26.
Digging In The
Dirt
“Hear
me now
Bearing down upon a path we choose
Chosen from the start living different rules
Existence something to cherish true
Will not succumb to doubts that I hold onto
Release the fear of my pain
In so much pain
Give me the will to fight
Every obstacle that I have inside
Release the fear and…”
“All my life
Always I've felt alone
Conditioned to believe that I'm always wrong
Only truth will help to set me free
My every weakness I must turn into strength
Every rage, every tear”
Machine Head - Imperium
Nelle grandi
famiglie non mancano mai oggetti curiosi che vengono passati di padre
in
figlio, o di madre in figlia. Molto spesso, tali oggetti non vengono
mai
reputati veramente importanti o necessari, pertanto il più
delle volte finiscono
per giacere inutilizzati nei fondi dei cassetti, nei meandri
più remoti dei
bauli o degli armadi. Non ultimo, il più delle volte non si
comprendeva il
reale motivo per cui venissero tramandati, ma venivano comunque
conservati con
cura, per un bizzarro attaccamento che si viene a creare nel momento in
cui li
si ha per le mani.
Norah Evans era
solita dire che ciò che viene lasciato da chi passa a
miglior vita acquisisce
un senso col passare del tempo, e che bisognava dunque essere pazienti
e mai
irriconoscenti nei confronti delle eredità, fossero esse
ricche, modeste, concrete
o puramente simboliche.
Durante la vacanza
in Irlanda, Lily aveva avuto il coraggio di salire nella soffitta della
casa di
Galway, aprendo una botola polverosa e scricchiolante. Sapeva che
lì venivano
conservati degli abiti e degli oggetti appartenuti a nonna Eimear e la
curiosità della ragazza era troppo forte per lasciare il
contenuto di quei bauli
alla mercé della polvere e dell’oblio.
D’altronde, la
Grifondoro si era più volte interrogata circa le proprie
origini. Andava molto
fiera del suo sangue in parte irlandese, si sentiva in sintonia
perfetta con
quella terra e la sua natura tanto selvaggia, contornata da
un’aura di mistero,
che sapeva quasi di magico. E la sua curiosità era
ulteriormente alimentata dal
fatto che più di un familiare avesse più volte
accennato ad una certa
somiglianza tra Eimear e la nipote, nel carattere ed in alcuni
atteggiamenti.
Ma la conoscenza della nonna era limitata a delle elegantissime foto in
bianco
e nero, dove la donna sembrava una diva degli anni ’30, ed ai
racconti dei
parenti, mentre la madre non sembrava molto incline a parlarne.
Più di una
volta, aveva fatto capire di soffrirci ancora molto. Lily, soprattutto
dopo la
perdita del padre da parte di Severus, era giunta alla conclusione che
ciascuno
avesse i propri tempi e modi nel reagire ad un lutto. Di una cosa era
certa:
non si superava mai davvero del tutto la scomparsa di qualcuno di caro.
Con l’aiuto di una
Maeve alquanto accondiscendente e meno esuberante del solito, aveva
riportato
alla luce mucchi di vestiti, che per quanto fossero belli e ben
confezionati,
erano decisamente fuori moda. Alle due ragazze dispiaceva non poterli
mettere,
ma d’altro canto erano cambiati i tempi e le tendenze.
Lily si era però
innamorata di una vestaglia in seta nera ed oro. L’indumento
ricordava un
kimono giapponese, dato che veniva stretto in vita da
un’ampia fascia nera
impreziosita da ricami dorati, e presentava delle maniche molto lunghe
che
sfioravano il pavimento, ed erano tempestate di perle dorate dalla
forma irregolare.
La Grifondoro la
prese tra le mani e con le dita l’afferrò
più volte, per sentire la consistenza
e la leggerezza del tessuto. Era così bella da toccare.
Intanto che Maeve
imprecava contro un baule che non ne voleva sapere di aprirsi, Lily se
la provò,
cercando di non sembrare troppo ridicola. Nonna Eimear era un
po’ più alta di
lei, dato che il tessuto toccava terra ed interferiva parecchio mentre
camminava.
Un gran tonfo
riportò Lily alla realtà.
“Bellezza!” la
chiamò trionfante Maeve, facendole segno di avvicinarsi al
baule appena aperto
“Guarda un po’ che cosa ho trovato per
te”.
Lily si tolse di
dosso la vestaglia e si chinò verso il contenitore,
afferrando dei libri ed un
piccolo portagioie.
