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Autore: amaryllis_G    26/01/2012    1 recensioni
Molti pensano che non siamo soli nel nostro universo. Altri invece pensano che non ci sia un solo universo. Derek, un ragazzo di sedici anni, si troverà a cavallo fra due dimensioni, abbandonando la propria vita normale per ricominciare in un mondo diverso, dove l'acqua non obbedisce alla gravità, dove meduse grosse come orsi vanno a caccia di carne umana e dove baccanti in preda all'euforia si comportano come lupe affamate...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Grazie perchè leggendo mi spingete a scrivere anche il capitolo successivo!! Le vacanze e la scuola mi hanno ostacolato molto nel continuare la storia, ma da febbraio scriverò molto più rapidamente! Buona lettura ;)


Capitolo VI

I fiori hanno bisogno d'acqua

 

Florence percorreva la serra. Amava questo posto più di ogni altro nel castello. Lì l'aria era sempre fresca e piacevole. La serra consisteva in un complesso labirinto il cui sentiero era definito da ciottoli di terracotta. Le singole strade del labirinto erano separate da distese di terra verde, che ospitava alberi e cespugli di ogni genere, trasformando il labirinto in un gigantesco giardino. Il soffitto della serra era di vetro, intervallato da sottili strisce metalliche dal colore argenteo.

Le piante più preziose e più pericolose crescevano in vasi isolati, appesi come fioriere attraverso delle sottili catene che pendevano dal soffitto della serra. Tra queste, spiccava la più particolare di tutte: il Salice Runico. Questo salice particolare, dal tronco nodoso e dalla fronda azzurrina, era considerato l'Albero della Conoscenza del Futuro: il suo tronco presentava minuscole e misteriose incisioni su ogni singolo frammento di corteccia, le Rune. Attraverso le Rune, l'albero poteva trasmettere i suoi poteri di veggente. L'intero Salice affondava le radici in una enorme fioriera d'argento, il cui diametro superava i due metri. Sulla fioriera comparivano sottili incisioni di incantesimi e motivi floreali, atti a proteggerlo dalle maledizioni. Il Salice Runico si trovava al centro esatto del labirinto, nel punto meglio illuminato, affinché potesse ricevere al meglio le onde luminose della luna. Florence vi si avvicinò, avvolta in una veste cobalto, e distese la mano destra come se desse un comando, mantenendo la sinistra stretta attorno ai Tarocchi. Al suo cenno, dal suolo terroso si levarono sette lastre bianche, che formarono una scala a chiocciola, per permetterle di salire fino al Salice. Arrivata sotto la fresca e folta fronda azzurrina, Florence mise la mano libera tra le pieghe della veste, tirando fuori un seme verde e lucido e gettandolo ai suoi piedi. Appena toccò il suolo, il seme iniziò il suo sviluppo: robusti viticci d'ebano spuntarono dal suolo e si intersecarono tra loro come un groviglio di vipere, terminando in un elica di viticci che reggeva un lucido disco di vetro forte.

Florence si sedette sulle radici del Salice, e cominciò la Lettura dei Tarocchi. Mentre mischiava il mazzo, sentiva le sue preoccupazioni riaffiorare, continuava a chiedersi se fosse vivo, se stesse bene. Ma le carte le avrebbero dato delle risposte.

Trattenne il fiato, mentre girava le prime quattro carte. La Luna, la Torre, l'Amore e il Due di Spade.

Sogno, Rovina, Amore, Duello.

