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Autore: Lily White Matricide    12/01/2012    15 recensioni
Tutto ha inizio durante un viaggio in Irlanda, verde come gli occhi di Lily. Un viaggio per allontanarsi da Spinner's End per Severus, per averla ancora più vicina ... Per capire, tra uno sprazzo di sole ed uno scroscio di pioggia, che cosa sia averla vicina ogni giorno. La pioggia purifica e salva, il sole asciuga il senso di colpa .... E in tutti quegli anni e mesi e giorni, la pioggia irlandese accompagnerà sempre Lily e Severus. Un lungo viaggio nella loro adolescenza, che andrà ad incupirsi per l'ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte, ma che li spingerà a prendere una posizione ben precisa in questa guerra all'orizzonte. Riusciranno i due ragazzi a sopravvivere alla guerra?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lily Evans, Severus Piton, Voldemort | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Irish Rain Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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26.

Digging In The Dirt

 

“Hear me now
Bearing down upon a path we choose
Chosen from the start living different rules
Existence something to cherish true
Will not succumb to doubts that I hold onto
Release the fear of my pain
In so much pain
Give me the will to fight
Every obstacle that I have inside
Release the fear and…”

“All my life
Always I've felt alone
Conditioned to believe that I'm always wrong
Only truth will help to set me free
My every weakness I must turn into strength
Every rage, every tear”

Machine Head - Imperium

Nelle grandi famiglie non mancano mai oggetti curiosi che vengono passati di padre in figlio, o di madre in figlia. Molto spesso, tali oggetti non vengono mai reputati veramente importanti o necessari, pertanto il più delle volte finiscono per giacere inutilizzati nei fondi dei cassetti, nei meandri più remoti dei bauli o degli armadi. Non ultimo, il più delle volte non si comprendeva il reale motivo per cui venissero tramandati, ma venivano comunque conservati con cura, per un bizzarro attaccamento che si viene a creare nel momento in cui li si ha per le mani.
Norah Evans era solita dire che ciò che viene lasciato da chi passa a miglior vita acquisisce un senso col passare del tempo, e che bisognava dunque essere pazienti e mai irriconoscenti nei confronti delle eredità, fossero esse ricche, modeste, concrete o puramente simboliche.
Durante la vacanza in Irlanda, Lily aveva avuto il coraggio di salire nella soffitta della casa di Galway, aprendo una botola polverosa e scricchiolante. Sapeva che lì venivano conservati degli abiti e degli oggetti appartenuti a nonna Eimear e la curiosità della ragazza era troppo forte per lasciare il contenuto di quei bauli alla mercé della polvere e dell’oblio.
D’altronde, la Grifondoro si era più volte interrogata circa le proprie origini. Andava molto fiera del suo sangue in parte irlandese, si sentiva in sintonia perfetta con quella terra e la sua natura tanto selvaggia, contornata da un’aura di mistero, che sapeva quasi di magico. E la sua curiosità era ulteriormente alimentata dal fatto che più di un familiare avesse più volte accennato ad una certa somiglianza tra Eimear e la nipote, nel carattere ed in alcuni atteggiamenti. Ma la conoscenza della nonna era limitata a delle elegantissime foto in bianco e nero, dove la donna sembrava una diva degli anni ’30, ed ai racconti dei parenti, mentre la madre non sembrava molto incline a parlarne. Più di una volta, aveva fatto capire di soffrirci ancora molto. Lily, soprattutto dopo la perdita del padre da parte di Severus, era giunta alla conclusione che ciascuno avesse i propri tempi e modi nel reagire ad un lutto. Di una cosa era certa: non si superava mai davvero del tutto la scomparsa di qualcuno di caro.
Con l’aiuto di una Maeve alquanto accondiscendente e meno esuberante del solito, aveva riportato alla luce mucchi di vestiti, che per quanto fossero belli e ben confezionati, erano decisamente fuori moda. Alle due ragazze dispiaceva non poterli mettere, ma d’altro canto erano cambiati i tempi e le tendenze.
Lily si era però innamorata di una vestaglia in seta nera ed oro. L’indumento ricordava un kimono giapponese, dato che veniva stretto in vita da un’ampia fascia nera impreziosita da ricami dorati, e presentava delle maniche molto lunghe che sfioravano il pavimento, ed erano tempestate di perle dorate dalla forma irregolare.
La Grifondoro la prese tra le mani e con le dita l’afferrò più volte, per sentire la consistenza e la leggerezza del tessuto. Era così bella da toccare. Intanto che Maeve imprecava contro un baule che non ne voleva sapere di aprirsi, Lily se la provò, cercando di non sembrare troppo ridicola. Nonna Eimear era un po’ più alta di lei, dato che il tessuto toccava terra ed interferiva parecchio mentre camminava.
Un gran tonfo riportò Lily alla realtà.
“Bellezza!” la chiamò trionfante Maeve, facendole segno di avvicinarsi al baule appena aperto “Guarda un po’ che cosa ho trovato per te”.
Lily si tolse di dosso la vestaglia e si chinò verso il contenitore, afferrando dei libri ed un piccolo portagioie.
“Vai piano! Sembra che tu non abbia mai visto dei libri in vita tua!” disse Maeve ridendo.
Lily scese trionfante da quella soffitta con una vestaglia nera, un libro scritto in gaelico irlandese, un altro libro intitolato “Storia della Magia Irlandese”, ed un ciondolo con un nodo celtico che non aveva mai visto prima di allora: il ciondolo era di forma circolare, ma i nodi andavano a formare un albero, dalle radici alla chioma, racchiudendolo in una cornice esterna, fatta sempre di nodi.
Quel libro di Storia della Magia Irlandese e quel gioiello così particolare avevano risvegliato qualcosa dentro di lei. Sentiva una certa euforia scatenarsi e percorrerla da capo a piedi.  

