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Autore: _diana87    18/01/2012    7 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Hello

Hello! La prof ha posticipato l'esame di una settimana. In compenso ha scombussolato tutto i miei piani -.-''

Vabbeh eccovi un altro capitolo "succulento" concentrato molto su Kate.

Ps: sembra che oltre a Marlowe, anche Obama legga le mie FF O.o XD

 

 

 

Aisha.

 

 

 

Corro.

Ho il fiatone.

E' tutto buio intorno.

Sento il cuore battere a mille.

Ma quanti battiti al minuto avrò?

Respiro a bocca aperta, come se nei polmoni non avessi più ossigeno.

Ma è così nero intorno a me.

Poi una voce che mi chiama, lentamente. E' quasi un sospiro. Delicato.

"Kate!... Kate! Non voltarti!... Kate, continua a correre!"

Giro la testa verso la voce. E' Rick.

Mi tende la mano, è vestito di nero. Che ci fa qui? Non è in Israele?

"Kate... stai attenta! Ti avevo detto di non fare niente di stupido..."

"Rick, Rick! E' stato un attentato, non potevo prevederlo!" cerco di giustificarmi.

Ancora lui chiama il mio nome. Cerco di raggiungerlo, ma non ci riesco. Più mi avvicino, più lui si allontana, fino a diventare un puntino all'orizzonte.

 

"Riiiick!" mi alzo di scatto, tutta bagnata, e mi accorgo che stavo facendo un sogno.

Mi guardo intorno. Mi trovo in una casa. Accanto a me, su un tavolino, c'è la mia uniforme.

Osservo la mia veste: è un vestito lungo a tinta unica color azzurro con degli orli dorati sulle maniche e sul collo. Mi agito, cerco di capire dove sono finita, e quando faccio per alzarmi dal letto, una donna vestita di nero, con un burqa in testa, si mette davanti a me, bloccandomi.

Dice qualcosa in farsi, che non capisco. Riesco solo a vedere i suoi occhi azzurri, dato che è l'unica parte del corpo, a parte le mani tatuate, che è scoperta. I suoi occhi sono pieni di speranza, e hanno l'impressione di aver pianto lacrime amare. La donna indica un'altra ragazza più giovane, forse sua figlia, che si trova seduta su una sedia vicino la porta della stanza. La ragazza, con una maglia e pantaloni, mantenendo sempre un velo in testa, si avvicina verso di me e sua madre.

La donna le parla in farsi, poi la ragazza si rivolge verso di me.

"Ciao, sono Aisha, questa è mia madre Magda. Benvenuta in nostra casa."

Parla in una lingua un po' incerta, ma riesco comunque a capirla. Le sorrido.

"Piacere, io sono Kate. Aisha, puoi aiutarmi a capire cosa mi è successo?"

Magda dice a sua figlia qualcosa, poi Aisha si siede e la donna si congeda, lasciandoci sole. Decido anche io di accomodarmi sul letto. Gambe incrociate, giocherellando con una ciocca di capelli che ho legato.

"Eri per terra, sembravi svenuta... io e mamma ti abbiamo trovato... portato in casa nostra e curato." prima di parlare guarda in alto e sembra che mentalmente cerchi le parole, o comunque traduca dall'arabo all'inglese. Però se la cava abbastanza bene. E' giovane, Aisha. Avrà al massimo 20 anni. Osservando la sua camera, vedo molti libri, tra cui dizionari di alcune lingue. Sicuramente starà studiando lingue.

"Oh. Grazie per avermi salvata, allora!" le prendo le mani in segno di riconoscenza, ma lei si discosta, abbassando la testa. "Cosa succede? Cosa ho fatto...?"
"Scusa... non siamo molto ospitali con gli stranieri... ci proibiscono di fare queste cose..." fa segno di toccarsi le mani.

"E' proibito avere contatti umani?" la mia domanda sembra uno stridulo.

"Solo noi donne." risponde lei, ancora sguardo abbassato.

Improvvisamente entra nella stanza un'altra ragazza. Agita le mani in aria e sembra gridare fieramente un qualche suo credo. Aisha le si avvicina e cerca di calmarla. Odio fare da spettatrice e non capire niente di ciò che mi succede intorno. Quando faccio la poliziotta, sono sempre la prima che si informa e che sa le cose. Ma qui è completamente un'altra storia.

"Aisha, cosa sta dicendo?"

La ragazza è preoccupata, ma non più di tanto. Scuote il capo verso quella che sembra essere sua sorella e la fa stare zitta. La sorella allora si toglie il velo, arrabbiata, lo butta a terra, e ci salta sopra. Poi esce guardandomi da capo a piedi: se ne è accorta che sono americana.

"Mia sorella Jamila è indignata con nostro ordinamento. Oggi ci sarà rivolta in piazza... solo noi donne... contro ordinamento che ci fa portare questo..." e indica il suo velo. "Bruceremo chador in piazza per protestare... rivogliamo nostra libertà!"

Aisha sembra convinta di ciò che dice. E questa sembra un'opportunità da non perdere. Raccoglierò queste informazioni per poi passarle a Rick e aiutarlo col suo reportage... Dio quanto mi manca. Il suo respiro, il suo sorriso, il suo calore... il nostro bacio mattutino... Respiro e mi faccio forza. Scendo dal letto e raggiungo le donne della casa che stanno tutte radunate in cucina.

"Aisha, ho deciso di aiutarvi nella vostra rivolta." parlo lentamente ma ferma e decisa, per far capire alla ragazza il mio pensiero.

