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Autore: aquariusff    18/01/2012    5 recensioni
- Quanto sei bella Julia! Quanto vorrei non doverti dividere con tutte queste persone. Se seguissi il mio istinto adesso verrei lì, prenderei la tua mano, ti porterei fuori e una volta soli ti stringerei talmente forte che forse avrei paura di farti male; e poi ti bacerei…… si, ti bacerei, assaggerei piano il sapore delle tue labbra… chissà come reagiresti… mi prenderesti a schiaffi o risponderesti a quel bacio? Cosa provi per me, Julia? -.
...Lei colmava la sua solitudine, era le parole del suo silenzio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gustav Schäfer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci arrivati anche alla fine di questa storia.
Grazie a tutti coloro che l'hanno letta e mi hanno regalato le loro recensioni: non potete immaginare quanto sia importante per me.
Grazie anche a coloro che hanno inserito Le Parole del Silenzio tra le storie preferite o seguite.
Grazie mille a tutti.



                                                                                                                  by aquarius 

 
 

 CAPITOLO XXXI

Ultima Puntata  

 Arona,  perla del lago Maggiore.

La città piccola e graziosa si risvegliava sotto un pallido sole e nuvole minacciose.

L’aria era piuttosto fredda e il vento soffiava gelido.

Julia si strinse nel cappotto, si avvolse la sciarpa intorno al collo e prima di uscire di casa prese l’ombrello.

“Buongiorno Julia; tutto bene?” la Signora Robbiani la salutò gentilmente come tutte le mattine quando ritornava dalla solita passeggiatina col suo barboncino.

“Tuto bene, crazieh” rispose nel suo italiano un pò stentato.

“Direi che ci siamo ormai, quanto manca?”;

“Tue messi, non vedo l’ora”;

“Se hai bisogno di qualcosa, fammelo sapere”;

“crazieh mile, lei è sempre centile”;

“Buona giornata cara”;

“Anche a lei”.

Chiuse la porta di casa e uscì per andare a lavoro.

Percorse il breve tratto di strada che conduceva all’imbarco per le isole.

I gabbiani infreddoliti, se ne stavano appollaiati sui pali ai quali venivano fissate  le barche,  e con le loro piume candide sfidavano l' inverno.

I tralci dei glicini che adornavano i gazebi disseminati qua e là, erano tristi e spogli esattamente come gli alberi,  ai quali, il vento aveva strappato le ultime coraggiose foglie.

Il lago era una immensa distesa grigia e le barche  erano tutte ancorate e con le vele ripiegate.

Il rumore del traffico copriva  la città: tutti di corsa, bambini ancora assonnati che mamme agitate accompagnavano a scuola, impiegati con le loro ventiquattrore che percorrevano le strade velocemente mentre tenevano sott’occhio l’orologio, negozianti indaffarati a sistemare le vetrine e un intenso aroma di caffè e di brioches appena sfornate si diffondeva nell’aria.

Solo Julia sembrava un elemento contro corrente in quel  quadro di quotidianità.

Procedeva  lenta verso la biglietteria  per raggiungere Angera.

Lavorava nell’agenzia turistica di Rosa, l’amica della sua povera nonna.

Quando le aveva telefonato chiedendole aiuto, Rosa le aveva offerto un lavoro e  sua sorella le aveva affittato un appartamentino ad un prezzo molto conveniente.

 Tutti l’avevano subito  accolta a braccia aperte e fatta sentire in famiglia.

Conoscevano bene la sua storia e tutto ciò che aveva dovuto affrontare.

Rosa le ricordava la nonna, entrambe dolci e affettuose e, sebbene a volte fosse troppo insistente, le era grata per tutte le attenzioni che le donava.

Adorava l’Italia e  il suo lavoro tuttavia, quando la città si assopiva e il buio regnava indisturbato,durante le lunghe ore insonni, i ricordi prendevano il sopravvento e una morsa le attanagliava il petto.

