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Autore: ArtemisiaSando    23/01/2012    1 recensioni
Credo sia la prima fanfiction ispirata alla serie videoludica Uncharted :) La storia che voglio presentare parla del fortuito incontro tra un giovane Victor Sullivan e la cantante di un bar in una città appena devastata dalla guerra.
Nascerà immediatamente qualcosa tra i due personaggi, che pure si vedranno costretti ad affrontare ciascuno i propri demoni personali per poter costruire una relazione. Il passato della ragazza ed il "lavoro" di Sully riusciranno forse a minare la loro amicizia...
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6

Estel lo condusse in silenzio, nelle strade poco illuminate, fino a casa dato che ignorava totalmente dove alloggiasse lui. Era piuttosto tardi e le luci nell’appartamento della signora Jennings erano già spente, perciò cercò di fare meno rumore possibile guidando l’uomo per le scale fino alla porta verde del suo pianerottolo.

La ragazza era stranamente consapevole della mano di Sully nella propria e non poteva ignorare i propri sentimenti mentre elaborava poco a poco ciò che l’uomo aveva fatto per lei quella sera.

Gli aveva sfiorato il viso e, di nuovo nella sua vita, era stata invasa da qualcosa che pensava non sarebbe tornato mai più per lei, qualcosa che pensava fosse morto con Zell.

Accese la lampada a piantana del salotto in modo che gli occhi di entrambi si abituassero gradualmente alla luce e lasciò Victor seduto su una delle sedie attorno al tavolo circolare della sala da pranzo, mentre andava in bagno a prendere il necessario per disinfettare i tagli al viso e alle mani di lui.

 

Tutta la casa era pervasa dallo stesso delicato odore di fiori freschi che emanava la pelle della ragazza e solo allora Sully si rese totalmente conto di dove fosse, dato che l’aveva solo seguita in silenzio fino all’appartamento senza riuscire a trovare qualcosa di adatto da dire.

Ora che cuore e cervello si erano calmati riuscì a mettere a fuoco più chiaramente che cosa fosse accaduto, le parole della canzone tornarono a pulsare fastidiosamente nella sua testa, ma non avrebbe mai trovato il coraggio di chiederle se fossero state per lui, non dal momento in cui si era comportato da perfetto attaccabrighe.

Mossa stupida la sua, dannatamente idiota. Si era lasciato prendere dalla foga e tutto ciò che aveva concluso era stato quasi far ammazzare entrambi e aver fatto perdere alla ragazza il lavoro che la sosteneva.

Appoggiò la testa sulle mani, espirando forzatamente: “Non va bene, Sully, non va per niente bene, dannazione! La farai ammazzare così!” si rimproverò serrando gli occhi, ma si riprese velocemente quando la ragazza fece la sua comparsa dal corridoio.

Si raddrizzò, passandosi entrambe le mani tra i capelli, eppure rimase ancora in silenzio, sperando di capire se Estel fosse arrabbiata con lui. Lei gli si sedette con calma davanti, posandosi in grembo delle piccole garze di cotone e una bottiglietta di disinfettante, bagnò una delle garze e si sistemò ancora più vicina con le gambe che si inserirono tra quelle aperte di Sully.

- Brucerà un pochino.- soffiò dolcemente cominciando a tamponare il taglio sul labbro, Victor sorrise teneramente senza potersi trattenere e capì che non c’era altra spiegazione per ciò che stava provando … si era innamorato di lei.

- Non fa niente.- rispose piano senza poter smettere di guardarla negli occhi, non era mai stata così vicina perché Sully potesse distinguere chiaramente ogni suo respiro. La osservò in silenzio per ancora qualche minuto, concentrata sulle sue labbra, ma completamente rossa in viso.

- Vuoi spiegarmi perché? Potevano ferirti più seriamente di così, potevi morire.- fiottò la ragazza ad un certo punto, passando a tamponare la ferita vicino al sopracciglio destro, ora che era costretta a guardarlo negli occhi Sullivan notò quanto brillassero alla tenue luce della lampada.

- Non ha importanza. Non è la prima volta che mi puntano addosso un’arma. Sei tu … ad essere importante.- ridacchiò, più serio di quanto avesse voluto, fermando la mano della ragazza. Non riusciva a capire se erano sempre stati così vicini o fosse stata lei ad avvicinarsi progressivamente, sta di fatto che il respiro di lei gli stava piacevolmente scaldando le labbra.

Eppure Estel non sorrise come faceva di solito alle sue spudorate avances, ma si accigliò impercettibilmente e Sully si chiese se fosse dolore quello che aveva intravisto nei profondi occhi d’oro. Lo guardò per un lungo istante mentre la mano tremava appena sul suo viso, poi, senza che l’uomo se lo aspettasse, June posò delicatamente le labbra sulle sue.

Sullivan si sentì girare la testa per l’improvviso batticuore, ma osservò la ragazza nascondere i grandi occhi tra le ciglia scure mentre premeva ancora la bocca calda e gentile sulla sua. Durò solo una manciata secondi, ma furono sufficienti per spiazzarlo, il profumo della pelle di lei lo travolse scaldando ogni angolo del suo corpo e della sua anima. Avrebbe approfondito il bacio, ma Estel si allontanò prima che Sully potesse stringerla al petto.

