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Autore: aricch    13/01/2012    11 recensioni
"Ti sbagli, ma anche se te lo dicessi non ci crederesti. O rideresti," affermai io tagliente "come tuo solito."
Il sorriso divertito di Weasley si spense poco a poco, lasciando spazio a un'espressione interrogativa sul suo volto.
Fino a quel momento me l'ero cavata egregiamente, ma decisi di dileguarmi velocemente per non perdere il controllo della situazione, lasciando la serra e raggiungendo l'entrata del castello.
E' perchè hai una luce ipnotica e speciale, Frederick Weasley.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, George, Weasley, Nuovo, personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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George era tornato quello di sempre.
Un po’ sorpresa, tra una risata e l’altra, constatai che mai dopotutto mi ero accorta, prima di allora, di possedere la capacità di controllare alcuni aspetti dell’umore del mio amico. Insomma, sapevo dell’influenza che esercitavano i gemelli su di me, ma non la mia su loro… e anzi, probabilmente la mia scarsa autostima non mi avrebbe mai permesso l’accesso a tali pensieri, anche volendo.

Il sonno non tornava e i secondi passarono velocemente dopo quell'abbraccio, così come i minuti e le ore, e ben presto il sole filtrante dalle ampie finestre della Sala Comune dei Grifondoro si fece più vivo sui nostri volti, nonostante l’inverno pungesse ancora l'aria, gelata all’esterno del castello, di metà Febbraio.
Parlammo incuranti di tutto per il resto della prima mattinata, indotti al volerci raccontare ogni elemento perso della nostra quotidianità, ogni pensiero, facendo caso quasi divertita al suo tentativo di evitare in tutti i modi il discorso “Daisy”.
Ovviamente risparmiai il sadismo di nominarla, e lo decisi soprattutto perché ci eravamo riappacificati da poco e la parte coscienziosa della mia mente mi ordinava di stare in silenzio, invogliandomi ad ignorare la curiosità di sapere.
Studenti mattinieri cominciarono a scendere le scale del loro dormitorio a partire dalle 7.30 e questi, accorgendosi della nostra presenza, ci salutarono assonnati per poi strisciare verso il buco nel ritratto della Signora Grassa, diretti alla Sala Grande per una delle solite abbondanti colazioni del castello.
Mano a mano che le lancette dell’orologio scandivano il passare del tempo, la stanza si colmava lentamente di ragazzi, alcuni affaccendati a completare compiti prima delle lezioni, altri affamati, altri ancora allegri o svogliati.
George ed io non ci curammo molto della folla e del caos che pian piano stava aumentando intorno a noi, parlavamo senza distrazioni, come se nella Sala ci fossimo solo noi due e la nostra amicizia… fino a quando una figura quasi identica a quella che si trovava al mio fianco comparve a passo felpato di fronte a noi, un sopracciglio alzato e l’espressione sorpresa.
Fece dardeggiare lo sguardo da me al gemello per alcuni secondi a braccia incrociate, scrutandoci, come se stesse studiando i lineamenti dei nostri volti.
«Ah-ah, beccati!» esclamò infine Fred con tono forzatamente malizioso, poi si rivolse a George. «Potevi chiamarmi, mi sarei svegliato fratellino!»
«Ne dubito, Freddie. Fortemente. Mi spiace.» ribattè serio il gemello, nel timbro dell'ironia.
Fred parve riflettere e poi rise di sè stesso. Si guardò intorno e notando la poltrona non occupata, si accomodò congiungendo le mani, la schiena leggermente curvata e i gomiti sulle ginocchia.
«Da quanto tempo siete svegli?» chiese, e finalmente mi rivolse lo sguardo. Percepii dell'impaccio mascherato dal solito ghigno e la prima cosa che mi venne in mente di fare fu domandarmi se avesse usato quella sorta di tecnica difensiva altre volte.
«Io mi sono svegliata circa alle 5» dissi, e Fred strabuzzò visibilmente gli occhi guardandomi come se fossi impazzita improvvisamente.
«Io invece mi sono addormentato qui sul divano» continuò George sorridendo, «non riuscivo a prender sonno in camera»
Fred annuì vagamente comprensivo, senza però smettere di guardarci con sospetto, mentre comiche grida di bisogni di cibo di alcuni Grifondoro impedivano il totale silenzio.
Poi socchiuse gli occhi a fessura, e sempre con quell’espressione guardinga si rilassò sul morbido schienale della poltrona.
«Insomma… il ritorno di Mimì e Cocò?» chiese serio, e fu proprio a causa della sua tonalità che non riuscii a trattenere un ridolino divertito, seguita da George che invece rise a gran voce, limpido.
«Mimì e Cocò…!» ripetè divertito il gemello accanto a me, guardandomi e cercando uno sguardo complice che subito trovò.
Il volto di Fred si aprì in un largo sorriso.
«Sono contento abbiate risolto. Non vi sopportavo più, uno più carogna dell‘altra!» scherzò osservando il nostro affiatamento.
Ma, improvvisamente, il sorriso gli si pietrificò sulle labbra non appena gli occhi si soffermarono sul mio collo.
Tutto accadde in pochi secondi: inizialmente, non comprendendo l’occhiata del rosso, lo fissai incuriosita e solo dopo, come un lampo, mi balenò in mente la risposta.
La collana.