Sentiva ancora le braccia di Gustav stringerla forte,  i suoi respiri lambire piano il suo viso, i suoi baci appassionati e la sua voce che le sussurrava piano -Ti amo -.

Aveva versato fiumi di lacrime, fino a consumarle tutte.

Era svuotata di ogni sentimento: gli mancava terribilmente, era come se le avessero strappato l' anima e l’avessero abbandonata chissà dove.

Vivere senza di lui era una sofferenza atroce e adesso più che mai aveva bisogno del suo amore.

Camminava piano, con lo sguardo basso facendo bene attenzione a dove metteva i piedi. Ultimamente era diventata un'abitudine.

Raggiunse la biglietteria, acquistò il biglietto e attese fuori la partenza del battello.

Si sedette su una panchina che i tenui raggi del sole illuminavano  e guardò l’orizzonte. 

Il vento e il freddo intenso le sferzavano il viso e gli occhi le lacrimavano.

La bellezza di quel luogo la sfiorava lasciandola indifferente: pensava a Karin e alla sua ultima lettera; le mancava tantissimo e avrebbe fatto qualunque cosa pur di riabbracciarla.

Aprì la grossa borsa che aveva  sulle gambe e prese la lettera; sorrise nel riconoscere i caratteri tondeggianti della calligrafia forse un pò infantile della sua amica.

Poteva vederla, attraverso quelle righe, mentre la ragguagliava sugli ultimi sviluppi tra lei ed Eirik: lui le aveva proposto di vivere insieme e lei aveva accettato.

Le diceva che era felice e che lui era molto paziente e che, se  ancora non l’aveva mandata al diavolo, voleva dire che forse l'amava….almeno un pò.

Julia scoppiò a ridere, Karin era sempre la solita.

La lettera continuava con gli ultimi pettegolezzi al centro commerciale, le notizie sui suoi genitori e su ciò che era accaduto negli ultimi tempi a Magdeburgo.

Scorse in fretta le righe e giunse immediatamente alle notizie che le interessavano e il suo sguardo si intristì:

- Anche se non mi fa piacere, ti accontento e  ti informo su Gustav.  Non l’ho visto, nè sentito ma i giornali e alla tv hanno parlato di lui.

Sembra che non sia stato bene e che abbia subito un intervento chirurgico ma nulla di grave.

Ti invio l’articolo del Bild - .  

Ripose la lettera e aprì i ritagli: nell’articolo c’era un’immagine di Gustav, disteso in quel letto d’ospedale, col viso sofferente ed il solito sorriso imbarazzato.

Lo guardava con tanta tenerezza e, quasi senza accorgersene, iniziò a piangere.

Si sentiva inerme e al tempo stesso responsabile.

Si portò una mano al viso; le labbra strette in una smorfia, trattenevano a stento i singhiozzi del pianto.

-Ma perchè? Perchè Signore tutto questo doveva accadere? Ci facciamo del male per soffocare la rabbia, la disperazione….il troppo amore.

Ti prego,  proteggilo e anche se dovrò soffrire per il resto dei miei giorni, fa che almeno lui sia felice….ti prego!-

Rivolgeva la sua preghiera al cielo e sperava con tutto il cuore che prima o poi, anche lei trovasse un pò di serenità, che tutto quello strazio pian piano si alleviasse permettendole forse un giorno di tornare a sorridere.

Chissà dov'era in quel momento....cosa stava facendo.

Chissà se ogni tanto pensava a lei e ai momenti belli che avevano vissuto insieme e....chissà se era riuscito a dimenticare ciò che era successo.

Avrebbe tanto voluto sapere se Franzi gli avesse consegnato quella lettera e magari un giorno, forse....forse sarebbe riuscito a perdonarla.

Si asciugò gli occhi e sollevò lo sguardo, fissando, assente,  la linea dell'orizzonte.

Julia”;

Il cuore perse un battito. Quella voce…...

Ebbe paura.

