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Autore: _Pulse_    14/01/2012    4 recensioni
In lontananza si sentivano i loro schiamazzi, finalmente Tom era riuscito a prendere Ale fra le braccia e lei stava cercando di liberarsi perché era bagnato. Sorrisi a quella scena e poi tornai a guardare Bill:
“Te lo saresti mai immaginato, tutto questo?”
“Ahm”, corrugò la fronte, guardando l’orizzonte, l’azzurro del cielo e del mare che si fondevano. “No.” Mi guardò e scoppiammo a ridere insieme.
E pensare che, davvero, tutto era iniziato per gioco… mi metteva i brividi.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 41: Parole non dette

 

“Tu… tu puoi stare qui”, la misi sul vecchio letto di Ale, sotto lo sguardo di Tom. La fissai scodinzolare e guardarmi con quel suo musetto tenero per un istante.

“Tanto… tanto lei non c’è più”, sollevai le spalle, tentando di fare un sorriso.

Ma le lacrime erano più potenti e in un attimo scossi la testa, presi Laika e la misi per terra.

“No, no… è meglio se stai qui”, annuii.

Lei però non mi ascoltò, saltò di nuovo sul letto e ci si sdraiò sopra, mettendosi a pancia in su e abbaiando con la lingua di fuori per ricevere le coccole.

“No! Non salire su quel letto!”, gridai tirandola giù. “Piuttosto vai sul mio! Ma non sul… suo”, dissi con voce strozzata, quel magone in gola che non mi faceva quasi respirare.

 

“Come sta?”, chiesi appena vidi Ale e Bill raggiungerci nella sala d’aspetto, alzandomi in piedi. Lei mi fulminò con lo sguardo, facendomi rabbrividire.

“Finiscila di scaricare le tue colpe sulle spalle degli altri, Arianna”, mi sibilò in faccia e mi guardò malissimo, tanto da farmi sentire il mio cuore strizzato e graffiato.

Tom si avvicinò affiancandomi, tentando di parlare, ma lei lo interruppe subito bruscamente.

“Stanne fuori Tom! E’ una cosa tra me e lei, non ti devi impicciare.”

La guardò in cagnesco, ma per uno strano motivo richiuse la bocca, sospirando pesantemente e gettando un’occhiata ostile anche a Bill, di fianco a lei, che non fu certo da meno.

“Io, che ho fatto adesso?”, mormorai con quella poca voce che mi era rimasta, quasi esasperata.

Scosse la testa, prendendo la mano di Bill e correndo quasi fuori dall’ospedale, senza rispondermi: la peggior cosa che potesse farmi.

La guardai per qualche secondo ancora, poi mi ritrovai a guardare il pavimento lucido della sala d’aspetto. Sentii il braccio di Tom infilarsi fra le mie spalle e attirarmi a sé in un abbraccio di conforto, io chiusi gli occhi e strinsi forte la sua felpa, quando sentimmo la voce di Aaron e ci voltammo verso di lui.

“Voi… non entrate?”, chiese indicando la stanza di Gunter.

“Sì, arriviamo”, annuii scostandomi e raggiungendolo.

Prima di entrare in camera di Gunter mi passai un braccio sugli occhi umidi ed arrossati e tentai di stamparmi in faccia un sorriso, ma fu tutto completamente inutile, infatti se ne accorse al primo sguardo e si tirò su meglio sul letto, guardandomi preoccupato.

“Ary…”

“Ciao Gunter”, mi avvicinai e un po’ impacciata lo avvolsi in un abbraccio, lui però mi fece allontanare quasi subito.

“Meglio… meglio di no”, mormorò abbassando lo sguardo.

Con la coda dell’occhio vidi Tom con i pugni stretti lungo i fianchi e il viso rosso di gelosia, ma non era solo per quello che mi aveva spostata… lo sentivo che c’era dell’altro sotto.

Mi misi seduta al suo fianco e gli presi la mano fra le mie, accarezzandola soprappensiero. Se solo ripensavo alle sue parole… Erano ognuna come una pugnalata.

“Come stai?”, chiesi alzando la testa e guardandolo.

“Sto bene, non mi sono fatto niente”, balbettò guardando le mie mani e la sua; io le tolsi e le tenni unite sulle gambe, sentendomi inutile.

Volevo sparire, volevo uscire da quell’incubo, volevo svegliarmi e trovare mia sorella dormire placidamente nel letto accanto al mio, volevo vederla sorridere di nuovo per me… La rivolevo indietro, ad ogni costo.

“E tu, come stai?”

Sollevai le spalle, sospirando. “Senti Gunter, io… Mi dispiace.”