-...di nuovo- sussurrò. Erano anni che leggeva i Tarocchi, eppure era la prima volta che gli capitava una cosa del genere. Per tre giorni consecutivi aveva ripetuto la lettura, e per tre giorni era apparso lo stesso verdetto. Aveva anche cercato di potenziare le sue capacità attraverso il Salice Runico, ottenendo un quarto verdetto identico ai precedenti. Poggiò la schiena sul tronco, abbandonandosi ai suoi pensieri. Erano passati due giorni, e ancora non sapeva niente di lui. Chissà quanto ci sarebbe voluto. Il solo pensiero del tempo che sarebbe dovuto passare prima che potesse di nuovo specchiarsi in quegli occhi la rattristava. Non poteva neanche fare a meno di chiedersi perché provasse una tale attrazione, perché fosse disposta a tutto pur di stare con lui. Chissà, magari è semplicemente amore. Quella carta poteva avere un risvolto positivo. Se usciva lo stesso quartetto più di una volta, questo voleva dire che si trovava in una situazione da cui non era uscita. La Torre continuava a comparire spesso, e non se ne meravigliava: simboleggiava la Rovina, ed era normale che in tempi di guerra il mazzo presentasse la carta della Torre. L'Amore compariva sin dalla sua prima lettura, per ovvie ragioni. Non riusciva a spiegarsi il Due di Spade, simbolo di duello o combattimento. La luna rappresenta il sogno... certo. Se ne era quasi dimenticata, talmente presa dalla fuga dalla Torre di Alabastro. In tal caso, le bastava trovarla.

Era uscita dalla serra, e si stava dirigendo verso la Sala degli Specchi, utile per comunicare con le sentinelle e le meduse del castello.

Attraverso i corridoi che diventavano sempre più angusti e stretti man mano che ci si avvicinava alla porta: le mura, costituite da ghiaia, pietrisco e materia calcarea, poggiavano su fondamenta di vetro, cosicché il fragile passaggio si affacciava direttamente sulle profondità dell'oceano, dove, occasionalmente, comparivano meduse sentinelle, caratterizzate dal tipico colorito scarlatto.

La porta era un miscuglio di bizzarri ingranaggi scuri e serrature dorate, che presentavano incisioni bizzarre, simili a caratteri antichi. Alla presenza di Florence, le serrature scattarono, liberando il passaggio in un chiassoso mormorio meccanico. La stanza dietro l'ingresso era spettacolare: cornici di argento separavano specchi dall'aria eterea e luminosa, che però non riflettevano la sua immagine. Sorrise. Questa era una delle tante trappole disseminate nel Castello della Nube Temporalesca. Solo lei e Felix erano al corrente della sua vera origine: i tesori e le antiche mura del forte dell'Ordine costituivano il Castello della Nube Temporalesca. Dopo la scissione del mana e la relativa scomparsa del Membro Incandescente, i due Membri rimasti (lei e Felix) avevano deciso cosa sarebbe dovuto accadere al forte. Decisero quindi di affidarlo interamente a Felix, a causa della natura nomade di Florence. La ragazza aveva viaggiato molto a lungo, entrando in sintonia con la natura e accrescendo il suo potere. Felix, nel frattempo, aveva stretto l'alleanza con le meduse che lo aveva reso così potente, unendo tutto ciò che aveva ereditato dal forte per costruire il suo enorme quartier generale, poggiato sull'acqua e situato nel cielo. Una delle stanze più preziose era la Sala degli Specchi, protetta dalle serrature Mecchanor di Elettro, un grande meccanico e costruttore, ora disperso in quel deserto d'acciaio noto come Cimitero di Odin: composto da scheletri di macchinari, sabbia e residui ferrosi, il Cimitero custodisce numerosi tesori, secondo alcune leggende. Anche il Salice Runico faceva parte dell'eredità dell'Ordine, così come tutte le altre piante della Serra.

Florence attraversò la Sala degli Specchi, sfiorando le lucidi superfici con la punta delle dita, mentre avvolgeva il suo scialle intorno al collo. La stanza era incredibilmente fredda, per garantire la conservazione della sua magia. Ogni cosa lì dentro appariva misteriosa: gli specchi vibravano se sfiorati, contagiando gli altri con il loro movimento e creando un suono bizzarro, simile a quello di un diapason. Arrivata all'estremità della stanza, immerse la mano nel bacile marmoreo pieno d'acqua, e posò la mano bagnata sullo specchio di fronte a lei, incorniciato da una sottile striscia di metallo, decorata con minuscole vene di cristallo. Lo specchio emanò un breve barlume di luce, e poi cessò di funzionare, diventando progressivamente opaco, fino ad assumere un intenso color ossidiana.

