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Autore: elfin emrys    18/01/2012    2 recensioni
[Della serie Erede]
Dal capitolo 12:
"Ma delle mani invisibili lo trattenevano
no, non era lui a correre
dei becchi neri gli strappavano la pelle
bianca, pura, troppo morbida per essere la sua
le dita che entravano nella terra
dita... piccole, infantili
e un filo.
Un filo lungo, rosso, macchiato di oscurità.
Che si univa.
A un altro filo.
Fato. Destino."
MESSO NUOVO CAPITOLO, FINALMENTE!
Genere: Avventura, Comico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Erede'
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Era buio.

Arthur si guardò intorno.

Niente.

Si sentirono dei passi.

Ed eccola, la luce.

Man mano il paesaggio si fece sempre più delineato e vivido.

Era come svegliarsi dopo un lungo sonno.

Il Re vide se stesso accovacciato nelle stalle con davanti a sé un Merlin dormiente.

L'Arthur spettatore dovette ammetterlo: era troppo carino.

-Eh?

Il moro aprì gli occhi, vedendo degli stivali, alzò il capo.

-Sire!

Il Re rise: aveva dello sterco attaccato alla guancia.

Il giovane biondo lo guardò alzarsi.

-Che stai facendo?

-Niente.

-Questo lo vedo anch'io.

Merlin si mise una mano alla testa, frastornato e confuso.

-Non stavo dormendo.

Ah, ecco il negare l'evidenza!

Il Re si guardò bene, mentre il proprio viso assumeva un'espressione di disappunto e di ovvietà.

-Stavo... ehhh... mi stavo chinando.

Il principe sembrò annuire un attimo.

-Per cercare qualcosa?

-Sì! Sì...

Anche lui si alzò, facendo cenno al moro di guardarsi intorno con la mano e con gli occhi.

-Forse cerchiamo la stessa cosa!

-Cosa?

Il Re scosse la testa ridacchiando ricordando l'idiozia che Merlin aveva dimostrato quella volta.

-Oh, non saprei... forse, I CAVALLI.

Il viso del biondo cambiò radicalmente espressione, dando vita a delle smorfiette di superiorità, di irritazione e di esasperazione.

-I... cavalli...?

Merlin si guardò intorno, per poi sbarrare gli occhi.

-Oh...!

Il giovane Arthur gli si avvicinò.

-Un errore lo capisco (tutti possono avere una giornataccia) ma tu ne stai combinando una dopo l'altra!

Il servitore si mise le mani fra i capelli, con lo sguardo perso e sinceramente interrogativo.

Scosse la testa.

-Non so cos'è successo!

Il biondo lo guardò scimmiottandolo.

-Sire?

Ed eccolo lì: Cedric. Alla. Porta. Delle. Stalle.

Lo sguardo di Merlin si indurì un po'.

L'uomo si avvicinò loro.

-Non siate troppo severo con lui: è un bravo servitore. Solo... è solo stanco.

Quando Cedric allungò quella lurida manaccia su una spalla di Merlin, il ragazzo sembrò svegliarsi.

-No, non è vero!

-Se avesse... magari la serata libera...

-Non voglio la serata libera!

-Una notte di sonno.

-Ma io non mi sono addormentato!

Il giovane principe guardò intensamente il viso del moro: a chi la voleva dare a bere? Era ovvio che si era addormentato!

-Sono disposto a occuparmi io dei suoi doveri questa notte.

Nonostante lo sguardo del biondo fosse meno severo e irritato, le parole che disse dopo sembrarono quasi sconvolgere Merlin.

-Forse hai ragione.

-No...

-Zitto, Merlin.

Toccò al moro cercar di far ragionare Arthur, che però sembrava non sentire, non vedere. Era sordo, cieco.

-Non capite cosa vuole fare? Vuole liberarsi di me: se non foste uno zuccone lo capireste.