Portai velocemente la mano al collo, imbarazzata, come se fossi stata sorpresa durante un furto, sfiorando dapprima il ciondolo con i polpastrelli e poi abbracciandolo nel pugno.
Strinsi ancora più la presa quando Fred mi sorrise fra il compiaciuto e il beffardo, ma potei giurare su me stessa di aver intravisto delle timide chiazze rosse sul suo volto… e no, non sembravano affatto le solite lentiggini.
«Bene!» ruppe il silenzio George alzandosi dal divano; avrei voluto costruirgli una statua in seduta stante per il tempismo perfetto.
«Cocò ha fame, perciò propone di andare in Sala Grande!» disse, e con passo convinto si avviò verso il ritratto. Sorrisi intenerita dimenticandomi del ciondolo notando l’espressione serena calcata ormai su ogni suo lineamento e avanzai di alcuni passi per seguirlo, ma la figura di Fred mi fiancheggiò rapidamente facendomi balzare sul posto.
Lo guardai alzando il capo di un po’, riportando la mano al pendente, con il cuore che intanto batteva all’impazzata all’interno della cassa toracica, e fulminandolo con lo sguardo.
Al suo ghigno ripresi a camminare, continuando ad averlo sempre alla calcagna. Ridente.
«E‘ inutile che continui a nasconderlo, Stone, ormai l‘ho visto» cantilenò maliziosamente al mio orecchio, il busto leggermente inclinato per raggiungere la mia altezza.
Non ottenendo una risposta proseguì imperterrito, godendo come un sadico del mio rossore.
«Dunque ti è piaciuto»
«Piantala, Frederick»
Rise nuovamente.
«Oh beh, allora immagino che se pronunci il mio nome per intero devo cominciare ad avere paura» schernì sghignazzando più forte e, nonostante la sua risata vibrasse nel cuore finendo per farlo battere ancora più forte, cercai di apparire comunque seria.
Per bearsi meglio del mio imbarazzo si parò davanti e rivolto a me, le braccia incrociate dietro la testa e il ghigno diabolico stampato sulle labbra.
«Spero tu cada dalle scale» dissi guardando l’immensa scalinata che stavamo scendendo, ma Fred, nonostante stesse camminando a gambero e contemporaneamente guardando me, non mostrò la minima difficoltà nel mantenere l’equilibrio.
«Oh, sarò abbastanza tempestivo da afferrarti e trascinarti con me, tranquilla» rispose, esasperando totalmente i miei nervi.
Sbuffai.
«Nessuno ti odia quanto ti odio io, Weasley. Credimi»
«Anche tu sei molto simpatica, Stone!» ribattè divertito, per poi tornare al mio fianco e continuare a camminare come un normale essere umano.
Rimanemmo in silenzio seguendo George - che proseguiva più avanti rispetto a noi - per quasi tutta la scalinata, dal settimo piano alla Sala d’Ingresso.
All’ultimo scalino, Fred riprese la parola.
«Che ti avevo detto la scorsa sera? “Non preoccuparti, a George passerà“…  detto fatto!» esclamò compiaciuto di sé stesso come se avesse davvero predetto la nostra riappacificazione.
Guardai il rosso di fronte a noi, ignaro del nostro discorso, varcare il grande portone in legno scuro che dava alla Sala Grande, e sorrisi istintivamente deliziando gli occhi con i suoi tratti ciondolanti che tanto mi erano mancati.
«Dovrebbero cacciare la pazza di Divinazione e nominarti nuovo professore della materia, a parer mio» dissi ironica mentre, superati i battenti, ci dirigevamo verso il tavolo dei Grifondoro, già piuttosto gremito di studenti impegnati a divorare le squisite vivande preparate dagli elfi domestici.
«Sono sicuro che diventerebbe una materia piacevole per tutte le ragazze dal terzo anno in poi, più di quanto non lo sia già ora con quella matta» scherzò lui prendendo posto, sulla panca, di fronte a George, che nel mentre stava già scegliendo cosa gustare.
«Oh, sì, immagino» risposi sarcastica, sedendomi accanto a lui.
Afferrai uno dei toast croccanti ammassati sull’enorme piatto d’argento e, spalmandolo appena di burro, alzai gli occhi distrattamente: i gemelli, spensierati, addentavano una generosa quantità di dolci senza contegno; alla sinistra di George, Katie Bell e Alicia Spinnet mi salutarono con un’occhiata e un cenno del capo, mentre Angelina mi sorrise, sincera, e poi voltò lo sguardo verso i gemelli scherzando con loro; Oliver Boston, alla sinistra della ragazza, era impegnato in una fitta conversazione con tre studenti più piccoli di lui, probabilmente del secondo anno, sui Puddlemere United e sulle loro ultime vittorie. Sorrisi divertita, pensando che come capitano della squadra di Grifondoro lo avrei visto bene, severo e determinato com’era.
Feci scorrere la pupilla lungo il chiassoso tavolo, deviando piatti e volti… fino a che lo sguardo incontrò l’inconfondibile chioma lucida e corvina di Daisy.
Daisy e la sua nuova, stupida amica.
Senza volerlo, il labbro mi si incurvò da un lato in una smorfia delusa, ferita; ridevano senza percepire i miei occhi su di loro e sentii come una morsa maligna attanargliarmi il petto dall’ira. Strinsi un pugno; cosa diamine avrei potuto fare per far rinascere il rapporto d’amicizia di prima? E di cosa stavano ridendo così animatamente? “Quella sciocca… perché ha reso tutto così difficile per una simile cavolata?” mi ritrovai a pensare, mordendomi il labbro inferiore con fare nervoso, mentre la testa vagava nei ricordi del litigio.