 

Se c’era una domanda che per Lily necessitasse di una risposta era quella riguardante perché fosse nata con poteri magici in una famiglia decisamente ordinaria. C’era qualcosa che le scienze Babbane non riuscivano a spiegare, ovvero i suoi poteri magici, ma c’era anche qualcosa che il sapere dei maghi non era in grado di chiarire, ovvero come fosse possibile che dei Babbani normalissimi potessero dare vita a dei maghi.
L’unico modo per trovare risposte era di scavare nel passato, fosse anche quello più remoto. Lily aveva riposto molte speranze nel corso di Storia della Magia ad Hogwarts, perché in principio pensava che prima o poi sarebbe stato affrontato quel capitolo riguardante le origini dei maghi. Invece, era stato un clamoroso buco nell’acqua: il Professor Rüf si era rivelato estremamente noioso, propinando agli studenti uno sterile susseguirsi di guerre, di avvenimenti di dubbia utilità, quali rivolte di folletti, insurrezioni di Centauri, riunioni di maghi, patti stipulati tra varie famiglie magiche.
Se c’era una cosa che aveva imparato negli ultimi anni, specie in quell’ultimo anno ricco di avvenimenti tumultuosi, era che a volte era meglio cercarsi le risposte da sé, nel caso in cui le spiegazioni fornite non fossero state sufficienti od esaustive. Anche a costo di cacciarsi nei guai.
Lily era sul treno diretto ad Hogwarts, per la quinta volta in vita sua, pronta ad affrontare un nuovo anno, non priva di dubbi ed incertezze, che si trascinava dopo gli inquietanti episodi di qualche mese prima. Giacché quei avvenimenti riguardavano le origini Babbane di maghi e streghe come lei, il desiderio di comprendere fino in fondo il suo sangue si era fatto nuovamente avanti.
Seduta nel compartimento assieme a Severus, ed a due studentesse Corvonero del settimo anno, Lily reggeva tra le mani quel libro rinvenuto a Galway. L’aveva esaminato a lungo, prima di aprirlo, cercando di capire quanti anni potesse avere. Da quello che era riuscita a concludere, era un’edizione risalente al diciannovesimo secolo di un manoscritto proveniente da secoli precedenti, anche perché gli eventi narrati nel libro si fermavano all’Irlanda della Rinascita Gaelica ed al declino Normanno del quattordicesimo secolo.
Il dondolio dell’Hogwarts Express, che più volte negli anni precedenti l’aveva fatta assopire entro poco tempo, passò del tutto in secondo piano.
“Perché mia Nonna Eimear aveva quel libro di Storia della Magia?” s’interrogò mentalmente, aggrottando la fronte. La ragazza lanciò un’occhiata a Severus, che era immerso nel libro di pozioni russo che gli aveva regalato proprio lei lo scorso Natale.
Lily ruppe ogni indugio ed aprì il libro, partendo dall’indice, che trovò accuratamente suddiviso in svariati capitoli e periodi di tempo. Si accorse che il libro non era scritto solo in inglese, ma riportava anche la versione in irlandese, che Lily non conosceva affatto, sebbene di tanto in tanto Maeve ed i suoi familiari parlassero in quella lingua anche in sua presenza. Sua madre Norah non di rado partecipava a quelle incomprensibili discussioni, ma non aveva insegnato l’irlandese alle due figlie, non vedendone un’utilità precisa. La Grifondoro sapeva dire a malapena “Dia dhuit” o “Cen chaoi bhfuil tú?”.
La ragazza si sistemò meglio sul proprio sedile, appoggiando bene la schiena contro il morbido schienale della poltroncina. Ricordò a se stessa che qualsiasi cosa avrebbe letto in quel libro, avrebbe dovuto combinarlo con le nozioni apprese nel corso del Professor Rüf.
Superati i primi paragrafi di rito, assolutamente superflui per la ragazza, finalmente arrivò qualche informazione nuova e realmente interessante: i maghi irlandesi, prima dell’anno Mille – e prima della fondazione di Hogwarts nell’anno 993 d.C, pensò la ragazza – vivevano tra i Babbani senza problemi. Tuttavia, ogni mago, in base alla propria abilità, doveva render conto ad una delle numerose confraternite della comunità magica. Tali confraternite funzionavano esattamente come quelle Babbane, che avevano caratterizzato buona parte dell’Alto Medioevo, con la sola differenza che esaltavano le abilità magiche. Ogni gilda era contraddistinta da un simbolo ben preciso, che però sfortunatamente non veniva riportato graficamente in quell’edizione in possesso della Grifondoro, ma veniva solamente accennato, con il nome corrispondente in irlandese.