“Vai piano! Sembra
che tu non abbia mai visto dei libri in vita tua!” disse
Maeve ridendo.
Lily scese
trionfante da quella soffitta con una vestaglia nera, un libro scritto
in
gaelico irlandese, un altro libro intitolato “Storia della
Magia Irlandese”, ed
un ciondolo con un nodo celtico che non aveva mai visto prima di
allora: il
ciondolo era di forma circolare, ma i nodi andavano a formare un
albero, dalle
radici alla chioma, racchiudendolo in una cornice esterna, fatta sempre
di
nodi.
Quel libro di
Storia della Magia Irlandese e quel gioiello così
particolare avevano
risvegliato qualcosa dentro di lei. Sentiva una certa euforia
scatenarsi e
percorrerla da capo a piedi.
Se
c’era una domanda che per Lily necessitasse di una risposta
era quella
riguardante perché fosse nata con poteri magici in una
famiglia decisamente
ordinaria. C’era qualcosa che le scienze Babbane non
riuscivano a spiegare,
ovvero i suoi poteri magici, ma c’era anche qualcosa che il
sapere dei maghi
non era in grado di chiarire, ovvero come fosse possibile che dei
Babbani normalissimi
potessero dare vita a dei maghi.
L’unico modo per trovare risposte era di scavare nel passato,
fosse anche
quello più remoto. Lily aveva riposto molte speranze nel
corso di Storia della
Magia ad Hogwarts, perché in principio pensava che prima o
poi sarebbe stato
affrontato quel capitolo riguardante le origini dei maghi. Invece, era
stato un
clamoroso buco nell’acqua: il Professor Rüf si era
rivelato estremamente noioso, propinando agli
studenti uno sterile susseguirsi di guerre, di avvenimenti di dubbia
utilità,
quali rivolte di folletti, insurrezioni di Centauri, riunioni di maghi,
patti
stipulati tra varie famiglie magiche.
Se c’era una cosa che aveva imparato negli ultimi anni,
specie in
quell’ultimo anno ricco di avvenimenti tumultuosi, era che a
volte era meglio
cercarsi le risposte da sé, nel caso in cui le spiegazioni
fornite non fossero
state sufficienti od esaustive. Anche a costo di cacciarsi nei guai.
Lily era sul treno diretto ad Hogwarts, per la quinta volta in vita
sua,
pronta ad affrontare un nuovo anno, non priva di dubbi ed incertezze,
che si
trascinava dopo gli inquietanti episodi di qualche mese prima.
Giacché quei
avvenimenti riguardavano le origini Babbane di maghi e streghe come
lei, il
desiderio di comprendere fino in fondo il suo sangue
si era fatto nuovamente avanti.
Seduta nel compartimento assieme a Severus, ed a due studentesse
Corvonero
del settimo anno, Lily reggeva tra le mani quel libro rinvenuto a
Galway. L’aveva
esaminato a lungo, prima di aprirlo, cercando di capire quanti anni
potesse
avere. Da quello che era riuscita a concludere, era
un’edizione risalente al
diciannovesimo secolo di un manoscritto proveniente da secoli
precedenti, anche
perché gli eventi narrati nel libro si fermavano
all’Irlanda della Rinascita
Gaelica ed al declino Normanno del quattordicesimo secolo.
Il dondolio dell’Hogwarts Express, che più volte
negli anni precedenti
l’aveva fatta assopire entro poco tempo, passò del
tutto in secondo piano.
“Perché mia Nonna
Eimear aveva quel libro di Storia della Magia?”
s’interrogò
mentalmente, aggrottando la fronte. La ragazza lanciò
un’occhiata a Severus,
che era immerso nel libro di pozioni russo che gli aveva regalato
proprio lei
lo scorso Natale.
Lily ruppe ogni indugio ed aprì il libro, partendo
dall’indice, che trovò
accuratamente suddiviso in svariati capitoli e periodi di tempo. Si
accorse che
il libro non era scritto solo in inglese, ma riportava anche la
versione in
irlandese, che Lily non conosceva affatto, sebbene di tanto in tanto
Maeve ed i
suoi familiari parlassero in quella lingua anche in sua presenza. Sua
madre
Norah non di rado partecipava a quelle incomprensibili discussioni, ma
non
aveva insegnato l’irlandese alle due figlie, non vedendone
un’utilità precisa.
La Grifondoro sapeva dire a malapena “Dia
dhuit” o “Cen
chaoi bhfuil tú?”.
