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Autore: LoveShanimal    22/01/2012    2 recensioni
“E.. – lui sorrise, con quel sorriso ingenuo che lo caratterizzava, almeno a quel tempo. L’ingenuità lo abbandonò tempo dopo – mi prometti che non mi lascerai mai? Che staremo insieme per sempre?”
Lei arrossì.
“Te lo prometto, Shannon.”
Ps. Ispirata ad una storia vera :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera :3

Lo so, mi ero ripromessa che questa volta non avrei aspettato tanto per pubblicare, ma la scuola, i miei fratelli che si fregavano il computer con il file dentro, e altre mille cose mi hanno impedito di pubblicare questo secondo capitolo.

Non è tanto lungo, e non succede poi nulla di che, ma siamo all'inizio e voglio andare con calma, non voglio consumare subito la storia u.u

Allora, devo fare una precisazione: rileggendo il capitolo, mi sono accorta che c'è un riferimento (NON VOLUTO) agli avvenimenti di questi giorni, cioè quelli della crociera e del capitano. Ripeto, NON è VOLUTO D:

Beh, che devo dire più adesso? 

Ah si. E' la prima volta che mi cimento nella scrittura in terza persona, ho sempre scritto in prima ed è sempre stato più facile. Mi fate sapere com'è il risultato? Perché se fa schifo, torno ai vecchi modi D:

Ultimissima e poi non vi rompo più le palle!! : non so se avete notato, ma i diversi capitoli sono divisi in 'chapter 1' e 'chapter 2'. Mi rifaccio ad Hurricane , con il Chapter 1 per il passato (birth) e il 2 per il presente (life). Spero sia tutto chiaro u.u

*Ha incasinato ancora di più*

 

Buona lettura, fatemi sapere come vi sembra :3



Chapter 2: Life
2: There is fire inside of this heart and a riot about to explode into flames

 
“Shannon..”
Quella voce dolce  richiamò l’uomo alla realtà, lo strappò indietro dalla sua testa con tanta potenza sebbene fosse così bassa e impastata, per colpa del sonno.
Continuò a tirare su il pantalone, e girò lo sguardo nella camera, prima a destra e poi a sinistra, per cercare la sua canottiera. Si mosse, e la afferrò da sopra la poltrona dove non ricordava di averla poggiata la sera prima. Non se ne preoccupò, gli succedeva spesso.
Passò a cercare le scarpe.
“Dove vai?” sembrava essersi svegliata completamente, non c’erano più increspature nella sua voce.
“A prendere il mio aereo, te l’ho detto che oggi sarei partito.. dove vuoi che vada?” gli disse, senza neppure voltarsi. Avrebbe preferito starsi zitto e non dire nulla, ma lei era stata troppo gentile con lui per ignorarla.
“Ti accompagno? Mi vesto in un minuto!”
C’era un briciolo di speranza nella sua voce, una buona parte di allarme, e tanta tristezza.
Conosceva la risposta di chi, dopo aver condiviso una notte non così male con lei, non la guardava neppure in faccia.
Cherie.. – disse, con quell’accento francese, così stranamente perfetto in un americano, che tanto aveva colpito la ragazza la sera prima – avevo detto che non era nulla di serio. Avevo detto che era solamente una notte, e poi basta. L’ho detto più di una volta..”
“Si, lo so, ma io..” piagnucolava.
Lui avrebbe dovuto scegliere qualcun’altra, lo sapeva.
Non voleva ferire qualche donna, non lei, soprattutto, che poi era così piccola, così tenera, così indifesa.
“Mi dispiace, eh? Lo sai che non ti volevo fare del male – disse, andando a posizionarsi finalmente accanto a lei, che oramai si era seduta, e stringeva il lenzuolo per farsi forza – davvero, non pensare questo. Ma io non sono un tipo da relazioni serie, te l’ho detto anche prima di tutto questo.”
‘Non lo sono più, ormai..’ pensava lui.
“S-s-si – lui la guardò, dritta negli occhi, e lei non potè fare che lasciare stare. Non aveva la forza di controbattere – hai ragione, mi dispiace.”
Lui sorrise, fiero di un’altra vittoria, e le baciò la fronte.
“Stammi bene.” Disse, uscendo dalla porta dell’albergo.
L’avrebbe ricordata, come ricordava tutte, ma per lui era semplicemente una delle tante.
Ora lo aspettava l’aeroporto e un altro volo in aereo, lo aspettava di nuovo il suo tour, suo fratello, il suo migliore amico, che era quasi un secondo fratello, e soprattutto la sua batteria.
Lei, lei tra tutte, era quella che lo faceva stare meglio.
 
