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Autore: tartufo    23/01/2012    1 recensioni
La storia prende spunto dal protagonista di The dead zone di stephen king.
Voleva richiamare l'attenzione di quella donna, ma la voce non ne voleva sapere di uscire, nessun suono riuscì a trovare una via di fuga dalle sue labbra.
L'unica cosa che poteva fare, era sperare che la donna alzasse gli occhi e incontrasse i suoi, che lo sapeva, erano pieni di domande e paura.
Attese un tempo che gli parve infinito, quando quell'estranea si spostò ancora più vicina ed iniziò a dedicarsi al suo braccio, iniziava davvero a spazientirsi,
possibile che non si accorgesse che era sveglio.
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I due ragazzi si guardavano in imbarazzo, era passato davvero tanto tempo dall'ultima volta che si erano visti,
non erano mai stati amici, l'unica cosa che li legava era Kurt, un legame dovuto e non voluto, che si era spezzato
quando Kurt era entrato in coma.
Si sentivano ogni tanto, più per gentilezza da parte di Blaine che per reale voglia di intraprendere una conversazione
che solitamente era più un monologo da parte di Blaine che lo aggiornava sulla famiglia Hummel.
David avrebbe potuto benissimo andare da Burt e chiedere di persona, ma il senso di colpa non glielo permetteva,
aveva rovinato la vita di Kurt dall'inizio alla fine, prima maltrattandolo e poi innamorandosi di lui, non voleva vedere
l'odio negli occhi del signor Hummel, non avrebbe sopportato quel peso, anche se sapeva che quel sentimento
esisteva, era reale, non affrontarlo lo rendeva meno vero, meno difficile da gestire.
"Senti, ho fatto male a venire qui, lui non vorrà...".
"Se ti riferisci al signor Hummel, stai tranquillo, lo sà, anzi, ti avrebbe chiamato lui se gliene avessi dato
la possibilità" disse semplicemente Blaine.
"Dici davvero?".
"Si, nessuno è arrabbiato con noi David, solo noi stessi" disse con tono triste, distante.
"Vogliamo andare?".
Un cenno d'assenso da parte di David e si incamminarono all'interno dell'ospedale.

Kurt era ancora costretto a letto, anche se il suo corpo sembrava rispondere bene, si stancava molto facilmente, e
aveva sempre un debole mal di testa che lo accompagnava per tutta la giornata.
La stanza era un pochino più allegra adesso che era in compagnia, quando era solo, gli dava un senso di malinconia
e la voglia di tornare a casa, lo assaliva, aveva più volte domandato se poteva lasciare l'ospedale, ma la sua
richiesta non era nemmeno stata presa in considerazione.
Kurt osservava Finn e Rachel che batibeccavano come al solito, aveva sempre pensato che sarebbero finiti insieme
in qualche strano e oscuro modo, erano uno l'opposto dell'altro, eppure era questo che li univa, erano felici, lo
poteva vedere nei loro occhi, oltre quel velo che acomunava tutti i membri della sua famiglia.
"Finn?" lo chiamò piano, quasi pentendosi di rovinare quel bel quadretto.
"Dimmi fratellino" rispose sorridendo.
Lo guardò per un attimo, incerto se chiedere o meno.
"Sai che papà e Carole stanno divorziando?".
Ci mise un pò a rispondere, come se quel poco tempo potesse cambiare la situazione.
"Non me ne hanno parlato, ma anche un tonto come me si è accorto che le cose non vanno più...".
"Sai perchè? Non è possibile che non si amino più... io non lo accetto!!" disse con foga.
Fù rachel a rispondere, sul suo viso una dolce espressione di conforto.
"Kurt, dopo quello che ti è successo... è stato difficile per tutti, tuo padre non si dava pace, il rapporto si è
sgretolato giorno dopo giorno, non per mancanza d'amore, solo perchè non era facile andare avanti, vedrai che le cose
si sistemeranno...".
"Hanno già le carte pronte... Finn devi prenderle e distruggerle" sembrava isterico mentre lo diceva.
"Kurt, non credo sia un bene...".
"Se non interveniamo, quei due faranno un enorme sbaglio, lo sai anche tu Finn che è la cosa giusta".
Finn lanciò uno sguardo a Rachel che per tutta risposta sorrise, l'unica cosa che gli passò per la mente era che
erano due psicopatici, e adesso capiva perchè erano diventati amici.
Rachel passò un braccio intorno alle spalle di Kurt, lui sollevo il braccio e portò la mano ad intrecciarsi con quella
dell'amica.
C'era un bambino, sui cinque anni, aveva un visetto dolce e molto familiare, correva felice sul prato, sfoggiava
la sua piccola divisa da football, si rotolava sull'erba riempiendola di macchie, e rideva, rideva forte, poi tutto
contento si alzava e trotterellava tra le braccia dei suoi genitori, sul bordo del campo che lo guardavano
orgogliosi, "Mio piccolo Kurt" gli sussurrava lei tra i capelli.
"Wow..." disse Kurt con il volto rigato di lacrime e guardando la sua amica in volto.
"Kurt, stai bene?" chiese spaventata.
"Si, solo... sto bene...".
Non ci voleva un genio per capire cosa aveva visto, e non ci voleva un'altra visione per fargli cambiare idea, non
sarebbe servito a nulla, era già deciso, allora perchè si era svegliato?
"Potreste cercare il dottor Walsh? Vorrei parlargli un attimo...".
"Oh... Certo, sicuro di stare bene?" chiese Finn.
"Si, tranquillo, vorrei solo dirgli una cosa".
I due ragazzi lasciarono la stanza in cerca del dottore e Kurt rimase solo con i propri pensieri, con una triste
consapevolezza, eppure si sentiva tranquillo, era strano, ma non aveva paura, non ancora.
La porta si aprì piano, Kurt aveva già pronto il discorso da fare al dottore e quando si girò per parlare, non trovò
il suo viso, ma il volto di due ragazzi che lo guardavano. 

 

 

  
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