Aspettò la risposta dello specchio a lungo, girovagando per la stanza, e osservando come anche il soffitto era rivestito da specchi. Erano tagliati seguendo sagome di poligoni irregolari, ma combaciavano l'uno con l'altro come un mosaico capace di rappresentare chiunque si trovi al di sotto di lui.

Osservò con curiosità come uno specchio sembrava rifletterla, diversamente dagli altri. Pensò per un attimo che fosse difettoso, o che la magia fosse scomparsa da quello specchio.

E se invece lo specchio fosse funzionante? E quindi lei fosse una presenza...malvagia?

Il compito di quegli specchi è sempre stato di rivelare una presenza negativa durante riunioni dell'ordine o reclutamenti, in modo da evitare la presenza di eventuali spie interne.

Attivando lo specchio, aveva mandato un segnale ad Anthea, che sarebbe sopraggiunta al più presto. Nel frattempo, era bene eliminare quella minaccia. Valutò con calma le possibili fonti di provenienza. Poteva essere sopraggiunta mentre lei era nella Serra, che ha più falle nella sua difesa rispetto al resto del castello, oppure poteva essersi insinuata dentro di lei quella notte. La notte che lei aveva dimenticato. Non riusciva a ricordarla: la notte in cui era stata catturata dalla setta. Avvertì uno strano formicolio dietro la schiena, e guardò sbigottita l'immagine dello specchio svanire, per fare posto ad una gigantesca cortina nera. Si voltò di botto, mentre la nube si condensava davanti ai suoi occhi e arti umani bianchi come il latte spuntavano dal nero accompagnati da due occhi rossi che risaltavano un volto dai tratti affilati e dalle labbra carnose, mentre i lunghi capelli si muovevano come se fosse sott'acqua, formando l'ultimo dettaglio dell'Orrore.

-Florence...- disse suadente l'Orrore. -Sono qui per ucciderti.-

La ragazza deglutiva a fatica, mentre si rendeva conto di non poter più uscire dalla stanza. La sala veniva isolata dall'esterno automaticamente quando rilevava una presenza indesiderata. Ora lei e l'Orrore erano bloccati lì, senza via di fuga.

Questi posò un piede a terra, entrando in contatto con il terreno per la prima volta.

-Ti ricordi di me?- chiese stucchevole.

La ragazza scosse il capo.

Le sopracciglia dell'Orrore si inarcarono in un espressione di disappunto, lasciando poi posto ad uno sguardo truce.

-Lascia allora che ti rinfreschi la memoria. Il mio nome è Helena, e vivevo tranquilla con mio padre in un piccolo paese. Non avevo madre, e mio padre era tutto ciò per cui io vivevo. Il mio paese era costruito accanto ad una foresta incolta, conosciuta come Selva di Eris. Ora ricordi?-

La ragazza annuì spaventata, ma Andromeda decise di proseguire il suo racconto.

-Da alcune settimane girava una strana voce, secondo la quale un essere selvatico e aggressivo vagasse per la selva, e che si avvicinasse alla città durante la notte, divorando e squartando coloro che si trovavano sul loro cammino. Una sera, mio padre si trovava fuori, non sapevo perché, ma suppongo che avesse visto qualcosa che non doveva. Tu eri davanti a lui. Schifosa parassita, riflesso della miseria umana che non sei altro! Non ho mai dimenticato quella chioma rossa simile alle fiamme dell'inferno la sera che lo hai ucciso!-

Il suo corpo tremava e aveva gli occhi lucidi, ma le sue parole erano imbevute di odio.

-Non hai neanche trapassato il suo corpo, ti sei limitata a lanciare quella tua dannata ascia, che, veloce come niente e nessuno, l'ha semplicemente attraversato, e dopo essere caduto a cominciato a galleggiare nel sangue. I tuoi occhi mi hanno squadrata e sei scomparsa. Piangendo, disperata, corsi verso la rupe più vicina e mi buttai. La caduta sembrava lentissima, lo ricordo ancora: mentre mi avvicinavo al suolo, notai come il mio corpo stesse diventando Tenebra. La mia essenza, avvolta dall'oscurità e dalla magia, mi ha trasformata. Sono diventata l'Orrore della Follia e della Vendetta, ora combatti con me ad armi pari, così potrò vendicarmi.-

Florence cercò di risponderle.

