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Autore: cioccolatoprego    14/01/2012    3 recensioni
Tra i timori e le incertezze della vita, la crescita di Isabeau, da bambina a donna, come figlia e come madre, alla ricerca della felicità.
Genere: Generale, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabeau de Montmayeur | Coppie: Ian/Isabeau
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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quel che sarà


Quel che sarà



When I was just a little girl                                                  [Quando ero solo una bambina
I asked my mother: what will I be?                             Ho chiesto a mia madre: Come sarò?
Will I be pretty? Will I be rich?                                  Sarò bella? Sarò ricca?
Here's what she said to me:                                        Ecco ciò che mi disse:]

Que sera, sera                                                           [Quel che sarà, sarà

Whatever will be, will be                                             Qualsiasi cosa sarà, sarà
The future's not ours to see                                      Non ci è dato vedere il futuro
Que sera, sera                                                            Quel che sarà, sarà
What will be, will be                                                   Quel che sarà, sarà]


Isabeau sapeva, fin da bambina, quale sarebbe stato il suo dovere, e le andava bene così. Era, forse, un bello smacco al romanticismo, ma davvero il pensiero di un matrimonio combinato e di una vita interamente decisa da altri non le causava grandi turbamenti. Era la normalità, in fondo.
Solo ogni tanto le capitava di fantasticare su quell'esistanza già calcolata: era sicura che sarebbe stata agiata, serena, ma sarebbe stata felice, sul serio?
Quando lo aveva chiesto a sua madre, esitando, questa aveva riso. La felicità, aveva detto,
non si decide a tavolino, nemmeno un conte può farlo; è il buon Dio che la manda a coloro che agiscono con rettitudine. All'espressione intimorita della figlia, aveva aggiunto, gentilmente, che una bambina bella e buona come lei sarebbe stata senza dubbio molto felice.
Isabeau non si riteneva proprio bella: sua madre insisteva, dicendo che lei stessa, crescendo, si era fatta più graziosa, e che da bambina era bassa, mingherlina, con i capelli ribelli e il viso tondo esattamente come lei, e le diceva di avere pazienza, perché senza dubbio l'avrebbe superata in bellezza; ma Isabeau non era propensa a crederle, perché non riusciva a immaginare nessuno - lei, poi! - più bello di sua madre.
Allo sguardo sconfortato della piccola, la dama aveva sorriso con dolcezza, carezzandole i capelli. Non crucciarti, bambina, aveva detto, accetta ciò che il futuro ti offre. Quel che sarà, sarà.

When I grew up and fell in love                      [Quando sono cresciuta e mi sono innamorata
I asked my sweetheart: what lies ahead?          Ho chiesto al mio amato: cosa c'è davanti?
Will we have rainbows, day after day?            Avremo arcobaleni, giorno dopo giorno?
Here's what my sweetheart said:                      Ecco ciò che il mio amato ha detto:]

Que sera, sera                                                  [Quel che sarà, sarà
Whatever will be, will be                                   Qualsiasi cosa sarà, sarà
The future's not ours to see                           Non ci è dato vedere il futuro
Que sera, sera                                                   Quel che sarà, sarà
What will be, will be                                          Quel che sarà, sarà]

A poco più di vent'anni d'età, Isabeau aveva poche certezze, e su tutte svettava la consapevolezza che la vita segue percorsi strani e articolati, che nessuno, fra noi, può indovinare. Le era già sembrato abbastanza straordinario, sposarsi per amore, per di più con un uomo - Isabeau si vergognava a pensarlo, ma era vero - praticamente saltato fuori dal nulla. Sommato a ciò, c'era il sapere che suo marito fosse in grado di entrare e uscire dal suddetto nulla, con una dinamica che lei ancora non era riuscita a comprendere. Non aveva potuto accantonare del tutto l'inquietante ipotesi su una creatura soprannaturale, ma, in un impeto di ribellione molto raro, aveva deciso che non le interessava. Si fidava di Ian Maayrkas, punto e basta.
Isabeau era felice, o quasi: non poteva fare a meno di pensare "e se lo scoprisse il mio tutore?".
La prospettiva era raccapricciante, ed era un grosso ostacolo a quella pace domestica che la ragazza agognava.
Ne aveva parlato con Ian, il quale aveva condiviso cupamente le sue preoccupazioni: del resto, era sempre stato più catastrofico di lei. Tuttavia, poiché nel suo sposo l'amore coniugale era più forte delle paturnie esistenziali, Ian l'aveva rassicurata come poteva, rammentandole che nessuno conosce il futuro, e che dovevano avere fede, cosa che sarabbe suonata alla ragazza come una mera e vuota consolazione se lui non le avesse sfiorato i capelli con dolcezza, in una carezza delicata che la riportava indietro nel tempo. Inutile tormentarsi, visto che non possiamo fare niente, aveva mormorato il suo sposo, affidiamoci alla Provvidenza, e quel che sarà, sarà.