Lily lasciò un attimo il libro da parte e cercò affannosamente nella borsa una pergamena ed una penna sulla quale scrivere il nome delle confraternite, per poter proseguire nelle sue ricerche nella ben fornita biblioteca di Hogwarts: era certa che avrebbe trovato qualcosa al riguardo.
Sev sollevò gli occhi dal proprio libro, incuriosito dall’entusiasmo di Lily, e dal suo trafficare nella borsa.
“Lily” la chiamò con gentilezza, ma lei sobbalzò, evidentemente persa nei suoi pensieri.
“Sev! Ah! Scusa, ero distratta da quel libro che ho trovato in soffitta a Galway!” disse lei frettolosamente.
“E’ interessante?” le chiese Sev a bassa voce, perché non voleva farsi sentire dalle due ragazze nel compartimento.
La giovane annuì, con un bel sorriso.
“Credo che possa rispondere ad alcune mie domande esistenziali” aggiunse poi “Ah, perdonami: non è che avresti una pergamena e qualcosa con cui scrivere? Non ho niente in borsa”.
Il ragazzo afferrò la propria borsa ed estrasse una pergamena, una penna, ed un piccolo calamaio con una modesta quantità d’inchiostro e diede il tutto a Lily.
La guardò avventarsi sulla pergamena e la vide scrivere con grafia poco ordinata e nervosa.
“Perdonami se t’interrompo Lily, ma…” osservò un po’ esitante il ragazzo, appoggiandole timidamente una mano sulla spalla “…Se scrivi così male, poi non riuscirai a rileggere quei nomi, quando ti serviranno”.
Lily alzò gli occhi verso il proprio ragazzo e lo osservò interdetta. Riguardò il frammento di pergamena e convenne che il Serpeverde non avesse tutti i torti. In quel momento, un puro capriccio da ragazzina le attraversò la mente.
“Sev, per favore, me li riscriveresti tu i nomi? Hai una bellissima grafia” gli chiese con occhi scintillanti, porgendogli la pergamena.
Il ragazzo afferrò il foglio, scuotendo il capo. Nel frattempo, le due Corvonero si alzarono ed uscirono dal compartimento, dirigendosi verso l’angusto corridoio dell’Hogwarts Express.
“Avanti, dimmi” la esortò Severus.
La ragazza iniziò a dettargli quella manciata di nomi che le servivano, con il nome del relativo simbolo.
“L’ultimo nome è “Confraternita degli Evocatori”. Il simbolo è… Accidenti, te lo devo dire in gaelico, perché si legge male in inglese, sembra che sia stato volutamente cancellato” la ragazza voltò pagina per cercare il testo in gaelico.
“Ci sono: è il Crann Bethadh” esclamò trionfante la ragazza ad alta voce, fiera di aver azzeccato la pronuncia irlandese, mettendo assieme le poche regole che conosceva di quella lingua molto ostica.
Una delle due compagne di scompartimento che si stava riaccomodando al proprio posto, sollevò il capo e la guardò con sguardo piuttosto stupito, come se si fosse sentita chiamata in causa. Lo sguardo di Lily incrociò quello della Corvonero. Alla Grifondoro quella ragazza non risultò del tutto sconosciuta. Aveva un viso molto delicato, dai lineamenti puliti, e due grandi occhi azzurro chiaro. I capelli erano di un bel biondo ramato, folti e lisci, che le ricadevano sulle spalle. La Grifondoro tacque per qualche momento e la fissò negli occhi, e per tutta risposta, la Corvonero accennò ad un sorriso, distendendo le labbra sottili.
“Lily, ripetimelo più lentamente, per favore” le disse Sev, richiamando la sua attenzione.
“Scusami, hai ragione!” si scusò la ragazza, distogliendo lo sguardo dalla studentessa, e scandì le due parole con precisione.
Lily osservò con soddisfazione il piccolo elenco redatto da Severus e lo infilò tra le pagine del volume. Gli occhi scuri del ragazzo fissavano il tomo con una certa curiosità, e dato che voleva soddisfarla, si chinò in avanti, verso Lily, per parlarle indisturbato e lontano dalle intercettazioni delle due ragazze, che non parevano comunque interessate ai loro discorsi.
“Che cosa c’è di tanto interessante in quel libro?” sussurrò il ragazzo all’amata. Lei, con uno dei suoi sorrisi enigmatici, si chinò verso di lui.
“Sto cercando di capire le mie origini” rispose lei, raggiante e fiduciosa, assolutamente certa di essere sulla buona strada per risolvere l’enigma.
“Attraverso un libro di Storia della Magia Irlandese?”.
Lily annuì decisa.
“Mia mamma è in parte irlandese, te lo sei dimenticato?”.