-Io non ho affatto...-

-Silenzio!- urlò lei. Dal suo polso destro cominciò a formarsi una falce di Tenebra, che si allungò per circa mezzo metro. Lo strato superficiale di Tenebra si dissolse, rivelando la lama affilata.

Uno scatto repentino, come il morso di un serpente: Helena balzò verso di lei e la lama affilata colpì la ragazza. Florence protese le braccia cercando di proteggersi, mentre correnti di mana verde avvolgevano i suo polsi. Al contatto con le fasce di mana, l'Orrore venne sbalzato via dal rinculo.

Helena tentò più volte l'attacco, ottenendo sempre lo stesso risultato. Florence cominciava a sentire la fatica premerle contro il petto, mentre sentiva i suoi polmoni gonfiarsi e premere contro le sue ossa. La protezione che utilizzava richiedeva un pedaggio costoso. Il suo corpo rischiava di subire un trauma se avesse continuato ad adoperarla. Decise quindi di cambiare metodo di attacco: si allontanò dalla portata della falce e sferrò un violento pugno contro il pavimento. Sottili crepe attraversarono il marmo bianco, mescolato al sangue della ragazza. Florence si morse il labbro per resistere al dolore, mentre sentiva le ossa della mano frantumarsi. Helena si era ormai avvicinata di nuovo, e Florence fu costretta a fuggire di nuovo. Non c'era più un posto sicuro ormai: continuava a correre, contrattaccando ai colpi attraverso scariche di energia smeraldine che suscitava con la mano integra, mantenendo quella ferita stretta contro il petto. Il suo avversario venne scaraventato via da una scarica particolarmente violenta, che diede alla ragazza il tempo di evocare la sua arma. La possente ascia comparve in una frazione di secondo, mentre il Mana ne attraversava la lama, conferendole un bizzarro bagliore. Nel frattempo, lo schianto e la scarica di mana avevano infranto la falce, ritrasformandola in Tenebra e bloccandone la trasformazione. L'Orrore, stordito dal colpo, galleggiava nell'aria in modo disordinato, simile ad una piovra ubriaca. Florence impugnò l'ascia come un giavellotto. L'arma, ormai carica completamente di mana, era diventata un enorme dardo, mentre Helena veniva circondata da innumerevoli gocce di Tenebra, che assumevano forme appuntite e affilate. Entrambe le ragazze stavano caricando colpi estremamente potenti, ciascuna decisa ad eliminare la propria avversaria. Colpirono nello stesso momento: l'Orrore scaraventò i dardi neri contro il suo avversario, simili ad affilate schegge di vetro, mentre Florence rispondeva scagliando il proprio giavellotto. Una pioggia di schegge color ossidiana attraversarono l'aria, entrando in collisione con l'ascia avvolta dal mana. L'impatto causò un accecante bagliore, mentre l'arma della ragazza si disintegrava, corrosa da tanta energia, insieme alle schegge. Due frammenti neri superstiti giunsero però al loro obiettivo: uno colpì di striscio il suo fianco, graffiando la pelle, mentre l'altro si conficcò nella sua gamba. Una fitta di dolore la pervase, mentre perdeva le forze e cadeva a terra. Raccolse le forze e usò la mano integra per rimuovere la scheggia di Tenebra dalla sua gamba, gettandola alcuni metri più in la. L'Orrore, nel frattempo, praticamente incolume, levitava accanto a lei.

-Senza più la sua fedele arma, con una mano rotta e sanguinante e una gamba ferita. Sei pentita di ciò che hai fatto?- chiese.

Florence alzò lo sguardo, i suoi occhi pieni di disgusto.