“Per cosa?”

“Per… per tutto.”

“Non ti preoccupare, passerà prima o poi”, disse abbassando la testa.

“Immagino che tu abbia raccontato ad Ale quello che è successo stamattina al bar, vero?” Annuì lievemente. “Anche per questo volevo scusarmi.” Mi guardò confuso, corrugando la fronte. “Sì, la verità è che non è colpa tua se è successo quello che è successo, ma in quel momento… non ho riflettuto e ti ho detto quelle cose. Bene, scusami… io non intendevo renderti colpevole. La colpa, se c’è, è mia… tu non c’entri niente.”

“Però… se io fossi stato zitto, quella sera…”

“Prima o poi l’avrebbe saputo comunque, tranquillo”, sventolai la mano, alzandomi dalla sedia e infilandomi una mano in tasca. “Guarisci presto, ok?”

“Ok. Anche tu.”

La vedo molto dura…

 

“Ary…”, disse Tom avvicinandosi di un passo.

“Tom, io rischio di impazzire, non posso continuare così!”, gridai portandomi le mani sulla testa. Lui sospirò e mi abbracciò, posando la guancia sulla mia testa.

“E il bello è che in tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare a me, quando… quando anche tu sei nella mia stessa situazione.” Lo guardai negli occhi. “Non è così?”

Deglutì e infilò le mani fra i miei capelli, baciandomi impetuosamente sulle labbra. Mi spinse verso il letto sfatto e mi sovrastò, senza staccare per un attimo le sue labbra fameliche dalle mie.

“No, Tom… Tom”, lo spostai e mi misi seduta sul letto. “Il sesso non è il modo giusto per affrontare i problemi. Parliamone.”

“Non c’è niente da dire”, rispose duramente, prendendomi per le braccia e gettandomi di nuovo con la testa sul cuscino. “E ora stai zitta, stronza.”

Io non ebbi più modo di oppormi, seduto in ginocchio su di me si spogliò velocemente, mi spogliò con la stessa rapidità e non mi coccolò, non mi baciò dappertutto, non si prese cura di me come faceva sempre, entrò in me con una spinta secca, che mi fece gemere anche un po’ di dolore. E non solo dolore fisico.

Mi stava usando. Mi stava usando per non pensare a Bill, a quanto gli mancasse, a quanto lo rivolesse accanto a sé, a quanto quella situazione gli stava facendo del male.
E io sapendolo, come una stupida non mi ero opposta più di una volta, lo avevo lasciato fare, facendogli probabilmente ancora più male.

Non c’era sentimento nei suoi gesti meccanici, nelle sue spinte rabbiose e frenetiche, nei suoi sospiri, nei suoi occhi velati da un sottile strato di lacrime. Non c’era sentimento, non quella volta.
Quando raggiunse l’orgasmo e si lasciò cadere sfinito sopra di me, il viso premuto contro il mio collo, gli accarezzai le treccine sparse sulle sue spalle perfette e appoggiai delicatamente le labbra sulla sua guancia, stringendolo forte.

“Ti amo Tom, ti amo…”, mormorai sospirando, e sentii un liquido caldo scivolarmi sul collo: lacrime. “Non piangere amore…”

“Scusami…”, singhiozzò.

“Non importa Tomi, dai…”

“Scusami…”, continuò, stringendomi fortissimo a lui. “Sono stato un’idiota, uno stronzo… Non volevo piccola…”

“Dai… Non mi è dispiaciuto fare un po’ di sesso selvaggio con te.”

“Ma che…”, ridacchiò. “Sei proprio una stupida.”

“Scherzi a parte… Lo so che non volevi, Tom. Stai tranquillo, non sono arrabbiata con te, non posso, perché ti capisco. E io sono stata la stronza, per tutto questo tempo: ho pensato solo ed esclusivamente a me, piangendo sempre sulla tua spalla, senza pensare che anche tu qualche volta avevi bisogno di piangere sulla mia. Mi perdoni, amore?”

Annuì sorridendomi debolmente e mi baciò a stampo sulle labbra, nel quale sentii il sapore delle sue lacrime salate che gli scorrevano sulle guance. Gliele asciugai con le mani e lo nascosi ancora su di me, accarezzandogli la nuca e la schiena, cullandolo.

“Mi manca tanto”, mormorò sulla mia spalla.

“Lo so, Tomi… lo so. Manca anche a me tantissimo. E se non fossi stata così stupida…”

“Non è colpa tua, Ary… smettila di dire queste fesserie. Ho sonno.”

“Dormi allora, io sto qui.”