Presa com’ero da quei pensieri non mi accorsi che però, da un po’, una figura mora e maschile si era posizionata fra me e Fred.
Solo quando il nuovo arrivato posò una mano sulla mia spalla balzai spaventata, attirando degli schiamazzi divertiti da tutti i grifoni intorno a me. Addirittura Percy Weasley, il serio e diligente fratello del gemelli seduto due posti alla destra di George, emise un soffio divertito dal naso, mantenendo – sempre e comunque - l‘aria pomposa.
Con la coda dell‘occhio notai che anche Daisy volse lo sguardo nella mia direzione. Tuttavia, sulle sue labbra, non comparve nessun accenno di sorriso.
Voltai rapidamente il capo dall’altro lato per cancellare dalla testa quell’espressione indifferente, incontrando così gli occhi del colpevole: Matt Hall, accompagnato dall’abituale ghigno machiavellico così simile a quello di Fred - il quale volto in quel momento non presentava nemmeno un briciolo della consueta ilarità - ma allo stesso tempo così tanto diverso.
Sbuffai, irritata dai numerosi occhi appollaiati sul mio profilo.
«Buongiorno Stone, dormito bene?» mi canzonò Hall, con il busto in torsione quasi totalmente voltato verso di me.
Mugghiai un incomprensibile verso prima di abbassare lo sguardo al piatto, manifestando rughe offese e, soprattutto, imbarazzate.
«Come siamo suscettibili, stamattina…» rise, gli occhi di tutti ancora incuriositi dalla sua presenza nella “nostra” zona del tavolo. «Ma non sono qui per prendermi gioco di te, se questo ti fa star meglio» concluse, ed alzai lo sguardo udendo il cambiamento nel tono di voce, che da ironico mutò in serio improvvisamente. Egli si strofinò le mani con fare riscaldante, soffiando caldo ogni tanto sulle nocche; guardò uno per uno, in ordine, i gemelli, Spinnet, Angelina e Baston e infine sorseggiò un goccio di Succo di zucca.
Poi finalmente parlò.
«Ragazzi» disse, attirando ancor più l’attenzione di questi, che si sporsero leggermente in avanti. Egli sospirò. «La prossima partita è vicina… e sapete cosa vuol dire questo, vero?»
«Che dobbiamo allenarci perché facciamo schifo?» domandò George serissimo, provocando un lieve ridolino fra le ragazze della squadra, Katie Bell, Fred e me.
«Che dobbiamo allenarci perché, attualmente, non abbiamo speranze contro i Serpeverde» suppose un determinato Baston, che alla battuta di George era rimasto impassibile.
«Esattamente» affermò severo Hall, annuendo con vigore. «Non siamo una brutta squadra, credo in voi e nelle vostre capacità, non vi avrei scelto come giocatori altrimenti. Però sì… dobbiamo allenarci. E duramente, anche»
Rimasi ammaliata, in un certo senso, dalla fermezza con cui si esponeva il moro. In passato non avevo mai avuto la possibilità - e la voglia, sinceramente - di trascorrere del tempo con lui, quindi mai mi ero impegnata a comprenderne le diverse sfaccettature.
Però, in quel momento, vidi un Hall affascinante, sicuro, carismatico, un volto che non gli avevo mai visto indossare. E ne rimasi piacevolmente sorpresa.
«Quando sarà la partita, Matt?» domandò interessata Spinnet, svegliandomi dalla riflessione meditabonda.
«Non hanno ancora comunicato il giorno preciso» rispose sconsolato il capitano della squadra. «Ma sappiamo per certo che si terrà ai primi di Marzo».
Fra i ragazzi si elevò un’atmosfera sbigottita.
«Ma Marzo è alle porte!» fece notare con disappunto Angelina, la giocatrice più “seria” con Baston.
«Avanti, Angie…» strascicò Fred, cercando di alleviare lo sgomento della ragazza. «Siamo bravi dopotutto, ce la sapremo cavare con alcuni allenamenti, vedrai»
Il suo tono, nonostante avesse come al solito quella marcata nota di spensieratezza, era dolce e rassicurante nei confronti di Angelina, la quale preoccupazione sul viso, all’incontro dei due sguardi, sfumò da pallida a paonazza, spingendola ad abbassare il capo con un sorriso appena accennato.
Sopportai all’altezza del petto un miscuglio di gelosia, amarezza e anche una manciata di senso di colpa.
«Bene» disse Hall alzandosi dalla panca con aria conclusiva, tranciando l’atmosfera cupa della squadra, che alzò gli occhi. «Torno al mio posto – indicò una zona abbastanza lontana del tavolo dei Grifondoro, dove alcuni ragazzi dello stesso anno di Hall, probabilmente suoi amici, avevano la testa china su dei tomi – se avete bisogno di qualche chiarimento, sapete dove trovarmi»
«Non ti deluderemo, capitano!» disse un Baston fin troppo esaltato. Hall ribattè con un sorriso forzato, dette un’ultima occhiata ad ogni giocatore e poi, dopo avermi dato un buffetto sul capo, si congedò.
 
Mentre i ragazzi tornarono al silenzio tombale di poco prima, rimuginando sulla notizia appena ricevuta dal giovane, mi ritrovai a seguire con gli occhi la figura di quest’ultimo, intenta ora a sedersi vicino ad un suo compagno e ad estrarre una pergamena e una penna dalla sua borsa a tracolla.
Doveva essere un ragazzo intelligente, pensai, studioso, diligente, bravo a scuola… e chissà, magari andava anche lui in biblioteca per concentrarsi meglio nelle sue attività.
Tutte qualità che non avevo mai notato, a causa della mia stupida presunzione di sapere ogni cosa, di conoscere il tutto senza analizzarlo.
In fondo non era affatto male, tralasciando l‘odioso ghigno persistente sulle sue labbra, e se non fossi stata già innamorata probabilmente avrei preso in considerazione l’idea di approfondire l’amicizia con lui.
Ma così non era. E così non poteva essere.
Scossi il capo cercando di tornare in me e dopo, come un magnete, venni attirata da un altro sguardo, ora vicino e quasi penetrante, ritrovandomi riflessa nel caramello di Fred, ancorato sul mio viso da chissà quanto.
Quell’incontro di iridi mi trasmetteva sempre la solita emozione, ogni volta come se fosse la prima. Dolce e imbarazzata. Come se quelle scaglie ambrate avessero il potere di farmi viaggiare nel passato in pochi secondi, raggiungendo il giorno in cui, nell’affollata King’s Cross del primo giorno di Settembre, incontrai quel volto malandrino e irresistibile.
… e quel sorriso di cui, volente o nolente, non potevo più fare a meno.
 