-No. Avevo chiesto a tua padre di ospitarmi per la notte, in cambio di una ricompensa profumata. Tuo padre accettò, ma fece qualcosa che non doveva. Quella specie di insetto rivoltante tentò di abusare di me.-

Accennò un sorriso sadico.

-Non ne ebbe l'opportunità.-

Helena la guardava, gli occhi scarlatti sgranati e la bocca contorta nella smorfia che precedette un urlo agghiacciante. Questo suono terrificante riempì la sala, frantumando gli specchi.

-Dopo aver commesso un assassinio, osi denigrare mio padre. Ti tagliuzzerò fino a ridurti in cenere...-

Dopo queste minacciose parole, la ragazza venne nuovamente avvolta da spirali di Tenebra, che si condensò in una lunga falce, dalla lama temibile.

-Dopo essere diventata un Orrore, l'odio mi ha consumata, ma sono tornata lucida. Mi sono messa in contatto con le Dame Nere, che mi hanno proposto un alleanza. Ovviamente, ho accettato. Entrambe volevamo la tua morte: io per vendetta, loro per motivi militari. La regina in persona ha organizzato con me quella che abbiamo intitolato Fiera Floreale. L'abbiamo spacciata per evento mondano locale, dedicato alla natura in genere. Sapevamo che non avresti resistito: la sala era ricolma di piante preziose. Lì, i nostri complici ti hanno sedotta e poi avvelenata. Subito dopo ti abbiamo consegnato a Paericle, attraverso una ricchissima corruzione, che ti ha rinchiusa nella sua cella più isolata. Prevedevamo la tua fuga, e la Regina mi ha affidato questa falce di Tenebra e mandandomi a sorvegliarti, attendendo il momento giusto per distruggerti. Finalmente quel momento è arrivato!!! Avrò la mia vendetta!-

Alzò la falce, e Florence vide il tramonto della sua vita riflesso sulla lama, poi tutto si fermò. Percepì qualcosa, qualcosa di potente avvicinarsi al castello. Un principio di portale si stava aprendo davanti al castello. Felix ormai era tornato. Florence sentiva il suo sangue ribollire, come se fosse rovente, e con un'onda di mana dal colore verde respinse il colpo della falce.

Si rialzò in piedi, mentre il battito agitato del suo cuore rimbombava nelle sue orecchie. L'aveva quasi dimenticato: il seme che aveva piantato all'inizio dello scontro era maturato a sufficienza, ormai. Il suo sangue era servito per siglare il patto definitivo per la magia, e ora era pronta a scatenare l'Elemens. Allungò la mano spezzata verso la frattura, e un lampo verde proveniente dal palmo della sua mano colpì il seme. La terra sopra di questo si frantumò, mentre una rigogliosa fronda spuntava dal terreno. La fronda si rivelò essere la chioma di un essere dalle sembianze femminili, ma dalle proporzioni tutt'altro che armoniche. Innanzitutto aveva i seni completamente nudi e i fianchi rigonfi. Dalla vita in giù era ricoperta da una spessa corteccia, che rivestiva anche le sue braccia, lasciando però le spalle scoperte. Il viso presentava connotati bizzarri e contorti: le labbra erano carnose, sopratutto il labbro inferiore, e gli occhi erano due fessure dalle iridi dorate. Il naso e le labbra erano piuttosto normali e armonici rispetto al resto del corpo.

-Un Elemens. Avrei dovuto immaginarlo...- disse Helena osservando la figura, di dimensioni molto maggiori rispetto a lei.

Florence ora capiva cosa le comunicavano i Tarocchi: la Luna era riferita al sogno che le mostrava la trappola mascherata da festa, mentre il Due di Spade rappresentava il combattimento che stava conducendo.