Chiuse gli occhi e cullato dal mio abbraccio dopo un po’ si addormentò; io rimasi per qualche minuto a guardarlo, accarezzandogli la guancia, poi chiusi gli occhi anch’io.

“Sempre”, bisbigliai prima di raggiungerlo nel mondo dei sogni.

 

***

 

Aprì gli occhi infreddolito e scoprì che il piumone era per la maggior parte giù dal letto.
Guardò Ary sdraiata al suo fianco, a pancia in giù, i pugni stretti accanto al viso, che dormiva beatamente, un’espressione quasi serena.
La coprì con il piumone e le accarezzò la guancia sistemandole i capelli dietro l’orecchio, la baciò piano sulla fronte e si mise seduto sul bordo del letto, le spalle ricurve in avanti.

Si sentiva una merda per quello che aveva fatto alla sua piccola, per come l’aveva usata senza ritegno… Il tutto per non pensare al suo gemello.
Il suo gemello… La sua metà, quella parte di lui più adulta, più intelligente, senza la quale a volte si sentiva perso, inutile.
Era così distante, eppure così vicino… Non riusciva più a captare i suoi pensieri, come se un muro li avesse divisi: un muro freddo, un muro difficile da buttar giù.

Si rivestì e si ricordò di Laika: dove si era cacciata quella cagnolina? Corrugò la fronte e si guardò intorno nella stanza, senza trovarla.

“Laika?”, la chiamò piano, per non svegliare la sua ragazza: era così carina quando dormiva… “Laika, dove sei finita?”

Cercò sotto la scrivania, dietro le tende, poi si accovacciò a terra e sollevò il piumone che cadeva a terra coprendo il sottoletto di Ale.

“Laika! Che ci fai lì sotto?” La tirò fuori prendendola fra le mani e la guardò negli occhi. “Sei piena di polvere”, ridacchiò togliendone qualche mucchietto dalla sua testolina pelosa.
“Sei proprio come lei…”, si girò verso Ary e la guardò, ricordandosi di quando si era nascosta sotto il letto, fra la polvere.

Laika gli abbaiò in faccia e lui se l’allontanò dal viso, tendendo le braccia.

“Shhh! Can che abbaia non morde… quindi siete proprio identiche. Bellissime uguali.” Sorrise e la mise accanto a lei, dove si accucciò appoggiandosi alla sua schiena nuda con il muso.
“Stalle vicina durante la mia assenza”, le raccomandò, prima di baciare Ary sulla tempia e di uscire dalla stanza.

“Ciao Tom!”, lo salutò Anna dalla cucina. “Dove corri?”

“Correre? Io non corro mai!”, ridacchiò nervosamente.

“Vieni qui allora”, sorrise tirando da sotto il tavolo la sedia, indicandogli di sedersi. Tom sospirò e imbarazzato entrò in cucina, scoprendo che c’era seduto Fabian dall’altra parte del tavolo.

Non va affatto bene questa cosa…

“Buonasera”, salutò schiarendosi la voce. Si mise seduto tavolo e unì le mani sul tavolo, guardandosi intorno: che cosa volevano? Non si sentiva affatto tranquillo.

“Allora, Tom”, disse Fabian togliendosi il giornale dal viso e guardandolo in faccia, mettendolo un po’ in soggezione. “Tutto bene?”

“Ahm… sì, va.”

“Tu sai perché Ale e Ary hanno litigato, non si parlano e Ale se ne va a vivere con Bill?”

“Oddio”, sgranò gli occhi. “Una domanda alla volta?”

“Tom, fai il serio.”

“Ehm… è complicato”, si passò una mano sul collo: se lo sentiva che sarebbe successo qualcosa! Quella situazione era davvero scomoda, e lui non era dell’umore giusto per parlarne. Perché Ary non si svegliava e non lo veniva a salvare?

“Abbiamo tempo”, annuì aspettando.

“Davvero, sono io che non ne ho di tempo”, si passò le mani sulla fronte, esausto.

Quella giornata era una delle peggiori di quei mesi, e non ne poteva più: avrebbe voluto staccare la spina da tutto e respirare, ma non era ancora giunto il momento. Quindi doveva solo aspettare la sera per poi andare a dormire.

“Non fa niente, Tom… forse non è il momento…”, disse Anna passandogli una mano sulla spalla.

Per fortuna! Quasi non ne parlo con Ary, figurarsi con i suoi genitori!

“Allora parliamo di un’altra cosa”, disse Fabian tornando alla carica.

“Cosa?”, una scintilla di preoccupazione e di ansia gli brillò negli occhi.