La ragazza
si sistemò meglio sul proprio sedile, appoggiando bene la
schiena contro il
morbido schienale della poltroncina. Ricordò a se stessa che
qualsiasi cosa avrebbe
letto in quel libro, avrebbe dovuto combinarlo con le nozioni apprese
nel corso
del Professor Rüf.
Superati i primi paragrafi di rito, assolutamente superflui per la
ragazza,
finalmente arrivò qualche informazione nuova e realmente
interessante: i maghi
irlandesi, prima dell’anno Mille – e
prima della fondazione di Hogwarts nell’anno 993 d.C, pensò
la ragazza – vivevano tra
i Babbani senza
problemi. Tuttavia, ogni mago, in base alla propria abilità,
doveva render
conto ad una delle numerose confraternite della comunità
magica. Tali
confraternite funzionavano esattamente come quelle Babbane, che avevano
caratterizzato
buona parte dell’Alto Medioevo, con la sola differenza che
esaltavano le
abilità magiche. Ogni gilda era contraddistinta da un
simbolo ben preciso, che però
sfortunatamente non veniva riportato graficamente in
quell’edizione in possesso
della Grifondoro, ma veniva solamente accennato, con il nome
corrispondente in
irlandese.
Lily lasciò un attimo il libro da parte e cercò
affannosamente nella borsa
una pergamena ed una penna sulla quale scrivere il nome delle
confraternite,
per poter proseguire nelle sue ricerche nella ben fornita biblioteca di
Hogwarts: era certa che avrebbe trovato qualcosa al riguardo.
Sev sollevò gli occhi dal proprio libro, incuriosito
dall’entusiasmo di
Lily, e dal suo trafficare nella borsa.
“Lily” la chiamò con gentilezza, ma lei
sobbalzò, evidentemente persa nei
suoi pensieri.
“Sev! Ah! Scusa, ero distratta da quel libro che ho trovato
in soffitta a
Galway!” disse lei frettolosamente.
“E’ interessante?” le chiese Sev a bassa
voce, perché non voleva farsi
sentire dalle due ragazze nel compartimento.
La giovane annuì, con un bel sorriso.
“Credo che possa rispondere ad alcune mie domande esistenziali” aggiunse poi
“Ah, perdonami: non è che avresti una
pergamena e qualcosa con cui scrivere? Non ho niente in
borsa”.
Il ragazzo afferrò la propria borsa ed estrasse una
pergamena, una penna,
ed un piccolo calamaio con una modesta quantità
d’inchiostro e diede il tutto a
Lily.
La guardò avventarsi sulla pergamena e la vide scrivere con
grafia poco
ordinata e nervosa.
“Perdonami se t’interrompo Lily,
ma…” osservò un po’ esitante
il ragazzo,
appoggiandole timidamente una mano sulla spalla
“…Se scrivi così male, poi non
riuscirai a rileggere quei nomi, quando ti serviranno”.
Lily alzò gli occhi verso il proprio ragazzo e lo
osservò interdetta.
Riguardò il frammento di pergamena e convenne che il
Serpeverde non avesse
tutti i torti. In quel momento, un puro capriccio da ragazzina le
attraversò la
mente.
“Sev, per favore, me li riscriveresti tu i nomi? Hai una
bellissima grafia”
gli chiese con occhi scintillanti, porgendogli la pergamena.
Il ragazzo afferrò il foglio, scuotendo il capo. Nel
frattempo, le due
Corvonero si alzarono ed uscirono dal compartimento, dirigendosi verso
l’angusto corridoio dell’Hogwarts Express.
“Avanti, dimmi” la esortò Severus.
La ragazza iniziò a dettargli quella manciata di nomi che le
servivano, con
il nome del relativo simbolo.
“L’ultimo nome è
“Confraternita degli Evocatori”. Il simbolo
è… Accidenti,
te lo devo dire in gaelico, perché si legge male in inglese,
sembra che sia
stato volutamente cancellato” la ragazza voltò
pagina per cercare il testo in
gaelico.
“Ci sono: è il Crann
Bethadh”
esclamò trionfante la ragazza ad alta voce, fiera di aver
azzeccato la
pronuncia irlandese, mettendo assieme le poche regole che conosceva di
quella
lingua molto ostica.
Una delle due compagne di scompartimento che si stava riaccomodando al
proprio posto, sollevò il capo e la guardò con
sguardo piuttosto stupito, come
se si fosse sentita chiamata in causa. Lo sguardo di Lily
incrociò quello della
Corvonero. Alla Grifondoro quella ragazza non risultò del
tutto sconosciuta.