Restò ferma, immobile col fiato sospeso.

"Julia, tesoro";

Non si era sbagliata....quella era proprio la sua voce.

Chiuse gli occhi e li strinse forte poi, si voltò lentamente, desiderando con tutto il cuore di essersi sbagliata e li riaprì:

Quei profondissimi occhi scuri erano difronte a lei.

Il respiro divenne improvvisamente corto e l'ossigeno sembrava non raggiungere i polmoni; una fitta acutissima le trafisse il petto.

Il  cuore pompava furiosamente il sangue nelle vene e le sue fragili membra cominciarono a pulsare nervosamente.

Quegli occhi….

 Era passato tanto tempo da quando i loro sguardi si erano incrociati per l'ultima volta e adesso....adesso erano di nuovo lì e brillavano di gioia.

Sprigionavano un calore che raggiunse ogni piccola parte del suo corpo scaldandola piano piano.

Quella sensazione....

 Non aveva scordato come la faceva sentire.

Iniziò a tremare come una foglia. 

Non riusciva a staccare il suo sguardo da lui: quanto era cambiato.

Lo osservò con minuzia: Il suo viso portava i segni della la sofferenza, sembrava sfinito.

 Aveva l’aria stanca di chi non dorme da giorni; due grosse pieghe gli solcavano la fronte e, mentre  le sorrideva tristemente i suoi occhi si arricciarono….

adorava vederlo sorridere ma, adesso era una tortura!

Strinse forte i pugni tanto da conficcarsi le unghie nella carne.

“Quanto ti ho cercata….”;

Lo guardava impietrita senza avere le forza di parlare: per quanto si sforzasse le sue corde vocali non emettevano alcun suono.

 “Julia dì qualcosa, ti prego…” ma lei si voltò rapidamente coprendosi il viso.

Gustav la raggiunse e si inginocchiò davanti a lei poggiando la testa sul suo grembo.

“Non piangere amore mio….non piangere”.

Era proprio lì, insieme a lei: sentiva il suo profumo, percepiva il suo calore e il suo respiro lento e regolare.

Istintivamente allungò una mano verso di lui: avrebbe voluto stringerlo a sè, confortarlo per tutto il male che aveva subito, rassicurarlo con il suo amore ma, la ritrasse.

Strinse forte i denti tentando in tutti i modi di non piangere; deglutì un paio di volte, tentando di respirare normalmente prima di trovare la forza di parlare.

“Gustav…come-come hai fatto a trovarmi?”;

“Non ha importanza. Ciò che conta è che ti ho ritrovata. Adesso ci sono io con te e nessuno potrà più separarci….nessuno”.

Come avrebbe voluto affondare il viso sul suo petto e lasciar andare tra le sue braccia le paure, la disperazione, le tensioni degli ultimi mesi.

Indurì la mascella e continuò.

“E’….è stato un errore!”.

“Cosa è stato un errore?”;

“Venire…fin qui. Karin aveva giurato”;

“E ha mantenuto quel giuramento. Tu non sai cosa ho dovuto inventare per scoprire dov’eri”.

Respirò profondamente:

“Devi andartene Gustav”.

Gustav sollevò la testa di scatto guardandola dritto negli occhi.

“Che significa Julia?” ma lei non rispose.

 “Rispondimi, perchè devo andarmene?”;

Con un filo di voce continuò: “Perchè  non c’è più niente per noi”.

“Non capisco: che sta succedendo? Credevo….credevo che le cose si sarebbero chiarite ora che conosco tutta la verità; credevo che”;

“Non c’è niente da chiarire. Torna a casa e dimenticati di me”;

“Non posso dimenticarti…non voglio! Ma perchè? Non mi ami più, Julia?”.

Strapparle il cuore e ridurlo  a brandelli, forse le avrebbe fatto meno male.

“E’ così? Non mi ami più?”;

Abbassò lo sguardo e sottovoce disse: "E'-è così".