“Sappiamo che tu e Ary… Insomma…”

“Siete intimi, ormai”, concluse Anna al posto suo.

“Ahm… sì, da un po’ ormai.”

“Non voglio sapere questo!”, chiuse gli occhi Fabian, quasi inorridito. “Volevo solo dirti di stare attento a quello che fai”, gli puntò il dito contro, stringendo gli occhi a due fessure.

“Intende dire che dovete fare sesso sicuro”, annuì Anna rassicurandolo. Lei era la traduttrice personale del marito.

“Sì, io uso sempre il…”

“Risparmiati! Puoi andare ora”, disse sventolando la mano e riprendendo il suo giornale.

“Ok”, sospirò. “Salve”, salutò.

“Ciao Tom!”, salutò solare Anna, con quel sorriso che gli ricordò subito Ary e… Ale.

Scosse la testa e uscì dalla veranda, come era solito fare. Salì in macchina e ripensando a quello strano interrogatorio ridacchiò e mise in moto. Lo rilassava guidare, gli sgombrava la mente, ma quella volta non funzionò molto bene perché gli venne in mente Ale, tutte le loro chiacchierate, i giorni passati a ridere con lei, i sorrisi, gli scherzi, gli insulti…

Gli mancava. Anche lei, come il suo gemello, gli mancava da morire. Ma non sarebbe tornato indietro, non dopo aver visto tutto quello che aveva fatto ad Ary. Quando voleva era senza scrupoli, e l’aveva vista: nonostante sapesse che la faceva soffrire, non si era mai risparmiata e l’aveva sempre trattata male, come se non gliene importasse più niente.
Ma era davvero così?

Arrivò all’appartamento con tutti quei pensieri che gli frullavano in testa e stava per infilare le chiavi nella toppa, quando la porta gli si aprì davanti e si trovò di fronte Bill, con una scatola in mano.

“Beh, ti sposti o hai deciso di stare lì impalato per il resto della tua vita?”, chiese Bill con astio; Tom abbassò lo sguardo e si spostò di lato.
Quello non era il suo gemello, non era il suo Billie… Chi era diventato? O… chi era di fronte lui?

Ogni singola parola che gli rivolgeva senza il suo sorriso, senza quella luce negli occhi per il suo fratellone che lo aveva protetto da bambino e si prendeva tutte le sgridate al posto suo, per cui avrebbe fatto di tutto, per cui avrebbe dato persino la vita… era una spina nel cuore, dolorosa ed impossibile da togliere.

“E così…”, disse, anche se il fratello aveva già chiamato l’ascensore e gli dava le spalle. “… vai.”

“Già.”

“Bill, io… Tu…”

Bill sbuffò innervosito ed entrò nell’ascensore, pigiò il tasto per il piano terra e lo guardò per l’ultima volta con sguardo severo.
“Ciao Tom.”

Le porte si chiusero di scatto come si chiusero gli occhi di Tom, mentre mormorava: “Mi mancherai.”

Entrò in casa e trovò Gustav e Georg in salotto: probabilmente avevano salutato il cantante anche loro.

“Ciao”, mugugnò lasciando le chiavi nella ciotolina e togliendosi la giacca, che appoggiò all’appendiabiti. Bill gli diceva sempre di appenderla lì, ma lui non lo faceva mai…

“L’hai incontrato?”

“Sì.”

“E…?”

“E niente Gustav. E niente”, sospirò. “Sono stanco, vado a dormire.”

“Ma sono le sei del pomeriggio!”

Forse non doveva aspettare la sera per porre fine a quella pesante giornata.
Salii le scale senza rispondere, si chiuse in camera e si gettò sul letto, affondando la testa nel cuscino. Ciò che aveva sempre pensato, ma che non aveva mai accettato, si trovò a confermarlo in quel momento, mentre calde lacrime gli scivolavano sul viso: non era Bill quello debole, ma era lui senza il gemello al suo fianco.

 

***

 

Accesi il computer e sospirai, guardando la mia foto personale su msn: la stessa che avevo come sfondo sul cellulare, io e Ale al matrimonio di Davide.
Vidi una finestra aprirsi ed illuminarsi ad intermittenza sul computer: Andreas mi aveva contattata.

 

Ciao Ary!! Era da tanto che non ti connettevi!

 

Ciao Andreas. Sì, lo so…

 

Non sei andata al lavoro oggi?

 

No, non avevo voglia.

 

Ti farai licenziare così.

 

Meglio. Odio quello stupido lavoro. Odio il mio stupido capo. Odio i miei stupidi colleghi.