Cedric sembrò ridacchiare sotto quei baffacci maledetti, mentre il principe sembrava essersi davvero inquietato: infatti disse due parole sole minacciosamente.

-Cosa sarei?

-Ah... Ehh...

Cedric decise di intervenire, poiché Merlin si era appena reso conto di cosa avesse detto.

-“Zuccone”, sì, ha detto proprio “zuccone”.

Gli occhi di Arthur si assottigliarono pericolosamente, per poi inclinare la testa per guardare con rimprovero il moro.

Silenzio.

-Cedric ha ragione. Lui baderà a me stanotte.

Il Re si guardò: si ricordava di quanto fosse stato dannatamente stupido.

Ma il calcare quel “lui” sembrò come un colpo di grazia.

Si sbagliava, o gli occhi di Merlin si erano inumiditi leggermente?

-Tu puoi andare a dormire e riflettere se vuoi essere il mio servitore o no.

-Ma io...

-E' un ordine.

Cedric abbassò gli occhi e, mordendosi le labbra probabilmente per non ridere, allungò il braccio per prendere a Merlin il giacchetto, per poi pulirlo dalla paglia e porgerglielo.

Il moro guardò prima l'uomo, poi la giacca, poi di nuovo l'uomo.

Sembrava deluso.

Il moro guardò il principe, in un'ultima supplica silenziosa.

Tratteneva il fiato.

Esplose in un sospiro affranto, guardando il biondo e il ladro-di-posti-da-servitore fissarlo.

Merlin se ne andò.

Non avrebbe permesso di far vedere a qualcuno quanto tutto quello l'avesse ferito.

L'ultima cosa che il Re vide prima che la scena sfumasse era Merlin che andava da Gaius.

C'era una stanzetta, una casupola.

Il Re si guardò intorno.

Vide se stesso guardare perplesso un pollo.

La porta si aprì lentamente, facendo intravedere la figura esile di Merlin.

-Merlin, grazie al cielo.

Il biondo si alzò, guardandolo.

Il moro aveva una strana espressione di disappunto.

Era perplesso.

In qualche maniera, sembrava quasi addolorato.

-Gwen dice che cucinate voi.

-Portami due pasti dalle cucine del palazzo.

-Quindi non cucinate?

-No. Gwen non deve saperlo: per quanto la riguarda, la cena sarà preparata e cucinata da me.

Gli occhi di Merlin si strabuzzarono un pochino, per poi tornare sottili.

Una strana sensazione si faceva largo dentro di lui.

Arthur gli dava le spalle.

Arthur voleva fare colpo.

Su Gwen.

Su... Gwen...?

-State cercando di fare colpo?

-Non essere ridicolo, Merlin. E portami una maglia decente: i tuoi vestiti mi fanno venire il prurito dappertutto, mi sembra di avere le pulci.

Il viso del moro era veramente indecifrabile.

E ancora quella sensazione.

Era fredda, tagliente.

La mente del moro immaginò la ragazza legata a un dirupo.

No, non poteva essere davvero geloso, non poteva.

Il Re guardò Merlin: era come sentire le sue sensazioni.

Il primo impulso che ebbe, era quello di picchiarsi.

Il secondo fu quello di scappare.

Il moro diede ascolto al suo secondo pensiero.

Aprì la porta.

Uscì.

In quegli ultimi minuti non aveva sorriso neanche una volta.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Stava lì.

Lì, con lui.

Richard aveva appena ricevuto la nomina da cavaliere.

Si stava avvicinando a Merlin, cercando nella propria testa un qualunque motivo per fare discorso.

Era un ricordo.

Uno dei più belli che Richard avesse.

In realtà per Merlin non doveva essere un bel ricordo.

Ed eccolo là.

Piccolo, pallido... bello, luminoso...

L'uomo sorrise, un sorriso così diverso da quello del suo gemello più giovane, che faceva parte del ricordo.

