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Autore: Swaggg    22/01/2012    4 recensioni
La signora Jenkins, racconta ai nipoti la sua storia.
Di come ha conosciuto l'uomo della sua vita, e di come la ragazza del suo amore, ha spinto la signora Jenkins ad andarsene e fuggire per sempre.
Lui è innamorato, ma troppo cieco per vedere che anche lei è innamorata.
Lei fugge per un segreto, e dopo tanto tempo si rincontrano e sembrano essere felici. Ma il destino, cambia le carte della loro vita, del loro amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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It was as if at that time was his.




Il giorno seguente si alzò con calma, come rilassata e infondo anche un po’ felice.
Si svestì e si catapultò sotto la doccia. Era l’unico posto dove poteva rimanere sola.
Era l’unico posto dove poteva sentirsi libera.
Le gocce d’acqua le ricadevano fluide sul suo corpo provocando in lei la sensazione di star volando.
In quel momento le venne in mente la sera prima. Justin, infondo, non era antipatico, e non era neanche viziato.
Era…carino. Ed era stata bene con lui.
Interrompe lei stessa i suoi pensieri uscendo dalla doccia e prendendo una qualsiasi asciugamano da legarsi un po’ al di sopra del petto.
Appena uscì dal bagno, sentì qualcuno bussare alla sua porta.
Andò ad aprire frettolosamente, e dietro quella porta c’era Justin. Le spuntò un sorriso.
“Ciao” disse lei sullo stipite della porta.
Justin la guardava come imbambolato. Aveva delle forme perfette, ma distolse subito lo sguardo prima che qualcosa si alzasse.
“Ehm…Ciao” disse Justin grattandosi la nuca e guardando altrove.
“Volevo solo avvertirti che noi siamo di sotto a fare colazione” aggiunse poi il ragazzo raggiungendo con lo sguardo gli occhi della ragazza, senza guardare in basso.
“Grazie, mi vesto e vi raggiungo” disse Marianne.
Notò che Justin la stava fissando e quindi arrossì abbassando lo sguardo.
Intanto chiuse la porta per andarsi a vestire.
Decise di indossare un pantalone classico e una camicetta bianca, su cui avrebbe abbinato sopra una giacca nera, e un tacco 12 sotto. Doveva sembrare professionale. Un filo di mascara ed era pronta. Non era il tipo di ragazza che sembrava Lady Gaga solo per truccarsi. Era…acqua e sapone.
Si affrettò a scendere di sotto a fare colazione, aveva una gran fame. E degli altri non gliene fregava un bel niente.
Nella sala ci mise un po’ a trovare Justin con la ragazza. Ma il suo sguardo cadde proprio su quegli occhi che la cercavano.
Come se a Justin mancasse Marianne.
Con molto stile la ragazza camminò verso il suo tavolo. Salutò tutti ed ordinò una colazione piuttosto abbondante.
I due ragazzi la guardavano sconcertati.
“Abbiamo deciso di andare al piccolo centro commerciale qui vicino” disse Selena rivolgendosi sicuramente a Marianne.
Justin sbuffò.
Quando la Gomez diceva che era un “piccolo” centro commerciale, significava che era enorme e ci mettevi tipo tutta la giornata per girare tutti i negozi. E se diceva che era qui vicino, significava che era minimo un’ora di macchina. Tutte queste cose le erano state spiegate da Kenny, che poverino doveva sopportarseli tutto il giorno.
Marianne si limitò ad annuire. Lei doveva solo guidare, era Justin che doveva portarle le buste. Marianne rise al solo pensiero.
Dopo aver fatto colazione Marianne si avviò all’auto, e più volte si domandava perché Justin non potesse guidare lui.
Era grande, aveva la patente. Non sapeva, davvero, cosa lo spingeva a non fare niente.
Poco dopo la raggiunsero i due.
Per tutto il tragitto da Stratford a Toronto Selena non aveva fatto altro che parlare di quello che si doveva comperare, e Justin,
poverino, doveva starla a sentire e consigliarla. Se Selena si accorgeva che egli non stava seguendo erano botte.