 

Dillo, dai: in questo periodo odi tutto e tutti…

 

No, non odio te. E nemmeno Tom. E Laika.

 

“Cucciola? Cucciola, dove sei? Laika?”, la chiamai girandomi sulla sedia girevole.

Uscì fuori da sotto il letto e le sorrisi indicandole di venire sulle mie gambe, lei mi corse incontro scodinzolando e si appoggiò con le zampette alle mie ginocchia, abbaiando di felicità.

“Ma quanto sei bella, eh? Quanto?!”, le grattai le orecchie, coccolandola. Lei mi faceva ancora sorridere assieme a Tom… ora loro due erano le mie uniche fonti di serenità.

Sentii un trillo provenire dal computer e sbuffai prendendo Laika in braccio e girandomi verso lo schermo. Era stato Andreas, nonostante sapesse quanto mi urtassero quei suoni.

 

Menomale!

Ehi, ci sei ancora?

Ehiiiiiiiii

 

Sì, ci sono ancora!

 

Non rispondevi più!

Alla fine Ale è andata a vivere con Bill veramente?

 

Sì… Ormai sono tre settimane che non la vedo.

 

Mi dispiace Ary…

 

Passerà. Ora devo andare, mi sa che è arrivato Tom

 

Scrissi, dando un’occhiata fuori dalla finestra: come avevo previsto, Tom aveva appena parcheggiato la Cadillac e stava entrando dal cancelletto del giardino in veranda.

 

Jjjhhihihgijklkj,kjk,mkmj

 

E questa ultima parte che vuol dire? xD

 

Niente, è stata Laika.

 

“Piccola peste, non si fa!”, la sgridai, per poi tornare a farle le coccole: non potevo arrabbiarmi con lei, era così dolce ed indifesa!

 

Ah, ok! xD Ciao Ary, salutamelo.

 

Va bene, ciao!

 

Sentii qualcuno bussare alla porta e sorrisi girandomi verso di essa, accarezzando il pelo morbido di Laika.

“Da quando bussi?”, ridacchiai, ma mi fermai quando vidi la testa di Davide fare capolino nella stanza.

“Da sempre, credo”, aggrottò le sopracciglia, un’espressione divertita sul viso. “Se non lo facevo mi ammazzavi!”

“Ciao Dave! Scusa, pensavo fossi Tom!” Mi alzai, lasciai Laika sul letto e lo abbracciai, cingendogli il collo con le braccia.

“Ciao sorellina”, mi fece un buffetto sulla testa. “Come stai?”

Sollevai le spalle e raggiunsi il mio piccolo amore sul letto, mettendomi a gambe incrociate.

“Tu? Marika sta bene?”

“Sì, stiamo bene. Ascolta… sono passato per chiederti se volevi venire a fare un giro con me, ma se c’è Tom…”

“Un giro dove?”

“Volevo andare a prendere qualcosa per Ale”, sorrise gioioso.

“Non è il suo compleanno”, corrugai a fronte.

“Sì, lo so. Intendevo per il bambino!”

A quelle parole il mio cervello andò in tilt e non mi accorsi nemmeno che Tom era arrivato e si trovava alle spalle di Davide, che lo guardava a bocca aperta.

“Che bambino?!”, gridò Tom dopo essersi ripreso.

“Il… il bambino di Ale e Bill… Lei è incinta. Non… non ve l’hanno detto?”, chiese balbettando.

“No”, scossi la testa con le lacrime agli occhi, che nemmeno Laika con le sue effusioni riuscii a fermare. “Non me l’ha detto.”

 

______________________________________

 

Buongiorno! :)
Il fatto che siate più o meno tutte sparite non è affatto confortante e ci dispiace davvero molto, perché in parte è anche colpa nostra che siamo sempre prese da mille cose, in particolare dalla scuola… ah, siamo umane anche noi, sì, ormai avete scoperto il nostro segreto D: Quindi, dai… tornate! *w*

Per il resto che dire, questo capitolo vede un aspetto che ancora non era stato considerato: il punto di vista di Tom in tutta questa situazione complicata! Anche lui soffre la mancanza del suo gemello ed è la cosa più quasi più importante del capitolo… Quasi, perché la cosa più importante e scioccante è il fatto che Ale (!) è incinta e non ha detto nulla alla sorella… D:

Che ne pensate? Aspettiamo i vostri pareri sulla situation u_u
Ringraziamo di cuore _MINA_ che ha commentato lo scorso capitolo e poi ovviamente tutti quelli che hanno letto ;)
Un bacio, alla prossima (presto)!
Ale&Ary

   
 
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