Il neo-cavaliere si avvicinò a Merlin, lasciando cadere il proprio bicchiere colmo di vino.

-Oh!

Non era sembrato un incidente, ma era questo il piano: infastidirlo.

Merlin lo guardò un attimo negli occhi, per poi reprimere le parole che stavano scalpitando per uscire dalle labbra.

-Allora?

Richard lo guardò.

Un sospiro.

-Lasci, Sir, pulisco io.

Che umiliazione! Certo, Merlin sapeva che essere servitori era anche quello, soprattutto quello, ma il suo misero orgoglio da uomo si ribellava a quelle dimostrazioni di maleducazione e di sopruso che facevano spesso i nobili.

Il moro si chinò, lavando a terra con uno strofinaccio.

Richard prese un altro bicchiere colmo di vino, per berne, mentre con lo sguardo sembrava attraversare il corpo del ragazzo chino a terra.

Beh, mica male, il servo.

Peccato mancasse di misura toracica, ma quello era naturale del resto.

Il neo-cavaliere girava intorno al moro, come un avvoltoio.

Richard guardò dietro le proprie spalle.

Notò lo sguardo di Arthur.

Era piuttosto arrabbiato.

Merlin si alzò, mentre un altro servo di passaggio lo aiutava a liberarsi dello strofinaccio bagnato di vino.

-Fatto.

Il moro guardò il biondo negli occhi, con aria di sfida.

Il ragazzo pensava.

Quel nuovo cavaliere e Arthur si assomigliavano.

Gli stessi capelli biondi, lo sguardo arrogante, il portamento nobile, i muscoli.

Merlin fece un sorriso forzato e falso, sorpassando il nuovo cavaliere.

Era stata una sofferenza.

Piccola, vero, ma sembra un dolore.

E chissà quanto potevano fare dei piccoli dolori come quello messi insieme.

Il paesaggio cambiò radicalmente.

E c'era la voce di Merlin.

E la propria.

-Come... come...?

-Merlin...

-Mi hai mentito! Mi hai usato!

-Non è vero!

Il moro non osava guardarlo.

Era girato, si stringeva le braccia con le mani.

Confusione sul suo viso.

Si passò le dita fra i capelli.

-Non mentirmi ancora, Richard! Io ti ho visto. Ti ho visto!

-Non è come sembra.

-Ah, no? No, sai, perchè sembrava tanto che lei ti stesse baciando e tu mica eri tanto sconvolto, sai! Inoltre, mi sbaglio, o stavate parlando del fatto che avevate fatto sesso?

-Non capisci, Merlin: l'ho fatto per te.

-Sì, certo, come no! SEI STATO UN TESORO, GUARDA.

Merlin si stava muovendo freneticamente.

-E poi mi hai anche urlato contro quando ti avevo detto dell'incidente!

-Era un'altra questione.

-No, non lo è, Richard. Lei non è un'altra questione.

Ogni parola era interrotta da dei respiri affrettati.

Merlin aveva una mano sullo stomaco, come se gli facesse male.

-No, lei...

-Era una prostituta, Richard! Svegliati!

-Non capisci.

-No, hai ragione, non capisco i tuoi motivi subdoli.

Il biondo gli mise una mano sulla spalla.

-Merlin!

-NON TOCCARMI!

Il petto del cavaliere si alzava e abbassava velocemente: sembrava sentirsi male.

-Ora capisco! Il tuo improvviso cambiamento nei miei confronti, la tua fretta... Ti ho anche creduto. Era più facile pensare che tu mi amassi piuttosto che tu mi volessi solo... solo...

-Non è così! Non è così, quante volte te lo devo dire?

-Finchè non mi convincerai e per adesso non stai avendo risultati, mi pare.

-Merl...

-NON CHIAMARMI PER NOME!

La pallida mano del ragazzo si tolse dallo stomaco, per metterla su una spalla, stretta, quasi aggrappata disperatamente, come a proteggersi da un'idea che lo stava avvelenando e infilzando con mille spade.