Aveva un viso molto delicato, dai lineamenti puliti, e due grandi occhi
azzurro
chiaro. I capelli erano di un bel biondo ramato, folti e lisci, che le
ricadevano sulle spalle. La Grifondoro tacque per qualche momento e la
fissò
negli occhi, e per tutta risposta, la Corvonero accennò ad
un sorriso,
distendendo le labbra sottili.
“Lily, ripetimelo più lentamente, per
favore” le disse Sev, richiamando la
sua attenzione.
“Scusami, hai ragione!” si scusò la
ragazza, distogliendo lo sguardo dalla
studentessa, e scandì le due parole con precisione.
Lily osservò con soddisfazione il piccolo elenco redatto da
Severus e lo
infilò tra le pagine del volume. Gli occhi scuri del ragazzo
fissavano il tomo
con una certa curiosità, e dato che voleva soddisfarla, si
chinò in avanti,
verso Lily, per parlarle indisturbato e lontano dalle intercettazioni
delle due
ragazze, che non parevano comunque interessate ai loro discorsi.
“Che cosa c’è di tanto interessante in
quel libro?” sussurrò il ragazzo
all’amata. Lei, con uno dei suoi sorrisi enigmatici, si
chinò verso di lui.
“Sto cercando di capire le mie origini” rispose
lei, raggiante e fiduciosa,
assolutamente certa di essere sulla buona strada per risolvere
l’enigma.
“Attraverso un libro di Storia della Magia
Irlandese?”.
Lily annuì decisa.
“Mia mamma è in parte irlandese, te lo sei
dimenticato?”.
E come poterlo dimenticare, pensò Sev, che aveva sempre
visto in quei
capelli rossi morbidi e lunghi ed in quei occhi verdi e scintillanti,
la
quintessenza della ragazza irlandese. Il ragazzo esortò la
Grifondoro a
proseguire nel suo racconto.
“Ecco, questo libro era tra gli oggetti che ho trovato in
soffitta a
Galway. Apparteneva a nonna Eimear, anche se non sembra che
l’abbia mai aperto.
Non ha lasciato appunti od annotazioni tra le pagine. Ma è
strano che una
Babbana abbia un libro che tratta di magia, no?”.
Severus annuì, trovandolo in effetti alquanto bizzarro.
Lily fece una piccola pausa, tirando fuori dalla tasca del cardigan una
piccola manciata di Gelatine Tuttigusti +1 e scegliendone una, con fare
sospetto.
“Carbone. Poteva andarmi peggio” disse, mentre
masticava la caramella con
una smorfia strana in volto. Severus rifiutò educatamente i
dolcetti di Lily.
L’ultima volta che aveva assaggiato una di quelle caramelle
simili alle Babbane
Jelly Beans, aveva trovato il gusto
caucciù,
e non aveva più voluto assaggiarle.
“Comunque sia, sospetto di avere qualche antenato mago in
famiglia. Non è
possibile che i miei poteri magici siano saltati fuori dal nulla, non
credi?”.
Sev si portò una mano alla tempia, massaggiandosela
lievemente. Quello era
uno dei gesti tipici del ragazzo quando rifletteva o ponderava una
risposta
plausibile.
“Può essere” rispose lui, meditabondo
“D’altronde, da quel che so, i maghi
sin dai tempi più antichi si univano ai Babbani. Magari,
qualche tuo antenato
mago ha dato alla luce a un Magonò…”.
Lily sorrise raggiante, felice che Severus l’avesse capita.
“Già! E probabilmente, i poteri magici non sono
riemersi subito, non nei
figli dei Magonò in questione, ma magari nei loro nipoti o
nei bisnipoti”.
“Non è una teoria priva di una sua
logica” convenne Sev, ammirando tra sé e
sé il fervore e l’entusiasmo della ragazza.
“E ti dirò di più” aggiunse
“Per esempio, in Irlanda, prima della
cristianizzazione, i maghi erano molto più liberi, e
vivevano a stretto
contatto con i Babbani. Non come adesso, che non possiamo e non
dobbiamo farci
vedere dai Babbani, altrimenti loro ci prendono per folli e noi
passiamo un
guaio non da poco”. Tacque per qualche attimo e prese
un’altra gelatina da
mangiare, questa volta al gusto budino di panna e fragole.