Come una droga che provoca una dolce ma malsana dipendenza.
 
Nonostante avessi incontrato i suoi occhi, Fred non allontanò questi dai miei. Tutt’altro continuò a fissarmi per alcuni lenti secondi, incurante di ciò che avrei potuto pensare sull’insistenza di cui si serviva quel caramello per avvolgere ipnotizzante il mio nocciola, facendomi cadere in una sorta di trance che si frantumò soltanto quando il ragazzo distolse improvvisamente lo sguardo, indirizzandolo verso George.
Con un cenno del capo indicò al gemello il portone della Sala Grande, alzandosi contemporaneamente al gesto. George lo imitò.
«A dopo, ragazzi» disse Fred con un sorriso poco suo rivolgendosi ai suoi compagni di squadra e di anno, senza guardarmi, allontanandosi in fretta e furia e camminando verso la Sala d’Ingresso accompagnato dai saluti degli amici.
Lo guardai confusa ed esterrefatta, non riuscendo a capire il perché di quell’atteggiamento strano e lunatico appena rivoltomi: alcuni minuti prima, nel tragitto verso la Sala Grande, avevamo scherzato e lui aveva anche riso di gusto sbeffeggiadosi affettuosamente di me come spesso usava fare… e d’un tratto boom, il cambiamento, l’indifferenza velata di mistero.
E, da quello che ebbi potuto notare in quell’anno, cambiava umore così frequentemente da risultare odioso soltanto con la sottoscritta.
Mi sentii alquanto stupida, abbandonando per un attimo il fulcro della situazione, non appena percepii una piacevole morsa compiaciuta, all’altezza dello stomaco… prova inconfutabile della contentezza che scaturiva spontanea da quella riflessione: Fred riservava quella lunaticità solo a me.
E anche se non avevo la più pallida idea su quale fosse il motivo che lo spingesse a comportarsi così, mi sentivo unica.
Speciale, in un certo senso. Nonostante il contesto fosse palesemente negativo.
Guardai George scavalcare la panca e salutare con un sorriso esteso liberamente sul volto - privo ormai dei pensieri controproducenti che lo avevano stancato nell’ultimo periodo, supposi – i compagni e, come se avesse colto i miei occhi sulla sua figura, più pacata rispetto a quella del fratello, ricambiò lo sguardo.
Con un sorriso quasi impercettibile mi invitò a leggere il suo labbiale, prima di congedarsi dal resto del gruppo.
“Sala Comune” disse. Probabilmente stavano andando a prendere i libri per la mattinata.
Feci per toccarmi istintivamente il fianco destro per assicurarmi della presenza dei miei, invece, di tomi, ma quando sentii il vuoto sul mio palmo al posto della solita tracolla di cotone nero balzai in piedi senza preoccuparmi del fatto che i ragazzi della squadra, ancora con le pupille fissate sui piatti e totalmente assorti nei loro pensieri riguardanti la partita, avrebbero potuto spaventarsi… come infatti successe ad Angelina e Katie Bell, che sobbalzarono sul posto rischiando di cadere dalla panca.
«Scusatemi» mormorai vagamente dispiaciuta, e poi corsi dietro a George - che a sua volta cercava di stare al passo deciso del gemello poco più avanti di lui – raggiungendolo.
Prima che potessi parlare egli mi precedette, conscio della mia presenza accanto alla sua nonostante non avesse nemmeno buttato una misera occhiata al suo fianco, per accertarsene.
«Non deve andargli molto a genio…» commentò con un tono di voce abbastanza basso che presunsi adottò per farsi sentire soltanto da me, continuando a fissare l’ampia benchè giovane schiena di Fred.
«Chi?» domandai trattenendo una nota chiaramente curiosa.
Il rosso si voltò verso di me, sfoderando il malizioso ghigno targato gemelli Weasley.
«Se te lo dicessi ora, che gusto ci sarebbe?» esordì quasi divertito.
Studiai assente la fisionomia del suo viso come se da un momento all’altro dovesse spuntar fuori, dai pori della sua pelle bianca come il latte macchiata soltanto da alcune lentiggini, il significato di quelle parole, finch’egli si fermò di fronte a Fred, mani in tasca e sguardo fisso sul pavimento, appena valicato il grande portone in legno.
Sostammo uno di fronte all’altro, in una posizione che aveva tutta l’aria di risultare un triangolo.
«E comunque» continuò George , «penso che riflettendoci ci potresti arrivare benissimo anche tu, sebbene sia soltanto una mia supposizione»
«A cosa può arrivare?» si intromise Fred che nel frattempo aveva alzato lo sguardo, incuriosito dal discorso, specchiandosi nel verdognolo del fratello.
Sebbene fossi a conoscenza del fatto che George non avesse la benchè minima intenzione di farlo, decifrai la sua frase come un lancio di sfida diretto alla mia capacità d’osservazione.
Emisi un ridolino, decisa a difendere il mio orgoglio. «Ci arriverò, puoi starne certo Cocò»
«Bene» commentò, sogghignando per il nomignolo. Poi continuò.
«Mi aspettate qua?»
Sia Fred che io lo guardammo interrogativi, aggrottando la fronte e, senza che chiedessimo nulla, lui non tardò a spiegare.
«Devo andare un attimo ai servizi. Se mi aspettate qua dopo possiamo andare tutti e tre a prendere i libri in Comune, insieme»