Now I've children on my own                                    [Ora ho dei bambini miei
They ask their mother: what will I be?                      Chiedono alla loro madre: come sarò?
Will I be handsome? Will I be rich?                          Sarò bello? Sarò ricco?
I tell them tenderly:                                                  Io gli dico teneramente:]

Que sera, sera                                                          [Quel che sarà, sarà
Whatever will be, will be                                            Qualsiasi cosa sarà. sarà
The future's not ours to see                                       Non ci è dato vedere il futuro
Que sera, sera                                                           Quel che sarà, sarà
What will be, will be                                                  Quel che sarà, sarà
Que sera, sera!                                                          Quel che sarà, sarà!]  

Quando immaginava la sua vita di madre, Isabeau non pensava certo che avrebbe trascorso le giornate domandandosi cosa potesse aver combinato, il suo primogenito, per far infuriare in tal modo la cara balia, e dove potesse essersi cacciato, il suo figlio minore, così dolce e tranquillo ma con la preoccupante tendenza - eredità paterna? - a sparira dalla vista della nutrice per rifugiarsi a leggere o a chiacchierare con la servitù.
Data anche la profonda indulgenza del loro padre, incapace di prendersela alla vista delle faccine innocenti dei figlioli, toccava a Isabeau rimproverare aspramente i pargoli, cercando di scoraggiarli da nuove malefatte.
I due fanciulli, per quanto adorabili, non erano modelli di virtù, e nonostante facessero regolarmente comunella, quando gli conveniva, il più delle volte Isabeau doveva sedare i litigi su chi sarebbe diventato, in futuro, il cavaliere più valoroso e avvenente.
Chiamata ad arbitrare la contesa, Isabeau replicava che sarebbero stati entrambi forti e bellissimi, con la sicumera tipicamente materna, che rende incapaci di pensare che la propria creatura sia meno che meravigliosa.
Quando le chiesero di più, "porteremo gloria al casato?", "passeremo alla storia?", domanda curiosamente messa loro in testa dal padre, Isabeau sorrise con la stessa dolcezza con cui sua madre aveva sorriso a lei, vent'anni prima.
Isabeau non conosceva il futuro, non poteva nemmeno immaginare che suo marito provenisse dal terzo millennio. Non sapeva che i monaci di Saint Michel stessero scrivendo un libro che sarebbe stato sfogliato ancora dopo ottocento anni, non sapeva che il casato dei Ponthieu avrebbe attraversato l'oceano e sarebbe sopravvissuto fino al ventunesimo secolo. Isabeau non sapeva chi fosse a scrivere il destino, se Dio, la Provvidenza, o un gioco di ruolo chiamato Hyperversum, sapeva solo che la vita va avanti come vuole, non si può prevedere, solo vivere, e fu questo che disse ai suoi bambini, carezzando con una mano la testolina scura di Marc e con l'altra quella bionda di Michel, finalmente felice, davvero felice, per quei doni - inaspettati, tutti - che la vita le aveva concesso.
Abbiate fede, bambini, sussurrò, grata e fiduciosa, quel che sarà, sarà.






Note
La mia prima song-fic!
Normalmente, non mi piace scrivere su personaggi inflazionati, ma Isabeau mi piace, perché nonostante sia fra i personaggi principali, nel libro si parla pochissimo dei suoi pensieri. Principalmente, perché viene vista con gli occhi di Ian e Daniel, che la descrivono come "bellissima" e "perfetta", ma sul suo mondo interiore non si soffermano mai.
La canzone, come immagino si sia intuito, è Que sera, sera di Doris Day, ed erano secoli che volevo scriverci una storia sopra! Credo che quasi tutti la conoscano (ho messo anche una traduzione, un po' approssimativa, visto che non si sa mai) ma per chi volesse ascoltarla, eccola: http://www.youtube.com/watch?v=aIl8zlmAMS8.
Sulla prima parte, posso dire che ho sempre sognato di scrivere di un'Isabeau piccola, timida e bruttina.^^ E per sua madre, beh, in verità mi sono ispirata a mia nonna: questa storia è per lei, anche se non la leggerà mai.
Sulla seconda parte, preciso che secondo me Isabeau è molto più pragmatica di Ian.^^
Infine, spero vi piaccia come ho reso i pulcini - ho in mente tutto il loro carattere, ma sarebbe complicato da spiegare.
A presto!

  
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