Gustav si alzò in piedi con uno scatto: le afferrò le braccia e la strinse forte sollevandola dalla panchina.

 "Guardami negli occhi e giurami che non mi a...";

La pesante borsa precipitò a terra. 

Gustav  restò a lungo in silenzio a guardarla senza sapere bene cosa dire…..che pensare.

Non riusciva a credere ai propri occhi.

“Perchè non me lo hai detto?”;

Julia non disse nulla.

“Perchè non mi hai detto che aspettavi un bambino?”;

Moriva di vergogna; non avrebbe mai dovuto scoprirlo!

“Voglio sapere la verità” la sua voce era bassa e determinata.

” Adesso non ha più importanza….”;

“Ne ha, e come! Per l’amor del cielo, parla Julia! Dì qualcosa maledizione!”;

Sapeva che non si sarebbe arreso e che l'avrebbe tormentata fino a quando non gli avrebbe dato delle risposte e lei era stanca.

Stanca di fuggire, stanca di nascondersi  e di portare quell'enorme segreto.

" E’ tua figlia!” disse sconfitta mentre con una mano si toccava il ventre come a voler proteggere quella creatura.

“Lei…lei è tutto ciò che mi rimane di te”;

“Ma come? Io…io” Gustav aveva la bocca spalancata e boccheggiava come un pesce fuor d’acqua.

Si sedette pesantemente su quella panchina con l’aria sconvolta.

Non riusciva a guardarla  e questo per lei fu peggio di qualsiasi umiliazione.

“Quando è….successo?”;

" A luglio, più o meno quando è finito il tour e prima che partissi per l’America”.

Gustav rimase in silenzio, in attesa.

“Ho capito di essere incinta solo alla metà di agosto. Stavo male, tanto.

 La nausea mi distruggeva e non sopportavo più l’odore del cibo. Ho comprato un test di gravidanza e, quando ho visto l’esito…. ero disperata!”;

 fece una lunga pausa.

“Diciannove anni sono troppo pochi per avere un figlio, per allevarlo e prendersene cura….era…. difficile da accettare. 

Avevo bisogno di tempo, forse… forse il test era sbagliato, forse era solo un ritardo causato dallo stress e così ho rimandato.

I giorni passavano veloci ed io continuavo a stare male, ormai le nausee mattutine erano una consuetudine e quello che era solo un dubbio è diventata una certezza.

 Non sapevo cosa fare, tu eri lontano ed io non ho avuto il coraggio di dirti una cosa del genere al telefono”.

“Sì ma poi sono tornato, perchè non me lo hai detto?”;

“E tu credi che sia facile dire ad un uomo che sta per diventare padre? Figuriamoci dirlo a te. 

Tu non sei una persona qualunque, tu sei Gustav Schäfer!

Tu e la tua band siete famosi in tutto il mondo e un figlio ti avrebbe rovinato la vita”.

Rise amara: “e poi come avresti preso la notizia eh? mi avresti abbracciata  dicendomi che eri felice o avresti pensato che era solo una grossa complicazione?”;

Gustav non rispose, abbassò la testa guardandosi la punta delle scarpe.

" Il tuo silenzio è eloquente ma, non te ne faccio una colpa. 

Ho provato a dirtelo tante volte ma  per un motivo o per un altro non ce l’ho fatta; poi è successo ciò che è successo…… non mi avresti mai creduta. 

Avresti pensato che la bambina non fosse tua e che forse era solo un modo per incastrarti e tenerti legato a noi e alla fine ci avresti odiate entrambe.

No, non potevo dirtelo”.

Si voltò dall’altro lato, dandogli le spalle.

 Guardò l'orizzonte, mentre il pallido sole rifletteva i suoi raggi sul lago e l’aria si faceva più fredda.

Il suo sguardo si incupì come quelle acque grigie.

Doveva dirglielo, doveva essere dura e crudele per allontanarlo; doveva riuscirci ad ogni costo anche se, in quel momento si sentiva mancare la terra sotto i piedi. 