“I problemi per i maghi irlandesi – e non solo loro
– sono iniziati con la
conversione al cristianesimo, combinata alle invasioni dei popoli del
Nord
Europa”.
“I Vichinghi?” aggiunse il ragazzo.
“Sì, loro. San Patrizio lasciò una
certa libertà negli usi degli irlandesi,
ed i maghi poterono continuare a vivere nelle loro confraternite e a
praticare
le loro arti magiche come prima. Solo che, qualche secolo dopo, con
l’arrivo
dei Vichinghi… Gli irlandesi, in ginocchio per tutte quelle
invasioni, hanno
iniziato a vedere di cattivo occhio i maghi, sospettando che
addirittura
fossero conniventi con l’invasore, favorendone
l’arrivo con la magia. Anche
perché, i maghi avevano rifiutato di convertirsi al
Cristianesimo”.
Lily riaprì il libro di Storia della Magia Irlandese ed
iniziò a leggere
con voce solenne: “Mael Sechnaill,
Re di
Mide e Re Supremo d’Irlanda, nel 848 d.C. sconfigge
un’armata norvegese a
Sciath Nechtain, pur avendo molti meno soldati rispetto ai norvegesi.
Il Re,
cercando di giustificare questa guerra come uno scontro tra cristiani e
pagani,
aveva invocato l’aiuto dell’imperatore francese
Carlo il Calvo, che non aveva
risposto alla richiesta del sovrano irlandese”.
“La vittoria degli
irlandesi dura poco, dato che nel 852 d.C. i norvegesi, capitanati da
Ivar
Beinlaus ed Olaf il Bianco, sbarcano nella Baia di Dublino, dove viene
fondata
la città di Dublino. Da questa data in avanti, il dominio
vichingo prosegue
incontrastato fino al 1014 d.C., anno della battaglia di Clontarf, dove
i
Vichinghi cessano di essere la forza dominante
dell’Irlanda”.
“In questo periodo
di tempo, i maghi, visti con sospetto e con odio dopo il Proclama di An
Mhì,
furono costretti a nascondersi dai cristiani. Molti di loro vennero
esiliati
assieme ad alcune tribù di re detronizzati. Queste
tribù vennero portate in
Scozia ed in altre parti dell’Inghilterra, tra cui la
Cornovaglia ed il
Galles”.
“E magari quei
maghi esiliati in Scozia si sono rifugiati alla Scuola di Magia e
Stregoneria
di Hogwarts, fondata nel 993 d.C, circa” dedusse Severus
“Il Professor Rüf
non ha detto che la nostra scuola era nata inizialmente per difendere i
maghi perseguitati? Penso che anche in Scozia avessero problemi con le
invasioni dei Vichinghi”.
“E’ così” affermò
la ragazza “La nostra scuola è nata per difendere
i maghi
rimasti nei paesi circostanti”.
Severus e Lily si guardarono negli occhi, fieri di tutto quello sforzo
mentale per costruire una teoria plausibile che potesse spiegare molti
quesiti
lasciati irrisolti.
Il ragazzo si alzò per sgranchirsi le gambe, ma rimase
sempre vicino a Lily
per concludere il discorso iniziato.
“Perché ti sei segnata a parte i nomi delle
confraternite ed i relativi
simboli? Pensi che siano tanto importanti per le tue
ricerche?” le chiese,
prima di andarsene verso il corridoio.
Lily si fece più pensierosa, incerta se rivelare a Severus
l’esistenza di
quel ciondolo dalla forma misteriosa.
“Sempre a Galway, quel pomeriggio, ho trovato un ciondolo
dalla forma
strana” ammise la ragazza.
“Ce l’hai qua con te?” le chiese Sev.
Lily scosse la testa.
“L’ho lasciato nel baule, non volevo perderlo nella
folla di studenti, o
sull’Hogwarts Express”.
Ad ogni modo, la ragazza tentò di descriverglielo e quella
descrizione
catturò l’attenzione di quella studentessa
Corvonero, che alzò la testa e fissò
nuovamente Lily, evitando accuratamente lo sguardo di Severus.
“Sono certo che ad Hogwarts, in biblioteca, troveremo
qualcosa riguardante
quei simboli. Certo che è strano, ammetto di non aver mai
sentito parlare di
quel ciondolo circolare con un albero al centro”.