L'Elemens alzò il braccio ricoperto dalla spessa corteccia e lo sbattè violentemente a terra, mirando all'Orrore. Questi schivò il colpo, tentando un attacco con la falce. La lama affondò nella spalla dell'essere, ma anziché sanguinare la ferita si trasformò in un rigoglioso viticcio, rendendo inutile l'attacco del nemico. Un violento colpo dato dall'Elemens schiantò Helena per terra, mentre la falce restò incastrata nel groviglio che ora era diventata la sua spalla. Florence si rialzò velocemente, correndo versò la creatura e saltando fino ad afferrare il manico della falce. Aggrappata con la mano integra, cominciava a perdere l'equilibrio. Trattenne il respiro e afferrò con tutte le sue forze il manico con la mano rotta, caricandola con il suo peso per risalire sul manico. Il dolore era accecante, ma non poteva fermarsi: si limitò a mordersi il labbro a sangue ed estrasse la falce, rivendicandola come sua arma. Helena si stava rialzando, ma Florence saltò dalla spalla, ruotando la falce durante la caduta, e trafiggendo il petto dell'Orrore con la lama affilata. La sua avversaria sbarrò gli occhi, mentre le iridi rosse scomparivano e il suo corpo diventava Tenebra, fino ad scomparire del tutto.

Florence trasse un sospiro di sollievo, e ad un suo gesto l'Elemens si trasformò in un vortice di petali rossastri, dissolvendosi. La mano le faceva un male cane, e doveva chiedere aiuto a Felix. Si stava dirigendo verso l'entrata quando Anthea comparve davanti a lei in un fascio di luce.

-Troppo tardi, ormai è andata...- disse Florence.

-Ho visto la stanza isolarsi mentre mi chiamavi, e ho aspettato. Non potevo fare altro. Sei ferita...-

-Mi sono rotta la mano evocando un Elementale, non avevo altro modo per pagare il Tributo Carnale. Piuttosto, Derek è tornato? Penso che una lezioncina sulle evocazioni non gli faccia troppo male, che ne dici?-

Anthea sorrise sollevata.

-Penso sia perfetto. Ma prima, lascia che curi la tua mano. Sarebbe il caso di fasciartela e curare anche la gamba, inoltre penso che dovresti usare un'altra veste, il sangue non li rallegrerà, ne hanno già visto abbastanza.-

Le due ragazze risero, mentre andavano verso il bagno più vicino.

-Stanno dormendo, ovviamente- disse Anthea.

-Perfetto, avrò il tempo per un bagno...- rispose la ragazza, abbandonando la veste e calandosi nuda nella vasca, mentre Anthea provvedeva alla sua mano. L'acqua tiepida lambiva il suo corpo, rilassando le sue gambe. Anthea era seduta a bordo della vasca, immergendo i piedi nudi nell'acqua, mentre fasciava la mano di Florence prima di immergerla nel bacile, colmo di un olio rossastro e profumato. La ragazza osservò come la vasca le sembrava familiare, portandole alla mente i tempi in cui l'Ordine era unito. Francis le mancava molto. Le aveva sempre dato una mano con Felix, ma dopo il conflitto si era sacrificato per fermare l'implosione del loro universo. Rimuginare su Francis non la aiutò, mentre Anthea, percepito il disagio della ragazza, cercava di cambiare argomento, riportando la sua mente su Klaus, il loro nuovo alleato.

Dopo il conflitto, Anthea e Florence avevano cementato un forte legame. Anthea era molto fedele a Felix, ma nei rari momenti in cui i due si rivedevano cercava di rallegrare la ragazza il più possibile, facendole compagnia e distraendo i due l'uno dall'altro. Mentre Florence viaggiava, Anthea continuava a mandargli Sentinelle di nascosto, informandola di ciò che accadeva nel castello, facendo sentire Florence a casa anche nei luoghi più remoti.

Dopo essersi ripresa, Florence indossò una nuova veste, stavolta rossa, che evidenziava inevitabilmente il pallore della sua pelle, scese nell'Aquarius Medusae, dove Felix e Derek la stavano aspettando. Si salutarono e si sedettero insieme, pronti a raccontarsi ciò che era accaduto e a decidere insieme la prossima mossa da fare.

-La Gilda degli Orrori è composta da tre membri, ma noi ne abbiamo sconfitti due. Questo significa che ne manca soltanto uno, probabilmente il più potente. Dobbiamo restare uniti. Piuttosto, cosa mi dici della tua nuova arma? Davvero l'hai tolta all'Orrore?- chiese Felix.