E come poterlo dimenticare, pensò Sev, che aveva sempre visto in quei capelli rossi morbidi e lunghi ed in quei occhi verdi e scintillanti, la quintessenza della ragazza irlandese. Il ragazzo esortò la Grifondoro a proseguire nel suo racconto.
“Ecco, questo libro era tra gli oggetti che ho trovato in soffitta a Galway. Apparteneva a nonna Eimear, anche se non sembra che l’abbia mai aperto. Non ha lasciato appunti od annotazioni tra le pagine. Ma è strano che una Babbana abbia un libro che tratta di magia, no?”.
Severus annuì, trovandolo in effetti alquanto bizzarro.
Lily fece una piccola pausa, tirando fuori dalla tasca del cardigan una piccola manciata di Gelatine Tuttigusti +1 e scegliendone una, con fare sospetto.
“Carbone. Poteva andarmi peggio” disse, mentre masticava la caramella con una smorfia strana in volto. Severus rifiutò educatamente i dolcetti di Lily. L’ultima volta che aveva assaggiato una di quelle caramelle simili alle Babbane Jelly Beans, aveva trovato il gusto caucciù, e non aveva più voluto assaggiarle.
“Comunque sia, sospetto di avere qualche antenato mago in famiglia. Non è possibile che i miei poteri magici siano saltati fuori dal nulla, non credi?”.
Sev si portò una mano alla tempia, massaggiandosela lievemente. Quello era uno dei gesti tipici del ragazzo quando rifletteva o ponderava una risposta plausibile.
“Può essere” rispose lui, meditabondo “D’altronde, da quel che so, i maghi sin dai tempi più antichi si univano ai Babbani. Magari, qualche tuo antenato mago ha dato alla luce a un Magonò…”.
Lily sorrise raggiante, felice che Severus l’avesse capita.
“Già! E probabilmente, i poteri magici non sono riemersi subito, non nei figli dei Magonò in questione, ma magari nei loro nipoti o nei bisnipoti”.
“Non è una teoria priva di una sua logica” convenne Sev, ammirando tra sé e sé il fervore e l’entusiasmo della ragazza.
“E ti dirò di più” aggiunse “Per esempio, in Irlanda, prima della cristianizzazione, i maghi erano molto più liberi, e vivevano a stretto contatto con i Babbani. Non come adesso, che non possiamo e non dobbiamo farci vedere dai Babbani, altrimenti loro ci prendono per folli e noi passiamo un guaio non da poco”. Tacque per qualche attimo e prese un’altra gelatina da mangiare, questa volta al gusto budino di panna e fragole.
“I problemi per i maghi irlandesi – e non solo loro – sono iniziati con la conversione al cristianesimo, combinata alle invasioni dei popoli del Nord Europa”.
“I Vichinghi?” aggiunse il ragazzo.
“Sì, loro. San Patrizio lasciò una certa libertà negli usi degli irlandesi, ed i maghi poterono continuare a vivere nelle loro confraternite e a praticare le loro arti magiche come prima. Solo che, qualche secolo dopo, con l’arrivo dei Vichinghi… Gli irlandesi, in ginocchio per tutte quelle invasioni, hanno iniziato a vedere di cattivo occhio i maghi, sospettando che addirittura fossero conniventi con l’invasore, favorendone l’arrivo con la magia. Anche perché, i maghi avevano rifiutato di convertirsi al Cristianesimo”.
Lily riaprì il libro di Storia della Magia Irlandese ed iniziò a leggere con voce solenne: “Mael Sechnaill, Re di Mide e Re Supremo d’Irlanda, nel 848 d.C. sconfigge un’armata norvegese a Sciath Nechtain, pur avendo molti meno soldati rispetto ai norvegesi. Il Re, cercando di giustificare questa guerra come uno scontro tra cristiani e pagani, aveva invocato l’aiuto dell’imperatore francese Carlo il Calvo, che non aveva risposto alla richiesta del sovrano irlandese”.
“La vittoria degli irlandesi dura poco, dato che nel 852 d.C. i norvegesi, capitanati da Ivar Beinlaus ed Olaf il Bianco, sbarcano nella Baia di Dublino, dove viene fondata la città di Dublino. Da questa data in avanti, il dominio vichingo prosegue incontrastato fino al 1014 d.C., anno della battaglia di Clontarf, dove i Vichinghi cessano di essere la forza dominante dell’Irlanda”.
“In questo periodo di tempo, i maghi, visti con sospetto e con odio dopo il Proclama di An Mhì, furono costretti a nascondersi dai cristiani. Molti di loro vennero esiliati assieme ad alcune tribù di re detronizzati. Queste tribù vennero portate in Scozia ed in altre parti dell’Inghilterra, tra cui la Cornovaglia ed il Galles”.
E magari quei maghi esiliati in Scozia si sono rifugiati alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, fondata nel 993 d.C, circa” dedusse Severus “Il Professor Rüf non ha detto che la nostra scuola era nata inizialmente per difendere i maghi perseguitati? Penso che anche in Scozia avessero problemi con le invasioni dei Vichinghi”.
