu vedi solo ciò che vuoi vedere! Sei
cieca! Guardami! Non mi conosci e mi stai giudicando esattamente come
fanno i ragazzi che dicono che sei un maschiaccio. Non sei diversa da
loro se fai così” le dissi tagliente. Guardami.
Lei mi
guardò stupefatta. Avevo alzato la voce con lei, ma
stranamente non mi stava insultando. Mi guardava e basta. Leggevo
l’indecisione nel suo sguardo. Forse l’avevo ferita
con le mie parole. Ma non volevo che mi considerasse un idiota. Ma
soprattutto non volevo che pensasse che era un maschiaccio. Oh
no, non era un maschiaccio. E mi ritornò in mente
il sogno di quella notte. Ma
lei era lì. Davanti a me. Con un pareo addosso. E le
infradito ai piedi.
Attesi una
risposta. E questa arrivò “Mi chiamo Matilde, ho
16 anni e frequento il Pascoli di Genova. Mi piace la cioccolata, mi
piacciono i fumetti della Bonelli, mi piacciono i supereroi. Preferisco
i supereroi privi di poteri e non morsi da ragni radioattivi o
investiti da raggi gamma.” Aveva
letto parecchi fumetti allora. “Mi piacciono anche
quelli con i poteri ma quelli senza sono più straordinari.
In pratica mi piace Batman. Un uomo normale, certo ricco da far schifo,
ma senza superpoteri. Mi piacciono le moto.” Le
moto? “N-non
riesco mai a parlare con qualcuno di moto se non con mio cugino.
Nessuno parla di moto con una ragazza che ne capisce. E allora non lo
sa nessuno che mi piacciono le moto.” Mi immaginai Matty che
guidava una moto. Cazzo!
Meglio pensare ad altro. “Ho preso la patente per
la moto, ma a parte quella per la scuola guida, non ho mai guidato una
vera moto. Mi piace sciare e sono brava. Ma vado in settimana bianca
solo con i miei. Adoro leggere Harry Potter. Sono cresciuta leggendolo
e lo adoro. Lo sanno tutti. Il Trio dei Miracoli è nato per
questa mia ossessione” Merlino!
Ecco da dove veniva quell’esclamazione. ”Sono
testarda, determinata e vendicativa.” Serpeverde
direi. Avevo letto anche io Harry Potter. “Mi
ritengo un’amica sincera ma non ho molte occasioni per
dimostrarlo.” E qui la vidi intristirsi. “Questi
qua del mare, sono i miei veri amici. Loro mi conoscono. Tu ti sei
intromesso in questo mio mondo, sai da dove vengo e sai
com’è il Liceo da cui vengo. Sei un contatto tra
questi due mondi, e non mi piace. Quindi non è direttamente
colpa tua. E’ solo colpa di quello che rappresenti.”
“Io
non rappresento niente” le risposi “Sono io e
basta. Non puoi giudicarmi e criticarmi per quello che rappresento.
Sarebbe scorretto se lo facessi” Guardami.
“Non
so cosa pensare in questo momento” mi disse sincera.
La guardai
ancora per un po’ finché lei non disse
“Vado a farmi un bagno. Vuoi venire?” Voglio
andare con lei?Sì. Verità.
“No”
Le risposi. Bugia.
“Grazie, ma ora non mi va. Ti aspetto qui.”
La vidi alzare
le spalle e andare verso l’acqua. Aveva una camminata
tranquilla, sembrava bearsi del contatto dei piedi con la spiaggia. Aveva
piedi meravigliosi.
Rimasi a
guardarla mentre si tuffava e andava a nuoto verso le boe. E sorrisi
ripensando al sogno.
“Ehi
Simo! Già alzato stamani?” mi chiese Ale che si
stava avvicinando assonnato in quel momento.
“Ciao!
Sì, stamani mi sono alzato presto e stare in spiaggia
all’alba è davvero rilassante.”
Notai che si
guardava intorno, come cercasse qualcosa. “Questo mi sembra
l’asciugamano di Matty. Ma lei dov’è? Ti
ha fatto arrabbiare e l’hai fatta fuori eh?” mi
chiese ridendo. Non
sai quanto ti sbagli.
“No
figurati! È andata a farsi una nuotata ma io non ne avevo
voglia e così sono rimasto qui.” Gli risposi
sincero. D’altronde,
mica ero obbligato a raccontargli del sogno, no?
“Ti
dispiace se vado anche io? Ho proprio voglia di una bella nuotata di
prima mattina!”
“Vai
vai! Io rimango qui, così controllo anche la roba.”
“Grazie”
mi rispose e si avviò verso l’acqua.
Non avevo voglia
di fare niente. Mi piaceva starmene lì seduto a fare niente.