Faceva male.

Vederlo così.

Rivivere quella scena, quella stessa scena che aveva rivisto milioni di volte nei propri incubi.

Non era come stava dicendo Merlin, non lo era mai stato.

Ma tutto era contro di lui.

-Oseresti dire ancora che mi ami?

-Sì!

-Io non ti credo più. Adesso basta, mi vuoi lasciare sì o no? Non vedi come sto? Vuoi forse finirmi?

-Merlin...

-Ti ho detto di non chiamarmi per nome. Non lo voglio ma più sentire da te! E adesso vattene. VATTENE!

Richard abbassò la mano che aveva teso verso il ragazzo.

Abbassò lo sguardo, sconfitto.

Si mise l'altra mano fra i capelli, prima di aprire la porta e uscire.

Il cuore del Richard spettatore batteva, andava a mille, scalciava.

Merlin si coprì la bocca.

Gli occhi fissi a terra, tempestosi, sconvolti.

Il moro aprì le labbra una, due volte, prima di richiuderle senza dire niente.

Era chino.

Le spalle erano basse e piegate in avanti.

Il ragazzo si sedette, mettendosi le braccia intorno al busto, cullandosi.

Ora le labbra erano strette.

Non pianse.

Non fece più niente.

Solo una lacrima a solcargli il viso, creando una strada bagnata di dolore.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

C'era il passato.

Li inseguiva, come un cane da caccia.

Li braccava.

Il buio artigliava loro le gambe, cercava di azzannarne le braccia.

E c'era una donna.

Una donna alta e mora, bellissima.

Ma era sfiorita.

Non era più giovane e le rughe di un lungo odio gli crepavano la fronte.

Poi c'era un uomo.

I capelli castani, la pelle abbronzata, gli occhi scuri.

Occhi tinti di una forza singolare.

Non facevano niente, restavano lì.

E non vedevano.

Percepivano, ma non vedevano.

Non ascoltavano.

Graffi sulla pelle

ma non sulla propria

sangue dalle viscere

ma non il suo

dolore dallo stomaco

ma non lo sentiva.

Era così estenuante.

Boschi, deserti di fuoco e ghiaccio.

E infine c'era un drago.

Dipanava le ombre, allungava la luce.

Sembrava la salvezza, era la salvezza.

Ma delle mani invisibili lo trattenevano

no, non era lui a correre

dei becchi neri gli strappavano la pelle

bianca, pura, troppo morbida per essere la sua

le dita che entravano nella terra

dita... piccole, infantili

e un filo.

Un filo lungo, rosso, macchiato di oscurità.

Che si univa.

A un altro filo.

Fato. Destino.

Un inizio che non si vedeva ancora, che doveva ancora venire fuori.

Il respiro spezzato.

L'aria assente.

Sprazzi di un buio più intenso.

Terrore.

Puro, instabile, soffocante.

Tagliente.

Lacrime.

E ricordi, ricordi che lui non possedeva, che appartenevano a qualcosa che ancora non c'era.

E altri, altri che erano passati, che ormai non esistevano più.

Momenti.

Secondi di silenzio.

Caos.

E poi c'era lui,

un bambino troppo piccolo, troppo,

i capelli dorati che cadono sugli occhi blu.

Un cuore che tremava, delle labbra che si schiudevano.

Sopracciglia arricciate.

Pupille sottili.

E ci si accorge che non era buio,

era solo un qualcosa di informe.

E c'era un'altra persona.

Lo teneva per la mano (questo vedeva, non come gli altri, sì, vedeva).

Gli occhi dorati.

Palmi troppo grandi per contenere solo una forza umana.

E finalmente un aiuto.

Ma poteva già essere troppo tardi.

Un ultimo strattone.

Una nuova medaglia che si stava fondendo.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Era ferito.

Arthur non aveva visto il contesto, né il fatto che aveva rotto il cuore di Merlin.