- Ti prego, Sully … ti prego, non farlo mai più. Non voglio perderti … - sussurrò rossa in viso, gli occhi gialli che brillavano di quelle lacrime che forse stava cercando di trattenere.

A Victor si spezzò il cuore, non pensava di significare così tanto per lei e l’idea lo sollevò e affondò allo stesso tempo:- Piccola … non vado da nessuna parte.- le rispose con un mezzo sorriso, allungando la mano per sfiorarle il viso caldo e gentile.

C’era qualcosa che però, in tutto quel discorso, lo turbava profondamente, qualcosa di cui non si era consciamente accorto prima:- Estel … perché non hai avuto paura? Ti preoccupi per me, ma non per te. Ti hanno già puntato un’arma addosso, dico bene?- chiese accigliato, sapendo di toccare forse un pessimo discorso. June allargò gli occhi accusando il colpo e Sully poté quasi sentire il sussulto nel suo petto, prontamente la ragazza si allontanò dalla sua mano, alzandosi smarrita dalla sedia.

 

Si era ripromessa che mai Victor avrebbe saputo del suo passato, avrebbe preferito soffrire tutto il tempo necessario piuttosto che perderlo, ma sembrava che l’uomo l’avesse messa alle strette quindi meritava di sapere almeno in parte chi fosse Estel June.

Afferrò sconsolata la collana di Zell, che le scaldava il petto da più anni di quanti riusciva a ricordarne, come per aggrapparvisi:- E’ vero … ho usato una pistola per la prima volta quando avevo cinque anni. Io sono nata a Spira, in un villaggio di mercenari a est di Midgar, sono stata addestrata tutta la vita per poter continuare il “mestiere” dei miei genitori. Quando arrivò la guerra avevo solo quindici anni, i mercenari erano una razza scomoda, combattevamo meglio dei militari e con molti meno rimorsi quindi il governo pensò bene di darci la caccia. Fortunatamente vivevamo tra le montagne e non eravamo degli sprovveduti, quindi per un po’ di tempo riuscimmo ad evitare attacchi esterni.

Una notte ci colsero di sorpresa con un attacco in massa, non avevamo idea che ci avessero localizzati ed eravamo pochi. A noi ragazzini non fu permesso di aiutare e venimmo solamente nascosti, quando, dopo tre giorni, tornammo al villaggio non esisteva più nulla, comprese le persone che avevamo più amato. Nessuno si arrese, soprattutto Zell … - sospirò il suo nome, sperando che il dolore non la spezzasse, che il ricordo del suo viso non tornasse a tormentarla:

- Eravamo nati insieme, cresciuti insieme e affrontammo le nostre perdite insieme. Io lo amavo, lo amavo più di qualsiasi altra cosa, da più tempo di quanto riesca a ricordare e, nonostante tutto, saperlo vicino non mi permetteva di crollare.

Passammo cinque anni nel villaggio che avevamo ricostruito con le nostre forze, a progettare un futuro che non arrivò mai. Le acque sembravano calme, ma il nuovo governo si ricordò delle forze che nella passata guerra avevano fatto la differenza e mandò i suoi soldati migliori a finire il lavoro.

Dodici, eravamo solo dodici … dodici ragazzi di vent’anni, ma secondo qualcuno avremmo potuto ribaltare il paese. Li vidi morire uno ad uno, cadevano come se non avessero avuto una vita prima di quel momento, quasi non fossero mai esistiti. 

A volte i ricordi sembrano così confusi da sembrare quelli di qualcun altro … però ricordo la mano di Zell stretta nella mia, la sua voce che mi gridava di non guardarmi indietro. Tentammo di fuggire, ma ci accerchiarono quasi subito.

Sentii i fucili caricarsi e capii che sarebbe finita così, me ne sarei andata come avevo vissuto, con lui accanto … invece, quando fu il momento, ricordo che Zell mi guardò come faceva sempre, prepotente, saccente, ma lui non si scansò dai proiettili, scansò me.

Mi amava così forte da dare la vita per me e allo stesso tempo mi privava della facoltà di amarlo a mia volta. Non voleva che ripagassi il mio debito, si è portato via tutto ciò che avevo, ma ha anche voluto che fossi la sola che lo avrebbe ricordato. È qualcosa che riesco, a malapena, ad accettare solo adesso che sono passati cinque anni. Invece di essere quello che avevo sognato per noi, la famiglia che progettavamo la sera, da soli, ha scelto di essere un ricordo.

Mi ha salvato e distrutto la vita nello stesso momento e questo non potrò mai perdonarglielo.- fiottò senza poter trattenere le lacrime, ferita dallo sguardo di Sully allarmato e smarrito. Gli voltò le spalle, cercando di calmare i singhiozzi che la scuotevano nel profondo, disorientata dall’amore che provava verso l’uomo che ancora la guardava in silenzio, sperando che non la rifiutasse.

   
 
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