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Autore: becky    24/01/2012    4 recensioni
C’è una bottiglia di vino vuota sul tavolo. È un Bordeaux dell’84, un’ottima annata.
Storia di un’amicizia strana, insolita, difficile da comprendere a fondo. Storia di due uomini, due nazioni, due amici.
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'appartamento spagnolo'
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Capitolo 2 – Il tanga

“E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta, il vento dell'ovest rideva gentile”*

« Capo, ci dispiace di averla chiamata, ma noi...».

Antonio entra frettolosamente nel locale più per ripararsi dal freddo e dalla pioggia che per reale interesse a quello che sta succedendo.

« Abbiamo provato di tutto, ma non c’è stato nulla da fare. Dobbiamo chiamare la polizia?» domanda pallido come un lenzuolo il nuovo, e brufolosissimo, cameriere.

Antonio lo osserva con la pietà negli occhi e sospira profondamente.

Scocciature. Fino a questo momento tutto quello che gli ha lasciato sua nonna sono scocciature. Prima l’appartamento che nessuno vuole affittare, poi il vecchio bar di famiglia.

Avrebbe dovuto trasferirsi a Madrid anche lui, assieme ai suoi genitori. Almeno lì la gente è educata e civile, non lascia l’impianto idraulico ed elettrico di un appartamento in affitto completamente rotto, e non ... .

« Ma sta davvero ballando nudo su un tavolo?» domanda stupito Antonio osservando il giovane ragazzo biondo accennare ad un valzer nel mezzo del locale più affollato che mai.

« Ehm...» mormora imbarazzato il cameriere torcendosi le dita «...tecnicamente non è nudo. Indossa un tanga».

Antonio lo fulmina con lo sguardo e il ragazzino arrossisce fino alla punta dei capelli e pigola « Beh, è quello che ha detto lui, capo».

Lo spagnolo si guarda attorno notando che il bar è davvero pieno di gente, probabilmente attratta dall’insolito e inaspettato spettacolino che quel ragazzo ha messo sù. Ma per quanto questo possa far bene agli affari, rischia comunque di beccarsi una denuncia dalla buoncostume, e proprio non ha voglia di altri casini.

« Va bene, tiriamolo giù da lì » sospira rimboccandosi le maniche pronto anche ad usare la forza, se necessario. In fondo ha diciannove anni, è grande e forte, e non ha di certo paura di sporcarsi un po’ le mani.

Il giovane cameriere però lo ferma e lo guarda con timore negli occhi.

« Cosa c’è?» si infastidisce Antonio, stanco di tutta quella ritrosia.

« Ecco, è solo che... il tizio...è francese. Pensavo volesse saperlo, ecco».

Oh, è francese.

Antonio ha una personalissima scala di valori per quanto riguarda le altre nazioni. In prima posizione, tra le sue preferite, c’è senza alcun dubbio l’Italia. Ha sempre amato l’Italia, la buona cucina, la musica, l’arte e soprattutto i ragazzi italiani.

Al fondo della classifica, certa come la morte, appare l’Inghilterra. Su questo lo spagnolo non transige, non da quando da bambino un ragazzino inglese ha affondato tutte le sue barchette. Ancora gli monta la rabbia ripensando a quel terribile naufragio avvenuto durante una vacanze sulle coste del Nord. Non ha mai più voluto tornarci, da quella volta.

La Francia non è certo a livello dell’Inghilterra, ovviamente, ma è prossima al fondo della scaletta. I francesi non gli sono mai piaciuti troppo. Non hanno senso dell’umorismo, sono scostanti ed egocentrici, sempre convinti di avere qualcosa in più degli altri. E poi hanno quel modo di fare da finti aristocratici, con la sigaretta a penzoloni tra le labbra e un bicchiere di vino rosso.

Sicuramente il francese che sta ballando seminudo sul suo tavolo ne ha bevuti un po’ troppi, di bicchieri di vino.

Antonio si sgranchisce il collo e si fa largo tra la folla urlante per raggiungere quell’imbarazzante soggetto. Deve perfino spintonare un paio di ragazze in delirio, cosa che gli crea un certo nervosismo, ma alla fine riesce ad avvicinarsi e ad attirare la sua attenzione.

« Ehi, bel moretto...» biascica languido il biondo facendogli anche l’occhiolino «...vuoi fare un giro anche tu?».

Suo malgrado lo spagnolo sorride divertito. Scuote la testa e gli tende una mano « Scendi, avanti. Se continui a dare spettacolo mi becco una denuncia, sai?».

« Oh, solo un altro po’...» lo prega fintamente zucchero il ragazzo con un forte accento francese che gli fa arricciare tutti le consonanti « Ci stiamo tutti divertendo, no?». Nel dirlo alza il tono di voce e incita la folla ad osannarlo, riuscendoci perfettamente.