Ma lo sentiva.

Il rumore di tanti pezzettini di un amore di cristallo.

La mano sul petto, poi sulle labbra.

Le iridi che si muovevano frenetici, come se avessero qualcosa (qualcosa di grande) da nascondere.

Le sopracciglia si stringevano e allontanavano a scatti, l'agitazione che si poteva leggere in ogni suo gesto.

Era un'agitazione interna, emotiva; forte e fremente.

Nei suoi occhi si muovevano pensieri e immagini, che a stento erano state trattenute; il petto si alzava e abbassava con velocità; si sentiva soffocare, sentiva una mano gli stringeva il cuore, come se volesse ucciderlo.

E poi, in mezzo a quell'inquietudine così viva... c'era silenzio.

Un silenzio fermo, appeso per aria su un filo che poteva essere spezzato solo dai singhiozzi del dolore.

Dolore che non veniva esternato.

E Merlin alzò il viso, si sistemò la giacca e la bandana, sorrise di un sorriso così falso, così finto... e uscì da dietro la colonna.

Le pietre e le stelle: le uniche che avevano visto per infiniti secondi un momento di cedimento.

Una sofferenza inspiegabile.

Un amore indicibile.

Nascosto così bene.

Segreto addirittura al suo portatore.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Sussulti nello stomaco.

Odio, amore, ragione, passione, tutto nella pancia in tremiti confusi.

Merlin era bravo a fingere.

Non mentiva, ma nascondeva, ed era come mentire.

Tradire.

E Richard lo sapeva, oh, lo sapeva quanto il moro era bravo a mantenere i segreti.

Così bravo che addirittura lui, la persona che credeva di conoscerlo meglio di chiunque altro, era rimasto sorpreso di fronte all'evidenza.

Merlin era semplicemente disorientato.

Era stato catapultato da un mondo a un altro senza alcun filo logico, come se il Destino avesse deciso di far accadere in pochi giorni quello che doveva accadere in anni.

Tutto era veloce.

Anche i ricordi.

Ricordi offuscati, incomprensibili, memorie, sogni ubriachi.

E poi baci non dati e rabbia e dolore.

E ancora, subito dopo, soddisfazione, improvvisa realizzazione.

Richard, Arthur, tutti insieme in un enorme cumulo d'amore da dare.

Eventi inspiegabili davanti ai suoi occhi, sentimenti che non immaginava neanche lontanamente di provare.

O che immaginava e non riconosceva.

Coltellate al cuore, lame che lo trafiggevano, i rimpianti.

Perchè Merlin avrebbe voluto, sì, avrebbe voluto amarlo.

A lui, a Richard, non Arthur o chicchessia.

Ma c'era l'orgoglio pulsante nelle tempie e nelle vene, segni di mesi al fianco del principe.

Il moro avrebbe voluto, esatto, beh, sì.

Ma come poteva?

Come poteva ormai?

Adesso, in quell'istante, nel futuro, come aveva fatto in passato e come continuava a fare nel presente?

Non c'era più il pensiero del tradimento, quello era sparito, scomparso in goccioline di lacrime notturne, poche, ma necessarie.

Ma c'era qualcos'altro.

C'era una leggera consapevolezza, consapevolezza di coperte, pelle sudata, baci, sussurri.

E se, e se... ma perchè non avrebbe dovuto dirglielo? Tenerglielo nascosto, a quale scopo?

Era una sensazione assurda, un misto fra vergogna ed eccitazione, un rossore sul viso e, soprattutto, sulle orecchie.

E Richard ne era protagonista.

Era un protagonista che faceva solo la comparsa, e poi c'era Gaius, nelle profondità della mente, che si intrometteva e faceva il gobbo, come per suggerire le battute.

Parole.

Stupide, inutili.

Richieste.

Mai dette, mai ascoltate.