 
“Signore, biglietto prego.”
La bellissima hostess bionda l’aveva fermato prima che lui potesse entrare, e lui, meccanicamente, aveva mostrato i biglietti aerei. Era ormai abituato a quel genere di faccende, e non lo infastidivano più come le prime volte.
Con lui c’era Tomo.
Tomo, il chitarrista della band, il suo migliore amico, il suo fratello acquisito.
Parlavano del più e del meno, quando furono distratti dalla confusione alle loro spalle.
“Shannooooooon!” gridava qualcuno.
Tomo pensò che fosse qualche fan, ma Shannon aveva riconosciuto quella voce.
“Oh no..” si portò le mani alla testa, e si coprì la faccia. L’altro intuì qualcosa, e gli si parò davanti per nasconderlo.
“Shannon! Girati, Shannon, sono io! Ti devo parlare!”
Alle loro spalle, c’era una ragazza che correva verso di loro, inseguita da due uomini della sicurezza, che urlava a perdifiato il nome del batterista e cercava di attirare la sua attenzione.
“Shannon! Sono io! Non partire, ti prego, non partire!”
Lui continuò a guardare avanti, infastidito.
“Ha fatto?” chiese alla hostess.
“Si, tenga.”
Gli restituì i biglietti, e Shannon con uno strattone tirò anche il suo compagno.
“No, aspettami ti prego! – si stava avvicinando la donna, sempre di più – ti prego!”
Velocemente, i due entrarono e la hostess chiuse la porta dell’aereo, mentre una guardia sbarrava la strada alla ragazza.
E intanto che lei si dibatteva per raggiungere quell’uomo che tanto l’aveva colpita, lui si era seduto sulla poltrona della sua prima classe, rilassandosi dopo aver scampato un momento imbarazzante e decisamente brutto.
“Cavolo, non immaginavo venisse a cercarmi.. devo stare attento a non dire più la compagnia aerea. Stupido..” quelle osservazioni sembravano indirizzate più a se stesso, che non al suo vicino, che comunque le ascoltò, e non si astenne dal commentarle.
“Shannon, la potresti smettere? Ti prego, davvero, smettila. Abbiamo fatto tante, troppe volte questo discorso. Se proprio vuoi continuare a comportarti così, non mettere me in mezzo. Ti ho già coperto troppe volte.” Si allacciò la cintura, e rivolse lo sguardo verso il finestrino, guardando l’aereo che iniziava a camminare, e spiccava il volo.
Era la sua parte preferita del viaggio, quella.
Il vuoto nello stomaco, il paesaggio che cambiava, l’aereo che gli dava l’illusione di poter volare, non con un motore e con dei comandi, ma con le proprie ali.
Però quella volta il suo umore gli impedì di godersi al meglio quelle emozioni che sempre lo rendevano felice.
“Tomo, e dai..” il batterista accavallò le gambe, e si spaparanzò sulla comoda poltrona della prima classe.
“Dai niente, non farmi ripetere ancora una volta tutto il discorso. Ti comporti da bambino, giochi con i sentimenti delle donne come se fossero bambole. Vuoi portarti a letto una ragazza diversa ogni notte? Bene, ma scegli qualcuna che non ha sentimenti, non una persona debole come la ragazza di prima.”
Tomo era sdegnato, Shannon incredulo. L’amico gli aveva sempre fatto quel discorso, ma mai con quel tono e con quelle parole.
“Non sapevo si sarebbe comportata così. gliel’ho ripetuto più di una volta che non facevo sul serio, cosa pretendi più?”
“Che tu cresca, Shannon, che tu cresca. Hai quarantuno anni, non dieci, dovresti pensare ad avere qualcosa di stabile nella tua vita. Una donna che ti ami davvero, magari. Non rimarrai in eterno il giovane playboy, lo sai benissimo.”
E con questo mise fine alla conversazione, temporaneamente, premendo un pulsante che abbassava lo schienale della sua poltrona, e si stese.
Shannon invece rimase per un po’ di tempo a contemplare la figura supina accanto a lui, aspettando forse che si rialzasse e dicesse ‘ei, stavo solo giocando!’, ma quando si accorse che quel silenzio sarebbe durato ancora a lungo, si alzò e si avvicinò al frigobar.
Frugò per un po’ senza trovare nulla che gli piacesse, fino a quando una voce femminile lo fece sobbalzare chiedendogli a pochi centimetri dall’orecchio “Ha bisogno di una mano?”
Si girò, e di trovò di fronte una hostess sulla trentina, belle curve, tacchi vertiginosi, scollatura esagerata e un rossetto di un rosso scuro in contrapposizione con il bianco della pelle.
Lei gli sorrise, aspettando una risposta.
Prima che potesse rispondere, magari corteggiarla come faceva sempre, le parole di Tomo gli rimbombarono nella testa ‘una donna che ti ami davvero, magari’.
“No, grazie. Sono a posto così.”
Tornò al suo posto, in silenzio, senza aspettare neppure che l’altra rispondesse, che intanto se n’era andata stranita verso un’altra donna che attirava la sua attenzione con la mano.
Guardò storto l’amico ancora dormiente, e sbuffò.
“Mi hai rovinato il volo, stupido Tomo..” bisbigliò.
Non poteva sapere che l’altro, che gli dava le spalle, in realtà non stava dormendo, ma fingeva.
Non poteva sapere che gli era spuntato un sorriso di vittoria sul volto, un sorriso con un sapore così dolce perché, in realtà, la vittoria era di entrambi. Aveva insinuato il dubbio in Shannon, e questo era abbastanza per farlo gioire. Forse, finalmente, l’amico avrebbe messo la testa a posto, e sarebbe stato davvero felice.
 