Antonio alza gli occhi al cielo e non cerca più neppure di contrastare il sorriso. Quel francese ha davvero una faccia tosta invidiabile, e nonostrante la sua nazionalità ad Antonio sono sempre piaciute le persone così. Però non può proprio permettersi che arrivi la polizia, ha ben altre grane a cui pensare. Per questo afferra con uno scatto fulmineo il polso del francese e lo tira verso di lui.

« Scendi, forza. Giuro che ti offro tutto quello che vuoi, ma tu adesso vieni giù, por favor».

Il ragazzo sembra valutare seriamente l’ipotesi, ma poi l’alcol in corpo prende il sopravvento e ridendo come una iena cerca di liberarsi.

Quello che succede dopo è talmente inevitabile da sembrare quasi una barzelletta. Il francese si sbliancia pericolosamente indietro, Antonio non riesce a reggerlo e lascia la presa sul suo polso, unica cosa che lo teneva ancora in piedi. In meno di un secondo il biondo cade a terra e dopo aver bofonchiato qualcosa su Giovanna d’Arco e Maria Antonietta collassa bellamente sul pavimento.

Quando Francis riapre finalmente gli occhi gli sembra passato un secolo e la prima cosa che avverte è un dolore lancinante alla testa.

« Buono, non ti muovere troppo. Il medico ha detto che hai un leggero trauma cranico e che devi stare a riposo».

A parlare è una voce maschile calda e affascinante, una voce assolutamente spagnola.

Francis sbatte leggermente le palpebre e si volta verso colui che ha appena parlato. Tra i ricordi sfocati della sera precedente gli sembra di ricordarlo: riccioli scuri, occhi verdi, sorriso spensierato. Probabilmente è il tizio che ha cercato di tirarlo giù dal tavolo facendolo però finire letteralmente a gambe all’aria. È seduto accanto a lui e gli sorride allegramente, sicuramente ignaro del malditesta che lo sta uccidendo. O forse invece lo sa, ed è per questo che gli porge un bicchiere ed un analgesico.

Francis si solleva di qualche centimetro e lo accetta con riconoscenza, niente gli è mai sembrato più opportuno di quell’antidolorifico.

« Devo aver preso proprio una bella botta...» commenta sforzandosi di mettere in fila qualche parola in spagnolo.

« Devi aver preso davvero una bella sbronza, piuttosto» commenta lo spagnolo ridacchiando.

« Beh, anche quella» ammette Francis storcendo il naso e riacquistando la lucidità necessaria per rendersi conto che si trova steso su un divano che non riconosce, in un appartamento che non ha mai visto.

Antonio percepisce il suo stupore e scrolla le spalle « Non avevi documenti con te, quindi quando sei caduto ti abbiamo portato a casa mia. Abito vicino al bar, non è stato un problema».

«Ah» sospira il francese avvertendo finalmente l’odore aspro e insistente di vernice attorno a sè. L’intero appartamento, un open space soppalcato, sembra essere in via di ristrotturazione a giudicare dai barattoli di colore e i teli bianchi.

« Grazie » mormora alla fine incrociando lo sguardo verde e attento di Antonio, che gli risponde scrollando nuovamente le spalle.

« Di nulla. Ti chiedo scusa per il disordine, ma mi sono trasferito da poco e devo ancora sitemare un po’ di cose. Comunque, vuoi qualcosa da mangiare?».

« Che ore sono?».

« Le otto. Di mattina. Hai dormito tutta la notte. Che ne dici di brioche e caffè?».

Seduti al tavolo della cucina, davanti ad una tazza di caffè caldo e brioche al cioccolato, Francis sembra più ben disposto a comunicare.

« Allora, sei il proprietario del bar?».

« Sì, mia nonna si è trasferita in una specie di resort per anziani, e ha lasciato a me tutte le attività di famiglia» sospira lo spagnolo mescolando insistententemente lo zucchero nel caffè e sporcando la tovaglia candida.

« Deve essere una bella cosa» afferma convinto Francis, ma lo sguardo dell’altro ragazzo gli fa immediatamente chiuedere la bocca.

« è una bella scocciatura, invece. Non ho la minima idea di come si gestisce un’attività, di come si pagano le tasse e i dipendenti, dell’inventario e di quelle cose. È solo una grana, ecco cos’è».

Francis torna ad osservare la sua tazza, perchè non gli piace molto quello che lo spagnolo sta dicendo. Non gli piace per nulla, ad essere onesti, e lui non è mai stato molto bravo a mordersi la lingua.

Con un tono di voce insolitamente basso sussurra « Parli così perchè sei viziato. Probabilmente per tutta la tua vita sono stati gli altri ad occuparsi di te, a mantenerti e a proteggerti. E adesso che ti ritrovi da solo, a gestire finalmente qualcosa, non sai dove sbattere la testa. Se vuoi sapere come la penso, la tua non è affatto una scocciatura, ma una fortuna».