Alessandro l’aveva raggiunta e ora erano a mollo in acqua a
ridere insieme. Lei gli sorrideva e ridevano insieme. A lui sorrideva e
a me no. Con lui sorrideva e con me no. Decisi che avrei scoperto
qualcosa in più sul suo conto così presi il
cellulare e chiamai Carlo, il mio compagno di squadra e il suo compagno
di classe. Mi rispose dopo due squilli.
- Ehi Cap! Come
te la passi in vacanza? - Cap.
Era così che mi chiamavo quelli della squadra. Ero il
capitano della squadra.
“Ohi
ciao Carlo! Tutto bene qui! Te come te la passi amico?” Amico?
Ma era davvero un mio amico?
- Normale.
Niente di nuovo. Sto uscendo con una che è uno schianto.
Bionda, alta, ben fatta. Un vero schianto. Non passiamo il tempo a
parlare del debito pubblico, ma meglio così. - Fate
altro eh?
“Ah
beh buon per te! Senti ho una cosa da chiederti..”
- Certo dimmi
pure! Si tratta di una ragazza? - Sempre
il solito intuito eh?
“Cos’è,
mi leggi nel pensiero adesso? Comunque sì, volevo sapere se
conoscevi una qualche Matilde che fa il Pascoli” rimasi sul
vago.
- Ma certo che
la conosco! Io conosco tutte le belle ragazze della nostra scuola! Sei
anche fortunato, ce n’è solo una! - Bingo! -
Almeno nel triennio! Sei interessato a una bimba? - disse ridacchiando.
“No no
figurati! Parlami di questa ragazza! Cosa sai di lei?” gli
chiesi curiosissimo.
- Allora deve
frequentare il quarto - Coincide. -
È una gran bella ragazza, fatta bene, bel fisico - Coincide. - Credo
giochi a pallavolo -E’ proprio lei. - Va
bene a scuola. - Matty
credo eccella. -
Capelli di media lunghezza, occhi scuri - Sì
è lei,per forza.
“Che
cosa sai sulle sue amicizie? Si frequenta con qualcuno?”
- Penso stia con
uno di 5°C. Corradi. Sai chi è vero? - E’
fidanzata? Non lo sapevo. Che idiota che sono.
“Sì
sì lo conosco certo. Sai altro?” gli chiesi
pensando ancora a quel sorriso.
- Mmm vediamo.
Non credo abbia fratelli o sorelle ma se vuoi chiedo in giro -
“No no
non importa, grazie. Allora la bella moretta ha un fidanzato
eh?” chiesi fingendo un tono da tombeur de femme.
- Moretta? No!
E’ bionda! Bionda bionda! Bionda barbie, biondo paglia,
chiamalo come vuoi ma è bionda! - Bionda?
“Scusa
ma la Matilde di classe tua è mora, non bionda”
chiesi non capendo.
- La Matilde di
classe mia? Oddio ma stai parlando della Rossi? Reds? - e si mise a
ridere come un matto.
“Claudio,
credo di non aver capito” affermai dubbioso.
- Cap, ma io non
stavo parlando di quello sgorbio. A dire il vero non ci avevo proprio
pensato, non l’avevo nemmeno considerata come una ragazza - Maschiaccio. - Io
parlavo della Colli, quella strafiga della D - Mi
sa che parliamo di persone diverse.
“Capisco”
- La Reds
è una secchiona fuori dal comune. Brutta - Era
bella. - Con gli occhiali - Magari
porta le lenti. - Non ride mai - Eppure
ora sta ridendo di gusto con Ale. - Sempre vestita informe e
non so nemmeno se le abbia le forme a dire il vero - Eppure
le sue curve me le ricordo. - Non
vuole mai fare sport con la classe - Eppure
qui è sempre a fare pallavolo in acqua. - Non
credo abbia amici, è così asociale - Qui
li ha gli amici. –
Ma perché mi chiedi di quel mostro? - E’
così spontanea. Tranne che con me.
“No
niente. Anzi ti ringrazio per le informazioni sulla Colli. La
lascerò perdere visto che è già
impegnata” gli risposi. Non stavo pensando alla Colli. Matty.
- Sì
lasciala perdere, non ne vale la pena. Ce ne sono tante altre belle in
giro! - Matty.
“Ok
grazie mille! Ah mi raccomando non ti strafogare di dolci che se
ingrassi poi diventi lento a correre!” gli dissi per
distrarlo da Matilde. Matty.
- Ehi io non
ingrasso - mi rispose offeso.
“Dai
passa buone vacanze! Ciao Carlo”
- Ciao Cap! E
non strafare con le donne mi raccomando! -
Misi via il
telefono e ripensai alle parole del mio amico.
Brutta. Con gli
occhiali. Non ride mai. Sempre vestita informe e non so nemmeno se le
abbia le forme a dire il vero. Non vuole mai fare sport con la classe.
Non credo abbia amici, è così asociale. Mostro.
Questa non sei tu Matty. Non sei così. Come sei veramente? Cosa nascondi ancora? Perché ti conoscono così diversa a Genova?