“No, Lucas, no. Non puoi farmi questo.”
Shannon sentì il fratello entrare in casa, e quando lo raggiunse lo vide intento a trascinare tutte le valigie con la mano destra, mentre con la sinistra parlava a telefono.
“Buonasera, eh.” Era tornato a Los Angeles il giorno successivo agli altri due componenti della band. Lui e la sua ossessione per la Francia.
Scaraventò le valigie in malo modo per terra, chiuse con un calcio la porta, e fece un cenno al fratello con la mano per salutarlo.
“Eh, ma allora? .. Lo so che non è colpa tua, scusa.. … Ma come dobbiamo fare adesso? … me lo devi, Lucas, non mi puoi abbandonare così!” sbuffò.
Shannon lo guardava, con un mestolo in mano, stranito.
Gli piaceva cucinare, era una cosa che aveva preso dalla madre.
Quando si accorse che non avrebbe avuto alcuna attenzione da Jared, ritornò in cucina alla sua pizza, una nuova ricetta italiana che aveva preso durante l’ultimo tour.
Si abbassò all’altezza del forno, e vide che la sua cena era quasi pronta, e piano piano un ottimo odore invase tutta la stanza.
Sorrise, soddisfatto, e iniziò a ripulire tutta la farina sparsa per i mobili e le macchie di pomodoro.
“Questa non ci voleva..” entrò nella stanza furioso, sbattendo il suo amato telefono sul tavolo e sedendosi.
“Cosa è successo?”
Shannon era calmo, non era una persona che si appendeva troppo ai problemi, ma cercava sempre di trovare una soluzione senza agitarsi troppo. La sua calma molte volte infastidiva il fratello, come in quel caso, che invece si faceva trasportare dalle emozioni e non riusciva semplicemente a farsi scivolare le cose addosso.
“Lucas. Mi ha detto che Oliver si è licenziato. Non ce la fa più a seguire i nostri ritmi, per lui è stancante. Proprio adesso che dobbiamo fissare le ultime date dei concerti e dobbiamo concludere il tour. Non ci voleva, non ci voleva proprio. Tutto questo per cosa poi? Perché noi siamo troppo esigenti, lo facciamo volare da una parte all’altra del mondo senza riposo, e soprattutto la moglie gli manca, ed è incinta al settimo mese, e tra poco partorisce e lui non vuole perdersi nulla..”
“..giustamente.”
Shannon continuò la frase del fratello, con quella parola che non aveva voluto dire, per puro orgoglio. Non voleva giustificare il loro manager, non voleva. Un capitano non abbandona mai la nave prima che affondi, no? Stava pensando, proprio in quel momento. Secondo lui li stava abbandonando, li stava abbandonando in quel momento, in quel momento in cui ne avevano più bisogno.
Diede un pugno sul tavolo.
“Hai detto a Lucas di trovarci immediatamente un nuovo manager, no?” il più grande dei fratelli Leto aveva appena indossato un guanto da cucina, ed era alquanto buffo, ma la situazione non fece cogliere l’occasione al minore dei due di insultare l’altro.
“Certo che si..” rispose Jared, con un’espressione come se stesse rispondendo alla domanda più stupida che gli potessero fare.
“Allora è inutile affaticarsi e torturarsi tanto. Lucas non ci deluderà, ne sono più che sicuro. Adesso vatti a cambiare e scendi, che ti faccio provare una cosa nuova.” Sorrise.
“Cosa?!” il tentativo di Shannon di distrarre l’altro funzionò, e incuriosito Jared allungò il collo per vedere nel forno.
“Pizza, della buona pizza italiana!”
“Uhm.. non lo so, non mi ispira.” Il cantante fece una smorfia, come un bambino viziato. Quel briciolo di vitalità che era apparsa sul suo viso dopo le parole ‘cosa’ e ‘nuova’ messe nella stessa frase, si spense alla stessa velocità con cui si era accesa.
“Dopo una settimana e più di cibo francese, mi sembra un miracolo mangiare qualcosa di buono. Quindi, ti prego, levati di testa la Francia, cambiati, e vieni a mangiare.” Il maggiore dei due fratelli scosse la testa, ripensando a tutto quello che il suo povero stomaco aveva dovuto digerire in quei giorni. Riteneva Parigi una città stupenda, ma in quanto a cibo, lasciava molto a desiderare.
Jared, a sua volta, alzò gli occhi all’aria, e si diresse al piano di sopra.
Nessuno dei due, avrebbe potuto immaginare che quella sarebbe stata la causa di un problema ben peggiore del licenziamento di un manager.
  
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