Ma stavolta Richard sentiva, come spettatore, vero, ma sentiva. Percepiva ogni punto interrogativo cui lui aveva un punto esclamativo, un punto fermo, una risposta per ogni domanda, per ogni dubbio.

L'amava, l'aveva sempre amato, sempre, ogni giorno della sua vita.

Anche forse solo perchè non poteva averlo, perchè non l'aveva mai posseduto del tutto, neanche quando... sì, poteva dirlo, quando era riuscito a mettere le mani su quel corpo pallido.

Ed era strano.

Merlin non era bello.

O forse lo era? Di una bellezza particolare, appuntita e magra, profonda e silenziosa, toccante e pura, leggera e angolosa.

Solo pochi potevano rimanerne colpiti.

Senza senso, pensieri scollegati, frasi senza punteggiatura.

E spilli di magia che Merlin sentiva pungergli la pelle dall'interno.

Era tutto così travolgente, semplicemente era andato da sé.

Graffi di domande silenziose, un cuore che batteva per quelle domande irrisolte, per quegli assurdi indovinelli.

E Richard...

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Emrys aveva un dito puntato sulla guancia.

Osservava.

I suoi occhi d'oro brillavano nel buio, trafiggendo le immagini che vedevano.

Con noncuranza spostò la giacca nera lunga fino ai piedi con cui era vestito con un piede, cercando di mettersi in una posizione migliore per vedere quello che stava accadendo.

Non ci riusciva.

Semplicemente non riusciva a decidere.

Era troppo, troppo difficile, alla luce dei fatti (di tutti i fatti).

Una strana sensazione di impotenza che poche volte aveva sentito negli ultimi anni lo accolse.

Richard. Arthur.

Entrambi non hanno fatto altro che distruggere Merlin, immergendosi fino alle ossa.

Nessuno dei due mai dimenticato.

Per quanto i sentimenti di Merlin fossero ormai certi da molti anni, per quanto fosse sicuro che tutto il suo cuore era rivolto al re, Emrys non poteva certo negare il profondo affetto che legava il moro all'altro biondo.

Si alzò in piedi: non poteva attendere, non poteva decidere; i ricordi sarebbero passati uno dietro l'altro senza fine, almeno che lui non avesse preso in mano la situazione.

Veramente adesso.

Cosa poteva fare?

Sapeva bene che per uno dei due significava... significava morire... per Richard o per Arthur, non c'era scelta.

Ma come non c'era scelta, non c'era neanche margine di errore.

Quale uccidere?

O quale poteva indurre a uccidersi?

Ormai il tempo stava scadendo, era il quarto giorno, maledizione, il quarto dannatissimo giorno.

E il giorno dopo Merlin sarebbe morto.

Li avrebbe fatti andare via entrambi.

Scomparire... l'unica cosa da fare.

L'unica cosa che l'altruismo di Merlin ancora riusciva a dire nel profondo di quella mente oscurata.

Una mano fra i capelli neri.

Una specie di ringhio.

La creatura si mise a camminare, incorporea, spalancando una porta e trovandosi nel suo castello.

Ignorando i vari Merlin nascosti dietro tendaggi, porte, appoggiati ai muri, arrivò in un grande salone.

Tutte le finestre erano sbarrate.

Le guardò.

Scomparire, oppure...

Emrys fece uno scatto, attraversò la sala, prese con le mani le travi per togliere, staccarle dal muro, per far entrare la luce.

Man mano cominciarono a vedersi vetri appannati, il legno e il ferro.

Scomparire oppure far entrare la luce.

Ecco cosa doveva fare.

Non avrebbe salvato Merlin, questo no, ma avrebbe rallentato la maledizione limitandone i danni.

Gli sbarramenti si ricreavano per magia, ma Emrys con la propria li fermava, le mani tagliate che non sanguinavano, i denti che si stringevano.