Detto questo, Sev accarezzò affettuosamente la testa di
Lily, ed uscì dallo
scompartimento, senza dire nulla. Lily sapeva che sarebbe andato a
farsi un
giro in solitudine, perché ne aveva bisogno, di tanto in
tanto, di starsene in
pace con i suoi pensieri. Sicuramente, si sarebbe recato dai suoi
compagni
Serpeverde per un saluto più di rito che sincero e sentito.
La ragazza lo guardò allontanarsi, pensando che se non ci
fossero state le
due studentesse nello scompartimento, probabilmente Severus
l’avrebbe baciata.
Ma era meglio così, non amavano scambiarsi effusioni in
pubblico.
Lily riprese in mano quel libro, avvertendo quella strana eccitazione
dentro di sé, ancora una volta. Un istinto primordiale e
remoto, le diceva che
era sulla buona strada. A quel punto non le interessava più
sapere l’identità
precisa dei suoi antenati maghi, desiderava semplicemente capire da
quale
confraternita discendesse la parte magica di sé,
poiché sentiva che quel
ciondolo, dalla foggia inconsueta e particolare, avesse a che fare
proprio con
una di quelle gilde. Lily ignorava, però, che quella ricerca
circa le sue
origini, eseguita di sicuro con la massima serietà, le
avrebbe seriamente
cambiato la vita.
“Perdonami” disse la Corvonero che per ben due
volte le aveva puntato gli
occhi addosso. Lily alzò la testa dal libro e lo richiuse,
riponendolo in
borsa. La Corvonero si alzò, per sedersi accanto alla
Grifondoro.
“Ho ascoltato te e quel ragazzo parlare di alcune cose che mi
hanno colpito
molto… Posso scambiare quattro chiacchiere con
te?”.
Lily la guardò intensamente negli occhi, cercando di capire
quanto potesse
fidarsi di lei, dato che non era sprovveduta al punto tale da dare
confidenza a
chiunque. L’istinto la tranquillizzò,
però, suggerendole di parlarle senza
timori. Non sembrava avere cattive intenzioni.
“Naturalmente. Sono Lily Evans. Chiamami pure Lily”
le tese la mano
amichevole.
“Miranda Lynch”
si presentò con
un sorriso gentile, stringendole la mano “Il tuo volto non mi
è affatto nuovo,
mi pare di averti già visto in biblioteca qualche tempo
fa”.
Lily arrossì, ricordandosi di quando Severus le aveva
dichiarato ad alta
voce il suo amore per lei, facendo sobbalzare proprio Miranda.
“Già… Può essere”
rispose vaga la ragazza, con una smorfia che tradiva un
po’ di imbarazzo.
Tacquero per qualche istante, poi Miranda prese la parola.
“Ascolta, andrò dritta al nodo della questione,
è il caso di dirlo”. Detto
questo, allentò un attimo il nodo della cravatta dai colori
tipici di Corvonero,
per poter infilare agilmente le dita sotto la camicia. Lily la
osservò
perplessa, fino a quando non si trovò davanti lo stesso
ciondolo rinvenuto a
casa degli zii irlandesi.
“Merlino! E’ proprio uguale al mio!”
esclamò Lily, toccandolo con un certo timore.
“Perché tu sei come
me” disse
enigmatica la ragazza, con uno strano sorriso sulle labbra.
Severus
camminò verso il compartimento dei Serpeverde, rimuginando
su
quanto detto prima assieme a Lily. Da un lato, poteva capire
quest’esigenza da
parte della ragazza, ovvero quella di chiarire qualcosa che non
riusciva a
spiegarsi fino in fondo: lui aveva delle origini chiare ed
inequivocabili, era
un Mezzosangue, non aveva margine per supporre una nascita differente.
Lily
aveva bisogno di certezze, aveva bisogno di sapere chi le avesse dato i
poteri
magici. Poteva capirla, si sentiva senza radici solide da affondare nel
terreno. Lui non sapeva che cosa volesse dire sentirsi spersi, con un
passato
remoto nebuloso. Severus aveva capito sin da subito dove stabilirsi, a
quale
appiglio aggrapparsi per sentirsi vivo. Si era sempre sentito solo, ma
irrimediabilmente perso, mai, anche grazie al mondo della magia che
l’aveva
accolto, e grazie a Lily.
Camminava lentamente, immerso nei suoi pensieri, non facendo caso al
frastuono ed al ciarlare dei ragazzi sparsi per l’angusto
corridoio o per gli
scompartimenti dalle porte sempre aperte, in modo tale che i ragazzi
potessero
entrare ed uscire indisturbati e nella massima tranquillità.