Lei parla con le altre donne. E' preoccupata stavolta, mentre l'anziana signora mi guarda, rivolge lo sguardo verso al cielo ringraziando Allah credo, e infine Aisha mi dà il responso. Un cenno con la testa.

"Sarà pericoloso signorina Kate. Vuoi accettare lo stesso?"
"E' il mio lavoro."

 

Il sole è caldo e indossando questi abiti lunghi mi chiedo come facciano le donne di qui a non soffrire il caldo. Le donne si sono date appuntamento nella piazza di Teheran per iniziare la loro protesta. Alcune sono già in posizione: gruppi che urlano tenendo per le mani dei grossi cartelli scritti in arabo. Protestano a gran voce. Altre hanno già tolto i loro veli e posati a terra. Poi hanno acceso il fuoco e li hanno bruciati. Il fuoco che arde nelle loro vene è solo simbolico. Niente in confronto alla grande nube nera che si diffonde nell'aria.

Aria di cenere. Aria di rinnovamento. Perchè come una fenice rinasce dalle ceneri, così sta facendo questo paese oggi.

Aisha e la sua famiglia si aggregano alla massa e io le seguo, coprendo il volto con il velo, lasciando solo intravedere i miei occhi.

Arriva uno squadrone di militari iraniani sopra ad una gip altrettanto militare. L'uomo al comando cerca di fermare la rivolta urlando, ma le donne continuano a fare peggio. E' una gara a chi alza di più la voce. Poi prendono di mano la gip e ci salgono sopra. La scaraventano a terra. Qualche fucile e mitra viene sparpagliato a terra.

Temo il peggio. Guardo Aisha e la sua famiglia e poi un soldato che sta puntando il suo mitra contro di loro. Tutto accade in un istante che riesco a vedere a rallentatore. Corro verso il soldato e prima che spari, riesco a buttarlo a terra, fiondandomi contro le sue gambe. Gli strappo il mitra di dosso e lo punto contro il comandante della gip militare.

Quello urla qualcosa, un "E' americana!" e si prepara ad ordinare ai suoi uomini di farmi fuoco. Sono coraggiosa, stavolta non scapperò. Continuo a puntare il mitra contro di lui, mentre gli uomini armati mi hanno circondato.

Non c'è via di scampo, ma se proprio devo morire, meglio farlo da martire, aiutando le persone e facendo qualcosa per cui valga la pena lottare.

Non cercare di fare l'eroina.

Ti ho mentito Rick. In questo momento ho tradito la tua fiducia. Ma sono una poliziotta, ed è nel mio istinto lottare contro le ingiustizie.

I grilletti sono puntati, quasi pronti a sparare.

Poi all'improvviso.

Le donne urlano e si gettano contro i militari. Esse sono senza veli, e le più giovani hanno macchiato la loro faccia di nero, il colore dell'odio. Come soldatesse fiere. Come leonesse agguerrite per difendere il loro territorio. Abbasso il mitra. I militari sono a terra, faccia verso il terreno, con le donne che posano i loro piedi contro le loro teste e un'arma tenuta salda nella mano.

Mi guardano e mi sorridono.

 

Qualche ora dopo, il tg locale e poi quello internazionale, avrebbero detto che le donne in Iran hanno combattuto e hanno ottenuto la loro libertà. Il presidente avrebbe proclamato un nuovo diritto, quello di non indossare più veli o burqa. La guerra più grande per loro è finita.

 

Tornata a casa di Aisha, mi appaiono dei volti famigliari. Sono Esposito, Ryan, McNeil e Tacker, che si è salvato, riportando solo un braccio rotto.

Sorrido sincera e non nascondo il mio desiderio di abbracciarli.

"Becks, ci sei mancata!" Esposito è il primo a venirmi incontro, seguito poi da Ryan, che è ormai in un fiume di lacrime.

"Avanti, Kevin, non fare il timido e vieni ad abbracciarmi!" gli faccio e lui dopo un attimo di esitazione, si lascia andare, bagnandomi tutta la spalla destra.

Sono i miei ragazzi. I miei colleghi e i miei amici. E voglio bene a loro.

McNeil si schiarisce la voce, troncando quel momento intimo.

"Te la sei cavata bene, Kate. Tacker mi ha detto che sei corsa per evitare gli spari. Da vera soldatessa."

Gli faccio un segno da militare, poggiandomi sull'attenti. Non tradisco il mio imbarazzo, piuttosto lascio che il mio orgoglio esca fuori.

Mia madre sarebbe fiera di me.

Montgomery sarebbe fiero di me.

"Sergente Tacker, lei sta bene? Come se l'è cavata?" chiedo all'uomo di colore col braccio rotto.

"Ci ho solo rimesso un braccio, ma sono vivo e vegeto. Non bastano 4 pallottole a buttarmi giù." risponde lui con uno sguardo fiero e modesto. "Allora, torniamo nel nostro accampamento?"

"Certo." dice McNeil e tutti noi lo seguiamo.

 

Ho salutato la famiglia di Aisha, augurandole il meglio ore che hanno guadagnato ciò che volevano. Loro mi hanno fatto dei regali. Lei e la sorella Jamila un paio di orecchini, la loro madre un amuleto porta fortuna.

Ho quasi i miei dubbi, ma la guerra mostra la gente per quella che è davvero.

Sto imparando che non bisogna giudicare le persone dalle apparenze.

Pensavo che Bridget e Laura fossero due Barbie, invece nascondono un'anima pura con dei sogni infranti e delle speranze.

E Tacker, non è così Mastino e severo. Mi ha salvato la vita.

Vorrei che riuscissimo a sopravvivere tutti dopo questa missione, ma in realtà, sappiamo che non è così.

   
 
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