“E’ così” affermò la ragazza “La nostra scuola è nata per difendere i maghi rimasti nei paesi circostanti”.
Severus e Lily si guardarono negli occhi, fieri di tutto quello sforzo mentale per costruire una teoria plausibile che potesse spiegare molti quesiti lasciati irrisolti.
Il ragazzo si alzò per sgranchirsi le gambe, ma rimase sempre vicino a Lily per concludere il discorso iniziato.
“Perché ti sei segnata a parte i nomi delle confraternite ed i relativi simboli? Pensi che siano tanto importanti per le tue ricerche?” le chiese, prima di andarsene verso il corridoio.
Lily si fece più pensierosa, incerta se rivelare a Severus l’esistenza di quel ciondolo dalla forma misteriosa.
“Sempre a Galway, quel pomeriggio, ho trovato un ciondolo dalla forma strana” ammise la ragazza.
“Ce l’hai qua con te?” le chiese Sev.
Lily scosse la testa.
“L’ho lasciato nel baule, non volevo perderlo nella folla di studenti, o sull’Hogwarts Express”.
Ad ogni modo, la ragazza tentò di descriverglielo e quella descrizione catturò l’attenzione di quella studentessa Corvonero, che alzò la testa e fissò nuovamente Lily, evitando accuratamente lo sguardo di Severus.
“Sono certo che ad Hogwarts, in biblioteca, troveremo qualcosa riguardante quei simboli. Certo che è strano, ammetto di non aver mai sentito parlare di quel ciondolo circolare con un albero al centro”.
Detto questo, Sev accarezzò affettuosamente la testa di Lily, ed uscì dallo scompartimento, senza dire nulla. Lily sapeva che sarebbe andato a farsi un giro in solitudine, perché ne aveva bisogno, di tanto in tanto, di starsene in pace con i suoi pensieri. Sicuramente, si sarebbe recato dai suoi compagni Serpeverde per un saluto più di rito che sincero e sentito.
La ragazza lo guardò allontanarsi, pensando che se non ci fossero state le due studentesse nello scompartimento, probabilmente Severus l’avrebbe baciata. Ma era meglio così, non amavano scambiarsi effusioni in pubblico.
Lily riprese in mano quel libro, avvertendo quella strana eccitazione dentro di sé, ancora una volta. Un istinto primordiale e remoto, le diceva che era sulla buona strada. A quel punto non le interessava più sapere l’identità precisa dei suoi antenati maghi, desiderava semplicemente capire da quale confraternita discendesse la parte magica di sé, poiché sentiva che quel ciondolo, dalla foggia inconsueta e particolare, avesse a che fare proprio con una di quelle gilde. Lily ignorava, però, che quella ricerca circa le sue origini, eseguita di sicuro con la massima serietà, le avrebbe seriamente cambiato la vita.
“Perdonami” disse la Corvonero che per ben due volte le aveva puntato gli occhi addosso. Lily alzò la testa dal libro e lo richiuse, riponendolo in borsa. La Corvonero si alzò, per sedersi accanto alla Grifondoro.
“Ho ascoltato te e quel ragazzo parlare di alcune cose che mi hanno colpito molto… Posso scambiare quattro chiacchiere con te?”.
Lily la guardò intensamente negli occhi, cercando di capire quanto potesse fidarsi di lei, dato che non era sprovveduta al punto tale da dare confidenza a chiunque. L’istinto la tranquillizzò, però, suggerendole di parlarle senza timori. Non sembrava avere cattive intenzioni.
“Naturalmente. Sono Lily Evans. Chiamami pure Lily” le tese la mano amichevole.
Miranda Lynch” si presentò con un sorriso gentile, stringendole la mano “Il tuo volto non mi è affatto nuovo, mi pare di averti già visto in biblioteca qualche tempo fa”.
Lily arrossì, ricordandosi di quando Severus le aveva dichiarato ad alta voce il suo amore per lei, facendo sobbalzare proprio Miranda.
“Già… Può essere” rispose vaga la ragazza, con una smorfia che tradiva un po’ di imbarazzo.
Tacquero per qualche istante, poi Miranda prese la parola.
“Ascolta, andrò dritta al nodo della questione, è il caso di dirlo”. Detto questo, allentò un attimo il nodo della cravatta dai colori tipici di Corvonero, per poter infilare agilmente le dita sotto la camicia. Lily la osservò perplessa, fino a quando non si trovò davanti lo stesso ciondolo rinvenuto a casa degli zii irlandesi.
“Merlino! E’ proprio uguale al mio!” esclamò Lily, toccandolo con un certo timore.
“Perché tu sei come me” disse enigmatica la ragazza, con uno strano sorriso sulle labbra.