Aprì la porta a scorrimento, di un nero laccato e lucente,
la quale portava
al vagone con gli scompartimenti riservati ai Serpeverde, che non
amavano
affatto mescolarsi agli studenti delle altre casate. Nemmeno Severus
amava
stare in mezzo ai ragazzi delle altre case, e mai si sarebbe sognato di
farlo,
ma voleva rimanere accanto a Lily il più possibile, pertanto
accettava di
mettersi su un vagone diverso, a patto che non ci fossero personaggi a
lui
sgraditi, come per esempio i Malandrini, che aveva intravisto nel loro
compartimento, intenti a lanciarsi dolciumi addosso.
L’atmosfera era nettamente più inquietante
rispetto agli altri vagoni, da
un certo punto di vista, per il silenzio che dominava per la maggior
parte del
tempo, dato che i ragazzi e le ragazze non urlavano, né
strepitavano, ma
preferivano parlare con voci sommesse. L’arredo interno era
sobrio, ma
estremamente elegante e confortevole, ed era più ricco
rispetto alle
poltroncine comode, ma spartane, degli altri scompartimenti.
Le ragazze Serpeverde di qualsiasi età parlavano delle feste
frivole alle
quali avevano partecipato durante l’estate, per mettersi in
mostra di fronte
alle buone famiglie Purosangue. La caccia del buon partito, del
facoltoso ed
avvenente marito, iniziava abbastanza presto per loro. Alcune ragazze,
non
tutte, del sesto o del settimo anno sfoggiavano qualche piccolo
gioiello, a
comprovare che erano impegnate in un legame che le avrebbe portate ad
un
matrimonio sfarzoso ed alla nascita di futuri pargoli Purosangue. Di
tradire la
fedeltà a quel sangue puro e nobile, non se ne parlava
proprio. E se a qualcuna
balenasse quell’idea folle e balzana, di certo non lo diceva
ai Serpeverde, e,
soprattutto, non sarebbe mai più stata degna di stare in
mezzo a quei maghi di
nobile stirpe.
C’era un altro motivo per cui Severus si era spinto nel
vagone dei suoi
compagni di casata: era proprio curioso di sapere che cosa avessero
combinato
quei due scriteriati di Mulciber ed Avery, durante l’estate.
Non avrebbero
mancato di gonfiarsi il petto orgogliosi e di urlare con voce grossa e
sprezzante quanto compiuto lontano da Hogwarts. Lontano dalla scuola,
avrebbero
comunque goduto del supporto incondizionato dei genitori, le cui idee
circa la
purezza di sangue erano ben note agli studenti della casa di Salazar
Serpeverde.
Era desideroso di sapere che cosa avessero fatto, anche
perché non voleva
arrivare da Silente privo di informazioni essenziali e molto utili alla
causa.
Aveva accettato quel compito e si era voluto mettere
all’opera sin da subito,
per dimostrare al Preside che di lui ci si poteva fidare e che la sua
ammirevole solerzia non erano solo delle leggende narrate da un
adorante
Professor Lumacorno, che, Severus n’era certo, era stato
coinvolto
nell’operazione di reclutamento. Figurati se Lumacorno non
avesse seguito il
vento buono e favorevole che l’avrebbe portato verso lidi
sicuri, al riparo da
qualsiasi problema o difficoltà, rifletté
Severus. Non osò immaginare in che
razza di panegirici si fosse lanciato il vecchio insegnante di Pozioni,
di
fronte a Silente, nei confronti del ragazzo. Ed era proprio per quel
motivo che
voleva farsi trovare pronto e già in azione:
perché sapeva che il Preside di
Hogwarts nutriva aspettative molto alte verso coloro che avevano deciso
di
collaborare con lui, e non gliene importava molto che il proprio
aiutante
potesse avere quindici anni o quarantacinque. In ogni caso, il compito
si
prospettava tutt’altro che facile, anche perché
Severus non sapeva da che parte
s’iniziasse a spiare le persone. Concluse, quindi, che le
migliori maestre erano
unicamente la pratica e l’esperienza. Non poteva certo
permettersi errori gravi
nei momenti cruciali, tanto valeva esercitarsi con quei manigoldi
vanesi, fieri
dei loro misfatti. Nessuno aveva spiegato loro che
l’irriverenza e la poca
riservatezza nei confronti dei loro crimini conduceva ad una
sconsideratezza
grossolana, che li portava a parlare senza remore di quanto erano
soliti fare.