«Per me va bene, manca ancora un quarto d’ora all’inizio delle lezioni» accettai abbozzando un sorriso. «Ti aspettiamo»
George, con un’espressione stranamente soddisfatta impressa sul suo volto, mi schioccò un occhiolino poco marcato, quasi invisibile, e poi si dileguò in un batter d’occhio, come se fosse stato risucchiato dalle scale.
Alzai un sopracciglio lasciando che un’espressione meditabonda mi dipingesse il volto, confuso e saldo sul punto in cui il rosso sparì. Che voleva significare quell’occhiolino?
Ed era stata solo una mia impressione oppure George aveva sorriso indicandomi con il capo Fred?
La necessità di andare ai bagni era soltanto una scusa, un modo per lasciarci soli, o no? Dopotutto la notte precedente non aveva dormito molto, era soltanto andato ai bagni del dormitorio per indossare l’uniforme prima che il sole sorgesse, e forse aveva bisogno di una veloce sistemata prima di cominciare la mattinata.
… o forse voleva approfittare della situazione per svolgere entrambe le cose, sistemarsi e farci parlare?
Beh, qualunque fosse il motivo in quel momento non importava.
Alle mie spalle c’era Fred, ed era tutto per me.
«Stai contemplando la polvere sul corrimano?»
Sobbalzai al suono di quella domanda dettata dalla voce del rosso dietro di me, molto più vicina di quanto credessi. Aveva scelto proprio un bel momento per parlare, tant’è che pensai avesse sentito in qualche modo il processo dei miei pensieri.
Mi voltai lentamente cercando di mostrare un volto calmo per evitare altre figuracce, ed incontrai nuovamente il suo sorriso da ragazzino schernevole. Forse immaturo, ma decisamente attraente.
«Simpatico…» bofonchiai, in una smorfia che provocò in lui una risata sommessa.
Una domanda, che poco prima non mi aveva attraversato nemmeno l’anticamera del cervello, irruppe improvvisa nella mente: come mai George voleva che Fred ed io restassimo soli? Per parlare, certo, ma… di cosa? Per quale fine?
A quel tempo trovavo quasi giusto non capire.
Non insistevo molto su certi perché, nel momento in cui mi domandavo quesiti che avrebbero potuto distruggere in qualche modo il muro delle mie certezze, rivelandomi realtà – negative ma anche positive – ignorate fino a quel giorno, mi ritrovavo già ad accettare di buon grado, senza riflettere troppo, la mia impossibilità nel comprenderli.
«Beh, allora?» iniziò Fred, riscuotendomi e facendomi ritrovare la compostezza acquisita inizialmente con tanto impegno. «Su cosa devi riflettere tanto attentamente?»
Evitai in tutti i modi di guardarlo negli occhi spostando lo sguardo altrove, per non tradirmi da sola con battiti di ciglia che avrebbero potuto destare il suo già curioso e sfacciato interesse.
Le luce calda del sole sui lunghi tavoli della Sala Grande, alle spalle di Fred, sembrava un’attrazione perfetta.
«Nulla che ti possa interessare» dissi optando, nel dubbio, per un tono di voce talmente odioso da risultare antipatica perfino a me stessa. «Una cosa fra me e George, tutto qui»
Con la coda dell’occhio lo vidi sogghignare cupamente e incrociare le braccia al petto, senza spostare neanche di un millimetro lo sguardo dal mio volto.
Sentii il cuore scalpitarmi sulle costole.
«Ma che bella cosa!» esclamò ironico applaudendo le mani. «Allora è davvero tornato tutto come prima con lui, eh? Arrivate ad avere pure segreti tutti vostri…»
Sarebbe stata un’impresa ardua, pensai, scegliere fra chi dei due avesse condito la propria voce di una più insopportabile acidità.
«Risparmia il sarcasmo Fred, e dimmi cosa vuoi» lo interruppi furiosa e con una nota pungente, senza nemmeno averne l’intenzione, tornando a guardarlo.
La situazione stava scivolando dal nostro controllo diventando sempre più irrecuperabile.
Il rosso, come scosso dalle mie parole – o dal modo in cui eran state pronunciate -, mi fissò serio per alcuni interminabili secondi, deciso a perforarmi le iridi con il suo caramello ghiacciato, appiattendo le labbra una contro l’altra sbiancandole, per poi accennare un mezzo ghigno che aveva tutta l’aria di voler sparare scintille.
Si passò una mano fra il mare di capelli ramato sbuffando annoiato… e in quel momento non potei fare a meno di notare, nonostante la circostanza stesse tentando di impedirmelo, quanto fosse estremamente bello.
«Niente» biascicò, lo sguardo fermo sul pavimento.
«Bugiardo» sibilai interdetta, attirando il suo lieve stupore. «Una persona che non ha nulla non si comporterebbe così… non cambierebbe umore da un momento all’altro!»
«E se io fossi soltanto lunatico?» domandò lui, alzando di un po’ il tono di voce.
Sorrisi sarcastica. «Ti conosco abbastanza da poter dire che no, non lo sei» dissi, ma accorgendomi dell’errore non esitai a correggere prontamente la frase: «Anzi no, lo sei, ma solo con me e per quanto la cosa possa farmi piacere, mi dai fastidio e vorrei capire che diamine ti prende sempre