Appena un rivolo di luce lo colpì sul petto, un sorriso storto apparve sul viso della creatura: nessuno avrebbe potuto impedirgli di riuscire a salvare Merlin, nessuno.

In fondo, era il suo padrone...

Se fosse morto, Emrys sarebbe stato libero di tornare nel cuore della Terra, dove nasce la magia e avrebbe aspettato, aspettato un nuovo uomo pronto ad accoglierlo nelle proprie vene.

E avrebbe aspettato millenni.

Crash!

Con un boato, due travi caddero a terra di un colpo.

Crash!

Un'altra, sopra le sue compagne.

E ancora, ancora, rimbombi nel castello, fili di sole che filtravano dai vetri.

E i cattivi ricordi così si tranquillizzavano.

Merlin rallentò i suoi respiri velocizzati.

Il medico gli si avvicinò subito, con una speranza negli occhi.

Gli mise una mano sul petto, poi sul collo, sul polso, gli mise una lama sotto al naso: stava facendo qualsiasi cosa per accertarsene in pieno, per non dare false speranze al principe e alla principessa.

Sorrise.

Merlin abbassò le palpebre, dopo giorni, mentre le labbra costantemente dischiuse in strani urli silenziosi si chiudevano tranquillamente.

Il medico sentì una mano sulla propria spalla e girandosi vide il suo re e il cavaliere che lo guardavano spaesati, come per dire “E' tutto finito?”.

L'uomo sorrise annuendo.

Arthur si avvicinò al letto, guardando il marito dormire placidamente dopo tanto tempo.

Richard restò lontano.

Si mise una mano sul petto: aveva capito.

Con l'arrivo della luce aveva capito tutto.

Sapeva cosa fare.

Sapeva che Merlin sarebbe morto se non avesse fatto qualcosa.

Così, restò nella camera, aspettando che il re uscisse.

Rimase lontano dal moro per molte ore, finchè non fu notte inoltrata.

Arthur ancora non era tornato: si era addormentato nella sala del trono.

L'ex-cavaliere si avvicinò lentamente al corpo sdraiato.

Gli presa una mano, avvicinandosela lentamente alle labbra.

La baciò, per poi appoggiare sopra le dita la fronte.

-Merlin...

Basta.

Era il momento della verità.

 

Note: Mi inchino davanti alla vostra pazienza. Beh, devo avvertirvi che questo è il penultimo capitolo. Il prossimo è già in fase di lavorazione e non sarà tanto lungo, anzi, perciò non aspetterete più di un mese, ma senza darvi altri riferimenti temporali per non illudervi (*sussurra: giovedì prossimo, alle 17:30 precise, ci conto XD*)

Eeeeeh, beh, che dire? Finalmente sta per finire. Come sempre, non vedo l'ora di mettere l'ultimo capitolo e Amen!

Spero che questo capitolo (11 pagine) non vi sia dispiaciuto ;) Guardate che ci sono voluti due giorni di piena ispirazione per scriverlo (infatti in questo due giorni ho preso varie insufficienze XP No, ok, non è vero, ma una è sicura). Infatti stavo disperando, quando BAM! ISPIRAZIONE DIVINA MENTRE LEGGEVO I PROMESSI SPOSI! (sì, per questo il capitolo ad alcune di voi sembrerà parecchio noioso XP).

Mi raccomando, recensite, dai, almeno per stappare uno champagne perchè è il penultimo capitolo: fatemi contenta!

Kiss

P.S. Mi dispiace per il Merlin lagna version! Mi è venuto così, scusateeeemiiii >.< Inoltre il ricordo di Arthur, quello piccolo a parte è come io ho pensato avesse reagito (segretamente) Merlin quando Gwen aveva baciato Arthur per farlo "guarire" dall'incantesimo (ma tanto lo sappiamo tutte che in realtà Merlin aveva dato il bacio del verso amore ad Arthur che ha solo finto di svegliarsi di fronte a Gwen u.u Mica siamo stupide!)

   
 
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