Il Serpeverde li vide comodamente seduti sulle poltroncine in pelle
nera,
con lo sguardo pieno di ottusa sfrontatezza, con le loro bocche
spalancate a
parlare, a dire stupidaggini piene di vanità, ad esibirei i
loro trofei
ottenuti con il terrore e la violenza.
Gli ascoltatori li ascoltavano rapiti, con occhi scintillanti,
ipnotizzati
da quel racconto pregno di cattiveria e perfidia, sperando di poter
arrivare
pure loro ad essere un giorno come Mulciber ed Avery.
C’era un posto vuoto, accanto a quei due disgraziati, e
sembrava fatto
apposta per Severus. Con un ghigno soddisfatto, il ragazzo si sedette
accanto a
loro, dopo che l’ebbero salutato con calore, aggiungendo che
lo stavano
aspettando con trepidazione.
“Severus, siediti, qua, accanto a noi” lo
invitò Mulciber, con un
scintillio sadico negli occhi, che trepidavano per raccontare quella
che si
preannunciava l’impresa del secolo.
“Ti sei perso un po’ di avvenimenti,
quest’estate. Lascia che ti venga
raccontato qualcosa” aggiunse Avery.
Severus si accomodò, mantenendo quel ghigno soddisfatto
sulle labbra.
Incrociò le braccia al petto, pronto ad acquisire
informazioni vitali da poter
usare contro di loro, al momento opportuno.
Per un attimo, aveva temuto di non essere in grado di ascoltare a mente
serena racconti simili. A sorpresa, invece, era calmo come non mai, e
pregustava il momento in cui avrebbero capito, e sfortunatamente per
loro
sarebbe stato troppo tardi, che occorreva sempre valutare bene a chi
affidare
le proprie confidenze.
Si sentiva come un boia che affila accuratamente la lama della propria
ascia, prima di far rotolare nella polvere quelle teste che prima aveva
ingannato.
“Non vedo l’ora di sentire i vostri eroici
racconti” disse Severus deliziato, con una forte, fortissima
dose di sarcasmo
su quella parola “eroici”. Non colsero
quell’ironia fine, anzi, il loro ego si
sentì gonfiato a tal punto che si lanciarono nel resoconto
delle loro
mirabolanti imprese.
Per la prima volta, Severus si sentiva più sprezzante del
pericolo, perché
era maturato, aveva scelto la sua strada senza paura e ne accettava
ogni
singola conseguenza, dalla più blanda alla più
estrema, perché sapeva di essere
sostenuto da un nobile intento. E si sentì, per qualche
attimo, un piccolo,
promettente guastafeste.
*
* *
“Dia dhuit” o
“Cen chaoi bhfuil
tú?”: ovvero,
“Buongiorno” e “Come stai?” in
irlandese. La pronuncia è più o meno la seguente:
“Ghi-ih guit” e “Chein-ghi uil
tuu?”
“Crann Bethadh”: pronuncia
“Cran Beha-ah”.
No, non vi dico ancora cosa vuol dire (anche se
Mr.Google vi può dare una mano, se proprio morite di
curiosità :P).
Ok, per
chi non lo sapesse, la storia è una mia grande passione e ce
l’ho voluta
infilare dentro senza pietà! Chiaramente, la parte
riguardante i maghi è
finzione, mentre gran parte degli avvenimenti con date e nomi precisi
– tranne il
Proclama di An Mhi – sono tutti veri. Però
chissà, la storia d’Irlanda in alcuni
secoli era molto lacunosa e piena di invasioni e mica invasioni, poi la
fantasia fa il resto, non credete? Poi, mi è piaciuto
fantasticare su cosa
potesse essere il mondo della magia tanti secoli fa, mi concedete
questa
piccola licenza? XD Poi, personalmente stendo a credere che un mago
Nato
Babbano nasca così dal nulla XD Poi, parere personale.
Mi
piace questo Sev piccolo guastafeste bastardo che si cala nella parte.
E
Miranda? Che dite di questo personaggio nuovo? Secondo voi che ha detto
a Lily?
E Mulciber ed Avery? Che hanno combinato secondo voi?
Ed il weekend
prossimo si va a Roma! Aspettatemiiiih <3
Grazie ancora per il supporto!
Alessandra :D
P.s.
Dimenticavo il brano!!! <3 “Diggin’
In The Dirt” del
sommo Peter Gabriel. E in versione “New Blood”.
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