Antonio Fernandez Carriedo normalmente non permette a nessuno di parlargli in quel modo, ma allo stesso tempo sa che gli fa bene sentire quelle parole, parlare con qualcuno disinteressato che gli possa mettere davanti la realtà. E la realtà è che Antonio è davvero un ragazzino viziato che ama lamentarsi. 

« Una fortuna non richiesta » confessa cercando gli occhi azzurri del francese.

« Non importa » continua l’altro, tremendamente serio – Hai la tua vita nelle tue mani. Puoi fare quello che ti pare, gestire le cose come ritieni sia meglio. Un sacco di gente vorrebbe essere al tuo posto, quindi bada bene prima di lamentarti tanto. Hai una casa, un lavoro, sicuramente anche degli ottimi amici. Nulla di cui lamentarsi davvero-.

Antonio annuisce, colpito e affondato. Ogni tanto si dimentica che c’è chi sta peggio di lui e che quindi ha ben poco da lamentarsi. E qualcosa gli dice che Francis non se la passa molto bene.

« Perchè sei a Barcellona?» chiede all’improvviso, godendosi subito dopo l’espressione stupita e confusa del francese.

Francis però non si tira indietro. Lo spagnolo lo ha ospitato e gli ha offerto colazione, come minimo gli deve una storia.

« Secondo te perchè sono qui?».

« Perchè stai fuggendo da qualcosa».

« Bravo, hai indovinato. Pensavo che la Spagna fosse il posto ideale per me: sole, mare e bellissime ragazze. Invece mi sono ritrovato con un lavoro di merda e la mia padrona di casa che vuole sfrattarmi».

I due ragazzi rimangono per qualche istante in silenzio, persi ognuno nelle sue riflessioni. Uno pensa che forse dovrebbe davvero rimboccarsi le maniche e mandare avanti il locale, un po’ per rispetto verso la sua famiglia e un po’ per dimostrare a sè stesso che è in grado di fare qualcosa da solo. L’altro invece pensa che forse, a quel punto, dovrebbe tornare in Francia. Ha fallito, e non ha più molte carte da giocarsi.

« Io comunque mi chiamo Antonio» esclama all’improvviso lo spagnolo tendendo una mano oltre il tavolo.

Francis si riscuote e accenna ad un rapido sorriso, stringendogli la mano e sussurrando « Francis. È un piacere conoscerti ».

È interessante osservare le gocce di pioggia cadere e mescolarsi nelle pozzanghere sull’asfalto. Creano tanti piccoli cerchi che pochi secondi dopo svaniscono nel nulla. L’aria autunnale profuma di foglie ormai secche e di pioggia scrosciante.

Antonio e Francis rimangono fermi sulla soglia di casa per qualche istante, pronti a prendere ognuno la sua strada e forse a non rivedersi mai più.

Francis muove un passo in avanti ma lo spagnolo lo blocca esclamando « Ho un appartamento».

Il biondo si volta verso di lui, le sopracciglia alzate e la bocca leggermente socchiusa. Antonio invece è appoggiato ad uno dei battenti, lo sguardo perso verso l’alto ed un leggero rossore sulle gote.

« Come, scusa?».

« Ho un appartamento sfitto a qualche metro da qui. È grande, ma non proprio in buone condizioni. Ti potrebbe andare bene ugualmente?».

Francis si morde un labbro, indeciso. Non è proprio da lui accettare offerte su due piedi, tanto più quando è il proprietario stesso ad avvertire sul cattivo stato dell’abitazione. Eppure qualcosa gli dice che potrebbe essere una buona occasione. La migliore della sua vita, se decide di rischiare.

« Sembra interessante...» commenta tornando indietro e appoggiandosi al portone a sua volta.

Antonio sorride sornione senza smettere di osservare il cielo nuvoloso.

« Per adesso ti posso fare un buon prezzo, dato che saresti l’unico inquilino. Però qualcosa devo pur guardagnarci anche io. Devi farmi una promessa: devi cercarti il più presto possibile dei coinquilini, chiaro?».

Francis sorride e si perde ad osservare gli antichi palazzi gotici di Barcellona.

« Consideralo fatto».

NdB:

Ed ecco finalmente svelato come si sono conosciuti Francis e Antonio. In pratica tra loro due c’è sempre qualche bottiglia di vino.

Mi piacerebbe nel prossimo capitolo mostrare come si sono conosciuti anche gli altri personaggi, anche se forse va un po’ oltre il tema centrale di questa storia. Comunque è presto per dirlo, il capitolo è ancora in fase di lavorazione.

 

Intanto ringrazio tutti coloro che hanno letto e chi ha commentato. Mi dite cosa ne pensate? Ne sarei davvero molto felice!

Come sempre, alla prossima!

 

PS: chiedo scusa se ci sono ancora degli errori, ma purtroppo non è stata betata!

* Modena City Rambe, “In un giorno di pioggia”

  
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