Non mi servì guardare il cipiglio confuso che aveva attraversato la fronte di Fred per capire di aver appena straparlato. Tralasciando la furia di cui mi servii per poter pronunciare quel turbine di parole, chi avrebbe potuto capire il senso di quella frase?
Era una contraddizione. Una grande e grossa contraddizione che solo la sottoscritta poteva decifrare.
Mi morsicai il labbro superiore e voltai lo sguardo, cercando di fingere che fosse tutto sotto controllo, aspettando la fatidica domanda che, sfortunatamente, non tardò ad arrivare.
«In che senso ti fa piacere la mia lunaticità, ma ti da fastidio?» chiese, guardandomi con due occhi così penetranti che credetti avrebbero potuto leggermi nella mente.
Gli studenti cominciarono ad uscire in gruppetti dalla Sala Grande, tutti muniti di borse colme di pesanti tomi e chi invece ne era sprovvisto lo si poteva veder correre su per le scale diretto alla propria Sala Comune per rimediare alla dimenticanza.
Quanto tempo mancava all’inizio delle lezioni? Quanti altri minuti avremmo potuto spendere ancora per continuare a inveirci contro a vicenda?
Dannato George, lui e il suo ingegno.
Aprii la bocca intenzionata a rispondere, senza nemmeno avere la più pallida idea di cosa poter dire, ma prima che potessi farlo una fragorosa risata attraversò la Sala d’Ingresso attirando la nostra attenzione. Guardai oltre le spalle di Fred, che nel frattempo si era voltato, e vidi cinque ragazzi dalla divisa nera a bordi scarlatti parlare e scherzare a gran voce fra loro.
Solo quando uno di questi si voltò nella nostra direzione e lanciò un sorriso a quarantasette denti, riuscii a  distrarmi dai pensieri precedenti rivolgendoli totalmente al ragazzo che si stava allontanando dal gruppo.
Scorsi Fred sbuffare nuovamente.
«Ehi, Alice!» esclamò Hall camminando verso di me e oltrepassando il rosso come se fosse invisibile. Gli sorrisi timida mentre circondava le mie spalle con un braccio. «Come stai?»
«A cosa devo questo improvviso cambiamento?» chiesi un po’ divertita e un po’ esasperata; per un momento pensai che tutti i ragazzi intorno a me si fossero segretamente messi d’accordo per un mutamento d’umore collettivo con l’unico scopo di innervosirmi.
«Beh, prima ero in veste di capitano della squadra, non potevo certo fare i miei comodi» rispose tornando ai suoi modi poco-modesti di sempre.
Un altro lieve e infastidito sbuffo nasale davanti a me.
«Non ti chiedo nemmeno se hai intenzione di venire alla partita perché verrai, giusto?» continuò, spronato dai miei sorrisi di circostanza.
Annuii decisa. «Certo, non me la perdo mica!»
Il sorriso smagliante di Hall si fece più largo a quell’affermazione, mentre parte della sua chioma castana veniva illuminata da dei raggi di sole facendola sembrare quasi bionda.
«Benissimo! Allora sono sicuro che ti divertiresti anche ai nostri allenamenti!» disse cacciando le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa.
Fred, che ora assomigliava più a un toro furioso che ad un umano, lanciò uno sguardo a Hall così rovente che per un attimo mi sembrò di veder scaturire delle fiamme dai suoi occhi.
«E’ un invito?» chiesi io, immaginandomi già sugli spalti a fare il tifo.
Hall alzò gli occhi al soffitto con aria fintamente meditativa, portando l’indice al mento.
«Mettiamola pure così. Ma se la tua presenza distrae qualcuno sarò obbligato a chiederti di sloggiare…» disse facendo dardeggiare leggermente gli occhi verso Fred, che notò e soffiò un ridolino ironico.
Non domandandomi il motivo di quello sguardo feci per rispondere, ma il rosso mi anticipò avanzando di un pericoloso passo avanti, il caramello degli occhi quasi rosso dal nervoso.
«Le lezioni stanno per cominciare» disse Fred, con un tono così freddo che avrebbe potuto ghiacciare tutti i mari del mondo se solo avesse voluto. Gli lanciai un’occhiata storta.
«Ha ragione il nostro battitore» annuì Hall, le labbra curvate in una vaga imitazione di un sorriso, «sarà meglio che vada. Ti farò sapere le date degli allenamenti e poi tu vieni quando vuoi, okay?»
«Va bene Matt, grazie» gli dissi. Sempre più studenti si dirigevano verso le scale.
«E di che? Saresti potuta venire comunque anche se non ti avessi invitato, nessuno lo vieta. Basta chiedere a Madama Bumb e alla McGranitt il permesso, c’è già Lee Jordan che assiste a tutti gli allenamenti» concluse e, dopo averci salutato, si aggregò di nuovo agli amici e sparì dietro il portone di quercia con essi.
Al suo congedo, la mia mente tornò quasi in automatico al pensiero della discussione di poco prima con l’ira funesta che mi fronteggiava. Persi lo sguardo fra la folla di studenti, godendomi gli ultimi secondi di pace e chiedendomi, quasi disperata, che fine avesse fatto George.
«Mi sta così simpatico che gli infilerei amichevolmente il manico di scopa nel…»
«FRED!» interruppi il rosso strabuzzando gli occhi, immaginando già il seguito della frase. Egli mi scagliò un’occhiata fulminea e poi sbuffò.
«Mi fa innervosire…» ammise stringendo i pugni lungo i fianchi, lo sguardo vagante nel vuoto.
 