Si schiarì appena la voce ma le parole  le uscirono strozzate. 

“Non le dirò mai che  sei suo padre" fece un'altra pausa studiando attentamente le parole da usare.

"Non voglio che tu faccia parte della sua vita. Non voglio per mia figlia un padre che non c'è mai e quando c'è, passa il suo tempo a bere!

Lei è il dono più grande che avresti potuto farmi ma, mi prenderò cura di lei....da sola”;

“e che farai? Come pensi di occupartene, sentiamo!” Rise sarcastico.

Il suo sguardo era più tagliente di una lama.

“In qualche modo farò”;  rivolse lo sguardo al suo pancione e  lo accarezzò dolcemente per farsi coraggio.

" Non avrà  vestitini firmati o  scarpine costose ma avrà tutto il mio amore, perchè lei  è  la mia vita ed io non la abbandonerò mai. Lei non dovrà mai passare ciò che ho passato io”.

Gustav la guardava: era diversa, c’era una forza in lei che non aveva mai visto prima.

La odiava per quelle parole; perchè infieriva su di lui? Perchè era così spietata!

 Avrebbe voluto andarsene e dimenticarsi di tutto ma i suoi occhi erano così tristi, e rivelavano più di quanto lei volesse lasciar trasparire.

Julia si specchiò ancora una volta nei suoi occhi scuri. 

”Tornatene a Magdeburgo Gustav, ritorna alla tua vita di sempre; qui  c’è  solo rancore, rammarico e una miriade di problemi insormontabili.

  Dimenticati di me, di noi; non cercarci mai più:  pensa al tuo futuro, alla tua carriera e sii felice. Noi staremo bene ".

Tra loro cadde un profondo silenzio, come uno spesso muro che li divideva; un silenzio interminabile, vuoto e freddo, colmo di speranze disilluse, di parole non pronunciate, di gesti non compiuti, di sentimenti che aleggiavano nell’aria, sospesi come fantasmi di un passato che non sarebbe più tornato.

 Gli aveva detto quelle cose con una tale freddezza di cui lei stessa si meravigliò; era stata cinica  ma nessuno, nessuno poteva sapere quanto le fosse costato!

Avrebbe sacrificato tutta se stessa e il suo immenso amore per il suo bene.

Vederlo indifeso, incapace di reagire le dilaniava l’anima….quanto avrebbe voluto abbracciarlo forte, perdersi ancora una volta nei suoi occhi, sentire ancora il suo calore, le sue labbra…

Un rumore metallico catturò la sua attenzione: il battello era pronto per partire e il personale addetto alla navigazione stava completando le operazioni d'imbarco.

Lo guardò un’ultima volta accarezzandolo con lo sguardo.

“Adesso sai la verità.  Noi....non abbiamo più niente da dirci. Addio Gustav”.

Si chinò a raccogliere la borsa e senza voltarsi indietro si allontanò da lì

Gustav la guardò allontanarsi  impotente.

Era stato tutto inutile:  scoprire dove fosse, la partenza immediata, l'intera notte passata alla guida della sua auto facendo mille progetti....tutte illusioni!

I passeggeri cominciavano ad imbarcarsi.

Julia aveva il cuore in pezzi e  non riusciva a controllare più le lacrime ma doveva resistere, trattenerle strenuamente fino a quando Gustav non fosse stato lontano.

Camminava piano, un passo dopo l'altro ma quanta fatica le costava muovere le gambe e sforzarsi di andare avanti.

Raggiunse l'imbarco e si mise in coda con tutti gli altri passeggeri.

Lo sentiva....sentiva i suoi occhi fissi su di lei e fingere di stare bene, di esserne indifferente  era un sacrificio enorme mentre le lacrime, cominciavano a solcarle il viso. 

Arrivò il suo turno e l’ufficiale che ormai la conosceva bene la salutò con un sorriso.