 

Severus camminò verso il compartimento dei Serpeverde, rimuginando su quanto detto prima assieme a Lily. Da un lato, poteva capire quest’esigenza da parte della ragazza, ovvero quella di chiarire qualcosa che non riusciva a spiegarsi fino in fondo: lui aveva delle origini chiare ed inequivocabili, era un Mezzosangue, non aveva margine per supporre una nascita differente. Lily aveva bisogno di certezze, aveva bisogno di sapere chi le avesse dato i poteri magici. Poteva capirla, si sentiva senza radici solide da affondare nel terreno. Lui non sapeva che cosa volesse dire sentirsi spersi, con un passato remoto nebuloso. Severus aveva capito sin da subito dove stabilirsi, a quale appiglio aggrapparsi per sentirsi vivo. Si era sempre sentito solo, ma irrimediabilmente perso, mai, anche grazie al mondo della magia che l’aveva accolto, e grazie a Lily.
Camminava lentamente, immerso nei suoi pensieri, non facendo caso al frastuono ed al ciarlare dei ragazzi sparsi per l’angusto corridoio o per gli scompartimenti dalle porte sempre aperte, in modo tale che i ragazzi potessero entrare ed uscire indisturbati e nella massima tranquillità.
Aprì la porta a scorrimento, di un nero laccato e lucente, la quale portava al vagone con gli scompartimenti riservati ai Serpeverde, che non amavano affatto mescolarsi agli studenti delle altre casate. Nemmeno Severus amava stare in mezzo ai ragazzi delle altre case, e mai si sarebbe sognato di farlo, ma voleva rimanere accanto a Lily il più possibile, pertanto accettava di mettersi su un vagone diverso, a patto che non ci fossero personaggi a lui sgraditi, come per esempio i Malandrini, che aveva intravisto nel loro compartimento, intenti a lanciarsi dolciumi addosso.
L’atmosfera era nettamente più inquietante rispetto agli altri vagoni, da un certo punto di vista, per il silenzio che dominava per la maggior parte del tempo, dato che i ragazzi e le ragazze non urlavano, né strepitavano, ma preferivano parlare con voci sommesse. L’arredo interno era sobrio, ma estremamente elegante e confortevole, ed era più ricco rispetto alle poltroncine comode, ma spartane, degli altri scompartimenti.
Le ragazze Serpeverde di qualsiasi età parlavano delle feste frivole alle quali avevano partecipato durante l’estate, per mettersi in mostra di fronte alle buone famiglie Purosangue. La caccia del buon partito, del facoltoso ed avvenente marito, iniziava abbastanza presto per loro. Alcune ragazze, non tutte, del sesto o del settimo anno sfoggiavano qualche piccolo gioiello, a comprovare che erano impegnate in un legame che le avrebbe portate ad un matrimonio sfarzoso ed alla nascita di futuri pargoli Purosangue. Di tradire la fedeltà a quel sangue puro e nobile, non se ne parlava proprio. E se a qualcuna balenasse quell’idea folle e balzana, di certo non lo diceva ai Serpeverde, e, soprattutto, non sarebbe mai più stata degna di stare in mezzo a quei maghi di nobile stirpe.
C’era un altro motivo per cui Severus si era spinto nel vagone dei suoi compagni di casata: era proprio curioso di sapere che cosa avessero combinato quei due scriteriati di Mulciber ed Avery, durante l’estate. Non avrebbero mancato di gonfiarsi il petto orgogliosi e di urlare con voce grossa e sprezzante quanto compiuto lontano da Hogwarts. Lontano dalla scuola, avrebbero comunque goduto del supporto incondizionato dei genitori, le cui idee circa la purezza di sangue erano ben note agli studenti della casa di Salazar Serpeverde.