L’unico aggettivo capace di poter descrivere appieno quella situazione fu probabilmente “interessante”.
Osservare Fred Weasley che metteva da parte il suo atteggiamento da giullare di corte fu interessante.
Guardare come Fred Weasley ammetteva una debolezza fu interessante.
Provare l’ indecifrabile e inconscia consapevolezza guardando gli occhi furenti di Fred Weasley fu interessante. Ecco cosa cercava di dirmi George.
Sentii l’impetuoso farfallio vorticare senza tregua nello stomaco e i muscoli agire per conto loro disegnandomi un sorriso ebete sulle labbra. Impiegai di malavoglia tutte le mie forze per poter riportare l’espressione seria sul mio volto; avrei voluto godermela ancora, ancora, e ancora, arrivando al limite, perdendo magari la sensibilità di ogni muscolo facciale e drogarmi di quella nebbiolina rosea, aleggiante intorno alla mia testa, che era la Felicità.
 
«Perché?» chiesi con un tono falsamente duro. La presunzione di sapere tutto in quel momento non si fece viva, permettendomi quindi – e la ringraziai - di poter fare un tentativo per accertarmi dell’ipotesi.

La mia vita era tutta un forse.
Fred mi guardò, intensamente, come un fanatico guarderebbe un tesoro, poi si voltò di nuovo, l’espressione sul suo viso più confusa che mai.
«Non lo so…» disse in un bisbiglio, come se lo stesse dicendo più a sé stesso che a me. «E comunque è fantastico, sei caduta ai suoi piedi non appena ti ha chiesto di venire ad assistere agli allenamenti!» concluse, sfoderando nuovamente l’ascia di guerra dimenticata fino a quel momento.
Sospirai delusa; perché non poteva ammetterlo e basta?
«E sentiamo, avrei dovuto rifiutare? Per quale motivo? E poi non c’entra assolutamente il fatto che me l’abbia chiesto lui! Anche se me l’avesse chiesto Baston o, che ne so, Alicia Spinnet io avrei comunque accettato!» replicai adirata. Vidi Fred aprire la bocca per continuare quella che ormai si poteva benissimo definire – per quanto stupida fosse - “lite”, quando lo precedetti avanzando una mano di fronte al suo volto. Al gesto, egli richiuse le labbra e mi guardò stranito.
Presi un grande respiro e ricacciai dentro agli occhi le possibili lacrime ribelli che sarebbero uscite spontanee dai margini oculari se non mi fossi controllata; era successo poche volte di litigare con Fred ma, ogni qualvolta accadeva, un fastidioso groppo creava il suo nido in gola, impedendomi quasi la regolare respirazione… e volevo in tutti i modi evitare che ciò potesse avvenire di nuovo.
«Vuoi rovinare tutto, Fred…?» domandai con voce strozzata, triste. Lo ero davvero. «Ieri era tutto bellissimo… questo – afferrai con i polpastrelli sudati il pendente a forma di giglio – è stato stupendo.Non puoi immaginare la gioia che ho provato quando ho aperto quel pacchettino… davvero, non puoi» dissi, attraversando il percorso del suo sguardo attento e penetrante. «Non capisco nemmeno perché ora siamo qui a litigare…»
La folla di studenti ormai era quasi totalmente scomparsa; evidentemente le lezioni sarebbero iniziate di lì a pochissimo.
Ma non importava.
Ero sempre stata attenta a non sgarrare, a non ritardare alle lezioni, ad aumentare sempre punti alla mia casa invece che farli perdere… e invece ora sentivo che potevo farlo. Avevo un motivo, una folle giustificazione che avrebbe potuto spingermi ad andare, per un giorno, contro la mia diligenza...
Giustificazione che però probabilmente il professor Ruf non avrebbe mai accettato di buongrado.
 
La luce del sole filtrante dall’enorme vetrata alle spalle di Fred impedì ai miei occhi di poter vedere completamente il volto di questo. Ne scorsi il ciuffo ramato, che delineava la sua guancia destra, più gonfia rispetto a quella di George; il contorno della divisa di Grifondoro, leggermente stropicciata sul suo corpo; le mani, venate di un verde prato ramificato, elegante; i movimenti ciondolanti, lenti ma sicuri; le braccia, d’un tratto piacevolmente attorno al mio busto, forti ma tremanti…
E il tocco, rassicurante ed estremamente dolce.
 
Aprii gli occhi – li avevo chiusi? – e respirai il profumo di ammorbidente di casa Weasley, inebriando ogni singola cellula di quella serenità ipnotizzante. Senza stupirmi di molto, notai che il mio naso era premuto contro il torace di Fred e le mie braccia circondavano leggere la sua vita ossuta.
E nonostante il mio orecchio si trovasse appoggiato al pettorale destro, potei sentire chiaramente il battito veloce e ritmato del suo cuore rimbombare nella cassa toracica pregando quasi fuga.
Fu un suono talmente piacevole per i miei sensi che le lacrime osarono un nuovo tentativo di ribellione.
«Mi stai abbracciando, Fred?» domandai tra l’incredulo e il sognante, la voce attutita a causa dei vestiti. Sentii una sua mano percorrere la schiena e arrivare alla nuca, accarezzandola.
Sorrise contro la mia frangia.
«Sì, e se ci tieni che al faccino del tuo amico tutto-muscoli non venga aggiunto un bel segno di bolidata, allora sarà meglio che io possa essere l’unico a poterti stritolare così!» disse e, prima che il cuore potesse balzarmi in gola per la dolcezza di quella frase, Fred cominciò a stringendomi così forte che alcune mie ossa scricchiolarono rumorosamente.
… e poi rise. Rise così allegramente che tutto intorno a noi sembrò sparire al suono limpido e cristallino di quella risata, un balsamo per l’anima e per la mente, un allevia-pensieri che contagiò pure me.
Ridemmo spensierati, e se qualche fantasma svolazzante sopra le nostre teste in quel momento ci stava osservando storto non importava. Una morsa allo stomaco non era stata mai così gradevole come quella volta… mai.
Forse stare in compagnia di Fred voleva dire proprio quello. Mente libera, cuore leggero, crampi piacevoli…
Nessun suono lontanamente somigliante a una parola mi uscii dalla bocca. Niente di niente.
Solo risate.