Florence le mostro la falce nera, e il ragazzo la soppesò e la maneggiò con attenzione, poi menò un paio di fendenti per aria, giudicando l'arma molto potente e ben mantenuta.

-È un ottimo sostituto dell'ascia, davvero. Ha un ottimo potenziale. Ora che ci penso, a Derek manca un arma. Domani provvederemo.- concluse.

Derek, così stanco da aver proferito solo poche frasi, andò subito a dormire, sfiancato dagli eventi e dagli scontri subiti in questi due giorni. Inoltre, dormire sul duro era stato difficile, gli era mancata qualunque superficie diversa dal granito.

Felix e Florence,nel frattempo, si dirigevano ciascuno alla propria camera. Davanti alla camera di Florence, i due si fermarono.

Il silenzio regnava, ma nessuno dei due aveva il coraggio di spezzarlo.

-Beh, buonanotte allora- disse Florence, mentre allungò la mano sulla maniglia.

-Aspetta- disse Felix, mentre sentiva il sangue pulsargli nelle vene, la gola seccarsi e il cuore tentare di spezzargli le costole. I sintomi erano decisamente quelli.

Avvicinò le sue labbra al suo orecchio.

-Ti amo...- sussurrò.

Florence arrossì violentemente, mentre sentiva il battito del suo cuore emettere un suono possente che le rimbombava in testa.

Si girò e lo bacio, lo baciò con tutta la passione che aveva accumulato negli anni, mentre sentiva ogni singola cellula del suo corpo gridare di gioia, come se fosse improvvisamente arrivata la primavera dopo un lungo e rigido inverno.

Il bacio durò a lungo, e quando le loro labbra si separarono sentivano ancora il sapore del loro amore pervadergli il palato. Ciascuno vedeva il proprio amore riflesso negli occhi dell'altro e, uniti da un secondo e più longevo bacio, entrarono entrambi nella stanza, chiudendo la porta dietro di loro e abbandonandosi alla passione che si erano negati per tanto tempo.

Foglie che cadono, semi piantati, innesti, corsi d'acqua, nuove vite e nuove morti, dichiarazioni di guerre, accordi di pace, stelle che muoiono e mondi che nascono, allegre danze, caldi focolari, dimore di bestie assassine e di uomini disonesti, amori giovanili che fioriscono come le rose di maggio e appassiscono come viole in inverno, fulmini, tuoi e lampi e piogge torrenziali, cieli sereni e nuvole cariche di neve e ghiaccio: tutto aveva perso ogni importanza quella sera, ognuno viveva solo e unicamente per l'altro, mentre ogni foglia, stelo, corolla, letto di fiume, sorgente, cascata o fondale marino sembrava tinto del rosso del loro amore. La mattina successiva si svegliarono uno vicino all'altro, nel medesimo letto. Non ci furono parole tra loro due. Si guardarono e risero, contenti del loro amore. Il loro sentimento diventava più intenso man mano che i giorni passavano, e per Derek era ormai normale vedere in cucina Felix cingere la vita della ragazza con le braccia, mentre questa armeggiava con i fornelli, e il solletico provocato dai suoi delicati baci sul collo la facevano ridere. Ogni giorno sembrava più sereno, e Derek si convinceva di diventare sempre più forte, man mano che Anthea continuava ad addestrarlo nel fioretto, nel combattimento con la lancia e con lo scudo e la spada. La confidenza tra i due aumentava, stimolata dall'amore tra i due componenti della Triade. Senza che lo sapessero, Derek e Anthea erano ormai fedeli complici nel regalargli numerosi momenti di intimità, mentre Anthea continuava ad addestrare e istruire Derek, preparandolo allo scontro con il terzo Orrore. Le minacce erano numerose, e tutte in agguato proprio fuori dal Castello. Tuttavia, il clima al suo interno sembrava impossibile da cambiare: tutto era avvolto dalla più totale serenità, e Florence poteva vantare di riuscire a svegliarsi con lui accanto e potersi rallegrare di vivere quel giorno.

  
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