Era desideroso di sapere che cosa avessero fatto, anche perché non voleva arrivare da Silente privo di informazioni essenziali e molto utili alla causa. Aveva accettato quel compito e si era voluto mettere all’opera sin da subito, per dimostrare al Preside che di lui ci si poteva fidare e che la sua ammirevole solerzia non erano solo delle leggende narrate da un adorante Professor Lumacorno, che, Severus n’era certo, era stato coinvolto nell’operazione di reclutamento. Figurati se Lumacorno non avesse seguito il vento buono e favorevole che l’avrebbe portato verso lidi sicuri, al riparo da qualsiasi problema o difficoltà, rifletté Severus. Non osò immaginare in che razza di panegirici si fosse lanciato il vecchio insegnante di Pozioni, di fronte a Silente, nei confronti del ragazzo. Ed era proprio per quel motivo che voleva farsi trovare pronto e già in azione: perché sapeva che il Preside di Hogwarts nutriva aspettative molto alte verso coloro che avevano deciso di collaborare con lui, e non gliene importava molto che il proprio aiutante potesse avere quindici anni o quarantacinque. In ogni caso, il compito si prospettava tutt’altro che facile, anche perché Severus non sapeva da che parte s’iniziasse a spiare le persone. Concluse, quindi, che le migliori maestre erano unicamente la pratica e l’esperienza. Non poteva certo permettersi errori gravi nei momenti cruciali, tanto valeva esercitarsi con quei manigoldi vanesi, fieri dei loro misfatti. Nessuno aveva spiegato loro che l’irriverenza e la poca riservatezza nei confronti dei loro crimini conduceva ad una sconsideratezza grossolana, che li portava a parlare senza remore di quanto erano soliti fare.
Il Serpeverde li vide comodamente seduti sulle poltroncine in pelle nera, con lo sguardo pieno di ottusa sfrontatezza, con le loro bocche spalancate a parlare, a dire stupidaggini piene di vanità, ad esibirei i loro trofei ottenuti con il terrore e la violenza.
Gli ascoltatori li ascoltavano rapiti, con occhi scintillanti, ipnotizzati da quel racconto pregno di cattiveria e perfidia, sperando di poter arrivare pure loro ad essere un giorno come Mulciber ed Avery.
C’era un posto vuoto, accanto a quei due disgraziati, e sembrava fatto apposta per Severus. Con un ghigno soddisfatto, il ragazzo si sedette accanto a loro, dopo che l’ebbero salutato con calore, aggiungendo che lo stavano aspettando con trepidazione.
“Severus, siediti, qua, accanto a noi” lo invitò Mulciber, con un scintillio sadico negli occhi, che trepidavano per raccontare quella che si preannunciava l’impresa del secolo.
“Ti sei perso un po’ di avvenimenti, quest’estate. Lascia che ti venga raccontato qualcosa” aggiunse Avery.
Severus si accomodò, mantenendo quel ghigno soddisfatto sulle labbra. Incrociò le braccia al petto, pronto ad acquisire informazioni vitali da poter usare contro di loro, al momento opportuno.
Per un attimo, aveva temuto di non essere in grado di ascoltare a mente serena racconti simili. A sorpresa, invece, era calmo come non mai, e pregustava il momento in cui avrebbero capito, e sfortunatamente per loro sarebbe stato troppo tardi, che occorreva sempre valutare bene a chi affidare le proprie confidenze.
Si sentiva come un boia che affila accuratamente la lama della propria ascia, prima di far rotolare nella polvere quelle teste che prima aveva ingannato.
“Non vedo l’ora di sentire i vostri eroici racconti” disse Severus deliziato, con una forte, fortissima dose di sarcasmo su quella parola “eroici”. Non colsero quell’ironia fine, anzi, il loro ego si sentì gonfiato a tal punto che si lanciarono nel resoconto delle loro mirabolanti imprese.
Per la prima volta, Severus si sentiva più sprezzante del pericolo, perché era maturato, aveva scelto la sua strada senza paura e ne accettava ogni singola conseguenza, dalla più blanda alla più estrema, perché sapeva di essere sostenuto da un nobile intento. E si sentì, per qualche attimo, un piccolo, promettente
guastafeste.