 
Solo Fred riusciva.
Solo Fred mi lasciava senza fiato. Senza parole.

 
«Ti conviene guardare me sia agli allenamenti che alla partita, se no la bolidata arriva a te!» aveva esclamato mentre salivamo le scale, ancora ridendo senza motivo. «Oltretutto penso ti donerebbe un bel rosso a pieno viso!»
«Certo Weasley, ma sappi che se ti guarderò è perché starò lanciando qualche maledizione alla scopa per farti cadere» avevo risposto sorridendo diabolicamente, due scalini dietro Fred.
Alla scalinata, che percorrevamo diretti alla Sala Comune per poter recuperare i libri, ci eravamo imbattuti in George, che aspettandoci si era sistemato ai servizi - difatti la sua divisa risultava più ordinata di alcuni minuti prima –. Insieme poi avevamo corso trafelati da una parte all’altra della Comune alla ricerca dei tomi e, quando tutto sembrava finalmente pronto, ci eravamo catapultati nuovamente alle scale.
 
Nella corsa ero riuscita ad avvicinarmi a George senza farmi vedere da Fred.
«Ti voglio bene» gli avevo sussurrato all’orecchio.
Lui aveva sorriso e poi aveva mormorato un “Anch’io” tenero. Caldo.
Suo.






SPAZIO DELL'AUTRICE:

... CHIEDO VENIA.
Perdonatemi. E' passato tantissimo dall'ultimo aggiornamento e mi vergogno di me stessa.
Prendetemi pure a pugni se pensate che possa servire, anche se ci ho già pensato io - ma altre botte non mi farebbero male, sinceramente -
Spero voi stiate bene, io ne ho dovute passare di tutti i colori ultimamente. xD

Anyway eccomi qui, tornata in marcia e con un nuovo capitolo!
Come sempre non mi soddisfa pienamente, però è ciò che è uscito... magari se lo rileggo mi piacerà di più! #autoconvinzione
Devo comunque rigraziare l'ispirazione - anche se non si è fatta vedere per un mese e più - che all'ultimo si è decisa a darmi tante belle idee.

Le scene che ho trovato più piacevole scrivere sono quelle del tragitto verso la Sala Grande, con Fred, e la penultima nella Sala d'Ingresso, sempre con Fred.
Ho inoltre amato scrivere di come Alice si sentisse fortunata, felice vittima del carattere ipnotico di lui, come se la tenesse in catene invisibili, in qualche modo.
E non riesce a farne a meno, questo è chiaro. Più cerca di uscirne, più si addentra.
Fred mi piace molto in questo capitolo, non perde la sua ironia e il suo sarcasmo ma allo stesso tempo si sente confuso perchè capisce che con lei non riesce ad essere completamente il pagliaccio di sempre. E forse, con quell'abbraccio finale, ha compreso parte delle cose.
Mi è piaciuto descrivere anche tanto l'atmosfera di quella scena! Me la sono immaginata bene; la "riappacificazione" avviene con il sole accecante negli occhi di Alice, quindi lei non si rende molto conto di quello che sta succedendo fino a quando non sente le braccia di lui stringerla in un abbraccio.
Spero di aver descritto bene le sensazioni e le situazioni... premo molto su quelle, e cerco in tutti i modi di trasmettere quello che provano i protagonisti.
Spetta a voi dirmi se sono riuscita nel mio intento o meno. Spero di sì! >_<
E poi... NON SO VOI, MA HALL MI STA TROPPO SIMPATICO. *RIDE
No seriamente, mi sono affezionata al suo personaggio e non voglio abbandonarlo... anche perchè si sta rivelando abbastanza utile. u_u
Non sopporta Fred, ma essendo un ragazzo abbastanza maturo cerca di non darlo troppo a vedere - soprattutto quando è in veste di capitano - ma a volte non ci riesce proprio. xD
Oltretutto, riguardo a lui, ci tengo a dire una cosa: quando è comparso nella fanfiction ho scritto che frequentava il quarto anno.
Beh, ho cambiato solo questo particolare per motivi che poi capirete. Invece che al quarto, è al sesto. Nel capitolo dove compare ho fatto questa piccola modifica. :)
E poi George. C'è bisogno di spiegazioni varie ed eventuali con il suo personaggio?
Non credo ci sia da dire molto, dopotutto. Lui è Alice al maschile, ciò che farebbe lei per lui, lui lo farebbe per lei.
E sono tanto contenta che abbiano fatto pace. 


Riguardo al "numero" di capitoli, dato che qualcuno me l'ha chiesto, vi anticiperò qualcosa: ho intenzione di fare ancora due o tre capitoli, pochi comunque sul primo anno. Finendolo, userò un altro tipo di metodo per gli anni successivi che ora però non vi svelo.
Vedrete poi :)

Grazie a chi legge, grazie a chi recensisce, grazie a chi inserisce la storia fra le seguite, le ricordate e le preferite. 

Grazie a chi ha commentato il precedente capitolo: student95, Tallulah Hetfield, calimeli, DarkRaven, GingerJei, _Charlie, Otta_Weasley, Giazzz_xD, Lady Oonagh e Queen_. Non so come farei senza di voi. *ABBRACCIO COLLETTIVO
 Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, 
fatemi sapere ♥
Per il prossimo cercherò di non tardare molto, purtroppo però la mia scuola non ha pietà per noi poveri studenti e quindi ci uccidono di studio.



Tanto, tantiiiissimo amore,
- la vostra aricch
   
 
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