” Salve, signorina...ma, si sente bene?”;

"Si, bene grazie; è... è solo il vento".

Le vidimò il biglietto e poi  le porse il braccio aiutandola a salire a bordo mentre la passerella si muoveva in maniera sconnessa a causa delle onde.

- Ancora pochi passi …..solo pochi passi e sarà finita.. per sempre -

Improvvisamente si sentì afferrare con forza un braccio.

“Fermati!";

"Lasciami andare Gustav";

"Non posso. Non puoi andartene".

Quel nodo in gola stringeva più forte che mai ed alla fine esplose esasperata senza più nascondere nè le lacrime, nè il dolore.

" E invece devo! Non lo capisci che ti rovinerei la vita? Non lo capisci che preferirei morire piuttosto che vivere ancora un giorno senza di te?"La voce era rotta dal pianto. 

"Io non posso offrirti nulla e tu meriti tutto  perchè sei una persona meravigliosa!”;

"E così preferiresti perdermi piuttosto che coinvolgermi in tutto questo?"

Julia abbassò lo sguardo.

"Guardami Julia!  Credevi davvero che ti avrei lasciata andare via così?

Già una volta ho dato retta al mio orgoglio e ti ho persa.

Non capisci che sei TU quel tutto?

Io ti amo! Ti amo più della mia vita.

 Questi mesi senza di te sono stati un inferno! Io non posso vivere senza di te lo capisci?”;

Lei non rispose: piangeva a dirotto, il corpo scosso dagli spasmi del pianto.

Il vento le scompigliava i  capelli riversandoglieli sul viso. 

Delicatamente Gustav  le tolse una ciocca dalle labbra e gliela sistemò dietro un orecchio.

La guardava con quella tenerezza di cui, solo lui era capace.

“Tu mi hai fatto una promessa, ricordi? Non ti permetterò di infrangerla di nuovo.

Dimmi che  mi ami, dimmi che mi ami ancora e tutto il resto non conta!”.

Quanto aveva desiderato in tutti quei mesi che quel sogno si avverasse, che Gustav arrivasse lì e la portasse via proteggendola col suo amore, per prendersi cura di lei e della loro bambina.

Julia si abbandonò disperata  contro il suo petto e lo abbracciò con tutta la sua forza  sfogando liberamente le lacrime .

Gustav la teneva stretta a sè;  affondò il viso nei suoi ricci, inspirò forte il suo profumo e chiuse gli occhi: non gli importava più nulla... era di nuovo tra le sue braccia.

" Io ti amo Gustav,  non ho mai smesso di amarti, mai.” gli sussurrò piano ma, non appena finì di pronunciare quelle parole, sentì la bimba muoversi nel suo ventre.

Era la prima volta che accadeva......era così strano, era un miracolo d’amore.

Non sapeva bene neanche lei cosa provasse in quel momento: aveva voglia di piangere e di ridere allo stesso tempo.

Era una gioia talmente grande e una così grande  emozione che si staccò  da Gustav e si toccò  la pancia chinandosi leggermente a guardare i movimenti lenti e delicati.

"Julia, che succede?" le chiese preoccupato;

"Stai bene?";

 Gli prese la mano e  la appoggiò sul suo grembo guardandolo negli occhi.

Gustav  sentì una manina piccola piccola, stretta in un pugnetto che spingeva  con forza contro la pancia di Julia.

Spalancò gli occhi per la sorpresa rifugiandosi in quelli di lei senza dire nulla.

In quella atmosfera magica,  c'erano solo sorrisi e  lacrime.

Erano finalmente, lacrime di gioia che recitavano le parole del loro amore e di quella promessa di felicità.

 Erano parole traboccanti di sogni per  un futuro da costruire insieme.

Erano semplicemente le parole del silenzio.

 

                                                                                                                                           Fine 



Vi aspetto mercoledì prossimo con " A Piccoli  Passi" una storia su Tom. Un bacio
  
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