 

*   * *

Dia dhuit” o “Cen chaoi bhfuil tú?”: ovvero, “Buongiorno” e “Come stai?” in irlandese. La pronuncia è più o meno la seguente: “Ghi-ih guit” e “Chein-ghi uil tuu?”

Crann Bethadh”: pronuncia “Cran Beha-ah”. No, non vi dico ancora cosa vuol dire (anche se Mr.Google vi può dare una mano, se proprio morite di curiosità :P).

Ok, per chi non lo sapesse, la storia è una mia grande passione e ce l’ho voluta infilare dentro senza pietà! Chiaramente, la parte riguardante i maghi è finzione, mentre gran parte degli avvenimenti con date e nomi precisi – tranne il Proclama di An Mhi – sono tutti veri. Però chissà, la storia d’Irlanda in alcuni secoli era molto lacunosa e piena di invasioni e mica invasioni, poi la fantasia fa il resto, non credete? Poi, mi è piaciuto fantasticare su cosa potesse essere il mondo della magia tanti secoli fa, mi concedete questa piccola licenza? XD Poi, personalmente stendo a credere che un mago Nato Babbano nasca così dal nulla XD Poi, parere personale.

Mi piace questo Sev piccolo guastafeste bastardo che si cala nella parte. E Miranda? Che dite di questo personaggio nuovo? Secondo voi che ha detto a Lily? E Mulciber ed Avery? Che hanno combinato secondo voi?

Per chi non mi avesse ancora aggiunto, questa è la mia pagina Facebook. E vi ricordo ancora una volta il mio contest, per chi volesse partecipare :D

Ed il weekend prossimo si va a Roma! Aspettatemiiiih <3

Grazie ancora per il supporto!

Alessandra :D

P.s. Dimenticavo il brano!!! <3 “Diggin’ In The Dirt” del sommo Peter Gabriel. E in versione “New Blood”.

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