Era più di tre ore che Marianne aspettava spazientita in quella macchina. Dopo aver passato le prime ore ad ascoltare musica, dopo i suoi timpani non ne poterono più e fu costretta a spegnere lo stereo.
Passarono altre due ore e il suo stomaco adesso si faceva sentire. Guardò per un attimo l’entrata del centro commerciale, sperando nell’uscita della “padrona” e de sul schiavetto. Ma niente, da quella porta non usciva nessuno.
Passarono altre due ore, si era fatta ormai ora di cena e la ragazza, non ci vedeva più dalla fame. Pensò, adesso dovrebbe spuntare una bella Fiesta… ma niente, neanche quella voleva farsi vedere.
Si affacciò ancora una volta verso l’entrata di quel centro commerciale. Stava per perdere le speranze anche adesso, ma all’improvviso vide uscire una testolina bionda, che si intravedeva, a malapena sotto tutte quelle buste. E Selena?
parlava a telefono, sculettando e mostrando tutto il suo fascino.
In poco tempo lei raggiunse l’auto, a Justin ci volle un po’ per raggiungerla.
Marianne gli diede una mano a portare le buste nel bagagliaio, Selena era già dentro.
Marianne aveva tanto da chiedere a Justin, ma preferì starsene zitta e mettersi da parte.
Visto l’ora, li portò ad un bel ristorantino romantico, dove ovviamente avrebbe pagato Justin.
I due si appartarono, in modo tale da non farsi vedere.
Marianne era ad un tavolino, in disparte solo lei. Non ordinò niente di che…non aveva assai soldi, e semmai ci fosse stato un momento importante, voleva conservarseli per quel momento.
“Ciao” una voce la fece sobbalzare, sperò tanto che fosse Justin…ma no.
Alzò il suo sguardo e davanti a se si trovo un bel ragazzo di colore con occhi azzurri. Semplicemente fantastico pensò.
Si accorse di stare guardando il ragazzo un po’ troppo, così si affrettò a rispondere.
“Ciao” rispose Marianne visibilmente imbarazzata.
“Sei sola?” domanda il ragazzo accennando al fatto che Marianne fosse sola.
Lei si limitò ad annuire. E il ragazzo si sedette.
“Il tuo nome?” chiese il ragazzo.
“Marianne, Marianne Jenkins…Tu?” domandò la ragazza finendo l’ultimo boccone di insalata.
“Tom, Thomas Jefferson” rispose il ragazzo mostrando i suoi denti bianchissimi.
“Non sei di qui vero?” aggiunse Jefferson.
“No sono l’autista di Justin Bieber” risponde lei guardando il tavolo di Bieber.
Notò subito che Justin la stava guardando, e guardava in modo cagnesco il ragazzo seduto di fronte a lei. Era confusa.
“chi? Bieberon?” il ragazzo rise, e lei si aggiunse a lui.
Non fu tanto lo sfottò, ma il modo in cui lo disse che fece ridere Marianne.
“No dai se lo conosci è simpatico” disse lei alludendo a Justin.
“Sono geloso, sappilo” rispose Tom.
I due scoppiarono ancora una volta a ridere.
Intanto Justin si faceva rosso dalla rabbia, gelosia. Non sapeva neanche lui cos’era. Ma osservava i due divertirsi, e poi osservava lui e la Gomez. Non spiccavano parola, ne l’uno ne l’altro. Infatti tra di loro non c’era una vera e proprio conversazione, ma l amava e pensava solo quello servisse in una coppia, ma capì poi che non era così.

Dopo un po’ Justin e Selena finirono la cena e decisero e di pagare e di andarsene.
“Prima che te ne vai, mi dai il tuo numero?” chiese Thomas fermando Marianne che se ne stava andando.
Marianne non se lo fece ripetere due volte. Prese una penna che aveva al petto, e sul palmo della mano di Thomas ci scrisse il suo numero.

Lasciò i due davanti all’albergo e lei andò a parcheggiare.
Prima di ritirarsi aveva bisogno di starsene sola, decise di farsi una passeggiata sulla spiaggia deserta che era proprio di fronte all'hotel.
Si sedette sulla sabbia fredda e osservò le onde del mare muoversi. Un movimento fluido e veloce, una melodia rilassante.
Chiuse gli occhi per un secondo, immaginandosi come fosse la sua vita adesso se sua madre fosse ancora lì con lei. Di certo non si trovava in quella situazione, ma avrebbe avuto accanto un qualcuno che la incoraggiasse, un qualcuno che le offrirebbe una spalla su cui piangere. Ma non aveva nessuno. Solo se stessa.
Aprì gli occhi e si ritrovò davanti quello stolto ti Bieber.
Sobbalzò, per fare poi un piccolo gridolino, segno che aveva avuto paura.
“Cretino” gli urlò Marianne mantenendosi il cuore.
Justin rideva a crepapelle.
“Che ci fai qui?” gli domandò Marianne notando che ormai si era calmato.
Adesso era steso al suo fianco.
“Mi annoiavo” rispose Justin tranquillo.
Quella risposta risultò a Marianne una cosa inutile, odiava quelle risposte corte.
La ragazza sbuffò.
“Chi era quello al ristorante?” chiese Justin visibilmente infastidito.
“Ma cosa te ne importa? Comunque un amico” rispose lei ormai scocciata.
“Mhmm…” si limitò a mugugnare Justin.
“Perché ti fai trattare così dalla Gomez?” chiese, così, ad un tratto Marianne.
“La amo…” rispose Justin.
“Amare non significa, farsi schiavo” rispose logicamente Marianne.
Silenzio. Nessuno dei due parlò.
“Perché non guidi?” chiese ancora Marianne.
“Mi hanno sequestrato la patente, ho fatto una brutta infrazione.” rispose Justin.
La ragazza era concentrata ad osservare il mare, Justin notando di non essere tanto attiva per ucciderlo, provò a baciarle il collo.
Una bella sensazione prese ormai il sopravvento sul corpo di Marianne.
Era come se Justin se ne fosse impossessato, senza lasciarle scampo.
Justin voleva tanto provocarla, per portarsela poi a letto.
Ma Marianne, prima che Justin arrivasse alle labbra, si accorse di star sbagliando e gli mollò una sberla sulla sua bellissima guancia liscia.
Justin sembrava confuso, Marianne, invece, aveva già preso ad incamminarsi verso l’hotel.

Quando già fu nel suo letto, completamente al buio, ripensò a quello successo prima. Ritoccandosi il collo e chiudendo gli occhi per ricordare tutto nei minimi particolari.
Stava per addormentarsi, ma bussarono alla porta. Si alzò e andò ad aprire e davanti a se trovò…
   
 
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